Francia, un credente si tuffa nel Rodano per salvare un uomo che stava annegando

Matthieu Trefcon

“Non sono un eroe, lo vedevo andare giù, allora mi sono tuffato”

“Ho fatto quello che dovevo fare. Per me questo non è un atto eccezionale. Sa, io sono un credente, non è un caso che mi sono trovato lì per aiutarlo.”

Matthieu Trefcon, 29 anni, infermiere libero professionista, è un giovane che a rischio della sua vita non ha esitato a tuffarsi nel Rodano mercoledì sera per andare a salvare un uomo che stava annegando. Un quarantenne disperato che, verso le ore 20, ha scavalcato il parapetto del ponte Mistral a Valence prima di saltare nel fiume.

Un eroe? Il giovane senza esitare spazza via l’idea: “No, certo che no! Sono lieto di essere stato utile. Sono felice di avere salvato una vita. Tutto qui!”

Quella sera del 22 agosto Matthieu Trefcon fa “jogging con un amico sulle sponde del Rodano a Guilherand-Granges quando, girando la testa, ho visto dei lampeggiatori sul ponte Mistral. Lì, dei poliziotti guardavano il Rodano. Ho capito subito che una persona aveva saltato”.

Il giovane continua: “Pochi secondi dopo, ho visto un uomo la cui testa entrava ed usciva fuori dall’acqua. Ritornando sui miei passi lungo la riva ho incontrato un poliziotto municipale di Valence. Gli ho subito detto: “Sono un ex bagnino, posso andare a cercarlo”. Senza riflettere, come per riflesso, mi sono tuffato”.

Con un sorriso, aggiunge: “L’acqua era bella e calma. E’ stato quasi piacevole fare il bagno talmente faceva caldo mercoledì sera … ”

In mezzo al letto del Rodano Matthieu Trefcon afferra il quarantenne. “L’ho subito rassicurato dicendogli di fidarsi di me e di lasciarsi andare. Non era in uno stato normale, apparentemente ubriaco e completamente disorientato.”

Lo riporta sano e salvo sulle sponde del Rodano

Gli ultimi metri prima di tornare alla terra ferma saranno i più difficili: “L’uomo è piuttosto corpulento. Poco prima della sponda, due poliziotti nazionali sono scesi in acqua per prendere l’uomo e assicurarsi che tutto andava bene per me.”

Il quarantenne sarà immediatamente preso dai vigili del fuoco e condotto sano e salvo al centro ospedaliero.

Quanto a Matthieu Trefcon, è tornato a casa. “Semplicemente”, ha detto.

Quasi imbarazzato, dice ancora: “I miei genitori sono fieri di me, questo fa evidentemente piacere. Mio padre, commosso, mi ha anche telefonato. Lui è un ex nuotatore di alto livello. E’ anche stato un bagnino e ha tirato fuori delle persone dall’acqua …

E soprattutto non parlate loro di eroi …

Fonte: ledauphine.com

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La persecuzione in Eritrea è diventata dura per molti dei nostri fratelli. Prendiamo l’esempio di John e Paul.

John e Paul sono cristiani in Eritrea. John ha raccontato che cominciò a cercare Dio sotto l’influenza della sua sorella maggiore, perché i due erano molto vicini. La sorella di John lo portava alla scuola domenicale dove avrebbe potuto crescere nella fede. Insieme, i due partecipavano a studi biblici ed entrarono nella corale della chiesa.

Nello stesso periodo, John fu costretto a servire nell’esercito. Il governo già cominciava a imporre restrizioni alle chiese, ma non era così grave come lo è oggi. La persecuzione cominciò leggera e molti superiori nei campi militari confiscavano Bibbie, musica e messaggi su cassetta audio, con avvisi che ci sarebbe stata una interruzione delle attività “illegali”. Nel corso del tempo, riunioni ed evangelizzazione nei campi furono proibiti. Ma, anche così, i cristiani si riunivano in segreto.

John fu trasferito in un altro campo militare dove incontrò Paul. L’amicizia tra i due diventò più forte quando iniziarono a condividere la loro fede in Gesù e le dure restrizioni li avvicinarono ancora di più a Dio. Essi poi trovarono un gruppo che si riuniva in prossimità del campo e cominciarono a frequentare i culti. Tuttavia, la polizia scoprì le riunioni e arrestò tutti i partecipanti.

I due furono agli arresti per quasi due anni e poi furono trasferiti in carceri diversi, furono rinchiusi in un container di metallo per un anno. Da lì furono trasferiti in un’altra prigione. I due furono arrestati senza nessuna accusa formale e andarono da un carcere all’altro per quasi nove anni.

“Le nostre famiglie non avevano il permesso di vederci, i nostri genitori non sapevano se eravamo vivi né dove eravamo. Molti prigionieri morirono e furono sepolti senza che le loro famiglie lo sapessero. Tutte le prigioni sono le stesse per i cristiani: senza accuse, solo carcere per lunghi periodi.”

“Molte volte eravamo spinti a rinnegare la nostra fede, ma sempre abbiamo rifiutato. E quando questo avveniva eravamo puniti. A volte andavamo a lavorare sotto il sole caldo senza aver mangiato o bevuto nulla”

Dopo aver raccontato le pessime condizioni nelle carceri dove si trovavano e il duro lavoro che dovevano fare ogni giorno, continuavano a parlare e a sorridere: “Ma ancora abbiamo Gesù, e questo è ciò che più conta.”

Fonte: Missão Portas Abertas

Ricordatevi de’ carcerati, come se foste in carcere con loro; di quelli che sono maltrattati, ricordando che anche voi siete nel corpo. (Ebrei 13:3)

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