Eritrea: Testimonianza di cristiani che furono arrestati

La persecuzione in Eritrea è diventata dura per molti dei nostri fratelli. Prendiamo l’esempio di John e Paul.

John e Paul sono cristiani in Eritrea. John ha raccontato che cominciò a cercare Dio sotto l’influenza della sua sorella maggiore, perché i due erano molto vicini. La sorella di John lo portava alla scuola domenicale dove avrebbe potuto crescere nella fede. Insieme, i due partecipavano a studi biblici ed entrarono nella corale della chiesa.

Nello stesso periodo, John fu costretto a servire nell’esercito. Il governo già cominciava a imporre restrizioni alle chiese, ma non era così grave come lo è oggi. La persecuzione cominciò leggera e molti superiori nei campi militari confiscavano Bibbie, musica e messaggi su cassetta audio, con avvisi che ci sarebbe stata una interruzione delle attività “illegali”. Nel corso del tempo, riunioni ed evangelizzazione nei campi furono proibiti. Ma, anche così, i cristiani si riunivano in segreto.

John fu trasferito in un altro campo militare dove incontrò Paul. L’amicizia tra i due diventò più forte quando iniziarono a condividere la loro fede in Gesù e le dure restrizioni li avvicinarono ancora di più a Dio. Essi poi trovarono un gruppo che si riuniva in prossimità del campo e cominciarono a frequentare i culti. Tuttavia, la polizia scoprì le riunioni e arrestò tutti i partecipanti.

I due furono agli arresti per quasi due anni e poi furono trasferiti in carceri diversi, furono rinchiusi in un container di metallo per un anno. Da lì furono trasferiti in un’altra prigione. I due furono arrestati senza nessuna accusa formale e andarono da un carcere all’altro per quasi nove anni.

“Le nostre famiglie non avevano il permesso di vederci, i nostri genitori non sapevano se eravamo vivi né dove eravamo. Molti prigionieri morirono e furono sepolti senza che le loro famiglie lo sapessero. Tutte le prigioni sono le stesse per i cristiani: senza accuse, solo carcere per lunghi periodi.”

“Molte volte eravamo spinti a rinnegare la nostra fede, ma sempre abbiamo rifiutato. E quando questo avveniva eravamo puniti. A volte andavamo a lavorare sotto il sole caldo senza aver mangiato o bevuto nulla”

Dopo aver raccontato le pessime condizioni nelle carceri dove si trovavano e il duro lavoro che dovevano fare ogni giorno, continuavano a parlare e a sorridere: “Ma ancora abbiamo Gesù, e questo è ciò che più conta.”

Fonte: Missão Portas Abertas

Ricordatevi de’ carcerati, come se foste in carcere con loro; di quelli che sono maltrattati, ricordando che anche voi siete nel corpo. (Ebrei 13:3)

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Eritrea: continuano gli arresti di cristiani

Eritrea: continuano gli arresti di cristiani – dossier

9 dicembre 2010 – Eritrea

La situazione in Eritrea è complessa. Un’analisi accurata è difficile, poiché i dati che raccogliamo sono in continuo cambiamento e le stime di certo non ci vengono dalle autorità eritree, chiuse e assai poco propense alla collaborazione. Perciò abbiamo testimonianze di rilasci e di arresti in ondate che, da un punto di vista strategico, hanno l’unico scopo di fiaccare, spezzare e ridurre in briciole la Chiesa in Eritrea. I malati gravi (credenti che magari hanno contratto malattie nelle terribili carceri del paese) vengono rilasciati e costretti agli arresti domiciliari; coloro che non hanno una posizione di leadership nella chiesa e firmano un particolare “accordo” con lo stato, a volte vengono rilasciati; i credenti che vengono scoperti mentre stanno facendo il servizio militare nazionale vengono incarcerati, subiscono specifiche “punizioni” e poi, a volte, vengono reinseriti nel servizio militare, dove a seconda del comandante che si ritrovano, possono subire angherie di ogni tipo o essere lasciati in pace; di altri semplicemente – specie i leader ma non solo loro – se ne perdono le tracce in carcere, ecco quindi che delineare un quadro con cifre precise del numero di credenti incarcerati è assai complicato.

Nelle ultime settimane abbiamo avuto notizie di ondate di arresti che come sempre spezzano comunità intere. Il 28 novembre scorso 15 credenti sono stati arrestati dalle autorità eritree nella cittadina di Hagaz, mentre stavano partecipando ad una riunione. Si tratta di 15 uomini dai 18 ai 30 anni che stanno svolgendo il servizio militare in quella zona. Il 19 novembre scorso Ferewini Gebru Tekleberhne, una donna di 35 anni circa, è stata uccisa nel centro di detenzione di Sawa, dove era rimasta incarcerata in un container metallico negli ultimi 2 anni. Probabilmente in preda all’esaurimento più totale ha tentato un’improbabile fuga ed è stata freddata a colpi di arma da fuoco dalle guardie. Era stata arrestata durante il suo servizio militare obbligatorio a causa del fatto che frequentava un gruppo evangelico al di fuori delle 4 confessioni permesse: Chiesa Ortodossa, Chiesa Cattolica, Chiesa Luterana e Islam. In questo campo di Sawa, vicino al confine con il Sudan, esistono aree dedicate alle punizioni per chi tenta di disertare (sono in molti e sempre di più quelli che tentano di scappare dal paese) e per coloro, come Ferewini, che frequentano chiese evangeliche cosiddette “non registrate”. Ovviamente non è praticamente possibile registrarle, quindi o si frequentano le 4 religioni succitate o si frequentano le tante chiese clandestine evangeliche. Il 14 novembre scorso, ben 37 cristiani sono stati arrestati nella città portuale di Assab, tra cui 7 donne e una incinta di 7 mesi. Sono stati prelevati dai loro posti di lavoro, in un’ondata di arresti mirata a scardinare le comunità cristiane della zona: i loro nomi, infatti, erano indicati in una lista che la polizia aveva con sé durante le retate, ciò denota una strategia ben precisa, tesa a minare la fede cristiana nella zona.

Come si diceva all’inizio di questo articolo, la situazione in Eritrea è complessa: i fratelli e le sorelle eritree ci chiedono di pregare per loro. Vi segnaliamo che al nostro prossimo convegno annuale di Porte Aperte, dal 15 al 17 aprile 2011 a Torre Pedrera (Rimini), sarà presente come ospite speciale Helen Berhane, una donna eritrea incarcerata per molto tempo nei terribili container metallici a causa della sua fede in Dio.

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Eritrea: 14 cristiani rilasciati su cauzione

Dopo le ondate di arresti indiscriminati di cristiani avvenute nell’ultimo mese dell’anno (leggi a proposito Eritrea: ondata di arresti di credenti), oggi vi riportiamo una buona notizia per 14 cristiani detenuti a causa della loro fede. Il 5 febbraio scorso, le autorità di Adi-Nefase (il campo militare ad Assab) hanno deciso per il rilascio di 12 cristiani della Chiesa di Kale-Hiwot, in prigione ingiustamente da ben 2 anni. A questa decisione si aggiunge quella del famigerato campo di Mitire, con la quale ad altri 2 cristiani, membri della Chiesa Rhema, è stata concessa la libertà su cauzione. Come sapete non vi è libertà di culto in Eritrea al di fuori delle confessioni riconosciute, che sono l’Ortodossa, la Cattolica, la Luterana e, ovviamente, l’Islam.
Di seguito pubblichiamo i nomi dei 12 rilasciati dal campo militare di Adi-Nefase: 7 giovani uomini, Fetewe Gebremichel, Yosief Yehdego, Kibreab Tsegay, Habtom Kiros, Bereket Tesfay, Hiyabu Genzebu, Amanuiel Mehari; e 5 giovani donne, Almaze Teckle, Hagosa Abraha, Emnet Kiflom, Terhase Measho e Hiwet Kibrom. Tutti al tempo dell’arresto erano studenti delle superiori. Al momento del rilascio è stato intimato loro di non partecipare a nessun tipo di attività cristiana e semmai dovessero disobbedire a tale ordine, è stata promessa loro l’esecuzione sul posto.

Contesto e situazione diverse per gli altri due giovani uomini, in precedenza soldati dell’esercito regolare, rilasciati dal campo di Mitire dopo un anno e 7 mesi di detenzione: Aklilu Tesfamichel e Gebru Tesfayon, questi i loro nomi, erano stati incarcerati per aver condiviso il Vangelo di Cristo con alcuni commilitoni, un gesto che hanno pagato con l’internamento in uno dei campi più duri e inumani dell’Eritrea. Oggi sono tornati a ricoprire il ruolo nell’esercito che avevano prima di essere arrestati.

I dati precisi sul numero di prigionieri cristiani detenuti nelle terribili carceri eritree sono difficili da raccogliere. Da una recente analisi si parla di oltre 2.220 persone, ma è assai difficile avere la stima esatta, poiché altri calcoli elevano il numero fino a poco meno di 3.000. Quel che è certo è che fra loro ci sono 38 leader di comunità, arrestati per la loro attività cristiana, ma detenuti senza nemmeno un capo d’accusa. 17 di loro sono in carcere da più di 5 lunghissimi anni.

Fonte: Porte Aperte Italia

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Eritrea: ondata di arresti di credenti

container2_eritreaVenerdì scorso le forze di sicurezza eritree hanno arrestato altri 3 membri della Full Gospel Church di Asmara, portando a 13 le persone incarcerate negli ultimi 15 giorni e frequentanti la comunità del pastore Tewelde Hailom: il pastore stesso, fondatore della chiesa e oggi molto malato, rimane agli arresti domiciliari, piantonato da guardie (nella foto i famosi container dove vengono rinchiusi i credenti). I cristiani evangelici che quindi non si riconoscono nelle uniche 3 confessioni ammesse in Eritrea (Chiesa Cattolica, Ortodossa e Luterana), sono vittime di continui soprusi, vessazioni, incarceramenti, torture e sparizioni, considerati alla stregua di terroristi per il solo fatto di predicare il Vangelo di Cristo. Gli arresti non avvengono in modo casuale, non sono frutto di insensate azioni delle forze di sicurezza, ma si inseriscono in una precisa strategia di debilitazione, oppressione e annientamento della chiesa evangelica.
Ad essere arrestati sono solitamente i leader, per tagliare la testa al movimento cristiano, ritenuto un pericolo per la mascherata dittatura del presidente Isaias Afwerki. Questo presidente, amico dell’Italia e sostenuto dal nostro governo, si sta rivelando tra i più brutali persecutori di cristiani, grazie all’uso massiccio delle forze di sicurezza per pedinare, spiare, arrestare e torturare i credenti.

Mercoledì 14 ottobre sono partiti gli arresti senza mandato (una prassi di questo regime) nella chiesa Full Gospel Church di Asmara, a cui sono seguiti e seguiranno interrogatori brutali e incarceramenti senza veri processi. Le prime vittime sono state il pastore Samuiel Oqbagzi, assistente del pastore Tewelde Hailom, il collaboratore Gebreberhane Kifle e una donna Senait Tekle; due giorni dopo è stato il turno di un’altra donna della chiesa, Besrat Andamichel, assieme a 6 persone non identificate (purtroppo non è facile carpire le informazioni, dato che la collaborazione delle autorità è quasi inesistente). L’anziano pastore Hailom, nonostante le sue condizioni di salute, è stato comunque interrogato e, come si diceva, rimane agli arresti domiciliari.

Gli ultimi tre arrestati di cui abbiamo notizie sono Amanuiel Asrese, Musie Rezene e Yosief Admekome.
Amanuiel Asrese lavora per la Eritrean Water Resources come Financial Officer (reparto finanziario), è sposato e ha 6 figli. Anche Musie Rezene è sposato con 2 figli, mentre Yosief Admekome, secondo le informazioni raccolte, lavorerebbe per l’UNICEF-Eritrea.
Di tutte queste persone è facile perdere le tracce, non sappiamo in che carcere siano stati rinchiusi, dove siano stati portati dopo gli interrogatori, sappiamo solo che due di loro si trovano nella stazione di Polizia di Asmara numero 7.

Georgette Gagnon, direttrice per l’Africa di Human Rights Watch, la grande organizzazione indipendente che si batte per i diritti umani nel mondo, dichiara: “Il governo eritreo sta trasformando il paese in una gigantesca prigione”. Più di 2.800 persone (ma i dati non sono completi) agonizzano in prigione per il semplice fatto di non allinearsi alle confessioni cattolica, luterana e ortodossa: affrontano condizioni di sopravvivenza orribili, torture, inumani lavori forzati e scarsità di cibo, cure mediche e standard minimi sanitari. La maggior parte di loro finisce nel girone infernale del campo di concentramento Mitire Military Camp, appositamente adibito per i dissidenti cristiani. Abbiamo notizie di 10 decessi in questo campo.

Per approfondimenti, leggi anche il country profile di questo paese.

Fonte: Porte Aperte Italia

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Eritrea: Le autorità rilasciano tre donne cristiane

eritrea-donnaTre donne sono state liberate venerdì 8 maggio dopo essere state detenute per sei mesi in un noto campo militare, a circa 150 km ad ovest della capitale Asmara, a causa della loro appartenenza ad un movimento cristiano “proibito” dopo aver apertamente testimoniato della loro fede in un villaggio prevalentemente musulmano.

Le tre donne, riferisce l’organizzazione evangelica Porte Aperte, sono state accusate di appartenere ad un movimento pentecostale.

Sei mesi dopo il loro arresto, le donne sono state portate dinanzi al responsabile del campo che ha detto loro che le avrebbero liberate, a condizione che non avessero predicato ancora il Vangelo e che non avessero fatto sapere a nessuno della loro detenzione nel campo. Le donne hanno affermato di non essere “nemici del popolo eritreo o del governo”, e che smettere di condividere con altri la Parola di Dio sarebbe stato contro le loro convinzioni. Il responsabile del campo ha dunque deciso di rilasciarle senza condizioni.

Via | Worthy Christian News

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