Il salario del peccato e il dono di Dio

“Poiché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rom. 6:23).

In queste parole di Paolo vorrei che notaste come l’apostolo metta in contrapposizione il salario del peccato e il dono di Dio.

Il peccato quindi, come dice Paolo, ripaga coloro che lo servono con la morte e difatti Giacomo dice che “il peccato, quand’è compiuto, produce la morte” (Giac. 1:15). E’ un amaro salario quindi quello che il peccato da ai suoi servitori. Eppure, strano ma vero, a molti piace servire il peccato, e tra questi molti non ci sono solo gli increduli ma anche parecchi credenti! Non è una follia servire qualcuno che ripaga con la morte? Certo, ma d’altronde “la follia è una gioia per chi è privo di senno” (Prov. 15:21), dice la Sapienza; e dato che di senno costoro non ne hanno non c’è da stupirsi che prendano piacere nel commettere ogni sorta di peccati. Il peccato gli parla nell’intimo del loro cuore, li lusinga che i loro peccati non saranno scoperti e né presi in odio (cfr. Sal. 36:1-2), cose che non sono affatto vere perché noi sappiamo che non c’è nulla di segreto “che non abbia a sapersi ed a farsi palese” (Luca 8:17), e che ” l’Eterno condanna l’uomo pien di malizia” (Prov. 12:2) ed anche che “l’uomo pien di malizia diventa odioso” (Prov. 14:17).

Ma se da un lato c’è il salario del peccato dall’altro c’è il dono di Dio che è la vita eterna in Cristo Gesù. E’ un dono quindi la vita eterna, e come qualsiasi dono non si può né comprare e né meritare, altrimenti dono non è più dono. Un dono che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù secondo che è scritto: “Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna” (Giov. 3:36). Ecco perché la vita eterna è chiamata il dono di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore. Hai la vita eterna? Se la risposta è ‘no’, ti esorto a credere nel Signore Gesù Cristo per riceverla; quello che devi credere per riceverla è che lui è morto sulla croce per i nostri peccati, ed è risuscitato il terzo giorno per la nostra giustificazione. Se la risposta è invece ‘sì’, ti esorto a conservare la fede in Cristo Gesù fino alla fine, cioè ti esorto a perseverare nella fede perché come dice la Scrittura tu hai bisogno di costanza affinché avendo fatta la volontà di Dio, tu ottenga quello che ti è stato promesso (cfr. Ebr. 10:36), cioè la vita eterna (cfr. 1 Giov. 2:25). Serbala questa preziosa fede che hai, non gettarla via.

pensieri

Pensieri (Vol. 1)

Butindaro Giacinto, Roma 2015 – Versione aggiornata. Pagine 728.
Giacinto Butindaro

Se il giusto si tira indietro…

“Guardate, fratelli, che talora non si trovi in alcuno di voi un malvagio cuore incredulo, che vi porti a ritrarvi dall’Iddio vivente; ma esortatevi gli uni gli altri tutti i giorni, finché si può dire: ‘Oggi’, onde nessuno di voi sia indurato per inganno del peccato; poiché siam diventati partecipi di Cristo, a condizione che riteniam ferma sino alla fine la fiducia che avevamo da principio” (Ebr. 3:12-14).

Questi versi della Scrittura ci dicono che noi figliuoli di Dio, eredi di Dio e coeredi di Cristo, dobbiamo stare attenti a non fare posto nel nostro cuore all’incredulità perché essa ci porterebbe ad abbandonare Dio, la rocca del nostro cuore, Colui che ci ha eletti affinché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui nell’amore. E che fine ci aspetterebbe se non la perdizione eterna? Dice infatti sempre la Scrittura che quelli che si traggono indietro lo fanno “a loro perdizione” (Ebr. 10:39).

Che ci serva di monito quello che accadde agli Israeliti che nel deserto quando arrivarono ai confini con la terra di Israele e Dio ordinò loro di prendere possesso della terra che aveva promesso ai loro padri, per cagione della loro incredulità (Mosè disse infatti: “Non aveste fiducia nell’Eterno, nell’Iddio vostro” [Deut. 1:32]), non furono fatti entrare nella terra promessa ma furono condannati a vagare per quaranta anni nel deserto fino a che ognuno di essi non fosse perito.

Dio è santo e si disgusta di coloro il cui cuore si ritrae da lui secondo che è scritto: “Il mio giusto vivrà per fede; e se si trae indietro l’anima mia non lo gradisce” (Ebr. 10:38). Egli vuole quindi che noi perseveriamo nella fede fino alla fine, e che quindi noi crediamo nel Vangelo fino alla fine così come ci credemmo al principio della nostra nuova vita.

In mezzo alle afflizioni, alle prove, agli scoraggiamenti e alle delusioni, continuiamo a riguardare a Gesù, duce e perfetto esempio di fede, sapendo che alla fine della nostra vita su questa terra se avremo serbato la fede fino alla fine ci attenderà la gloria di Dio. Come Gesù sopportò la croce sprezzando il vituperio a motivo della gioia che gli era posta dinanzi, anche noi continuiamo a sopportare ogni sofferenza a motivo della gloria che ha da essere manifestata a nostro riguardo. Di certo la nostra speranza non sarà frustrata, perché Dio è fedele.

“Or a Colui che è potente da preservarvi da ogni caduta e da farvi comparire davanti alla sua gloria irreprensibili, con giubilo, all’Iddio unico, Salvator nostro per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, siano gloria, maestà, forza e potestà, da ogni eternità, ora e per tutti i secoli. Amen” (Giuda 24-25).

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Pensieri (Vol. 1)

Butindaro Giacinto, Roma 2015 – Versione aggiornata. Pagine 728.
Giacinto Butindaro