Due preti anglicani gay sposi in chiesa a Londra Vescovi tradizionalisti in rivolta, si rischia scisma

LONDRA (15 giugno) – Nozze senza precedenti in una antica chiesa di Londra: due sacerdoti anglicani gay si sono uniti con solennità in matrimonio sanzionando così davanti a Dio un “partenariato civile” che poco prima avevano registrato in municipio. Le “nozze” tra i reverendi Peter Cowell e David Lord – celebrate a St Bartholomew the Great, una delle più famose chiese d’Inghilterra con novecento anni di vita alle spalle e nota anche perché ripresa nel film Quattro Matrimoni e Un Funerale – risalgono al 31 maggio scorso ma la notizia è trapelata soltanto oggi. Il parroco di St Bartholomew, Martin Dudley, ha officiato il rito e nel tentativo di minimizzarne la portata lo ha definito «una semplice benedizione».

I vescovi tradizionalisti però sono insorti con parole di fuoco, hanno gridato al sacrilegio e hanno chiesto all’arcivescovo di Canterbury di intervenire se non vuole che la Chiesa Anglicana – già profondamente lacerata sulla status da assegnare al clero gay – vada alla disintegrazione. Secondo il domenicale Sunday Telegraph quella alla chiesa di St Bartholomew the Great non è stato affatto una «semplice benedizione» come vuole il parroco, ma una vera e propria cerimonia nuziale: i due sacerdoti gay si sono scambiati gli anelli, hanno fatto la comunione, hanno ascoltato le letture evangeliche previste dalla liturgia matrimoniale, hanno cantato gli inni e promesso di vivere assieme «till death us do part» e cioè fino alla morte. Non mancavano nemmeno i testimoni, le damigelle e la torta (a dieci piani). La cerimonia è significativamente finita sulle note della celeberrima marcia nuziale di Mendelssohn.

Tra lo scandalo dei fedeli benpensanti qualcosa di simile era già stato fatto alla chetichella in qualche chiesa anglicana retta da parroci ‘liberal’ per coppie omosessuali laiche, ma a St Bartholomew il mese scorso si è fatta storia perché non era ancora mai capitato che gli “sposi” fossero due preti.

Il reverendo Michael Scott-Joynt, arcivescovo di Winchester e tra i capofila del fronte tradizionalista, ha condannato l’evento che a suo giudizio «va contro le direttive della Chiesa e inasprisce le divisioni all’interno della Comunione Anglicana». Ancora più duro ed esplicito il reverendo Henry Orombi, vescovo anglicano dell’Uganda: ha tuonato contro una cerimonia «blasfema» e ha chiesto l’intervento disciplinare dell’arcivescovo di Canterbury – primate della Comunione Anglicana, forte di ottanta milioni di fedeli sparsi per il mondo – avvertendo che si rischia la «disintegrazione» se non si ritorna alla «dottrina tradizionale». Sono soprattutto le chiese anglicane d’Asia e d’Africa, che hanno già mal digerito l’ordinazione sacerdotale delle donne, ad opporsi all’idea di dare piena cittadinanza al clero gay e a minacciare la scissione.

Fonte: Il Messaggero

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Galles: no anglicano a vescovo donna

Il sinodo della chiesa anglicana del Galles ha respinto la proposta di ammettere le donne alla funzione episcopale. Malgrado il sostegno espresso dai vescovi anglicani gallesi, il sinodo anglicano, tenutosi il 2 aprile a Lampeter, ha votato contro la proposta. La legge che avrebbe permesso l’ordinazione di donne all’episcopato non ha raggiunto la necessaria maggioranza dei due terzi in una delle camere che compongono il governo della chiesa. La House of Laity (l’ala del sinodo composta da laici) ha sostenuto l’ammissione delle donne con 52 voti favorevoli e 19 contrari, ma la House of Clergy (l’ala composta dai ministri di culto) ha espresso solo 27 voti a favore mentre i voti contrari sono stati 18. Per soli tre voti la House of Clergy ha così impedito di raggiungere la maggioranza richiesta per l’approvazione della legge.
L’arcivescovo del Galles, Barry Morgan, si è detto deluso dal risultato della consultazione, ma ha ribadito che la questione continuerà a occupare la chiesa del Galles. “Anche l’ordinazione delle donne al ministero pastorale è stata in un primo tempo respinta, ma dopo undici anni il sinodo l’ha accolta“. La chiesa anglicana del Galles ha dunque forse solo rinviato l’appuntamento con l’ordinazione delle donne all’episcopato.
Un portavoce dell’opposizione, il reverendo Alan Rabjohns, ha detto, parlando alla radio BBC, che Gesù ha scelto solo dei discepoli uomini. E quindi anche la chiesa non deve avere donne vescovo. In Canada, Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, così come in Irlanda e in Scozia, la chiesa anglicana riconosce l’episcopato femminile. In Europa non ci sono, per il momento, donne vescovo anglicane.

Fonte: Voce Evangelica/ENI

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Anglicani/Chiesa Uganda: Clero USA condanni gay o lasceremo

Prosegue battaglia comunità anglicana dopo nomina vescovo gay

Kampala, 18 feb. (Ap) – Se il clero americano non condannerà l’omosessualità, la Chiesa anglicana dell’Uganda è pronta a lasciare la comunità di 77 milioni di fedeli sparsi nel mondo. L’annuncio è l’ultimo in una dura battaglia sull’omosessualità intrapresa dall’intera Comunità anglicana da quando l’ala americana, la Chiesa episcopale, ha consacrato pubblicamente il suo primo vescovo gay, Gene Robinson, nel 2003.

“L’Anglicanesimo è solo un’identità, e se ne fanno abuso, dobbiamo ricorrere alla secessione. Dobbiamo rimanere cristiani, ma non nella stessa comunità anglicana”, ha dichiarato il portavoce della Chiesa ugandese Aron Mwesigye. Ci sono circa 7 milioni di anglicani in Uganda, secondo i dati disponibili sul sito internet della chiesa.

La settimana scorsa, i vescovi anglicani dell’Uganda hanno minacciato di boicottare l’incontro, che si tiene ogni 10 anni, dei leader anglicani quest’estate, per via della posizione della Chiesa episcopale americana sull’omosessualità.

Mwesigye ha affermato che la chiesa dell’Uganda sta considerando di tagliare completamente i ponti “perchè abbiamo protestato diverse volte contro l’omosessualità, ma non è stata adottata nessuna misura”. “Se non cambiano, e continueranno a sostenere le pratiche omosessuali e i matrimoni gay, le nostre relazioni con loro saranno interrotte del tutto”, ha aggiunto.

Le tensioni tra le correnti più liberali o conservatrici dell’Anglicanesimo sono aumentate nel 2006 con l’elezione del vescovo Katharine Jefferts Schori, a favore dell’ordinamento dei gay, prima donna eletta a capo della Chiesa Episcopale americana.

Fonte: Alice Notizie/Apcom.net

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La Chiesa anglicana rischia di spaccarsi per l'aumento di gay in Canada

La Chiesa anglicana canadese ha espresso ufficialmente sgomento dopo il voto di una congregazione che vuole staccarsi dalla Chiesa nazionale per il problema dell’omosessualità.
St John’s Shaughnessy, parrocchia di Vancouver, ha annunciato la sua decisione di lasciare la Chiesa canadese per seguire la Chiesa anglicana conservatrice del Sud America, che si oppone al matrimonio tra gay.
La crepa sulle unioni omosessuali e sul clero gay ha minacciato di spaccare la Chiesa anglicana, che ha 400 anni, a livello internazionale, infossando una minoranza liberale, tra cui alcuni capi in Canada e Stati Uniti, contro una maggioranza conservatrice, per la maggior parte da Africa, Asia e America Latina.
“Esprimiamo rammarico per la decisione di qualsiasi persona di lasciare la nostra Chiesa” ha scritto Dean Elliot, commissario della diocesi del New Westminster, in British Columbia, in una dichiarazione in cui avvertiva che il voto di mercoledì potrebbe portare anche ad una battaglia legale per le proprietà della chiesa.
I matrimoni tra omosessuali sono legali in Canada, ma non è necessario che le organizzazioni religiose celebrino le cerimonie.
In Canada ci sono 800.000 anglicani registrati.
La diocesi del New Westminster – che include Vancouver, sulla costa Pacifica canadese – ha approvato la benedizione dei matrimoni gay mentre tre altre diocesi l’hanno respinta.
I rami africani e latino-americani della Chiesa anglicana si sono offerti di prendere le congregazioni conservative del Canada e degli Stati Uniti sotto la propria ala.
Elliot ha dichiarato che la Chiesa canadese non riconosce l’autorità degli arcivescovi del Sud America, quindi St John’s Shaughnessy non può mantenere le proprietà della Chiesa in una delle zone più ricche del Canada se si stacca.

Fonte:  Al Nord del Mondo / Reuters

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L’arcivescovo di Canterbury: sharia inevitabile

Si infiamma il dibattito dopo le dichiarazioni del primate anglicano Rowan Williams: «La legge islamica potrebbe migliorare la coesione sociale» Gordon Brown rigetta la proposta

DA LONDRA
ELISABETTA DEL SOLDATO

Adottare alcuni aspetti della sharia, la legge islamica, in Gran Bretagna è diventato «inevitabile», ha commentato ieri dai microfoni di Bbc Radio 4 l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, la più alta carica spirituale della Chiesa anglicana. «Il Regno Unito – ha continuato – deve confrontarsi con il fatto che alcuni dei suoi cittadini non si identificano con il sistema legale britannico». Infatti, ha spiegato Williams, adottare alcune parti della legge islamica «potrebbe servire a migliorare la coesione sociale».

I musulmani, per esempio, potrebbero decidere di portare le loro dispute familiari o le loro questioni finanziarie davanti a una «sharia court» invece che a un tribunale tradizionale. «I tribunali ortodossi ebraici – ha ricordato l’arcivescovo – sono già attivi in Gran Bretagna e la visione antiabortista dei cattolici e degli altri cristiani è tenuta in considerazione all’interno della legge».

«Gli islamici – ha proseguito – non dovrebbero essere costretti a scegliere l’alternativa netta tra la lealtà culturale e la lealtà allo Stato mentre al momento l’argomento è offuscato dal sensazionalismo dei sondaggi d’opinione». Naturalmente, «nessuno sano di mente vorrebbe vedere in questo Paese l’inumanità che alle volte viene associata con la pratica della legge in alcuni Stati islamici – ha precisato Williams –. Come le punizioni estreme o l’atteggiamento verso le donne. Ma dire che c’è una legge per tutti, è un po’ pericoloso». Secondo la legge britannica le persone possono, se lo vogliono, raggiungere un accordo dopo una disputa davanti a una terza persona. Le corti musulmani e quelle ebraiche che già esistono nel Regno Unito rientrano in questa categoria della legge.

I commenti di Williams sono ora destinati a infuocare il dibattito sul multiculturalismo nel Regno Unito. La proposta dell’arcivescovo di Canterbury è già stata peraltro respinta sia dal governo che dall’opposizione. «Il primo ministro ritiene che in questo Paese debba essere applicata la legge britannica, basata sui valori britannici », ha affermato un portavoce di Gordon Brown. I conservatori hanno affidato il loro dissenso alla loro esponente musulmana di maggior spicco, la baronessa Warsi della Camera dei Lord, ministro ombra per la coesione fra le comunità.

«I commenti dell’arcivescovo non aiutano e possono creare ulteriore confusione fra le nostre comunità – ha affermato – Il principio importante è quello dell’equità e dobbiamo assicurare che le persone di ogni fede siano trattate equamente davanti alla legge». «Non posso essere d’accordo» con l’arcivescovo, ha affermato dal canto suo il leader liberaldemocratico Nick Clegg, «l’uguaglianza davanti alla legge è parte del collante che unisce la nostra società».

Fonte: Avvenire.it – 8 febbraio 2008

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