“Piuttosto la prigione”. L’Associazione Medica Islamica ha ordinato ai suoi affiliati di disobbedire ad una legge, in vigore fra una settimana in Gran Bretagna, in base alla quale il paziente potrà previamente scegliere, o far scegliere ad un congiunto, di interrompere la propria alimentazione in caso dovesse entrare in stato vegetativo.
“Nel fare ciò permetteremmo ai nostri pazienti di morire di fame e sete in una dolorosa agonia”, ha dichiarato un portavoce dell’associazione che raggruppa i medici musulmani attivi nel Regno Unito. “Ci opponiamo a qualunque tribunale o parente che giustifichi la morte di un uomo per denutrizione o disidratazione. Tutti i dottori, infermieri e pazienti musulmani, esprimendo il proprio credo, dovrebbero opporsi a questo atto disumano”.
Simili alle posizioni dei musulmani sono anche quelle della Chiesa Cattolica che, ad inizio settembre, si era già pronunciata in modo molto critico nei confronti della nuova legge, denominata ‘Mental Capacity Act’. “Dare acqua e cibo, anche se con mezzi artificiali, rappresenta sempre un modo naturale per preservare la vita e non è un trattamento terapeutico”, hanno ribadito dal Vaticano, in netta contrapposizione con la Camera dei Lord che nel 1993 ha invece classificato, tramite una legge, come “trattamento” l’alimentazione artificiale.
Secondo la gerarchia cattolica, così come per i musulmani, garantire il cibo al paziente è un obbligo morale che non può essere disatteso solo perché i medici hanno determinato che una persona non tornerà più in stato cosciente.
La principale associazione dei medici britannici è però a favore della nuova legge: “Le convinzioni religiose dei medici -ha detto un portavoce della British Medical Association- non dovrebbero mai interferire con i diritti dei pazienti”.
Fonte: Aduc.it – 24 settembre 2007