Scavi a Tell Jalul in Giordania rivelano i segreti dell’epoca persiana

tell-jalulAdagiata sulle pianure di Madaba e circondata da terreni da pascolo, un’antica collina, ora conosciuta come Jalul, secondo gli esperti ha una miriade di storie da raccontare.

Randy Younker, direttore dell’Institute of Archaeology della Andrews University, ha dichiarato che Tell Jalul, considerato il più vasto tell esistente in tutta la regione centrale, ha una storia che abbraccia migliaia di anni e diversi imperi.

L’altura, più estesa della sua città sorella dell’età del Bronzo Heshban, a circa cinque chilomentri a nord, raggiunse il suo apice durante l’epoca persiana, un periodo storico della Giordania di cui si conosce poco.

Nel tentativo di sconfiggere e occupare l’Egitto faraonico, i persiani conquistarono tutte le aree nel Levante, in particolare la Transgiordania e la Palestina, che spesso servivano come campi di battaglia per i due imperi in guerra.

Nel corso del quinto-sesto secolo a.C., quando la Persia si spinse verso il Nilo e occupò la regione dell’Egitto moderno fino all’Iran, Tell Jalul fiorì, diventando una grande città con sistemi avanzati di agricoltura.

Gli scavi effettuati dalle squadre della Andrews University e del Department of Antiquities negli ultimi dieci anni hanno rivelato insediamenti databili al 1200 a.C. e forse anche precedenti. Secondo Younker la vicinanza dell’antico insediamento alla Strada dei Re, le risorse d’acqua sotterranee e le terre floride molto probabilmente ne facevano un sito appetibile.

Le squadre hanno scoperto un canale d’epoca persiana, usato per controllare il livello d’acqua della riserva della città e resti di un complesso sistema di irrigazione per erogare acqua alle pianure circostanti. Gli scavi hanno messo in luce un’architettura e una pavimentazione del periodo dell’occupazione persiana.

Nonostante il nome della città dell’età del Ferro sia ancora sconosciuto, statuette, sigilli ufficiali e frammenti di ceramiche indicano che gli abitanti dell’area parteciparono ai commerci tra l’Egitto, l’est, Cipro e il nord.

Gli scavi hanno anche riportato alla luce sigilli incisi che recano il nome di personaggi ammoniti di primo piano del settimo secolo a.C. Ciò vuol dire che nella tarda età del Ferro, il regno ammonita si estendeva più a sud di quanto non si pensasse, fin verso l’odierna Madaba.

Ugualmente importante, secondo Younker, è la vasta città dell’era mamelucca, che circonda la collina con una serie di edifici, abitazioni e cisterne. Questo contesto induce gli esperti a pensare che l’area giocasse un ruolo di rilievo nel corso del dodicesimo secolo e che fosse impiegata come caravanserraglio lungo la strada del pellegrinaggio verso la Mecca.

L’archeologo ha dichiarato inoltre che le squadre stanno scavando una struttura che si pensa sia un’ampia porta dell’età del Ferro posta a protezione della città e di una tomba del settimo secolo quasi per metà scavata con dozzine di corpi.

La prossima stagione di scavi, fissata per il 2011, si concentrerà sull’esplorazione dell’ampio edificio o torre amministrativa dell’età del Ferro.

Adattamento : R.P.
Fonte: SBF Taccuino / Taylor Luck, The Jordan Times ( 23 luglio 2009 )

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Giordania. Lavori al Museo di Lot

Taylor Luck
Il Museo di Lot - Foto: Taylor Luck

La prossima settimana il Ministero del Turismo e delle Antichità esaminerà le offerte presentate dalle compagnie interessate a investire 1,2 milioni di dinari giordani per la realizzazione degli interni del Museo di Lot, situato nell’area del Mar Morto.

Inhab Amarin, Assistente Segretario Generale del Ministero, ha comunicato che il ministero ha diffuso la gara di appalto lo scorso mese.

Il museo, che si trova a Ghor Al Safi, a 300 metri dalla grotta dove si racconta che Lot e la sua famiglia cercarono rifugio durante la devastazione di Sodoma e Gomorra, è un progetto di primo piano in ambito turistico.

I lavori per la realizzazione del museo, che si sviluppa su due piani ed ha l’aspetto di una conchiglia, si sono protratti per più di cinque anni.

Inizialmente ne era stata programmata l’apertura nell’aprile del 2005, poi rimandata a causa di varianti in corso d’opera suggerite dal ministero, che prevedevano la costruzione di speciali barriere per proteggere l’edificio da inondazioni, frequenti nell’area di Ghor.

Una seconda data di conclusione dei lavori fu fissata per il luglio del 2005, ma fu anch’essa rimandata per mancanza di fondi. L’edificio è stato completato definitivamente lo scorso anno.

Amarin ha dichiarato che il costo della costruzione del museo ammonta a 1,2 milioni JD e l’allestimento dei servizi intorno a 250,000 JD.

Nel museo sono esposti manufatti che vanno dall’Età della Pietra fino al periodo islamico. Vi sono presentate la topografia e la geologia dell’area del Mar Morto e le scoperte archeologiche della regione circostante, dove sono numerosi i siti riconducibili ai tempi biblici.

I servizi includeranno laboratori di restauro, un centro di ricerca e una pensione per turisti con ristorante annesso e una stazione di polizia turistica.

L’area intorno alla caverna di Lot è ricca di storia. Gli scavi hanno portato alla luce una chiesa e un monastero probabilmente costruiti dai cristiani bizantini e dedicati a San Lot.

Gli storici ricordano che fu il luogo dove i Nabatei scoprirono l’utilità del bitume estratto dal Mar Morto e usato dagli Egiziani per imbalsamare le mummie.

L’area è anche nota per la presenza di stabilimenti per la produzione di zucchero nella parte meridionale del Mar Morto.

La canna da zucchero, che fu scoperta nella valle del Giordano e nei pressi delle sponde sud-est del Mar Morto, rappresentò un prodotto chiave nell’agricoltura locale dei secoli ottavo e nono.

La produzione di zucchero si diffuse maggiormente nel dodicesimo secolo, quando gli stabilimenti lavoravano lo zucchero e la melassa.

Secondo Amarin lo sviluppo del Museo di Lot è un importante passo nella diversificazione e nell’incremento dei servizi turistici nelle aree del Mar Morto e della Valle del Giordano.

Adattamento R.P.
Dalya Dajani, The Jordan Times ( 12 settembre 2008 )

Fonte: SBF Taccuino

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Giordania: Ex musulmano costretto a fuggire

L’aprile scorso, la Corte del Nord di Amman ha reso nullo il matrimonio di Mohammad Abbad, processato per apostasia ovvero per aver abbandonato l’Islam: ma questo è solo un atto della crescente persecuzione contro un uomo reo soltanto di essersi convertito al cristianesimo.
Il 23 marzo scorso l’intera famiglia Abbad è stata vittima di un’aggressione da parte dei familiari di un altro neoconvertito al Cristianesimo; il succitato quarantenne Mohammad Abbad ha riportato ferite alla testa, al petto e ad un occhio, come si legge dal referto medico rilasciato dall’Ospedale dell’Università Giordana, oltre che danni materiali alla propria abitazione. Rivoltosi alla stazione di polizia vicina per denunciare il fatto, Mohammad ha trovato negli stessi uffici suo padre intento a chiedere la custodia dei suoi due giovani figli (un bambino e una bambina rispettivamente di 10 e 11 anni). La corte, per mano del giudice Faysal Khreisat, ha chiesto alla vittima dell’aggressione di rinnegare la propria conversione e di tornare all’Islam, ma Abbad è rimasto fermo nella propria decisione per Cristo. A fronte di questo diniego, il giudice ha sentenziato una settimana di carcere nella prigione di Amman; il legale ha consigliato ad Abbad di abbandonare il paese, in quanto non vi è alcuna speranza di vincere la causa in questione, peraltro con il rischio elevatissimo di perdere la custodia dei bambini.

Il secondo atto di questa aggressione al giovane cristiano è appunto la sentenza di annullamento del matrimonio, giustificata dallo stesso giudice nel seguente modo: “Il matrimonio dipende dal credo, e l’apostata non ha un credo”. Il codice penale giordano, però, non prevede il reato di apostasia, mentre la carta costituzionale giordana prevede la libertà di religione.
Ma l’Islam, la religione ufficiale giordana, proibisce la conversione ad un’altra fede. La Sharia (legge islamica) Giordana, che regola la legge sulla famiglia, ha condannato alcuni neoconvertiti per apostasia, spogliandoli di ogni diritto legalmente riconosciuto dalla stessa nazione in cui vivono.
Mohammad Abbad, sua moglie e i suoi due figli sono stati costretti a fuggire dal loro paese, la Giordania, e a riparare in un paese europeo che per ragioni di sicurezza non viene qui menzionato, dove hanno trovato asilo politico.

Fonte: Porte Aperte Italia

Nella foto: Mohammad Abbad

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Fonte: Porte Aperte, 158, maggio-giugno 2008, pag. 13

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