In alcune aree nel nord della Cisgiordania il consumo di acqua pro-capite è sceso a un terzo della quantità minima necessaria e questa estate la carenza d’acqua -“dovuta a un’iniqua distribuzione delle risorse idriche condivise dai palestinesi e Israele” – sarà ancora più grave: lo denuncia il gruppo israeliano per i diritti umani “B’Tselem”, sottolineando anche le relative politiche discriminatorie israeliane e le ripetute siccità degli ultimi anni. Centinaia di migliaia di palestinesi, prosegue la nota diffusa da “B’Tselem”, non sono collegati a una rete idrica e sono costretti ad acquistare l’acqua dalle autocisterne, a un costo da tre a sei volte superiore in base al luogo e alle restrizioni poste da Israele ai movimenti; anche chi è collegato a un sistema idrico non riceve però una fornitura costante di acqua, perché l’azienda idrica israeliana ‘Mekorot’ ridurrebbe l’approvvigionamento alle città e ai villaggi palestinesi per soddisfare le accresciute richieste da parte degli insediamenti dei coloni israeliani in Cisgiordania. Israele mantiene il controllo completo delle sorgenti d’acqua condivise con i palestinesi e impedisce qualsiasi perforazione di pozzi senza un permesso; “B’Tselem” ricorda che l’accesso all’acqua senza discriminazioni è un diritto umano fondamentale riconosciuto dalla normativa internazionale.
[CO]
Fonte: Misna – 2/7/2008 9.12
Foto: Atef Abu A-Rob, B’Tselem
Crisi idrica ad Anin, distretto di Jenin, estate 2006.