Sono circa 700 e vivono in due centri, a Kiryat Luza sulla dorsale del Monte Garizim che si affaccia sulla città di Nablus, e a Holon, un centro nei pressi di Tel Aviv.
Le origini dei Samaritani sono oggetto di disputa, e non poteva essere diversamente dal momento che rivendicano di rappresentare il popolo della vera religione, quella autentica degli antichi Israeliti, precedente alla costruzione del tempio ebraico a Gerusalemme.
Per alcuni studiosi sono effettivamente i discendenti di quei membri delle tribù israelite che furono lasciati nel loro territorio, quando gli Assiri deportarono le tribù del nord (722 a.C.). I Samaritani, dunque, sono di origine israelita ed ebrea.
Il loro nome non deriverebbe dalla regione dove hanno vissuto e vivono ( Shomron – Samaria) ma da Shomrim “Custodi”, nome con cui intendono indicare che sono i custodi dell’insegnamento di Mosè. Sostengono di essere stati respinti dagli Ebrei di ritorno dall’esilio babilonese, perché non erano stati compartecipi nella deportazione.
Le rivendicazioni dell’autenticità delle loro origini sembrano essere confermate da recenti scavi condotti sul Monte Garizim, dove sono stati portati alla luce i resti di un luogo di culto d’epoca persiana databile al sesto secolo a.C.
Nonostante le numerose difficoltà e persecuzioni subite, i Samaritani sono riusciti a conservare la loro identità etnica.
La loro religione poggia su quattro pilastri : la fede in un solo Dio ; dopo Mosè non c’è un altro profeta, e Mosè è il salvatore e il Messia futuro ; la legge mosaica che coincide con il Pentateuco ; il Monte Garizim come unico luogo di culto. A questi è stato aggiunto un quinto principio : la fede in Tahav (Shahav), il Messia figlio di Giuseppe che verrà nel giorno della “vendetta e della retribuzione” (Dt 32,35) alla fine dei tempi. Questa credenza si deve al loro legame con la tribù di Giuseppe.
I Samaritani seguono un calendario lunare di 354 giorni. Spetta al sommo sacerdote, che a metà anno pubblica un calendario speciale, fissare le date delle festività.
Quest’anno il 14 del mese di Nisan, giorno del sacrificio pasquale, è caduto di sabato (il 19 aprile del nostro calendario). Nel pomeriggio i rappresentanti della comunità si sono recati come di consueto presso l’abitazione del Sommo Sacerdote, Elazar ben Tsedaka ben Yitzhaq, per rendergli omaggio e invitarlo a presiedere alla cerimonia con cui i Samaritani fanno memoria dell’esodo degli Israeliti dall’Egitto verso la terra dei loro Padri. Elazar ben Tsedaka ben Yitzhaq è il 131º Sommo Sacerdote del popolo Israelita-Samaritano.
Giunto al luogo del sacrificio, si è unito al colorito gruppo degli anziani e ha dato inizio alla cerimonia con una preghiera. Il seguito è stato un ininterrotto canto di preghiere e versetti tratti dal libro dell’Esodo. Ad un tratto il Sommo Sacerdote ha dato il segnale dell’inizio del sacrificio degli agnelli, che in pochi istanti sono stati tutti immolati. Alle donne è permesso assistere ma non partecipare direttamente al sacrificio. Gli uomini, com’è prescritto, vestivano rigorosamente in bianco e sui loro abiti sono ben presto apparse le macchie del sangue degli agnelli.
Dopo grida di esaltazione e di lode, i Samaritani, uomini e donne, adulti e piccoli, si sono abbracciati e segnati sulla fronte con il sangue degli agnelli e si sono scambiati con gioia gli auguri. Gli uomini si sono poi affrettati a preparare gli agnelli.
Una volta pronti, gli agnelli sono stati messi in grandi buche scavate nel terreno che fungono da veri e propri forni. La cottura dura circa tre ore.
La tradizione vuole che la carne debba essere pronta per la metà della notte, l’ora in cui l’angelo, secondo il racconto biblico, fece morire i primogeniti degli Egiziani. I Samaritani la mangiano in fretta con pane senza lievito, proprio come fecero gli Israeliti guidati da Mosè nel loro esodo.
Testo e foto di R.P.
Fonte e foto: SBF Taccuino