Il Castello di San Giorgio a Siviglia ha aperto le porte al pubblico il mese scorso. L’edificio, che fu un quartier generale dell’Inquisizione nella città dal XV al XVIII secolo, è ora a tutti gli effetti un museo sugli orrori che si perpetrarono tra le sue mura.
Il nome esatto del percorso di visita della parte del castello aperta è: “Uno spazio di riflessione: il Castello di San Giorgio“. Una sala offre ai visitatori un video che mostra loro cosa significasse essere vittima di un processo dell’Inquisizione, e soffrire in prima persona l’abuso di potere. Il percorso guidato conduce poi lungo un corridoio e mostra i resti delle mura dove i prigionieri gridavano in agonia durante le sessioni di tortura. Pannelli informativi descrivono la vita quotidiana nelle varie parti del castello: le scuderie, gli uffici legali, le cucine, le cantine e la casa dell’Inquisitore capo.
Una sezione ricorda i molti che soffrirono nell’edificio, tra cui molti protestanti, come Casiodoro de Reina, Constantino Ponce de la Fuente e Maria de Bohorques. Quest’ultima è descritta come “appartenente al gruppo protestante di Ponce de León, figlio del conte di Bailén, che fu accusato di aver ricevuto letteratura protestante da un mulattiere di nome Julián Hernández“. Era una donna colta che cercò di far passare le proprie idee come cattoliche, ma prima dell’esecuzione due gesuiti e due domenicani cercarono di “salvarle l’anima“. Se ne andarono impressionati dalla sua saggezza e da come difese la propria fede, ma questo non fu sufficiente a salvarle la vita. Fu bollata come “luterana” e il suo corpo fu in seguito bruciato.
Casiodoro de Reina, che viene ricordato con particolare ammirazione dagli evangelici per il suo lavoro di traduzione della Bibbia in spagnolo, è descritto come “un insegnante evangelico che studiò nel monastero geronimita di San Isidoro del Campo“. Era uno di quelli che riuscirono a scappare in esilio a Ginevra, e insieme a uomini come Cipriano de Valera e Antonio del Corro, divenne uno dei personaggi di spicco nella Riforma. L’Inquisizione si dovette accontentare di bruciare una sua effigie in un “processo” del 1562.
Un altro dei protestanti di cui si fa menzione è Constantino Ponce de la Fuente, “canonico in Siviglia per ordine del Vaticano“. Nel 1558 fu accusato dall’Inquisizione di essere un luterano. Avevano già in precedenza bruciato i suoi libri in pubblico, diffamato la sua persona e l’avevano confinato nel Castello di Triana, dove morì prima di essere processato.
Il museo è stato aperto dal sindaco di Siviglia, Alfredo Sánchez Monteseirín, e l’intero progetto è costato 2.5 milioni di euro. Lo scopo è quello di analizzare la natura umana, e in particolare come si possa essere vittima di un’intolleranza ed in seguito essere attivamente partecipe in un’altra intolleranza. Emilio Monjo, membro dell’Unità per gli Studi Protestanti di Siviglia, dice: “Essere all’interno di quelle mura che testimoniarono la fede dei nostri padri è un’emozione molto forte. L’intolleranza e l’oppressione che si percepiscono nel castello sono una sfida per il visitatore. Ognuno di noi si può vedere impotente davanti al potere, ma anche esercitare il potere sugli altri“. I fondatori del museo sperano che i visitatori mettano in discussione le proprie motivazioni e si chiedano quali sono i problemi della società di oggi, in modo che un’intolleranza di questo genere non debba ripetersi in futuro.
Fonte: Protestante Digital, El País, Diario de Sevilla, Emilio Monjo Editing: Daniel Hofkamp, ACPress.net
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