Tutte le nostre vie dipendono da Dio

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La Sapienza dice che non basta “essere intelligenti per avere delle ricchezze..poiché tutti dipendono dal tempo e dalle circo­stanze”,1 e questo è vero, infatti un credente può diventare ricco pur non volendo arricchire, ma questo avviene quando e se Dio lo permette nella sua vita.

È scritto: “Casa e ricchezze sono un’eredità dei padri”,2 perciò può avvenire che un credente che non ha affatto l’animo alle cose della terra e che non vuole affatto arricchire, diventi tutto ad un tratto ricco in seguito ad una eredità lasciatagli dal padre o dai nonni; nella Scrittura abbiamo l’esempio di Isacco che eredi­tò tutto ciò che aveva posseduto Abramo suo padre, secondo che è scritto: “E Abrahamo dette tutto quello che possedeva a Isacco”.3

Vi è un altra maniera in cui un credente può diventare ricco senza volerlo diventare, e ciò avviene quando è Dio stesso a fare prosperare il lavoro di quel credente in una maniera prodigiosa, in una maniera soprannaturale, fermo restando l’integrità del credente. Di Isacco è scritto: “Isacco seminò in quel paese, e in quell’anno raccolse il centuplo; e l’Eterno lo benedisse. Que­st’uomo divenne grande, andò crescendo sempre più, finchè diventò grande oltremisura. Fu padrone di greggi di pecore, di mandre di buoi e di numerosa servitù”;4 come potete vedere, Isacco seminò e in quell’anno specifico raccolse il centuplo, ciò significa che Dio operò un prodigio in favore di Isacco perché per raccogliere il centuplo occorre un intervento di Dio. Dio era con Isacco e questo lo riconobbero anche i Filistei che lo invidiavano infatti un giorno essi gli dissero: “Noi abbiamo chiaramente veduto che l’Eterno è teco”.5

Anche per Giacobbe è necessario dire che fu Dio ad operare in suo favore per arricchirlo. Quest’uomo quando se ne andò in Paddam – Aram passò il Giordano col suo bastone e quando tornò da quel paese tornò con numerosi greggi di pecore, con molte capre, con molte vacche e tori, con molti cammelli e molti asini. Vediamo come potè avvenire tutto ciò. Giacobbe, presso Labano, stette venti anni e nel corso di questi anni egli lavorò quattordici anni per le sue due figliuole Lea e Rachele che divennero sue mogli ed altri sei anni per le sue pecore; alla fine dei vent’an­ni egli ricevette da Dio l’ordine di tornare al paese dei suoi padri e al suo parentado e chiamate Lea e Rachele disse loro: “Io vedo che il volto di vostro padre non è più, verso di me, quello di prima; ma l’Iddio di mio padre è stato meco. E voi sapete che io ho servito il padre vostro con tutto il mio potere, mentre vostro padre m’ha ingannato, e ha mutato il mio salario dieci volte; ma Dio non gli ha permesso di farmi del male. Quand’egli diceva: I macchiati saranno il tuo salario, tutto il gregge figliava agnelli macchiati; e quando diceva: Gli striati saranno il tuo salario, tutto il gregge figliava agnelli striati. Così Iddio ha tolto il bestiame a vostro padre, e me l’ha dato. E una volta avvenne, al tempo che le pecore entravano in caldo, ch’io alzai gli occhi, e vidi, in sogno, che i maschi che montavano le femmine erano striati, macchiati o chiazzati. E l’Angelo di Dio mi disse nel sogno: Giacobbe! E io risposi: Eccomi! Ed egli: Alza ora gli occhi e guarda; tutti i maschi che montano le femmine, sono striati, macchiati o chiazzati; perché ho veduto tutto quel che Labano ti fa..”.6 Dio vide che Labano ingannava Giacobbe e gli tolse il bestiame e lo diede a Giacobbe; questo è quello che Dio operò a pro di Giacobbe. Ancora oggi Dio opera nella stessa maniera, e toglie i beni al peccatore e li dà a chi è gradito agli occhi suoi, e non v’è nessuno che possa impedirglielo. Le Scritture che confermano questo sono le seguenti:

– “La ricchezza del peccatore è riserbata al giusto”7

– “Chi accresce i suoi beni con gl’interessi e l’usura, li aduna per colui che ha pietà dei poveri”8

– “Iddio dà all’uomo che egli gradisce, sapienza, intelligenza e gioia; ma al peccatore dà la cura di raccogliere, d’accumulare, per lasciare poi tutto a colui ch’è gradito agli occhi di Dio”9

Anche Giobbe fu un uomo molto ricco ma nello stesso tempo integro e retto; vediamo come Giobbe entrò in possesso di tutti quei beni che possedette. La Scrittura dice: “C’era nel paese di Uz un uomo che si chiamava Giobbe. Quest’uomo era integro e retto; temeva Iddio e fuggiva il male. Gli erano nati sette figliuoli e tre figliuole; possedeva settemila pecore, tremila cammelli, cinque­cento paia di bovi, cinquecento asine e una servitù molto numero­sa. E quest’uomo era il più grande di tutti gli Orientali”.10 Ora, spesso, quando si parla di Giobbe ci si ricorda delle sue ric­chezze ma non della sua integrità, e questo è un errore perché si dovrebbero ricordare ambedue le cose perché esse sono strettamen­te collegate tra loro infatti all’origine delle sue ricchezze c’era il timore che lui aveva di Dio. Giobbe era un uomo retto che temeva Iddio e fuggiva il male; egli praticava la giustizia facendo parte dei suoi beni a chi era nel bisogno infatti faceva esultare il cuore della vedova, si prendeva cura dell’orfano, era l’occhio del cieco, il piede dello zoppo, il padre dei poveri, era un volenteroso albergatore di forestieri ed oltre a ciò aveva una condotta personale irreprensibile ed esemplare. Dio vide come si conduceva questo suo servitore e benedisse lui e l’opera delle sue mani e questo lo riconobbe persino Satana infatti disse a Dio di Giobbe: “Tu hai benedetto l’opera delle sue mani, e il suo bestiame ricopre tutto il paese”.11

Ma Giobbe non fu integro solamente quando fu nell’abbondanza e quando la benedizione di Dio riposava su lui e su tutto quello che possedeva, ma anche quando fu nella penuria perché perse tutto quello che possedeva e quando fu colpito da Satana di un ulcera maligna dalla pianta dei piedi al sommo del capo. Egli si mantenne saldo nella sua integrità e non rinnegò Dio in mezzo alla povertà ed alle sue atroci sofferenze (egli disse: “L’Eterno ha dato, l’Eterno ha tolto; sia benedetto il nome dell’Eterno”,12 ed a sua moglie che lo spinse ad abbandonare Dio rispose: “Tu parli da donna insensata! Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo d’accettare il male?”)13 come invece Satana pensava che avrebbe fatto (secondo che egli disse a Dio: “Tocca quanto egli possiede…toccagli le ossa e la carne e vedrai se non ti rinnega in faccia”),14 dimostrando così di temere Dio non perché Dio lo aveva benedetto ma perché egli amava Dio. Dio provò Giobbe e vide che Giobbe, anche privo dei suoi numerosi beni e della sua salute, si mantenne saldo nella sua integrità e non rinnegò il suo nome e lo ristabilì nella condizione di prima secondo che è scritto: “L’Eterno lo ristabilì nella condizione di prima e gli rese il doppio di tutto quello che già gli era appar­tenuto…E l’Eterno benedì gli ultimi anni di Giobbe più dei primi; ed ei s’ebbe quattordicimila pecore, seimila cammelli, mille paia di bovi e mille asine”.15 Anche in questo caso natural­mente, Dio operò una delle sue maraviglie per fare diventare Giobbe proprietario di tutti quei beni. È vera la Parola che dice: “Quel che fa ricchi è la benedizione dell’Eterno”,16 infatti il Signore arricchisce materialmente, ma è altresì vera la parola che dice: “L’Eterno fa impoverire”,17 perciò temiamo Dio, osservia­mo i suoi comandamenti e per certo Dio non ci farà mancare nulla di ciò che abbiamo bisogno; la sua benedizione riposerà sulle nostre famiglie perché Egli “ama i giusti”18 e benedice la loro dimora.

Veniamo ora alle ricchezze che possedette Salomone perché esse gli furono date da Dio senza che Salomone gliele avesse domanda­te; anche questo è un esempio di come a motivo della benedizione di Dio, un uomo può diventare ricco in modo onesto.

La Scrittura dice: “A Gabaon, l’Eterno apparve di notte, in sogno, a Salomone. E Dio gli disse: Chiedi quello che vuoi ch’io ti dia…Salomone rispose: ‘…Dà dunque al tuo servo un cuore intelligente ond’egli possa amministrare la giustizia per il tuo popolo e discernere il bene dal male; poiché chi mai potrebbe amministrare la giustizia per questo tuo popolo che è così nume­roso?’ Piacque al Signore che Salomone gli avesse fatta una tale richiesta. E Dio gli disse: ‘Giacchè tu hai domandato questo, e non hai chiesto per te lunga vita, né ricchezze, né la morte dei tuoi nemici, ma hai chiesto intelligenza per potere discernere ciò che è giusto, ecco, io faccio secondo la tua parola; e ti do un cuore savio e intelligente, in guisa che nessuno è stato simile a te per lo innanzi, e nessuno sorgerà simile a te in appresso. E oltre a questo io ti do quello che non mi hai doman­dato: ricchezze e gloria; talmente, che non vi sarà durante tutta la tua vita alcuno fra i re che possa esserti paragonato…”.19 Salomone non era né invidioso e neppure cupido di disonesto guadagno e quando Dio gli disse di chiedere quello che desidera­va, egli chiese sapienza, e questa sua richiesta piacque a Dio che gliela diede; ma Dio gli diede anche quello che lui non gli aveva chiesto cioè ricchezze e gloria. Ora, è vero che Salomone fu molto ricco ma vi ricordo che Gesù disse: “Qui v’è più che Salomone”,20 per significare che egli era superiore a Salomone anche se non poteva vantare sulla terra tanti beni materiali quanti ne potè vantare il re Salomone. Io ritengo che noi pure dobbiamo domandare a Dio sapienza per condurci in modo degno di Dio sulla terra perché questa richiesta è secondo la volontà di Dio infatti è scritto: “Se alcuno di voi manca di sapienza la chiegga a Dio che dona a tutti liberalmente senza rinfacciare e gli sarà donata”;21 ma noi dobbiamo pure guardarci dal domandare male a Dio (perché mossi dall’invidia amara e dalla vanagloria) perché in questo caso non riceveremmo e si adempirebbe la parola che dice: “Domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri”.22

Anticamente visse un uomo, che benché disse di essere più stupido di ogni altro e di non avere l’intelligenza d’un uomo, pure fece una richiesta savia a Dio, e questa sua richiesta è trascritta nel libro dei proverbi. Il nome di quest’uomo è Agur, figliuolo di Jakè, e la sua richiesta è la seguente: “Io t’ho chiesto due cose; non me le rifiutare, prima che io muoia: allontana da me vanità e parola mendace; non mi dare né povertà né ricchezze, cibami del pane che m’è necessario, ond’io, essendo sazio, non giunga a rinnegarti, e a dire: ‘Chi è l’Eterno?’ ovvero, diventa­to povero, non rubi, e profani il nome del mio Dio”.23 Quello che avviene oggi invece è che ci sono degli uomini che si credono intelligenti che non solo sprezzano questa richiesta ma non ardirebbero neppure farla a Dio, perché secondo loro non s’addice a dei figli di re; giudicate quello che dico.

Riassumendo: un credente può diventare pure ricco (e quindi non lo escludiamo), fermo restando la sua integrità, quando Dio lo permette e se Dio lo permette. Ma questo non ci spinge a dire ai credenti: ‘Dio vuole che voi arricchiate materialmente perché questa è la sua volontà verso di voi, e se voi non siete ricchi non siete nella volontà di Dio’, o: ‘Se non siete ricchi mate­rialmente è perché avete poca fede in Dio o perché non avete domandato a Dio di esserlo’. Il fatto è che questi predicatori con le loro ciance tendono a fare sentire un credente che è contento di quello che ha un miserabile che non ha fede in Dio e che non fa la volontà di Dio, ed il rischio che corre il creden­te udendo le loro parole è quello di cessare di essere contento delle cose che ha e di volere diventare ricco, il che significhe­rebbe uscire dalla volontà di Dio.


1 Ecc. 9:11

2 Prov. 19:14

3 Gen. 25:5

4 Gen. 26:12-14

5 Gen. 26:28

6 Gen. 31:5-12

7 Prov. 13:22

8 Prov. 28:8

9 Ecc. 2:26

10 Giob. 1:1-3

11 Giob. 1:10

12 Giob. 1:21

13 Giob. 2:10

14 Giob. 1:11; 2:5

15 Giob. 42:10,12

16 Prov. 10:22

17 1 Sam. 2:7

18 Sal. 146:8

19 1 Re 3:5,6,9-13

20 Matt. 12:42

21 Giac. 1:5

22 Giac. 4:3

23 Prov. 30:7-9