Come Gesù insegnò a pregare

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Vediamo ora come Gesù insegnò a pregare ai suoi discepoli: Egli disse: “E nel pregare non usate soverchie dicerie come fanno i pagani, i quali pensano d’essere esauditi per la moltitudine delle loro parole. Non li rassomigliate dunque, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiedia­te”.1

Innanzi tutto, Gesù ci ha ordinato di non usare, quando preghia­mo, eccessive parole, come fanno quelli che non conoscono Dio. Una delle caratteristiche delle preghiere di quelli che non conoscono Dio è la loro eccessiva lunghezza; essi pregano per ore intere ripetendo meccanicamente le svariate preghiere che sono scritte nei loro libri, e questo si può vedere pure in questa nazione. Ma che cosa spinge così tante persone a pregare in questa maniera? Il pensiero di essere esauditi a motivo delle loro molte parole. Ora, Gesù ci ha detto: “Tutte le cose che domanderete nella preghiera, se avete fede, le otterrete”,2 e non ‘se pregate con molte parole’; questo ve lo dico affinché nessuno fra voi pensi che più sono le parole che si rivolgono a Dio e più possibilità ci sono di essere esauditi. “Il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate”,3 disse Gesù, quindi non c’è bisogno di molte parole quando ci si rivolge al Signore nelle nostre distrette. Davide disse a Dio nei salmi: “La parola non è ancora sulla mia lingua, che tu, o Eterno, già la conosci appieno”;4 questo sta a dimostrare che il nostro Dio sa perfettamente che cosa gli chiederemo in preghiera, ancora prima che formuliamo la nostra preghiera. Se da un lato Gesù ha detto come non dobbiamo pregare, dall’altro ha detto pure come invece noi dobbiamo pregare. Egli disse: “Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra com’è fatta nel cielo. Dacci oggi il nostro pane cotidiano; e rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debito­ri; e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno”.5

Fratelli, tenete presente che questa preghiera l’ha insegnata Colui che prima di venire in questo mondo era presso il Padre. Noi sappiamo che il Figlio di Dio ha reso testimonianza di quel che ha udito presso il Padre suo, quindi anche queste parole da lui insegnateci sono Parola di Dio. Non sottovalutate questa preghiera perché la sua efficacia, quando viene rivolta a Dio con un cuore puro e con fede, non è minimamente diminuita nel corso dei secoli da che la insegnò Gesù.

Voglio dirvi a riguardo di questa preghiera alcune cose, la prima delle quali è che noi quando ci rivolgiamo a Dio in preghiera, lo dobbiamo chiamare ‘Padre nostro’, e non ‘papà’. Dico questo perché alcuni in mezzo a noi hanno cominciato ad esprimersi nei confronti di Dio in maniera confidenziale, fino a chiamarlo appunto ‘papà’. Non è chiamando Dio ‘papà’ che ci si mostra rive­renti e timorati nei suoi confronti. Vedete, oggi, alcuni pensano che perché noi siamo figliuoli di Dio, noi abbiamo il diritto di chiamare Dio ‘papà’. Io ritengo che noi non dobbiamo prenderci delle confidenze nei confronti di Dio, benché Egli sia il nostro Padre celeste, Colui che ci ha generati mediante la sua parola. Gesù, nella notte in cui fu tradito, quando si rivolse al Padre, lo chiamò ‘Padre santo’ e ‘Padre giusto’. È veramente rattri­stante vedere come alcuni si permettono questa eccessiva familia­rità nei confronti di Dio, ma anche di questo non c’è da stupir­si, perché oggi molti hanno dimenticato chi è Dio, e la parola che dice: “Offriamo così a Dio un culto accettevole, con riveren­za e timore! perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante”.6 Giacobbe chiamò Dio ‘il Terrore di Isacco’; Asaf lo chiamò ‘il Tremendo’, mentre alcuni oggi lo chiamano ‘papà’. Ma di questo passo costoro diventeranno come quei bambini che chiamano il loro padre ‘papino’ e si mettono a giocare con lui, pensando di poter­si fare anche beffe di lui! Chiamano Dio ‘papà’, e vanno vestiti in maniera stravagante e indecente; ma non solo, quando si metto­no a pregare, alcuni di loro si mettono a pregare con le mani in tasca, e rifiutano di inginocchiarsi davanti a Dio. Ma ditemi: ‘Che atteggiamenti sono questi? Non sono forse degli atteggiamen­ti che sono propri di coloro che non vogliono compiere la loro salvezza con timore e tremore? Mi addoloro nel constatare che i pagani che si prostrano davanti ai loro idoli muti mostrano più riverenza e più timore verso le loro opere morte che adorano e pregano, di quanta ne mostrino alcuni credenti nei confronti dell’Iddio vivente e vero. Giudicate da voi stessi quello che dico.

Noi, come figliuoli di Dio, vogliamo che il nome di Dio sia santificato per mezzo di noi. Dio, nella legge, ha detto: “Io sarò santificato per mezzo di quelli che mi stanno vicino e sarò glorificato in presenza di tutto il popolo”;7 ora, affinché il nome di Dio sia santificato, noi che siamo ora vicini a Lui (noi eravamo lontani da Dio, ma ora, in Cristo Gesù siamo stati avvi­cinati a Dio) dobbiamo osservare i suoi comandamenti, quindi, dire a Dio: “Sia santificato il tuo nome”,8 ma rifiutarsi nello stesso tempo di ubbidirgli, significa mentirgli.

Secondo quello che insegna la Scrittura, il regno del mondo, un giorno, verrà ad essere del Signor nostro e del suo Cristo, e noi regneremo sulla terra. Ancora tutto ciò non si è adempiuto, ma noi sappiamo che quel giorno si sta avvicinando frettolosamente; sì, questo è il nostro desiderio, che il Regno di Dio venga, perciò diciamo a Dio: ‘Venga il tuo regno’.

Oltre a ciò desideriamo pure che la volontà di Dio sia fatta in terra come è fatta in cielo. Che fanno i santi angeli in cielo? Che fanno i giusti in cielo? Essi adempiono la volontà di Dio, perché lodano Dio e lo servono. Non è forse quello che noi cre­denti dobbiamo fare sulla terra? Noi diciamo a Dio: ‘Sia fatta la tua volontà’, perché vogliamo che Egli adempia la sua volontà in noi.

“L’uomo non vive soltanto di pane, ma vive di ogni parola che procede dalla bocca di Dio”;9 questo significa che noi non dobbia­mo solo cibarci di pane, ma pure della Parola di Dio, ascoltando­la ed osservandola. Ora, il pane è necessario mangiarlo per vivere, Dio lo sa questo, e vuole che noi glielo chiediamo. Gesù ha detto: “Chiedete e vi sarà dato”10, quindi, alla nostra richie­sta di cibo Dio ci risponde dandoci il cibo necessario. Il salmi­sta disse a Dio:”Tutti quanti sperano in te che tu dia loro il loro cibo a suo tempo. Tu lo dai loro ed essi lo raccolgono”;11 considerate quanto sia grande la bontà di Dio! Egli si prende cura di tutti gli uccelletti della foresta e di tutti i pesci dei mari, dando pure a loro il cibo che necessitano. Se Dio non trascura nell’assistenza quotidiana gli animali che ha fatto, come potremmo pensare che Egli si metta a trascurare noi che siamo suoi figliuoli? Noi siamo “da più di molti passeri”,12 e da più di qualsiasi animale che Dio ha fatto, perciò abbiamo in lui la ferma fiducia che Egli non ci farà mancare il pane cotidiano.

Diletti, “falliamo tutti in molte cose”,13 per questa ragione siamo in obbligo di chiedere a Dio di rimetterci i nostri debiti. I nostri falli che commettiamo sono chiamati debiti perché infran­gere la parola di Dio significa costituirsi dinnanzi ad essa debitori. Ma grazie siano rese a Dio perché quando noi andiamo a lui a confessargli i nostri debiti chiedendogli di rimetterceli, otteniamo la remissione di essi. Non è forse questa una chiara dimostrazione della fedeltà di Dio? Ma Dio non è solo fedele ma anche giusto, perché se noi non rimettiamo i debiti ai nostri debitori (cioè, se non perdoniamo agli uomini i loro falli), neppure Lui ci rimetterà i nostri, quindi badiamo a noi stessi e perdoniamo agli uomini i loro falli, se non vogliamo che Dio ci faccia pagare i nostri debiti fino all’ultimo spicciolo!

Noi sappiamo che il diavolo è il tentatore e che come tentò il Figlio di Dio nei giorni della sua carne, così tenta noi. È impossibile non essere tentati dal diavolo, ma non è impossibile non cadere in tentazione, perciò dobbiamo chiedere a Dio di non esporci alla tentazione e di liberarci dal maligno. Vedete, Dio permette che noi siamo tentati (considerate che Dio permise che anche il suo Figliuolo fosse tentato), ma non permetterà che noi siamo tentati al di là delle nostre forze, infatti Paolo dice: “Or Iddio è fedele e non permetterà che siate tentati al di là delle vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscirne, onde la possiate sopportare”.14 Quindi, Dio ha promesso di darci assieme alla tentazione la via d’uscita per non cadere in tentazione. Badate però che il fatto che Dio ci darà la via d’uscita per sopportare la tentazione non significa che da parte nostra, Dio non richieda nessun sforzo per non cadere in essa, altrimenti Gesù non avrebbe detto: “Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione”,15 ed anche: “Pregate, chiedendo di non entrare in tentazione”.16 Noi spesso non ci ricordiamo che per non cadere in tentazione, non solo dobbiamo vegliare, ma dobbiamo anche pregare, chiedendo a Dio di non entrare in tentazione.


1 Matt. 6:7,8

2 Matt. 21:22

3 Matt. 6:8

4 Sal. 139:4

5 Matt. 6:9-13

6 Ebr. 12:28,29

7 Lev. 10:3

8 Matt. 6:9

9 Deut. 8:3; Matt. 4:4

10 Matt. 7:7

11 Sal. 104:27,28

12 Matt. 10:31

13 Giac. 3:2

14 1 Cor. 10:13

15 Mar. 14:38

16 Luca 22:40