Mio papà: un uomo ricco in buone opere

Con mio papà pochi mesi prima della sua morte

Perché voglio ricordare pubblicamente mio papà Vincenzo? Perché tutti coloro che hanno beneficiato gratuitamente della nostra opera sia in Italia che all’estero in tutti questi anni, devono sapere che quello che noi abbiamo fatto per loro, lo abbiamo fatto soprattutto grazie al suo sostegno economico, che peraltro iniziò anni prima che noi partissimo il 21 Giugno 1990 per il Lazio in seguito al seguente comando che mi diede Dio: «Va’ nel Lazio».

Mio papà nacque a Collesano, provincia di Palermo, il 18 Novembre 1938, in una famiglia povera. Io porto il nome di suo padre, che si chiamava Giacinto. Mi parlò spesso dei suoi anni giovanili passati a Collesano, ed anche dei suoi problemi che aveva incontrato a scuola, perché non aveva molta voglia di studiare.

Nel 1950 (la data l’ho avuta da due mie zie), venne a Collesano dagli USA Rosaria (soprannominata Sara) Amatore, che era emigrata in America anni prima. Venne per parlare di Gesù a sua nipote e suo fratello e sua sorella. E venne a dimorare proprio in una casa che stava sulla stessa strada dove abitavano mio nonno Giacinto Butindaro e sua moglie Rosa Giambrone, i genitori di mio papà. I parenti della sorella Amatore credettero nel Vangelo, come anche i miei nonni paterni e quelli materni (Illuminato Giambrone e Petrina Venturella), mio papà e mia mamma Angela Giambrone (allora ambedue molto giovani), mio zio Giuseppe Giambrone, e altri miei parenti. Si formò un gruppo di credenti che cominciarono a fare i culti in casa. Mio padre mi parlava spesso di quel periodo, in cui i cattolici romani di Collesano li avversavano molto, ingiuriandoli pubblicamente per strada, ma loro erano felici di soffrire per il Signore.

Questa Chiesa aderirà poi alle Assemblee di Dio in Italia (ADI), e per molti anni ne fu il pastore Pietro Restivo, fratello di mio zio Gandolfo Restivo (che aveva sposato la sorella di mia madre), che nel dopoguerra emigrò in Germania e poi andò a stabilirsi a Lavena Ponte Tresa, in provincia di Varese, dove negli anni ’80 diventò pastore della Chiesa ADI di quel paese, che iniziò a radunarsi nel garage sotto casa sua in Via Zoni.

All’inizio del 1964 si sposò Angela Giambrone, che era anche lei di Collesano (Collesano, 29 Ottobre 1938 – Luino, 27 Settembre 2015) e che si era anche lei convertita al Signore, e dopo il matrimonio andarono per ragioni di lavoro in Francia dove io nacqui a Noyon nell’autunno del 1964, mentre mio fratello Illuminato nacque nel 1966. Mia sorella Rosanna invece nacque in Italia nel 1973, perché i miei genitori avevano deciso verso la fine degli anni ’60 di tornare in Italia, per farci fare le scuole in Italia. In Francia mio padre come lavoro fece il carpentiere. Era un grande lavoratore.

Tornati in Italia dunque, negli anni ’70 ad un certo punto iniziammo a partecipare ai culti della Chiesa ADI di Marchirolo (Varese) – e fu durante questo periodo che io e mio fratello frequentammo una volta il campeggio di Poggiale – perché i nostri genitori in quel periodo partecipavano appunto al culto di quella Chiesa. I nostri genitori poi la lasciarono per mettersi a frequentare una Chiesa Evangelica di Risveglio a Lugano, in Svizzera Italiana, dalla quale poi si ritirarono negli anni ’80 in quanto questa Chiesa si era messa a fare ecumenismo con i Carismatici Cattolici Romani. Anche mio zio Gandolfo Restivo, che peraltro era uno degli anziani di quella Chiesa in Svizzera, si ritirò assieme a loro per le stesse ragioni. E lui deciderà di fondare una Chiesa ADI nel paese in cui abitavamo, cioè Ponte Tresa (Varese). A questa Chiesa sin dall’inizio si unirono anche i miei genitori (mentre io e mio fratello non ne abbiamo mai fatto parte), per poi lasciarla negli anni ’90 e rimettersi a frequentare la Chiesa ADI di Marchirolo, dalla quale nel 2010, dopo tanti anni, si sono ritirati disgustati e indignati dalla condotta del pastore, il quale dinnanzi ad un grave scandalo di natura sessuale compiuto da un membro di quella Chiesa ADI non prese i provvedimenti prescritti dalla Parola di Dio.

Io e mio fratello Illuminato ci convertimmo a Cristo durante il periodo in cui frequentavamo la Chiesa Evangelica di Risveglio di Lugano. Io però mi convertii sotto una tenda di evangelizzazione in Inghilterra nell’agosto del 1983 (dove ero andato in vacanza per alcune settimane), una tenda che era stata montata nel terreno di una Scuola Biblica Pentecostale, che si chiama I.B.T.I cioè International Bible Training Institute, e che si trova a Burgess Hill, West Sussex. Mentre mio fratello si convertì nel 1984 per strada a Ponte Tresa, il paese dove abitavamo. Quando mio fratello si convertì io però mi trovavo di nuovo in Inghilterra, ma questa volta non in vacanza ma per aiutare per circa sei mesi presso la Crociata del Libro Cristiano (C.L.C.) di Londra.

Al mio ritorno dall’Inghilterra io e mio fratello ci facemmo battezzare in acqua durante un servizio di battesimi che si tenne nel settembre del 1984 sulle rive svizzere del Lago Maggiore, e precisamente a Locarno. A quel tempo eravamo dunque membri di quella Chiesa di Lugano, dalla quale però dopo non molto tempo abbiamo dovuto ritirarci perché il pastore oltre ad essersi dato all’ecumenismo non aveva proprio cura del gregge, essendo una persona che serviva Mammona.

Dopo che io finii il servizio militare nel 1985 (e feci in tempo a tornare, che partì mio fratello per il servizio militare), io decisi di iniziare a studiare le Scritture e a pregare presso la nostra abitazione per potermi preparare in vista dell’adempimento del ministero che Dio mi aveva dato, e che mi aveva pienamente confermato mentre facevo il servizio militare (1984-1985) con una visione celeste data ad una sorella durante un culto nella comunità che si radunava in Via Dufour a Lugano, nella Svizzera di lingua italiana. In quella visione infatti questa sorella mentre pregava mi vide in piedi mentre predicavo tenendo la Bibbia in una delle mie mani, mentre l’altra la tenevo distesa, con due creature celesti vestite di bianco una alla mia destra e l’altra alla mia sinistra.

Ho detto prima che iniziai a studiare le Scritture e a pregare per prepararmi, e questo iniziò a fare anche mio fratello una volta che ritornò nel 1986 dal servizio militare dopo di me. Il fatto che io e mio fratello Illuminato (soprannominato Renato) non cercammo un lavoro secolare, ma che ci mettemmo a pregare, a investigare le Scritture, e a cercare la faccia del Signore, in attesa che Dio ci dicesse dove andare a predicare, ebbe il totale appoggio di mio papà (come anche quello di nostra mamma, la quale ricordo ancora come se fosse avvenuto oggi, che una volta parlando in mia presenza con quello che ci portava l’acqua a casa, quando questo amichevolmente le disse che poteva darsi da fare per trovarmi un lavoro, ella con una forza e fermezza che mi colpirono gli disse: ‘Mio figlio non ha bisogno di lavorare’), tanto è vero che lui a tutti coloro che gli chiedevano cosa stessero facendo, gli diceva che stavano studiando la Bibbia! Una volta addirittura ammonì Giuseppe Laiso (il ‘pastore’ della Chiesa che si radunava in Via Dufour) davanti a noi, un giorno che venne a casa nostra (qualche tempo dopo che noi tutti eravamo usciti da quella Chiesa), e che si scandalizzò che mio padre non ci mandasse a lavorare e si permise di dirgli che a noi non doveva pagare neppure la benzina della macchina! Su questo punto, mio padre fu sempre irremovibile, fermo, e se qualcuno si permetteva di dire qualcosa contro quello che stava facendo a nostro favore, lo ammoniva. Ebbe non pochi scontri anche con alcuni parenti, proprio su questo, perché quest’ultimi non potevano concepire che lui non mandasse a lavorare i suoi due figli maschi, ma che facesse sì che stessero a casa a studiare la Bibbia! Ricordo che questa cosa lo faceva soffrire molto, ma lui era sicuro di fare la volontà di Dio. Dio gli aveva messo in cuore di sostenerci, e lo faceva con gioia, veramente con gioia.

Per farvi capire cosa era disposto a fare mio padre, vi dico che quando ancora Dio non mi aveva vietato con un sogno di andare alla scuola biblica, mi aveva detto: «Gino [questo è il mio soprannome], non ti preoccupare, scegliti la scuola biblica che vuoi, in Inghilterra o negli Stati Uniti, e ci penso io a pagare tutto», ed io avevo preso in considerazione questo, ma dopo che Dio mi rispose che non dovevo andare alla Scuola Biblica, mio padre abbandonò l’idea della Scuola Biblica, perché raccontai a lui e a mia mamma il sogno che Dio mi aveva dato. Si arresero alla volontà di Dio, e per fede mio papà continuò a sostenerci economicamente, essendo pienamente convinto che Dio ci aveva chiamati a compiere un’opera.

Che lavoro faceva mio papà? Quando noi partimmo per il Lazio, lavorava in una fabbrica in Ticino, la Svizzera italiana, produttrice di imballaggi e pellicole (ma in passato aveva lavorato in altre ditte nel Ticino). Qualche volta ci ero andato e avevo visto il lavoro che faceva, un lavoro in cui era a contatto con del materiale tossico (dei solventi) e per questa ragione gli davano alcuni litri di latte ogni giorno. Era un lavoro che nessuno voleva fare, o se qualcuno doveva fare per rimpiazzarlo in sua assenza, lo faceva mal volentieri. Ma mio padre era contento perché si poteva organizzare il suo lavoro come credeva meglio, e poi perché mi diceva: «Mi chiudo dentro la stanza del lavaggio delle bacinelle e prego e canto da solo al Signore mentre lavoro!».

Dunque, dopo che finimmo il nostro servizio militare (io nel 1985, mentre mio fratello nel 1986), ci buttammo a capofitto nello studio delle Sacre Scritture, essendo pienamente convinti che a suo tempo Dio ci avrebbe detto dove andare a predicare. Noi parlavamo sempre in questi termini ai nostri genitori: «Dio ci parlerà, e noi partiremo!». E questo ce lo sentirono dire per alcuni anni, fino a che il 21 Giugno 1990, quando dicemmo loro: «Dio ha parlato, dobbiamo partire!» perché Dio mi parlò indicandomi dove andare: nel Lazio!

Ecco come andarono le cose.

Il 21 Giugno del 1990, la mattina molto presto, mentre dormivo, sentii lo Spirito di Dio venire sopra di me il quale si impossessò di me e cominciò ad elevarmi verso l’alto. Mentre venivo elevato e salivo gridai al Signore: ‘Signore dove vuoi che io vada ad annunciare il tuo Vangelo?’ Appena ebbi proferite queste parole vidi in lontananza un cavallo. Ecco come mi apparve: era un cavallo molto robusto, poderoso, con tutto il suo dorso di colore blu vivo (molto simile al blue elettrico grassetto che si trova in tanti collegamenti ipertestuali nei siti Internet), e sopra di esso c’era un cavaliere che teneva in mano un’asta con una bandiera bianca sventolante in cima ad essa. Il cavallo davanti a me era messo con il suo dorso destro rivolto verso di me e aveva la sua testa (di cui potevo vedere molto bene il suo occhio destro che era vivo) di un metallo sfavillante (che assomigliava al rame); e sulla sua testa c’erano scritte a chiare lettere queste parole: ‘VA’ NEL LAZIO’. Quando lessi quelle parole rimasi molto meravigliato e desideravo avvicinarmi per leggere da vicino quelle parole. Ma invece che avvicinarmi io al cavallo, fu il cavallo a partire da dove era e a venire verso di me. Venuto da me si fermò alla mia sinistra (dunque con il suo dorso destro rivolto verso me), e io lo afferrai per il collo e avvicinai la sua testa a me leggendo le parole che vi erano scritte (o meglio incise) e che avevo letto prima da lontano: ‘VA’ NEL LAZIO’. Sempre nel sogno andai da mio fratello e gli dissi: ‘Renato, Dio mi ha parlato, devo partire’. Appena mi svegliai fui preso da un grande timore di Dio, e tutti i peli del mio corpo si rizzarono, e le prime parole che dissi furono: ‘Signore, ma allora mi ha ascoltato!!’ Erano infatti alcuni anni che pregavo Dio di dirmi personalmente dove andare a predicare la sua Parola e ancora egli non mi aveva risposto. Poco dopo mi buttai in ginocchio per ringraziarlo e benedirlo per avere esaudito questa mia specifica richiesta. Dopo avere ringraziato Dio e avergli chiesto di aiutarmi e di continuarmi a guidare, andai da mio fratello che dormiva in una altra camera e gli riferii il sogno dicendogli che io dovevo partire per ordine di Dio e gli domandai: ‘Renato vuoi venire con me?’ Lui mi rispose: ‘Sì, vengo’. Pregammo, e poi dopo avere riferito la rivelazione ai miei genitori i quali rimasero ambedue sbigottiti, la sera ci facemmo accompagnare da un fratello alla stazione di Milano e prendemmo il primo treno alla volta di Roma, dove arrivammo la mattina seguente e da dove quantunque allora non conoscessimo nessuno Dio continuò a guidarci con mirabile sapienza, confermando con altre rivelazioni date ad altri fratelli di averci chiamato qui nel Lazio. O Dio tu hai fatto cose grandi per noi e noi siamo nella gioia. A Te noi rendiamo grazie in Cristo Gesù. Amen.

Quando partimmo, i miei genitori, senza che avessimo chiesto loro nulla, ci diedero a me e mio fratello, prendendoci separatamente, all’insaputa l’uno dell’altro, 400.000 lire. E così il 22 Giugno 1990 arrivammo qui nel Lazio, senza lettere di raccomandazione per le Chiese da parte di nessuno, dove iniziammo subito a incontrare opposizione da parte di Evangelici che non volevano attenersi alla Parola di Dio. Ma noi non ci perdemmo d’animo e proseguimmo per la strada che ci aveva tracciato Dio. Evangelizzavamo per i paesi, e la sera andavamo a dormire, o sulle panchine, o lungo la strada su dei cartoni, a secondo. Ma Dio era con noi, e la mattina anche se ci svegliavamo infreddoliti, e morsi dalle zanzare, eravamo contenti di essere dove ci voleva Dio a predicare la Sua Parola. In quei giorni in cui dormivamo all’aperto, i miei genitori soffrirono molto, perché quando telefonavamo a casa la sera, dicevamo loro che dormivamo all’aperto. Quanti pianti si fecero i miei genitori nel segreto, per questa nostra condizione di distretta in cui ci eravamo venuti a trovare! Ricordo che mio padre mi raccontava: «Mentre lavoravo in fabbrica, pregavo Dio piangendo, e gli dicevo: ‘Signore, i miei figli, sono anche i tuoi figli, aiutali!». E Dio ci venne in aiuto, anche grazie alle suppliche che lui elevò a Dio in quei giorni, e ci provvide infatti una dimora a Labico usandosi di un giovane drogato.

Ecco come andarono le cose.

Erano circa dieci giorni che io e mio fratello qui nel Lazio dormivamo lungo le strade, sulle panchine dei parchi, una o due volte avevamo dormito pure alla stazione. Giorni prima, una mattina, molto presto, mentre eravamo in un piccolo parco di Civitavecchia (ultima settimana del Giugno 1990), avevamo pregato Dio affinché ci provvedesse un letto e un tetto, perché non ce la facevamo più. Ma ancora Dio non ci aveva esaudito. Eravamo stati presso alcuni locali di culto, ma i fratelli pur conoscendo la nostra situazione non si erano affatto prodigati per offrirci il benché più modesto alloggio, il che ci fece soffrire molto. Eravamo a Roma, a piazza Esedra (che si trova vicino alla stazione Termini), sul tramontare del sole, si avvicinano dei giovani drogati che ci chiedono dei soldi. Uno di loro, di nome Enzo, mi chiede i soldi per comprare un biglietto; io gli dico che i soldi non glieli dò ma gli posso comprare il biglietto di cui ha bisogno. Colgo subito l’occasione per parlargli del Signore: mentre gli parlo, ci sono dei momenti che chiude gli occhi, abbassa la testa, da pochi minuti si era iniettato nelle vene la droga! Mi fa pietà. Ad un certo punto ci sediamo; gli chiedo se può indicarci un parco e mi suggerisce Villa Borghese. Poi mi chiede: ‘Ma voi dove dormite?’ Gli rispondo: ‘Dove capita, all’aperto. L’altra notte abbiamo dormito su una delle panchine di marmo qui a piazza Cinquecento’ (una piazza vicino a piazza Esedra). Quando sente queste mie parole ci dice: ‘Venite con me a Labico, ho un piccolo appartamentino di mia nonna, è vuoto’. Pensando che non fosse vero, gli dico di non preoccuparsi, e poi gli chiedo: ‘Dov’è Labico?’ Mi dice che bisogna prendere il treno per Cassino. Sentendo questo gli dico ancora che non se ne parla di lasciare Roma. Ma lui insiste: ‘Voi siete due bravi ragazzi e non dovete dormire all’aperto, possono venire dei delinquenti e derubarvi, ecc.; venite con me’. Gli dico di nuovo di no, ma lui mosso da una forza maggiore mi afferra la borsa che avevo in mezzo ai piedi e se la carica sulle spalle e ci dice di seguirlo, al che dico a mio fratello: ‘Renato, questo insiste, andiamo con lui!’; pensavamo però che una volta arrivati al suo paese saremmo dovuti subito ritornare a Roma. Ed invece arrivati a Labico, questo giovane drogato ci portò a questo appartamentino di sua nonna in cui ci fece rimanere per circa un mese senza chiederci neppure una lira. Aveva mantenuto la parola. Quella sera ci disse pure queste parole che non dimenticherò mai: ‘Per me l’ospitalità è sacra!’. Un particolare, quando arrivammo alla casa dei suoi genitori dove lui stava, sua madre pensando che fossimo dei drogati pure noi cominciò a gridare sulla soglia di casa, ed eravamo veramente sul punto di tornare a Roma, ma appena suo figlio gli disse che eravamo due ‘evangelisti’ che parlavamo di Dio, venne fuori e si scusò con noi e ci fece entrare molto gentilmente e ci offerse pure da mangiare. Dopodiché Enzo ci portò all’appartamentino, e prima di giungervi passò da un bar a prendere per noi delle bibite fresche e dei gelati!!!! Un altro particolare; quella sera in Italia piombò una tristezza enorme, perché la squadra di calcio italiana perse la semifinale dei campionati del mondo con l’Argentina. Proprio in quei momenti di grande tristezza per le persone del mondo, io e mio fratello eravamo invece stracontenti per la vittoria che ci aveva dato il nostro Dio. Una coincidenza significativa che non dimenticherò mai; anche perché quando io e mio fratello dormivamo a Civitavecchia e l’Italia vinceva i tifosi venivano con le loro macchine e facevano un tale frastuono tutta la notte che per noi era impossibile dormire. A Dio sia la gloria ora e in eterno. Amen.

A Labico dimorammo alcune settimane, dopodiché il giovane avendo bisogno di quell’appartamentino ci chiese cortesemente di andare via, e così facemmo, e tornammo a Roma, dove iniziammo a dormire un po’ dappertutto, soprattutto a Villa Borghese, presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, nel portico.

Nel mese di Agosto del 1990, io e mio fratello giungemmo ad Acilia, nella periferia di Roma. Come arrivammo qua? Durante la nostra dimora a Labico – che durò se non ricordo male fino alla fine del mese di luglio o inizio di Agosto 1990 – una domenica eravamo stati al culto presso un locale di culto di una Chiesa Pentecostale che si trovava a Largo Tripi, nella zona di Due Leoni, a Tor Bella Monaca, a Roma. E quella domenica avevamo incontrato una sorella della tenda ‘Cristo è la Risposta’, che aveva un fratello che faceva il pastore ad Acilia. Lei, se non ricordo male, in quel periodo era in vacanza in Italia, in quanto stava in missione con la Tenda nelle Filippine. Ebbene, dopo il culto, durante il quale il pastore mi aveva fatto testimoniare, ci disse: «Perché non andate ad Acilia a trovare mio fratello? Gli sareste di grande incoraggiamento!’. Al che io le dissi: ‘E dove si trova Acilia?’ E lei ci spiegò tutto, e ci diede il numero di telefono di suo fratello, e ci mostrò anche come giungere ad Acilia. Io presi quel foglietto di carta che lei mi diede, con il numero di telefono sopra, e me lo misi in tasca. Ma quelle parole: «Gli sareste di grande incoraggiamento!», mi risuonavano sempre alle orecchie, in quanto dicevo dentro di me: «Se gli saremmo di grande incoraggiamento, vuol dire che si trova scoraggiato!». E così, mentre ci trovavamo a Villa Borghese, dissi a mio fratello: «Rena, che ne dici se vado a telefonare a quel fratello di Acilia?’ e lui acconsentì. Chiamai, e rispose sua moglie, alla quale spiegai come ero venuto in possesso del loro telefono, e lei con grande gioia ci disse di venire, anche se al momento suo marito era ancora al lavoro. E così arrivammo ad Acilia, dove non eravamo mai stati. Era un sabato, precisamente l’11 Agosto 1990!

E così incontrammo il pastore, che era effettivamente scoraggiato per varie ragioni, ma con il nostro arrivo si rianimò e prese coraggio, e iniziò infatti a ringraziare Dio pubblicamente durante le riunioni di culto per averci inviati lì da lui ad Acilia. E fu proprio quel sabato, che incontrammo per la prima volta la cara sorella Maria Benvenuti, originaria di Mogliano Veneto. Ricordo ancora il momento. Lei abitava di fronte al locale di culto, praticamente, ed era pomeriggio. Era iniziato da poco il cosiddetto Coffee Bar, durante il quale si mangiava qualche biscotto e si beveva del caffè o del tè, tenendo aperta la porta del locale di culto nell’eventualità qualcuno venisse per volere parlare con noi, e poi si andava a due a due a evangelizzare per strada nel quartiere.

Quando me la vidi davanti, le strinsi la mano, le diedi un santo bacio, e lei tenendo forte la mia mano, mi disse: «Alleluia! Gloria a Dio!». Poi salutò anche mio fratello. Da quel momento, lei si affezionò a noi così tanto, che mentre noi dimoravamo e lavoravamo nelle stanze dietro il locale di culto, veniva a portarci la spesa, veniva per sentirci parlare delle cose di Dio, perché amava molto sentirci parlare del Signore. Il giorno dopo, domenica, ricordo che ci incontrammo fuori per strada io, mio fratello e lei, e facemmo una camminata, attorno all’isolato, durante la quale lei ci raccontò tante cose che erano accadute a lei e in quella comunità. Noi l’ascoltammo con attenzione, e comprendemmo che erano accadute cose che effettivamente erano gravi, e proprio a motivo di queste cose che erano successe lei aveva deciso di andare via da quella comunità e trovarsene un’altra. Ma quando arrivammo noi, lei ci disse: «Adesso che ci siete voi, io non vado via, rimango!». E iniziò a mostrare il suo amore e la sua stima verso di noi aiutandoci materialmente in privato.

Fummo ospitati nelle stanze dietro il locale di culto, prima, e poi dopo dentro il locale di culto, a motivo dei lavori che avevamo iniziato dietro la sala di culto (dove a sentire il pastore, egli voleva creare una sorta di centro per recupero tossicodipendenti, che in quel periodo erano veramente tanti nella zona di Acilia), per alcuni mesi, durante i quali, assieme ad altri fratelli (tra cui alcuni rumeni che erano fuggiti dalla Romania, dopo la caduta del dittatore Nicolae Ceaușescu avvenuta nel 1989) lavoravamo, e poi e io e mio fratello andavamo anche ad evangelizzare. Le cose inizialmente andavano bene, ma poi con il tempo il pastore cambiò sentimento nei confronti di me e mio fratello, anche perché vedeva che i giovani e la sorella Maria amavano sentirci parlare delle cose di Dio, a noi facevano le domande, e non a lui. E così i nostri rapporti con il pastore si guastarono, ma quelli con la sorella Maria si andarono sempre più consolidandosi. Le cose arrivarono alla rottura, quando un martedì mentre presiedevo il culto (era stato il pastore a mettermi a presiedere il culto) un fratello – una delle poche anime che veniva al culto il martedì – chiamò un canto rivolto allo Spirito Santo, al che io gli dissi di chiamare un altro cantico perché non è biblico cantare cantici allo Spirito Santo. Questa cosa fece infuriare il pastore, che ci accusò falsamente da allora in poi di non credere allo Spirito Santo, di essere come i testimoni di Geova, di essere dei falsi profeti etc. Quando accadde questo però, noi abitavamo già in casa della sorella Maria, che ci aveva ospitato la domenica precedente (Ah, quanto furono contenti i miei genitori quando comunicammo loro che la sorella Maria ci aveva ospitato come una madre! Videro in quella ospitalità la risposta alle loro fervide preghiere). Che cosa accadde allora? Che la domenica successiva, il pastore prima del culto ci chiamò fuori dal locale e ci disse: «Potete venire al culto, ma non potete né pregare e neppure testimoniare!», al che decidemmo di abbandonare quella Chiesa. Quando dopo il culto riferimmo alla sorella Maria la cosa, ella si indignò e decise anche lei di uscire e separarsi da quella Chiesa. Era il mese di Dicembre del 1990.

Ma fatemi raccontare come la sorella Maria ci ospitò, perché la sua ospitalità durò fino al giorno della sua morte, che avvenne il 4 Maggio 2015! Sì, avete capito bene, la sua ospitalità durò oltre 24 anni! Allora, lei abitava di fronte al locale di culto, e durante il giorno uno dei suoi figli, Carlo, che si era sposato da poco, vedendo me e mio fratello affaticarci in alcuni lavori presso il locale di culto, disse a sua madre: «Ma’, perché quando io vado via da qua, non ospiti quei due fratelli? Sono due bravi ragazzi! Vai e parlagliene». Allora, lei venne da noi un giorno, e privatamente ci disse che voleva ospitarci una volta che suo figlio si sarebbe trasferito nella sua propria casa assieme a sua moglie e al loro bambino che era nato da poco. Noi le rispondemmo che dovevamo pregare e che Dio volendo saremmo andati a vivere da lei. Ma le dicemmo anche di tenere questa cosa per lei. La sorella Maria tornò da suo figlio e le diede la nostra risposta. Ricordo quando ce lo raccontava sorridendo: «Mio figlio Carlo, mi disse: ‘Mà, ma allora glielo hai detto a quei due fratelli? Che t’hanno risposto?’, e io gli risposi: ‘Mi hanno detto: ‘Se Dio vuole!’. Un giorno poi, che venimmo a trovare la sorella Maria a casa, mentre c’era suo figlio, ricordo che Carlo mi disse: ‘Giacì, allora, avete deciso?», al che io gli risposi: «Carlo, noi preghiamo, e se Dio vuole verremo’. Il motivo per cui lui ancora non si era spostato nella sua casa, era che non arrivava un pezzo della cucina, e quindi fino a che quel pezzo non fosse arrivato, lui sarebbe rimasto da sua madre. Nel frattempo, però, la sorella Maria che faceva? Pregava Dio, e chiedeva a Dio una conferma. Ecco cosa avvenne. Un giorno invocò Dio chiedendogli: «Padre, chi sono Giacinto e Renato? Posso ospitarli?», e all’improvviso ebbe una visione: apparvero in alto davanti a lei, sospesi nell’aria, due giovanetti vestiti di bianco, uno alla destra e l’altro alla sinistra, e in mezzo ad essi una grossa luce. Appena ebbe quella celeste visione, corse da noi. Stavamo facendo dei lavori dietro il locale di culto, come sempre, e lei tutta eccitata e contenta ci disse: «Fratelli, devo dirvi una cosa: ho avuto una visione su di voi», al che le dicemmo: «Raccontacela». E lei ce la raccontò. Noi rimanemmo sbigottiti, ma ci rallegrammo, e la congedammo dicendole di non raccontare ancora a nessuno quella visione. E le confermammo, dato che la visione riguardava l’ospitalità che lei voleva praticare verso di noi, che noi avremmo continuato a pregare e se era la volontà di Dio saremmo andati da lei. E siccome fu la volontà di Dio, poi a circa metà Dicembre del 1990, una domenica, ci trasferimmo a casa sua, dove lei ci mise a sua disposizione la sua camera da letto! Lei invece avrebbe dormito nel soggiorno! Spiegare quale fu la nostra gioia, come anche la gioia della sorella Maria, non è facile. Fu veramente grande! Lei ci accolse come due angeli, come Gesù stesso. Dio ci aveva fatto forza affinché andassimo a vivere da lei, e aveva appianato la strada, rendendola perfettamente piana. Superfluo che vi dica, che mentre noi eravamo molto contenti, il pastore e i suoi collaboratori non lo erano affatto, anzi erano furiosi. Iniziarono a rivolgere accuse false contro la sorella Maria e contro di noi. L’atteggiamento tipico degli invidiosi, qualcosa che abbiamo visto sempre nei nostri confronti da parte di coloro che non avendo ricevuto da Dio quello che abbiamo ricevuto noi, si muovono contro di noi per invidia.

E così iniziammo a ricevere i fratelli in casa della sorella Maria. Venivano il fratello Angelo Zedde, che avevamo incontrato poco tempo prima alla Stazione Termini di Roma, i fratelli rumeni che avevamo incontrato mentre eravamo ospitati nel locale di culto di Acilia, il fratello Giuseppe Piredda (che i fratelli rumeni ci avevano fatto incontrare nel 1991 a Ostia, perché lui a quel tempo stava frequentando una Scuola della Guardia di Finanza che era a Ostia ed aveva incontrato quei fratelli nel locale di culto della Chiesa ADI sito in Via dei Fabbri Navali, di cui era allora pastore Vincenzo Molinaro, «braccio destro» dell’allora presidente delle ADI Francesco Toppi, i quali fratelli rumeni dopo un grande alluvione che c’era stato ad Acilia che aveva allagato il locale di culto e le stanze dietro erano stati ospitati da quella Chiesa ADI dopo che il pastore di Acilia aveva parlato con Vincenzo Molinaro), ai quali poi nel tempo se ne aggiunsero altri. La sorella Maria riceveva tutti allegramente, in maniera degna di Dio, ed era grata a Dio per il fatto che in casa sua venivano ammaestrati i santi del Signore, si pregava e si cantava al Signore. Come potevamo servire i santi? Potevamo farlo innanzi tutto per le offerte che ci mandava mio papà a me e mio fratello, come anche alla sorella Maria, che era andata in pensione pochi anni prima, perché mio papà aiutava gioiosamente anche la sorella Maria che ci aveva ospitato. Ma subito dopo mio papà, veniva la stessa sorella Maria, una donna coraggiosa e ferma nella fede, e ricca in buone opere, e che per averci ospitato si attirò l’ira e le calunnie del pastore della Chiesa (che poi era stata la persona che l’aveva evangelizzata e battezzata in acqua) che la definì «amica dei peccatori», ma a lei non importò nulla delle menzogne che dissero contro di lei, ed anche contro di noi, sapendo che noi eravamo dei servi di Dio, mandati nel Lazio da Dio a predicare la Parola. «Io so che è Dio che vi ha mandati qua», ci ripeteva ogni qual volta parlava dell’opposizione ricevuta dai nostri nemici. Ricordo che in merito alla calunnia messa in giro dal pastore contro di noi: «Mangiano il pane di una povera vedova. Stanno divorando la casa di una vedova!», la sorella Maria – che peraltro non era vedova, ma soltanto separata, in quanto suo marito aveva abbandonato il tetto coniugale lasciandola con due bambini piccoli dopo pochi anni di matrimonio – ci diceva così: «Voi non meritate che vi si metta la museruola. Ma loro vorrebbero mettervela!». Una volta, voglio ricordare pure questo, la sorella Maria si trovava nella piazza vicina a casa sua, e le si avvicinò il pastore che le disse: «Ma quando se ne vanno?», al che lei prontamente le rispose con fermezza: «E perché se ne dovrebbero andare?» e il pastore si allontanò! La sorella Maria ebbe in un’altra occasione il coraggio di riprenderlo personalmente, a faccia a faccia, per questa sua rabbia contro di noi.

Dopo qualche tempo che eravamo ospitati a casa della sorella Maria, avvenne che il fratello Vasile – che era uno dei fratelli che noi avevamo incontrato ad Acilia presso il locale di culto della Chiesa – fece venire dalla Romania sua moglie e i suoi bambini, dietro nostro invito, in quanto gli avevamo detto che poi li avremmo fatti ospitare da mio papà al nord, prima che essi potessero ripartire poi per gli USA, dove la sorella di Vasile li aspettava. Ricordo ancora la sera in cui il fratello Vasile, a casa della sorella Maria, ricevette da noi questo invito. Che grande gioia lo riempì, che ringraziamento a Dio innalzò! E così, Vasile si poté riunire con la sua famiglia qui a Roma, e dopo partire per Ponte Tresa, dove mio papà lo ospitò per alcuni mesi. Vasile trovò anche in breve tempo un lavoro da quelle parti. E poi andò a vivere negli USA.

Dopo il fratello Vasile, toccò al fratello Angelo Zedde ad essere ospitato da mio papà. Era accaduto infatti che Angelo si era licenziato dal bar dove lavorava qui a Roma, in quanto non voleva dare alcolici agli ubriachi e neppure vendere sigarette, e un giorno parlando con lui a casa sua (abitava vicino a Piazza Bologna, dove lo andavamo a trovare spesso), mio fratello gli suggerì di recarsi al nord, a casa di mio padre, dove avrebbe potuto trovarsi un lavoro. Angelo accettò, e così mio padre ospitò pure lui per qualche tempo. Angelo trovò un lavoro, e poi dopo si cercò una casa e la trovò in un paesino vicino a Ponte Tresa. Poi nel tempo si sposò e visse dalle parti di Brescia.

Mio papà quando c’era da aiutare i fratelli non si tirava indietro, e questo lo potemmo vedere anche in altre circostanze.

E’ stato grazie innanzi tutto e sopra tutto alla generosità di mio papà e della sorella Maria, che potemmo servire i santi senza chiedere loro nulla. Quando dunque nel 1994 iniziai a scrivere dei trattati e a mandarli gratuitamente a tanti fratelli in Italia, tutto questo potemmo farlo grazie soprattutto a questi «donatori nascosti», e se oggi scrivo queste cose su di loro è per onorare la loro memoria, perché hanno fatto veramente tanti sacrifici per amore del Signore e dei santi.

Fu attorno a quel periodo che mio padre accettò la dottrina del proponimento dell’elezione di Dio, di cui divenne un forte sostenitore infatti da allora ne parlò a tutti i credenti che incontrava. La maniera in cui l’accettò fu la seguente. Un nostro parente aveva messo in giro la voce che io avevo scritto un libro contro la dottrina di Dio! E questa voce giunse alle orecchie di mio padre, che rimase sbigottito, ma perplesso perché mi conosceva e sapeva che io ero attaccato alla Parola di Dio. Allora come rispose a chi asseriva questo? Gli disse che prima avrebbe letto quello che avevo scritto, e poi se fosse stato veramente così, io non avrei più messo piede a casa sua, anche se suo figlio! Mio padre non scherzava! Gli mandai allora il mio breve trattato sul proponimento dell’elezione di Dio, che lui lesse e rilesse avidamente, investigando le Scritture per vedere se le cose stessero così come scrivevo. E giunse, rallegrandosi e glorificando Dio, alla conclusione che le cose stavano effettivamente così. Anzi, quando poi mi telefonò mi disse: «Gino, ma ce ne sono molti altri versetti biblici che confermano l’elezione, e tu non li hai messi!’, al che gli risposi: ‘Lo so, papà, ma per quel trattato bastavano questi!’. Da quel momento, quindi, mio padre, che era cresciuto da giovane nelle ADI (che insegnano il cosiddetto libero arbitrio), accettò la predestinazione, e «guai» chi rigettava la predestinazione: lo riprendeva e confutava immediatamente! A proposito di quel parente che aveva messo in giro la falsa accusa contro di me, un giorno mio papà lo prese in privato e lo riprese severamente dicendogli: «Tu sei contro la dottrina di Dio, non mio figlio!»

Mio papà e la sorella Maria hanno sempre condiviso appieno il nostro dare gratuitamente a tutti, senza chiedere nulla. Mi ricordo che una volta mio papà mi disse che un fratello gli aveva detto di dirci di chiedere ai fratelli almeno le spese di produzione per i libri, al che mio padre si arrabbiò e lo ammonì. Questo giusto per fare comprendere quale fosse il sentimento di mio papà. Dai fascicoli poi passammo ai libri, che iniziammo a mandare gratuitamente in tutta Italia a coloro che ce li chiedevano. Anche alcuni pastori delle ADI ce li richiesero. Parlo del periodo in cui erano disponibili questi miei libri: Il New Age (1997); La Chiesa Cattolica Romana (1998); I Testimoni di Geova (1998); I Mormoni (1998); e Gli Avventisti del Settimo Giorno (1999). Questi libri ci erano costati TANTISSIMI SOLDI, ma noi in ubbidienza all’ordine del Signore Gesù, li offrimmo gratuitamente. Ricordo ancora che mio fratello, allora, partiva da Acilia con i mezzi pubblici, andava al centro di Roma (vicino a Piazza Bologna), a fare migliaia di fotocopie, e poi tornava a casa con un carrello pieno di fotocopie, poi rilegava i libri, e a secondo delle ordinazioni, faceva i libri rilegandoli, e poi andava all’ufficio postale a spedire i pacchi. Ma eravamo contenti di fare ciò per il bene della Chiesa. E tutto questo, lo ripeto, grazie soprattutto alla generosità di mio papà e della sorella Maria. Erano soprattutto le loro offerte che ci permettevano di accollarci spese ingentissime per dare gratuitamente ai santi. Erano in pochi a sapere a quel tempo che quello che facevamo lo facevamo grazie soprattutto al sostegno di mio papà e della sorella Maria.

Poi verso la fine del 1999, dietro suggerimento di mio fratello, ci mettemmo Internet, e lanciammo il sito internet «La nuova Via». All’inizio eravamo su Tiscali, che offriva spazio gratuito, ma poi quando Tiscali mise la pubblicità, noi ci prendemmo un nome dominio con un Web Host Provider straniero, pagando un tot all’anno. Il sito Internet fu un grande aiuto per noi per diffondere la Parola, e siccome da quel momento i libri li mettemmo sul sito in formato pdf, scaricabili gratuitamente, il sito ci fece risparmiare soldi, perché ora tutti si potevano scaricare i libri e stamparseli a loro piacimento a spese loro. Mio papà fu molto contento di quest’altra porta apertaci dal Signore per la Parola, e vedendo il frutto della nostra opera – sulla quale lo aggiornavamo del continuo – rimase molto incoraggiato e dava gloria a Dio. Come peraltro rimase molto incoraggiata la sorella Maria, che appena arrivava una lettera di un fratello o di una sorella che ci ringraziava, dava gloria a Dio e voleva che gliela stampassi; tanto che con il tempo si ritrovò ad avere tantissime lettere che a lei ogni tanto piaceva leggere.

Con Internet naturalmente il nostro uditorio è aumentato tantissimo negli anni, e Dio ci ha fatto incontrare tanti altri fratelli, di cui una parte li abbiamo incontrati personalmente mentre la maggiore parte no. Di questi, una parte volontariamente hanno voluto renderci partecipi dei loro beni, in ubbidienza alla Parola, e per quello che hanno fatto rendiamo grazie a Dio, mentre la maggiore parte, pur beneficiando della nostra opera, non hanno voluto farlo. Quando si servono i santi, bisogna sempre tenere in conto questo: che ci saranno coloro che non contraccambieranno il servizio che tu rendi loro. Ma noi abbiamo sempre continuato a servire tutti, sia i riconoscenti che gli irriconoscenti, perché noi serviamo il Signore Gesù Cristo. Per esempio, quando alcuni fratelli, che i primi anni ‘90 ci avevano sostenuto, ad un certo punto smisero di sostenerci, per motivi a noi sconosciuti, noi continuammo a fare quello che avevamo sempre fatto; eppure quei fratelli continuarono ad essere serviti da noi. E potemmo farlo, soprattutto grazie alla generosità di mio padre e della sorella Maria, che fino alla fine della loro vita (mio padre morì il 1° Novembre 2018, mentre la sorella Maria morì il 4 Maggio 2015) si sono mostrati zelanti e ricchi nelle opere buone.

Mi è parso giusto che voi, fratelli, conosceste tutto ciò, per capire come abbiamo potuto portare avanti l’opera di Dio, fino alla morte di mio papà Vincenzo. Dio ha voluto usarsi grandemente di questo uomo, che è stato sempre dietro le quinte, ma il cui sostegno è stato molto importante per potere servire tutti voi senza chiedervi mai, e ripeto mai, niente: dal primo all’ultimo. Spesso negli anni, quando mi trovai a parlare con lui privatamente, gli facevo sempre presente con riconoscenza che Dio si era usato e si stava usando di lui grandemente, senza che tantissimi sapessero niente! Lui con molta semplicità mi diceva: «Gino, tutto quello che ho me lo ha dato il Signore!». La stessa cosa facevo spesso con la sorella Maria, alla quale dicevo in privato: «Sorella Maria, tu stai facendo veramente tanto per amore del Signore!», al che lei mi rispondeva: «Io non sto facendo niente, siete voi che state facendo tanto!», ed io sempre gli dovevo replicare: «Sorella Maria, guarda che il tuo premio è grande nei cieli!», e quando le dicevo queste parole, alla sorella Maria le si illuminava il viso!

Mio papà morì dunque il 1° Novembre 2018, e il 3 Novembre predicai al cimitero di Lavena Ponte Tresa, davanti a tanti fratelli e sorelle, ed anche a persone del mondo che conoscevano mio papà. Il testo della mia predica fu il versetto biblico: “E udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono” (Apocalisse 14:13). Durante quella predica dissi tra le altre cose che mio papà ci aveva sempre sostenuti economicamente nella nostra opera compiuta per il Signore.

Termino questo breve scritto ringraziando Dio, per mezzo di Gesù Cristo, per come ha operato in mio papà e nella sorella Maria, ma anche in tutti quegli altri fratelli e sorelle che anche loro senza fare suonare la tromba davanti a loro ci hanno aiutato fino ad ora con un cuore sincero e allegro per amore del Signore, i cui nomi sono scritti nel libro della vita e che per certo saranno da Dio retribuiti per tutto il bene che ci hanno fatto.

A Dio sia la gloria in Cristo Gesù ora e in eterno. Amen.

Roma, il 29 Maggio 2022

Giacinto Butindaro