Le lingue a Pentecoste non furono date per evangelizzare

Introduzione

Nicola Martella, che è un noto studioso biblico appartenente a quel gruppo di Chiese Evangeliche chiamate ‘Chiese dei fratelli’, insegna che a Pentecoste le lingue furono date per evangelizzare, infatti afferma: ‘Contrariamente alla «profezia», «le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i non credenti» (v. 22), ossia serve a comunicare l’Evangelo nella lingua conosciuta dai forestieri (come a Pentecoste)’ (http://www.puntoacroce.altervista.org/Artk/1-Glossolalia_lingue_engramma_MeG.htm) ed ancora: ‘Mentre alla Pentecoste i discepoli usarono le lingue a favore dei gruppi linguistici etero-ebraici, questa non è la prassi odierna nei gruppi entusiastici. Anzi, coloro che fanno delle ‘crociate’ in altri paesi a favore della glossolalia, hanno normalmente bisogno di traduttori’ (Nicola Martella, Carismosofia, 1995, pag. 72).

Questo insegnamento ha lo scopo di dimostrare che quindi le lingue dei Pentecostali non sono vere lingue, perché esse non vengono usate in questo senso.

Confutazione

Questo insegnamento, che è caratteristico di tanti credenti appartenenti soprattutto a Chiese Battiste, Riformate, Chiese dei Fratelli, Chiese Metodiste ecc., è falso. E adesso passerò a dimostrarlo mediante le Scritture.

Il parlare in altre lingue il giorno della Pentecoste

Ora, Luca dice: “E come il giorno della Pentecoste fu giunto, tutti erano insieme nel medesimo luogo. E di subito si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, ed esso riempì tutta la casa dov’essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi. Or in Gerusalemme si trovavan di soggiorno dei Giudei, uomini religiosi d’ogni nazione di sotto il cielo. Ed essendosi fatto quel suono, la moltitudine si radunò e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nel suo proprio linguaggio. E tutti stupivano e si maravigliavano, dicendo: Ecco, tutti costoro che parlano non son eglino Galilei? E com’è che li udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio natìo linguaggio? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia Cirenaica, e avventizî Romani, tanto Giudei che proseliti, Cretesi ed Arabi, li udiamo parlar delle cose grandi di Dio nelle nostre lingue. E tutti stupivano ed eran perplessi dicendosi l’uno all’altro: Che vuol esser questo? Ma altri, beffandosi, dicevano: Son pieni di vin dolce” (Atti 2:1-13).

Si noti innanzi tutto che quella moltitudine di Giudei si radunò presso il luogo dove sedevano i discepoli del Signore, all’udire il suono come di vento impetuoso che soffiava, per cui essi arrivarono in quel luogo quando i discepoli stavano già parlando in altre lingue per lo Spirito. E cosa dicevano in quelle lingue i discepoli? Furono sentiti parlare delle cose grandi di Dio. Questo fu constatato da quei Giudei che si radunarono e li ascoltarono perché si avvidero che quei Galilei parlavano nelle loro natie lingue delle cose grandi di Dio. Si noti che tutti coloro che parlavano in altre lingue parlavano delle cose grandi di Dio; chi in una lingua, chi in un’altra, ma tutti parlavano delle cose grandi di Dio.

Ma queste cose grandi di Dio possono riferirsi al Vangelo che quei Giudei avevano bisogno di ascoltare? No, il Vangelo in quel parlare in altre lingue non era proclamato. Perché diciamo questo? Perché il Vangelo fu predicato a quei Giudei nella lingua ebraica (nella lingua che essi tutti potevano capire) da Simon Pietro, quando questi si alzò assieme agli undici dopo che sentì che alcuni si facevano beffe di loro pensando che fossero ubriachi.

Ecco quello che disse Pietro in quella predicazione: “Ma Pietro, levatosi in piè con gli undici, alzò la voce e parlò loro in questa maniera: Uomini giudei, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, siavi noto questo, e prestate orecchio alle mie parole. Perché costoro non sono ebbri, come voi supponete, poiché non è che la terza ora del giorno: ma questo è quel che fu detto per mezzo del profeta Gioele: E avverrà negli ultimi giorni, dice Iddio, che io spanderò del mio Spirito sopra ogni carne; e i vostri figliuoli e le vostre figliuole profeteranno, e i vostri giovani vedranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serventi, in quei giorni, spanderò del mio Spirito, e profeteranno. E farò prodigi su nel cielo, e segni giù sulla terra; sangue, e fuoco, e vapor di fumo. Il sole sarà mutato in tenebre, e la luna in sangue, prima che venga il grande e glorioso giorno, che è il giorno del Signore. Ed avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato. Uomini israeliti, udite queste parole: Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra voi mediante opere potenti e prodigî e segni che Dio fece per mezzo di lui fra voi, come voi stessi ben sapete, quest’uomo, allorché vi fu dato nelle mani, per il determinato consiglio e per la prescienza di Dio, voi, per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risuscitò, avendo sciolto gli angosciosi legami della morte, perché non era possibile ch’egli fosse da essa ritenuto. Poiché Davide dice di lui: Io ho avuto del continuo il Signore davanti agli occhi, perché egli è alla mia destra, affinché io non sia smosso. Perciò s’è rallegrato il cuor mio, e ha giubilato la mia lingua, e anche la mia carne riposerà in isperanza; poiché tu non lascerai l’anima mia nell’Ades, e non permetterai che il tuo Santo vegga la corruzione. Tu m’hai fatto conoscere le vie della vita; tu mi riempirai di letizia con la tua presenza. Uomini fratelli, ben può liberamente dirvisi intorno al patriarca Davide, ch’egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al dì d’oggi fra noi. Egli dunque, essendo profeta e sapendo che Dio gli avea con giuramento promesso che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti, antivedendola, parlò della risurrezione di Cristo, dicendo che non sarebbe stato lasciato nell’Ades, e che la sua carne non avrebbe veduto la corruzione. Questo Gesù, Iddio l’ha risuscitato; del che noi tutti siamo testimoni. Egli dunque, essendo stato esaltato dalla destra di Dio, e avendo ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite. Poiché Davide non è salito in cielo; anzi egli stesso dice: Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici per sgabello de’ tuoi piedi. Sappia dunque sicuramente tutta la casa d’Israele che Iddio ha fatto e Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso” (Atti 2:14-36).

Ora, io dico, se i circa centoventi quando cominciarono a parlare in lingue si rivolgevano agli increduli annunciando il Vangelo che bisogno c’era che Pietro annunciasse loro il Vangelo in ebraico? Nessuno. Dunque quei credenti non potevano rivolgersi agli uomini increduli mediante il loro parlare in lingue. E questo è confermato dal fatto che i Giudei furono compunti nel cuore dopo aver ascoltato la predicazione di Pietro fatta nella loro lingua infatti è scritto: “Or essi, udite queste cose, furon compunti nel cuore…” (Atti 2:37), e non quando sentirono i credenti parlare nel loro natio linguaggio. In quell’occasione rimasero meravigliati, perplessi, ma non compunti nel cuore. Il compungimento venne solo quando sentirono dire a Pietro che quell’uomo Gesù che i Giudei avevano crocifisso era stato risuscitato da Dio, e che egli era stato fatto da Dio Signore e Cristo. Ed è confermato non solo da questo fatto, ma anche dalle parole che quei Giudei rivolsero a Pietro e agli altri apostoli, cioè: “Fratelli, che dobbiam fare?” (Atti 2:37); infatti se quei Giudei avevano già sentito la predicazione nel loro nativo linguaggio avrebbero di certo sentito dire che si dovevano ravvedere e farsi battezzare nel nome di Cristo, mentre il fatto che dopo averli sentiti parlare in altre lingue ancora non sapevano cosa dovevano fare vuol dire che in quelle “cose grandi di Dio” non era menzionato quello che essi dovevano fare. Come d’altronde anche nella predicazione di Pietro non c’era quello che essi dovevano fare; quello che dovevano fare fu loro detto dopo che Pietro ebbe terminato di predicare il Vangelo.

Questo errore di pensare che le lingue siano date per l’evangelizzazione fu fatto da molti Pentecostali all’inizio dello scorso secolo in America (quindi nei primi anni del Movimento Pentecostale). Infatti inizialmente molti pensarono che le lingue che si ricevevano col battesimo con lo Spirito Santo servissero a predicare il Vangelo, e alcuni partirono per dei paesi stranieri pensando che là avrebbero predicato con quelle lingue, ma poco tempo dopo tornarono a casa delusi.

Il parlare in lingue è diretto a Dio e non agli uomini

Questo errore, come abbiamo visto, viene fatto tuttora da tanti perché essi ignorano le parole di Paolo ai Corinzi: “Chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio” (1 Cor. 14:2). Notate con quanta chiarezza Paolo spiega in che direzione è rivolto il parlare in altra lingua. Non è diretto verso gli uomini, ma verso Dio.

Ma vediamo altri passi della Scrittura, contenuti nella prima lettera di Paolo ai Corinzi, che attestano che il parlare in altra lingua è un parlare rivolto a Dio e non agli uomini:

● Paolo più avanti dice: “Se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza” (1 Corinzi 14:14-15);

Come si può vedere molto bene, qui Paolo parla di pregare in altra lingua (o pregare con lo spirito) e siccome sappiamo che la preghiera è diretta a Dio e non agli uomini, questo conferma che il parlare in altra lingua è diretto a Dio. Per ciò che riguarda il pregare con lo spirito che è menzionato da Paolo anche agli Efesini quando dice: “Orando in ogni tempo, per lo Spirito, con ogni sorta di preghiere e di supplicazioni” (Efesini 6:18), e da Giuda nella sua epistola quando dice: “Ma voi, diletti, edificando voi stessi sulla vostra santissima fede, pregando mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio” (Giuda 20-21), vi ricordo che esso si riferisce all’intercessione che lo Spirito di Dio compie per i santi secondo che è scritto ai Romani: “Parimente ancora, lo Spirito sovviene alla nostra debolezza; perché noi non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili; e Colui che investiga i cuori conosce quale sia il sentimento dello Spirito, perché esso intercede per i santi secondo Iddio” (Romani 8:26-27). Quindi chi prega in altra lingua chiede a Dio mediante lo Spirito, di fare determinate cose in favore nostro e dei santi sulla faccia della terra. E’ chiaro che siccome che l’intercessione la compie (in altra lingua) lo Spirito di Dio che conosce a fondo tutti i bisogni nostri (anche quelli che ignoriamo) e di tutti gli altri figliuoli di Dio, le cose che Egli domanda a Dio costituiscono dei misteri per noi, cioè delle cose occulte. Faccio un esempio: se lo Spirito di Dio sta intercedendo per dei fratelli da noi non conosciuti che si trovano in Africa in un particolare urgente bisogno, noi non sapremo mai che lo Spirito stava in quel momento facendo quella particolare intercessione; a meno che ci sia chi interpreti per lo Spirito quella intercessione dello Spirito Santo. In questo caso naturalmente i misteri verranno a conoscenza dei fratelli mediante appunto l’interpretazione del parlare in altra lingua.

● Paolo dice: “Salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza” (1 Corinzi 14:15); questo salmeggiare si riferisce al cantare a Dio dei cantici spirituali mediante lo Spirito. E’ implicito anche qui il fatto che esso si riferisce ad un parlare diretto a Dio e non agli uomini.

● Paolo dice pure: “Altrimenti, se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito, come potrà colui che occupa il posto del semplice uditore dire ‘Amen’ al tuo rendimento di grazie, poiché non sa quel che tu dici? Quanto a te, certo, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato” (1 Corinzi 14:16-17); notate sia l’espressione “se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito”, e sia quella “tu fai un bel ringraziamento” perchè esse confermano che chi parla in altra lingua non parla agli uomini ma a Dio perché benedice Dio e lo ringrazia.

Il parlare in altre lingue a casa di Cornelio e ad Efeso

Vediamo ora di esaminare gli altri casi che sono narrati nel libro degli Atti degli apostoli in cui dei credenti parlarono in altre lingue, per vedere se vi è un qualche riferimento che possa confermare che il loro parlare in altre lingue era rivolto agli uomini, in quanto tramite di esso si comunicava il Vangelo, e non a Dio.

● A casa di Cornelio, mentre Pietro predicava la Parola a Cornelio ed a coloro che erano lì con lui avvenne che “lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio” (Atti 10:44-46). Anche in questo caso non si può dire che il parlare in lingue era rivolto agli uomini, perché non c’è il benché minimo accenno a ciò. E poi se quel parlare in lingue fosse stato dato per evangelizzare anche in quell’occasione, chi erano coloro che là a casa di Cornelio avevano bisogno di essere evangelizzati se lo Spirito cadde su tutti coloro che ascoltavano la Parola, e quindi non c’erano più increduli in quella casa?

● Ad Efeso, quando lo Spirito Santo scese su quei circa dodici discepoli è scritto che “parlavano in altre lingue, e profetizzavano” (Atti 19:6). Notate come il profetizzare è citato separatamente dal parlare in altre lingue appunto perché chi parla in altra lingua non sta profetizzando, cioè non sta parlando agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione, ma parla a Dio. E quindi quegli uomini non potevano comunicare il Vangelo in altre lingue. E poi, anche qui, se le lingue fossero state date per evangelizzare, chi erano coloro che quegli uomini si misero ad evangelizzare se oltre a loro che erano discepoli di Cristo c’era solo l’apostolo Paolo che era anche lui un credente?

Spiegazione del passo biblico preso per sostenere che chi parla in altra lingua comunica il Vangelo

Vediamo ora di spiegare le parole di Paolo: “Le lingue servono di segno non per i credenti, ma per i non credenti” (1 Corinzi 14:22). Ora poco prima, Paolo cita queste parole del profeta Isaia: “Io parlerò a questo popolo per mezzo di gente d’altra lingua, e per mezzo di labbra straniere; e neppure così mi ascolteranno, dice il Signore” (1 Corinzi 14:21), volendo significare che il Signore avrebbe parlato al suo popolo d’Israele mediante il segno delle lingue. Ma Paolo non dice che Dio avrebbe fatto parlare direttamente agli Ebrei mediante le lingue, appunto perché il parlare in altre lingue è rivolto a Dio e non agli uomini.

Ricordatevi di quello che avvenne il giorno della Pentecoste. Non è forse vero che Dio parlò ai Giudei stranieri mediante dei Galilei? Non è forse vero che Dio fece meravigliare quei Giudei stranieri mediante quel segno del parlare in lingue quantunque il parlare in altre lingue non era rivolto direttamente a loro? Certo che è così, infatti le lingue, dice Paolo, “servono di segno non per i credenti, ma per i non credenti” (1 Corinzi 14:22). Vedete? Dio mediante le lingue parlò ai Giudei radunatisi in quel giorno perché li fece meravigliare e stupire.

I segni parlano da loro stessi, ricordatevelo questo; non importa di che tipo essi siano, essi testimoniano della grandezza di Dio ma anche della presenza di Dio. A conferma di ciò vi sono le seguenti parole che Gesù disse ai Giudei: “Ma io ho una testimonianza maggiore di quella di Giovanni; perché le opere che il Padre mi ha dato a compiere, quelle opere stesse che io fo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato” (Giovanni 5:36); e queste altre che Dio disse a Mosè quando lo mandò in Egitto con il potere di mutare il bastone in serpente e di colpire la sua mano di lebbra: “Se non ti crederanno e non daranno ascolto alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo segno…” (Esodo 4:8). Notate le espressioni “alla voce del primo segno”, “alla voce del secondo segno” perché esse confermano che i segni di Dio parlano. Quindi dato che anche quello delle lingue è uno dei segni di Dio per gli increduli, noi concludiamo che Dio parla agli increduli mediante le lingue, (ben inteso, mediante il segno delle lingue e non mediante i cosiddetti ‘messaggi in lingue’). E questo è esattamente quello che è avvenuto varie volte, perché ci sono stati degli Ebrei che Dio ha fatto meravigliare e stupire facendogli sentire dei Gentili cantare e pregare in lingua ebraica, e alcuni di loro sono stati tratti all’ubbidienza della fede dopo essere stati testimoni di quel segno portentoso, vale a dire dopo avere sentito dei Gentili pregare o cantare in lingua ebraica senza che questi conoscessero la lingua ebraica.

Dunque, alla luce di quanto dice la Scrittura, bisogna categoricamente rigettare la tesi di Martella e di tutti quegli altri Evangelici che la pensano come lui.

Nessuno vi seduca con vani ragionamenti

Giacinto Butindaro

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Difendiamo il profeta Agabo dagli attacchi di Nicola Martella

In questo articolo dal titolo ‘AGABO’ di Nicola Martella, che è un noto studioso biblico appartenente a quel gruppo di Chiese Evangeliche chiamate ‘Chiese dei fratelli’, ho riscontrato diverse menzogne dette contro il nostro fratello Agabo, che era profeta, e di cui parla Luca nel libro degli Atti, e voglio quindi confutarle.

Martella dice:

Agabo è una figura singolare e difficile da inquadrare. Era un profeta del cristianesimo o del giudaismo? È difficile dirlo. A quel tempo il cristianesimo era a maggioranza giudaica e tra il giudaismo cristiano e quello storico era tutto fluido. Agabo viene menzionato in due circostanze specifiche del libro degli Atti (11; 21).

Io dico:

Io non vedo affatto in Agabo una figura singolare e difficile da inquadrare, in quanto egli era un profeta, uno dei profeti esistenti nella Chiesa Primitiva. Egli era un Giudeo credente, cioè un Giudeo che aveva creduto che Gesù era il Cristo. Quando leggiamo di lui la prima volta nel libro degli Atti, ci viene detto: “Or in que’ giorni, scesero de’ profeti da Gerusalemme ad Antiochia. E un di loro, chiamato per nome Agabo, levatosi, predisse per lo Spirito che ci sarebbe stata una gran carestia per tutta la terra; ed essa ci fu sotto Claudio” (Atti 11:27-28).

Dunque Agabo era un profeta; aveva ricevuto uno dei doni di ministerio di cui Paolo parla ai santi di Efeso, doni fatti da Cristo per l’edificazione del corpo di Cristo e per il perfezionamento dei santi (Efesini 4:11-12). Non sappiamo i nomi degli altri profeti che in quell’occasione salirono da Gerusalemme ad Antiochia, ma comunque conosciamo i nomi di altri profeti Giudei credenti di allora, ed erano Giuda e Sila, secondo che è scritto: “E Giuda e Sila, anch’essi, essendo profeti, con molte parole li esortarono e li confermarono” (Atti 15:32), i quali sono definiti “uomini autorevoli tra i fratelli” (Atti 15:22).

C’erano altri profeti di cui si fa il nome anche nella Chiesa di Antiochia, secondo che è scritto: “Or nella chiesa d’Antiochia v’eran dei profeti e dei dottori: Barnaba, Simeone chiamato Niger, Lucio di Cirene, Manaen, fratello di latte di Erode il tetrarca, e Saulo” (Atti 13:1).

Martella dice:

La prima volta che Agabo comparve, fu ad Antiochia, quando scese insieme ad altri profeti da Gerusalemme (At 11). Qui su quanto egli «predisse per lo Spirito», ossia una «gran carestia per tutta la terra», Luca confermò che «essa ci fu sotto Claudio» (At 11,27s). In quel tempo di estrema fluidità religiosa all’interno del giudaismo globale (cristiano e non), predire non era riservato solo ai cristiani e neppure farlo mediante lo Spirito (o appellarsi a Lui per predire); Giovanni, ad esempio, attribuì al sommo sacerdote una facoltà profetica e addirittura proditoria, legata al suo ufficio particolare e non limitata solo a Caiafa (Gv 11,49-52).

Io dico:

Dunque, in base a queste parole di Martella, che come vedremo dopo lui le conferma, Agabo era un Giudeo che ancora non aveva creduto, e il fatto che egli predisse per lo Spirito che ci sarebbe stata una grande carestia non deve far pensare che fosse un profeta Giudeo credente, appartenente dunque alla comunità dei Cristiani, e questo perché in quel periodo il futuro era predetto pure da persone non credenti, come infatti aveva fatto Caiàfa.

Ora vediamo cosa ci viene detto dalla Scrittura di questa profezia fatta da Caiàfa: “I capi sacerdoti quindi e i Farisei radunarono il Sinedrio e dicevano: Che facciamo? perché quest’uomo fa molti miracoli. Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui; e i Romani verranno e ci distruggeranno e città e nazione. E un di loro, Caiàfa, che era sommo sacerdote di quell’anno, disse loro: Voi non capite nulla; e non riflettete come vi torni conto che un uomo solo muoia per il popolo, e non perisca tutta la nazione. Or egli non disse questo di suo; ma siccome era sommo sacerdote di quell’anno, profetò che Gesù dovea morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per raccogliere in uno i figliuoli di Dio dispersi” (Giovanni 11:47-52). Ora, io dico, ma come si fa a mettere Caiàfa sullo stesso livello di Agabo, semplicemente perché Dio gli aprì la bocca in quell’occasione e gli fece proferire delle parole profetiche? Caiàfa – benché fosse un nemico di Gesù Cristo – non disse quelle parole di suo, e quindi le disse sospinto da Dio senza però che lui se ne rendesse conto che quelle parole fossero profetiche. Caiàfa non credeva infatti che Gesù fosse il Messia che Dio aveva preordinato sin dalla fondazione del mondo a morire per i peccati di Israele, e oltre a ciò, Caiàfa non era un profeta. Ma Agabo era uno che aveva creduto che in Gesù di Nazaret si erano adempiute le profezie degli antichi profeti, quindi si trattava di un VERO CREDENTE; e oltre a ciò Agabo era profeta.

E poi Luca ci dice che Agabo fece la predizione per lo Spirito, esattamente come avveniva sotto l’Antico Testamento con i profeti di Dio, perché anche loro fecero le loro predizioni per lo Spirito. Prendiamo ad esempio Davide, che la Scrittura dice che era profeta (Atti 2:30): egli fece una precisa predizione per lo Spirito concernente Giuda, secondo che è scritto: “Fratelli, bisognava che si adempisse la profezia della Scrittura pronunziata dallo Spirito Santo per bocca di Davide intorno a Giuda, che fu la guida di quelli che arrestarono Gesù” (Atti 1:16). L’espressione dunque ‘Predisse per lo Spirito” sta ad indicare che lo Spirito parlò per bocca di Agabo, nella stessa maniera che aveva parlato tramite Davide sotto l’Antico Patto.

Ed ancora, vorrei ricordare che nel Nuovo Testamento quando viene detto di qualcuno che ha fatto qualcosa PER LO SPIRITO ciò vuol dire che lo Spirito di Dio era in lui. Facciamo l’esempio di Gesù: Luca dice che “Gesù giubilò per lo Spirito Santo” (Luca 10:21), e che, prima di essere assunto in cielo, egli diede “per lo Spirito Santo dei comandamenti agli apostoli che avea scelto” (Atti 1:2).

Noi gridiamo ‘Abba! Padre!’ per lo Spirito Santo che è nei nostri cuori (Romani 8:15), che è lo spirito d’adozione che abbiamo ricevuto da Dio; e preghiamo “per lo Spirito, con ogni sorta di preghiere e di supplicazioni” (Efesini 6:18), appunto perché lo Spirito è in noi.

Dunque, se Agabo fece quella predizione per lo Spirito, ciò vuol dire che lo Spirito di Cristo era in lui, e quindi egli era di Cristo (Romani 8:9); ed anche che lo Spirito Santo non aveva cessato di annunciare le cose a venire.

E c’è anche da dire un’altra cosa, che mentre Caiàfa non si rese conto o non fu consapevole di avere profetizzato, il profeta Agabo si rese perfettamente conto di avere fatto una predizione.

Dunque le parole del Martella sono del tutto sbagliate, come sono sbagliati anche i suoi paragoni.

Martella dice:

Si noti comunque come Luca tiene tutto indistinto — «alcuni profeti… e uno di loro, chiamato per nome Agabo» — come se non fosse poi così conosciuto ai lettori. Solo un’altra volta c’è negli Atti l’espressione «(un certo…) chiamato per nome» e si riferisce al rabbino Gamaliele, che mai divenne cristiano e che era perciò sconosciuto alla maggioranza dei cristiani, sebbene in Gerusalemme fosse «onorato da tutto il popolo» (At 5,34). Agabo era quindi un profeta del giudaismo cristiano o del giudaismo storico? La bilancia sembra pendere per la seconda possibilità.

Io dico:

Ecco adesso un altro sofisma che tira fuori Martella, per far passare Agabo per un profeta appartenente al giudaismo storico e non alla comunità di Giudei che avevano creduto in Cristo, e quindi per sostenere che Agabo NON ERA UN CRISTIANO. Lui praticamente dice che l’espressione “un di loro, chiamato per nome Agabo” fa il paio con l’espressione “un certo …. chiamato per nome” che si riferisce a Gamaliele, che non era un Cristiano.

Ma la Scrittura dice esplicitamente che Gamaliele non era un credente in quanto dice: “Un certo Fariseo, chiamato per nome Gamaliele” (Atti 5:34), mentre di Agabo dice esplicitamente che era uno dei profeti scesi da Gerusalemme ad Antiochia, che sono cose molto differenti tra loro.

E poi, non solo questo, chissà perché al Martella quando ha letto ‘un di loro, chiamato per nome Agabo’ è venuto in mente “un certo …. chiamato per nome Gamaliele”, e non invece questi altri ‘un certo’ trascritti nel libro degli Atti: “E venne anche a Derba e a Listra; ed ecco, quivi era un certo discepolo, di nome Timoteo, figliuolo di una donna giudea credente, ma di padre greco” (Atti 16:1), “Dopo queste cose egli (Paolo), partitosi da Atene, venne a Corinto. E trovato un certo Giudeo, per nome Aquila, oriundo del Ponto, venuto di recente dall’Italia insieme con Priscilla sua moglie, perché Claudio avea comandato che tutti i Giudei se ne andassero da Roma, s’unì a loro. E siccome era del medesimo mestiere, dimorava con loro, e lavoravano; poiché, di mestiere, eran fabbricanti di tende” (Atti 18:1-3), “Or un certo Giudeo, per nome Apollo, oriundo d’Alessandria, uomo eloquente e potente nelle Scritture, arrivò ad Efeso. Egli era stato ammaestrato nella via del Signore; ed essendo fervente di spirito, parlava e insegnava accuratamente le cose relative a Gesù, benché avesse conoscenza soltanto del battesimo di Giovanni” (Atti 18:24-25); “Ma un certo uomo, chiamato Anania, con Saffira sua moglie, vendé un possesso, e tenne per sé parte del prezzo, essendone consapevole anche la moglie; e portatane una parte, la pose ai piedi degli apostoli” (Atti 5:1-2); “Or in Damasco v’era un certo discepolo, chiamato Anania; e il Signore gli disse in visione: Anania! Ed egli rispose: Eccomi, Signore. E il Signore a lui: Levati, vattene nella strada detta Diritta, e cerca, in casa di Giuda, un uomo chiamato Saulo, da Tarso; poiché ecco, egli è in preghiera, e ha veduto un uomo, chiamato Anania, entrare e imporgli le mani perché ricuperi la vista” (Atti 9:10-12)! Io ritengo che sia perché lui partiva dal presupposto che Agabo non fosse un Cristiano, perché se lo avesse riconosciuto come tale avrebbe pure dovuto riconoscere il ministerio di profeta ricevuto da Agabo che consisteva anche nel predire eventi futuri ben precisi come facevano i profeti sotto l’Antico Testamento – e dato che per Martella: ‘Un «profeta» nel NT è un cristiano che parla pubblicamente, sotto ispirazione dello Spirito mediante lettura della Scrittura, in modo estemporaneo «agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione»’, in altre parole un ‘«parlatore in pubblico» (sebbene ispirato dalla lettura della sacra Scrittura mediante lo Spirito Santo) e non, come falsamente si afferma e si ripete, chi predice il futuro’

lui ha dovuto inventarsi questo paragone del tutto fuori luogo e insensato tra ‘un di loro’ e ‘un certo … chiamato Gamaliele’ per avvalorare la sua tesi errata. Perché non fare quindi il paragone tra l’espressione ‘un di loro’ (o quella ‘un certo profeta’ di Atti 21:10, sempre riferita ad Agabo) e gli ‘un certo’ da me sopra citati, che sono in riferimento tutti a CRISTIANI? Per evitare appunto di parlare di Agabo come di un Cristiano. Ma ecco che qui spunta un’altra menzogna detta dal Martella, perché dice che ‘Solo un’altra volta c’è negli Atti l’espressione «(un certo…) chiamato per nome» e si riferisce al rabbino Gamaliele’, perché come abbiamo visto NON E’ AFFATTO COSI’. Che dire? Basterebbe solo questo per mostrare che il Martella non conosce le Scritture, e gli fa dire quello che vuole lui.

E’ chiaro dunque che dal punto di vista del Martella, ragionando come ragiona lui, la bilancia pende dalla parte della possibilità che Agabo facesse parte del giudaismo storico e non del giudaismo cristiano. Ma siccome i suoi ragionamenti sono vani, la sua bilancia è falsa, ecco perché pende da quella parte. Sono le stesse Scritture che giudicano la sua bilancia falsa.

Martella dice:

Tutto ciò si rafforza in At 21, in cui molte delle cose che Agabo predisse non si avverarono nel modo che egli le annunziò. Infatti, di lui è scritto che a Cesarea (sulla costa della Palestina) «scese dalla Giudea un certo profeta, di nome Agabo, il quale, venuto da noi…» (At 21,10s). Luca usando «un certo» (come per Gamaliele in At 5,34) e «da noi», rimarcò certamente una qualche distanza! Si noti pure che la sua predizione spettacolare con richiamo allo Spirito Santo e con legamento di mani e piedi non si avverò nei termini da lui predetti! È vero che Paolo fu catturato dai Giudei in Gerusalemme, tuttavia non lo legarono mani e piedi, ma «gli misero le mani addosso» (v. 27) e lo buttarono fuori del tempio (v. 30). Quindi non solo non lo legarono mani e piedi, ma neppure lo misero «nelle mani dei Gentili»; successe al contrario che come i Giudei cercavano d’ucciderlo (v. 31) e comparvero il tribuno con soldati e centurioni, i primi «cessarono di percuotere Paolo» (v. 32). Fu solo allora che i soldati (non i Giudei) su ordine del tribuno legarono Paolo con «due catene» (v. 33), quindi neppure con corde, come aveva detto invece Agabo.

Io dico:

Tralascio la tesi di Martella a proposito dell’espressione ‘un certo profeta’ che secondo lui rimarca certamente una qualche distanza, perché l’ho già confutata prima menzionando tutti quei ‘un certo’ presenti negli Atti e che si riferiscono a CRISTIANI. Dico però solo questo in merito a questo suo discorso: il Martella dovrebbe spiegarci se anche quando la Bibbia dice “un certo discepolo, di nome Timoteo”, o “Or in Damasco v’era un certo discepolo, chiamato Anania” rimarca certamente una qualche distanza!!

Veniamo alla predizione fatta da Agabo a casa di Filippo e che concerneva l’arresto di Paolo a Gerusalemme.

Innanzi tutto diciamo che fu lo Spirito a fare quella predizione e che Agabo fu solo lo strumento, infatti dice la Scrittura: “Eravamo quivi da molti giorni, quando scese dalla Giudea un certo profeta, di nome Agabo, il quale, venuto da noi, prese la cintura di Paolo, se ne legò i piedi e le mani, e disse: Questo dice lo Spirito Santo: Così legheranno i Giudei a Gerusalemme l’uomo di cui è questa cintura, e lo metteranno nelle mani dei Gentili” (Atti 21:10-11).

In secondo luogo diciamo che le parole del profeta Agabo “questo dice lo Spirito Santo” assomigliano a queste dell’apostolo Paolo: “Lo Spirito dice espressamente che …” (1 Timoteo 4:1), come anche a questa ben nota espressione usata dai profeti sotto l’Antico Patto: “Così parla il Signore” (Ezechiele 3:11). Somiglianza questa che mette in rilievo l’autorità con cui si esprimeva Agabo.

Ora, se fu lo Spirito a dire quelle parole, e noi sappiamo che lo Spirito non parla di suo ma dice tutto quello che ha udito (Giovanni 16:13), dobbiamo credere che quelle cose furono dette innanzi tutto da Cristo e poi una volta udite dallo Spirito, rivelate dallo Spirito ad Agabo. Può essere che lo Spirito abbia dunque detto delle cose che poi non si sono avverate o che si sono avverate in maniera differente? Io giudico che questo sia categoricamente da escludere, quindi dobbiamo credere che benché non ci sia scritto che i Giudei a Gerusalemme legarono mani e piedi Paolo, ciò avvenne. D’altronde se tempo prima si avverò la predizione dello stesso Agabo a proposito della carestia, che era stata fatta anche quella per lo Spirito, dobbiamo anche in questo caso affermare che si avverò tutto quello che lo Spirito disse tramite lui a proposito dell’arresto di Paolo. E’ vero che non c’è scritto che i Giudei lo legarono mani e piedi, ma questo non significa che ciò non avvenne. D’altronde nel libro degli Atti ci sono cose che non sono scritte, e che noi riteniamo che si verificarono: una per tutte, il battesimo ministrato nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Noi sappiamo che Gesù comandò agli apostoli di battezzare in questa maniera (Matteo 28:19), eppure mai nel libro degli Atti c’è scritto che gli apostoli battezzavano dicendo: ‘Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo’. Che dovremmo dire allora in questo caso? Che dato che non c’è scritto, gli apostoli non fecero come Gesù comandò loro di fare? Così non sia.

Ma dirò di più, persino sotto l’Antico Testamento ci fu un profeta di Dio che fece una predizione di cui poi quando si parla del suo adempimento viene omesso uno dei particolari predetti, è il caso del profeta Samuele, di cui la Scrittura dice che “tutto Israele, da Dan fino a Beer-Sceba, riconobbe che Samuele era stabilito profeta dell’Eterno” (1 Samuele 3:20), ed anche che “l’Eterno era con lui e non lasciò cader a terra alcuna delle parole di lui” (1 Samuele 3:19). Samuele era tenuto in grande stima in Israele dal popolo, tanto che quando Saul e il suo servo non erano riusciti a trovare le asine perdute, il servo disse a Saul: “Ecco, v’è in questa città un uomo di Dio, ch’è tenuto in grande onore; tutto quello ch’egli dice, succede sicuramente; andiamoci; forse egli c’indicherà la via che dobbiamo seguire’ (1 Samuele 9:6). Ora la predizione di Samuele a cui mi riferisco è quella che egli fece a Saul, poco prima che egli si dipartisse da Samuele per tornare a casa di suo padre, che è questa: “Oggi, quando tu sarai partito da me, troverai due uomini presso al sepolcro di Rachele, ai confini di Beniamino, a Tseltsah, i quali ti diranno: Le asine delle quali andavi in cerca, sono trovate; ed ecco tuo padre non è più in pensiero per le asine, ma è in pena per voi, e va dicendo: Che farò io riguardo al mio figliuolo? E quando sarai passato più innanzi e sarai giunto alla quercia di Tabor, t’incontrerai con tre uomini che salgono ad adorare Iddio a Bethel, portando l’uno tre capretti, l’altro tre pani, e il terzo un otre di vino. Essi ti saluteranno, e ti daranno due pani, che riceverai dalla loro mano. Poi arriverai a Ghibea-Elohim, dov’è la guarnigione dei Filistei; e avverrà che, entrando in città, incontrerai una schiera di profeti che scenderanno dall’alto luogo, preceduti da saltèri, da timpani, da flauti, da cetre, e che profeteranno. E lo spirito dell’Eterno t’investirà e tu profeterai con loro, e sarai mutato in un altr’uomo. E quando questi segni ti saranno avvenuti, fa’ quello che avrai occasione di fare, poiché Dio è teco. Poi scenderai prima di me a Ghilgal; ed ecco io scenderò verso te per offrire olocausti e sacrifizi di azioni di grazie. Tu aspetterai sette giorni, finch’io giunga da te e ti faccia sapere quello che devi fare’. E non appena egli ebbe voltate le spalle per partirsi da Samuele, Iddio gli mutò il cuore, e tutti quei segni si verificarono in quel medesimo giorno. E come giunsero a Ghibea, ecco che una schiera di profeti si fece incontro a Saul; allora lo spirito di Dio lo investì, ed egli si mise a profetare in mezzo a loro” (1 Samuele 10:2-10). Ora, come potete vedere, viene detto che “tutti quei segni si verificarono in quel medesimo giorno”, ma quando lo scrittore passa a descrivere uno di quei segni adempiutosi (peraltro l’unico di cui dice qualcosa di specifico), dice quanto segue: “E come giunsero a Ghibea, ecco che una schiera di profeti si fece incontro a Saul; allora lo spirito di Dio lo investì, ed egli si mise a profetare in mezzo a loro”. Notate però che in base a questo racconto la schiera di profeti a Ghibea non erano preceduti da saltèri, da timpani, da flauti, da cetre, mentre Dio aveva detto tramite Samuele a Saul: “Poi arriverai a Ghibea-Elohim, dov’è la guarnigione dei Filistei; e avverrà che, entrando in città, incontrerai una schiera di profeti che scenderanno dall’alto luogo, preceduti da saltèri, da timpani, da flauti, da cetre, e che profeteranno. E lo spirito dell’Eterno t’investirà e tu profeterai con loro, e sarai mutato in un altr’uomo”. Ora, se dovessimo ragionare come fa Martella, dovremmo dire che quella particolare predizione non si adempì esattamente nei termini in cui era stata fatta da Samuele, e quindi che i profeti che Saul incontrò a Ghibea, che scendevano dall’alto luogo, non erano preceduti ‘da saltèri, da timpani, da flauti, da cetre’. Possiamo noi arrivare a tale conclusione? No, affatto. Perché? Perché la Scrittura dice che “tutti quei segni si verificarono in quel medesimo giorno”. TUTTI QUINDI, NESSUNO ESCLUSO, ED ESATTAMENTE COME ERANO STATI PREDETTI, ANCHE SE NON C’E’ SCRITTO CHE I PROFETI CHE SAUL INCONTRO’ A GHIBEA ERANO PRECEDUTI DA SALTERI, TIMPANI, FLAUTI E CETRE. E quindi possiamo, o meglio dobbiamo, dire che i profeti che Saul incontrò a Ghibea erano preceduti da ‘saltèri, da timpani, da flauti, da cetre’, esattamente come aveva predetto il profeta Samuele.

Dunque, Martella sbaglia nell’affermare che i Giudei non legarono Paolo mani e piedi’.

E Martella sbaglia pure quando afferma che i Giudei non misero Paolo nelle mani dei Gentili, come invece era stato predetto da Agabo, perché è scritto che i Giudei lo misero nelle mani dei Gentili, eccome se è scritto. E lo ha scritto sempre Luca nel libro degli Atti, riportando le parole che l’apostolo Paolo stesso disse personalmente ai principali fra i Giudei che lui riunì a Roma tre giorni dopo il suo arrivo nella città. Ecco le sue parole: “Fratelli, senza aver fatto nulla contro il popolo né contro i riti de’ padri, io fui arrestato in Gerusalemme, e di là dato in man de’ Romani. I quali, avendomi esaminato, volevano rilasciarmi perché non era in me colpa degna di morte. Ma opponendovisi i Giudei, fui costretto ad appellarmi a Cesare, senza però aver in animo di portare alcuna accusa contro la mia nazione. Per questa ragione dunque vi ho chiamati per vedervi e per parlarvi; perché egli è a causa della speranza d’Israele ch’io sono stretto da questa catena” (Atti 28:17-20). Le parole dell’apostolo Paolo sono dunque UNA CHIARA CONFERMA CHE LA PREDIZIONE DI AGABO SI ADEMPI’ ESATTAMENTE COME AVEVA DETTO IL PROFETA, infatti Paolo dice che lui fu arrestato in Gerusalemme e dato in mano dei Romani. Domando: ‘E chi furono coloro che lo diedero in mano dei Romani se non i Giudei che in Gerusalemme lo avevano preso nel tempio?’ Dunque, se noi consideriamo Paolo un uomo che diceva la verità (lui stesso disse: “Io dico la verità in Cristo, non mento” Romani 9:1), dobbiamo dire che i Giudei lo afferrarono (o arrestarono) a Gerusalemme e poi lo diedero nelle mani dei Gentili. E badate che fu Paolo stesso a dire queste cose circa la sua consegna nelle mani dei Romani da parte dei Giudei, lui che aveva vissuto tutti quegli eventi in prima persona. Che vai dunque cianciando Martella?

Voglio anche ricordare al Martella che pure sotto l’Antico Patto, abbiamo un caso di un profeta che predisse qualcosa da parte di Dio che APPARENTEMENTE SEMBRA non si adempì nei termini da lui detti. E’ l’esempio del profeta Ahija, secondo che è scritto: “In quel tempo, Abija, figliuolo di Geroboamo, si ammalò. E Geroboamo disse a sua moglie: ‘Lèvati, ti prego, e travestiti, affinché non si conosca che tu sei moglie di Geroboamo, e va’ a Sciloh. Ecco, quivi è il profeta Ahija, il quale predisse di me che sarei stato re di questo popolo. E prendi teco dieci pani, delle focacce, un vaso di miele, e va’ da lui; egli ti dirà quello che avverrà di questo fanciullo’. La moglie di Geroboamo fece così; si levò, andò a Sciloh, e giunse a casa di Ahija. Ahija non potea vedere, poiché gli s’era offuscata la vista per la vecchiezza. – Or l’Eterno avea detto ad Ahija: ‘Ecco, la moglie di Geroboamo sta per venire a consultarti riguardo al suo figliuolo, che è ammalato. Tu parlale così e così. Quando entrerà, fingerà d’essere un’altra’. – Come dunque Ahija udì il rumore de’ piedi di lei che entrava per la porta, disse: ‘Entra pure, moglie di Geroboamo; perché fingi d’essere un’altra? Io sono incaricato di dirti delle cose dure. Va’ e di’ a Geroboamo: – Così parla l’Eterno, l’Iddio d’Israele: Io t’ho innalzato di mezzo al popolo, t’ho fatto principe del mio popolo Israele, ed ho strappato il regno dalle mani della casa di Davide e l’ho dato a te, ma tu non sei stato come il mio servo Davide il quale osservò i miei comandamenti e mi seguì con tutto il suo cuore, non facendo se non ciò ch’è giusto agli occhi miei, e hai fatto peggio di tutti quelli che t’hanno preceduto, e sei andato a farti degli altri dèi e delle immagini fuse per provocarmi ad ira ed hai gettato me dietro alle tue spalle; per questo ecco ch’io faccio scender la sventura sulla casa di Geroboamo, e sterminerò dalla casa di Geroboamo fino all’ultimo uomo, tanto chi è schiavo come chi è libero in Israele, e spazzerò la casa di Geroboamo, come si spazza lo sterco finché sia tutto sparito. Quelli della casa di Geroboamo che morranno in città, saran divorati dai cani; e quelli che morranno per i campi, li divoreranno gli uccelli del cielo; poiché l’Eterno ha parlato. Quanto a te, lèvati, vattene a casa tua; e non appena avrai messo piede in città, il bambino morrà. E tutto Israele lo piangerà e gli darà sepoltura. Egli è il solo della casa di Geroboamo che sarà messo in un sepolcro, perché è il solo nella casa di Geroboamo in cui si sia trovato qualcosa di buono, rispetto all’Eterno, all’Iddio d’Israele. L’Eterno stabilirà sopra Israele un re, che in quel giorno sterminerà la casa di Geroboamo. E che dico? Non è forse quello che già succede? E l’Eterno colpirà Israele, che sarà come una canna agitata nell’acqua; sradicherà Israele da questa buona terra che avea data ai loro padri, e li disperderà oltre il fiume, perché si son fatti degl’idoli di Astarte provocando ad ira l’Eterno. E abbandonerà Israele a cagion dei peccati che Geroboamo ha commessi e fatti commettere a Israele’. – La moglie di Geroboamo si levò, partì, e giunse a Tirtsa; e com’ella metteva il piede sulla soglia di casa, il fanciullo morì; e lo seppellirono, e tutto Israele lo pianse, secondo la parola che l’Eterno avea pronunziata per bocca del profeta Ahija, suo servo” (1 Re 14:1-18).

Notate come il profeta aveva predetto alla donna che il bambino sarebbe morto quando avrebbe messo piede in città, mentre poi è scritto che il bambino morì mentre ella metteva il piede sulla soglia di casa. Che faremo allora? Diremo che il profeta Ahija non era un vero profeta o non era un profeta stabilito da Dio? Così non sia. E’ chiaro che noi non abbiamo una risposta a questa apparente contraddizione, ma questo non ci impedisce di credere che la parola del profeta si adempì nei termini in cui era stata data.

Peraltro, a proposito di Agabo, faccio notare che il profeta Agabo godeva di credibilità e stima nella Chiesa primitiva, in quanto viene detto da Luca che dopo che Agabo predisse la carestia, “i discepoli determinarono di mandare, ciascuno secondo le sue facoltà, una sovvenzione ai fratelli che abitavano in Giudea, il che difatti fecero, mandandola agli anziani, per mano di Barnaba e di Saulo” (Atti 11:29-30), e dopo che egli predisse l’arresto di Paolo a Gerusalemme “tanto noi che quei del luogo lo pregavamo di non salire a Gerusalemme” (Atti 21:12), il che mostra che quando quell’uomo faceva una predizione veniva accettata come una parola che poi si sarebbe adempiuta. E questo può accadere solo quando si è in presenza di un profeta VERO. Quei credenti sapevano che quello che Agabo prediceva si avverava perché lo prediceva per lo Spirito Santo.

Martella dice:

Che cos’era Agabo? Dio lo sa. A quel tempo era tutto estremamente in flusso nel giudaismo (cfr. lettera agli Ebrei) e i confini erano tenui. Anche altri Giudei che non appartenevano ai seguaci di Cristo, facevano opere simili nel nome di Gesù (Mc 9,38; Lc 9,49) e Gesù disse ai discepoli che non era il loro compito di vietarlo (Mc 8,39; Lc 9,50). Questo non significa che ciò non fosse senza conseguenze (At 19,13-16).

Io dico:

Non lo sa solo Dio, ma anche noi lo sappiamo, egli era infatti un profeta, costituito tale da Dio. E come facciamo a dirlo? Perché ambedue le sue predizioni trascritte negli Atti si avverarono. Egli parlò veramente da parte di Dio come avevano parlato i profeti antichi sotto l’Antico Patto. Alla luce di quello che ci ha detto Dio non possiamo dire nè che Agabo non era un profeta e neppure che parlò per presunzione, perché Egli ha detto: “Io rendo vani i presagi degl’impostori, e rendo insensati gl’indovini; io faccio indietreggiare i savi, e muto la loro scienza in follia; io confermo la parola del mio servo, e mando ad effetto le predizioni de’ miei messaggeri” (Isaia 44:25-26), ed ancora: “Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome qualcosa ch’io non gli abbia comandato di dire o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta sarà punito di morte’. E se tu dici in cuor tuo: ‘Come riconosceremo la parola che l’Eterno non ha detta?’ Quando il profeta parlerà in nome dell’Eterno, e la cosa non succede e non si avvera, quella sarà una parola che l’Eterno non ha detta; il profeta l’ha detta per presunzione; tu non lo temere” (Deuteronomio 18:20-22).

E quindi Agabo era un membro della Chiesa di Dio. Non uno dei tanti Giudei ‘che non appartenevano ai seguaci di Cristo’ come dice stoltamente Martella (le sue testuali parole sono ‘Anche altri Giudei che non appartenevano ai seguaci di Cristo, facevano opere simili nel nome di Gesù’), ma un Giudeo seguace di Cristo.

Ma come si fa ad accusare in questa maniera un figliuolo di Dio, lavato nel prezioso sangue di Cristo? Come si fa ad escludere Agabo dai seguaci di Cristo, come fa Martella? Ritengo che bisogna proprio non conoscere le Scritture per dire una simile cosa, ma anche essere presuntuosi.

Martella dice:

Abbiamo visto che Agabo era un profeta giudaico. Egli non aggiunse nulla a ciò che Paolo (At 20,22) e i discepoli (At 21,4) non sapessero già; e, come abbiamo visto, le sue predizioni (At 21,10-13) non s’avverarono interamente nei termini da lui detti.

Ci si guardi dal trattare quella di Agabo come un eloquente esempio di predizione biblica! Bisogna fare altresì attenzione a non addurlo come un chiaro esempio di predizione all’interno della chiesa!

Io dico:

Abbiamo visto dunque che Agabo era un Giudeo credente o Cristiano che aveva ricevuto il ministerio di profeta. Questo non significa che egli aggiunse qualcosa alla dottrina degli apostoli, ma solo che aveva un ministerio tramite il quale egli era in grado anche di predire eventi futuri quando e come Dio voleva, e le sue predizioni si avveravano.

Sotto il Nuovo Patto dunque esiste il profeta, inteso come un cristiano che mosso dallo Spirito di Dio non solo profetizza, cioè parla agli uomini un linguaggio di edificazione, esortazione e consolazione (1 Corinzi 14:3) ma anche predice eventi futuri, ed Agabo lo conferma in maniera inequivocabile. In merito però al linguaggio che il profeta parla agli uomini quando profetizza, va detto che esso è sì proferito in modo estemporaneo sotto ispirazione dello Spirito MA NON MEDIANTE LETTURA DELLA SCRITTURA, perché nella manifestazione del dono di profezia la lettura della Scrittura non c’entra niente. Facciamo degli esempi tratti dalla Scrittura per spiegare ciò. Quando Dio pose del Suo Spirito sugli anziani d’Israele, avvenne che essi si misero a profetizzare, secondo che è scritto: “E l’Eterno scese nella nuvola e gli parlò; prese dello spirito ch’era su lui, e lo mise sui settanta anziani; e avvenne che, quando lo spirito si fu posato su loro, quelli profetizzarono, ma non continuarono” (Numeri 11:25). Quando lo Spirito di Dio investì i messi di Saul essi si misero a profetizzare, secondo che è scritto: “E Saul inviò de’ messi per pigliar Davide; ma quando questi videro l’adunanza de’ profeti che profetavano, con Samuele che tenea la presidenza, lo spirito di Dio investì i messi di Saul che si misero anch’essi a profetare” (1 Samuele 19:20), e quando Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, fu ripieno di Spirito, si mise a profetizzare, secondo che è scritto: “E Zaccaria, suo padre, fu ripieno dello Spirito Santo, e profetò … “ (Luca 1:67). Ma come si può vedere il profetizzare in tutti questi casi fu estemporaneo, ma non collegato in nessuna maniera alla lettura della Scrittura. Così avviene anche oggi quando un credente si mette a profetizzare per lo Spirito: lo fa indipendentemente dalla lettura della Scrittura. Ecco perché la manifestazione del dono di profezia può essere data pure ad un bambino o ad una persona analfabeta, perché è una manifestazione soprannaturale scollegata dalla lettura della Scrittura.

Alla luce di quello che insegna la Scrittura quindi, le parole di Martella vanno rigettate categoricamente.

Fratelli, nessuno vi seduca con vani ragionamenti.

La grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti coloro che lo amano con purità incorrotta

Giacinto Butindaro

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Mancanza di veracità sul sito di Nicola Martella, a proposito di Daniel Ekechukwu

Salute a te.

Ti faccio sapere la seguente cosa, che ritengo molto importante.

In un articolo dal titolo ‘I MIRACOLI DI REINHARD BONNKE’ a cura di Alexander Seibel, presente sul sito di Nicola Martella si legge: ‘Un’osservazione, di cui purtroppo si deve prendere continuamente atto in relazione a queste storie di miracoli, è questa: la mancanza di veracità’.

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Sono d’accordo, esiste mancanza di veracità in relazione a tante storie di miracoli e guarigioni esistenti in mezzo al Movimento Pentecostale (non è questo però il caso della morte e della resurrezione di Daniel Ekechukwu, che per altro non è stato risuscitato da Bonnke, anche se purtroppo questo è quello che viene detto da molti): e come tu ben sai io confuto pubblicamente queste falsità diffuse, pur naturalmente credendo e predicando – a differenza di quanto fanno Nicola Martella e altri, per mancanza di conoscenza delle Sacre Scritture e della potenza di Dio – che lo Spirito ancora oggi distribuisce i doni di guarigioni e di potenza di operare miracoli tramite i quali vengono compiuti delle guarigioni e dei miracoli AUTENTICI.

Ora, ho fatto questa premessa per farti notare quanto segue: che la mancanza di veracità però c’è anche nella redazione di Puntoacroce, perché oltre a mentire contro la verità dicendo che i doni dello Spirito Santo oggi non vengono più distribuiti come ai giorni degli apostoli, diffondono una menzogna sul conto del pastore Daniel Ekechukwu dicendo quanto segue : ‘Nota editoriale: Per un profilo di Maurizio Bua si veda la sua pagina. Per una sua coazione col «pastore Daniel» si veda il filmato della conferenza a Palermo dell’08-09-2006 (chiesa antitrinitaria fondata da Antonino Chinnici); in esso il «pastore Daniel» difende l’antitrinitarismo di Chinnici, definendolo il «vero evangelo» e dichiarando la dottrina della Trinità come «dottrina di Babilonia»!). È questo il risultato della sua sublime rivelazione celeste?’

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Ora, che Maurizio Bua sia antitrinitariano è certamente vero, ma è falso che in quel filmato Daniel Ekechukwu difenda l’eresia antitrinitariana, in quanto il Daniel che predica in quella conferenza non è Daniel Ekechukwu che è risorto dai morti: SONO DUE PERSONE DIVERSE, QUANTUNQUE AMBEDUE NERE DI PELLE E PORTINO LO STESSO NOME. Io ho scaricato il video e l’ho guardato attentamente, e posso assicurare che il Daniel che predica in quella conferenza (comincia al minuto 8 ) non è il Daniel che è risorto dai morti e che parla in questo video che abbiamo messo sul nostro sito a questa pagina

Ti esorto a verificare la cosa tu personalmente.

Il Daniel (dal Ghana) del video della conferenza a Palermo
Il Daniel (dal Ghana) del video della conferenza a Palermo
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Daniel Ekechukwu (dalla Nigeria)

Ora, che comportamento è questo? Certamente è un comportamento scorretto, condannato dalla Scrittura. Paolo dice: “Bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo, perchè siamo membra gli uni degli altri” (Efesini 4:25). Prima di dire di qualcuno che è un antitrinitario, occorre fare delle verifiche, come le ho fatte io sul conto di Maurizio Bua, ma qui si è lanciata un’accusa senza aver verificato nulla. Perché è palese come la luce del sole che quell’uomo Daniel che predica e difende l’eresia antitrinitariana nel filmato segnalato dal sito puntoacroce per cercare di confutare la resurrezione dai morti sperimentata dal fratello Daniel Ekechukwu, non è Daniel Ekechukwu.

Tu sei dunque avvertito. Potrei dire molte altre cose su questo comportamento, in quanto è sleale e ingiusto, ma mi fermo qui. Se sei una persona intelligente, bastano queste poche parole per farti capire tante cose sul conto di quegli ‘Evangelici’ che combattono i VERI MIRACOLI E LE VERE GUARIGIONI.

Dio ti benedica

Giacinto Butindaro

Aggiornamento 29.12.2008 – Appello alla fratellanza

Mi sono trovato costretto a scrivervi, fratelli nel Signore, questo appello poiché dopo la pubblicazione del mio articolo ‘Mancanza di veracità sul sito di Nicola Martella, a proposito di Daniel Ekechukwu’, il suddetto Nicola Martella ha agito furbescamente cercando con i suoi sofismi di ingannarvi in merito a quanto ho fatto chiaramente notare nel mio suddetto articolo.

Ma andiamo per ordine, e spieghiamo come sono andate le cose.

——————————-

In data 25 Dicembre 2008, il fratello Antonio Sammartino, dopo aver letto il mio articolo, scrive a Nicola Martella questa lettera:

Egregio signor nicola martella se per lei queste due foto appartengono alla stessa persona, le consiglio un ricovero urgente in un reparto oculistico della citta’ devo lei risiede, (visto che lei non crede che Dio faccia ancora miracoli). E dopo la cura, la invito a scusarsi pubblicamente sul suo sito per aver ingannato tutti coloro che hanno visto cio’ che e’ stato scritto da lei nella nota redazionale. A non risentirla e la prego di non rispondermi perche’ non mi sento per niente onorato di ricevere posta da persone che si comportano come lei, e lei di questa menzogna rendera’ conto all’IDDIO di verita’ . Questo e’ quanto le dovevo, sperando in un suo prossimo ravvedimento.

In data 26 Dicembre Nicola Martella risponde ad Antonio Sammartino così:

Egregio signor Antonio, shalom. Ti saluto nel Nome dell’unico Salvatore e Signore, Gesù Cristo. Se non vuoi che ti rispondo (e questo manca di buona creanza e di stile), perché mai scrivermi? Così solo per ferire qualcuno? Purtroppo non ho capito chi sei, che cosa vuoi con questa tua missiva e a che cosa tu ti riferisca. Strano modo di finire l’anno, no? Che Dio faccia miracoli, non deve certo chiederlo a me e a te. A noi sta di verificare ciò che altri dicono e fanno (1 Cor 14,29-32). Dovrò rendere conto a Dio un giorno? Tutti lo dovremo fare, addirittura tu. Dovrei ravvedermi? Prima dovrei sapere da che cosa. Intanto comincia da te, visto che ti ritieni saggio e sicuro? Chi sta in piedi, guardi di non cadere. E poi, ammesso e non concesso, che io fossi caduto, sebbene non abbia capito in che cosa, è questo il modo di rialzare un fratello in Cristo (Gcm 5), ossia buttando la pietra e nascondendo la mano? Questo la dice lunga sullo stato del tuo proprio cuore.

Se hai bisogno d’aiuto, sono a tua disposizione, così come faccio ogni giorno con altri. Se vuoi spiegarti meglio, fallo, usando parole di grazia e buona creanza. Se vuoi argomentare, usa la “Parola di verità”, tagliandola rettamente e badando bene a non andare oltre.

Saluti e benedizioni… Nicola Martella

In data 26 Dicembre Antonio Sammartino risponde al Martella chiarendo le cose:

Egregio Signor Martella forse non sono stato chiaro nel mio parlare e per questo la prego di scusarmi ma io mi riferivo al contenuto che si trova nel sito di mio fratello (in Cristo) Butindaro Giacinto che si trova in questa pagina web. http://www.lanuovavia.org/confutazioni-nota-editoriale-puntoacroce.html

Nicola Martella va a leggere il mio articolo e il 27 Dicembre mi scrive quanto segue:

Caro Giacinto, shalom. Giorni fa ho ricevuto una e-mail molto sibillina di Antonio Sammartino, che mi lanciava accuse, di cui però non capivo il senso.

Gli ho risposto chiedendogli di spiegarmi e mi ha risposto, rimandandomi al tuo sito e a un tuo articolo. Ci sono stato e mi sono meravigliato per diversi motivi. Ogni tanto mi arrivano su di te cose positive e negative e, pur essendo stato sul tuo sito, mi sono astenuto dal muoverti critiche particolari su ciò che tu scrivi. In secondo luogo, quando scrivo su qualcuno, in genere avverto tale persona del fatto e mando spesso a lui il link in anteprima perché verifichi i fatti, da me scritti, e prenda posizione.

Perciò in ubbidienza alla parola di Gesù di Mt 18, visto che tu hai qualcosa contro di me, muovo io il primo passo e ti chiedo: perché non mi hai messo al corrente di tutto ciò? perché non hai chiarito con me le cose? perché tali giudizi così sommari sulla mia persona? Ammesso e non concesso che io abbia confuso le due persone con lo stesso nome e cognome (che certo non si chiamano “Mario Rossi” e non abitano ambedue a Milano), questo ti autorizza a formulare giudizi così perentori sulla mia persona? Pensi che Dio ne sarà insensibile?

Poco fa un fratello che ha visionato tale pagina mi ha scritto sul “tono usato da Butindaro”: “E mi dispiace perché mi piace il suo tono, a volte discorsivo, che ha in qualche scritto che ho letto. Il Signore sarà il giusto Giudice”. Quando altri leggeranno le tue parole, esse avranno un effetto a doppia lama, quando confrontando le cose, vedranno che la tua reazione è ingiusta e ingiustificata. E ciò mi dispiace. Una cosa è portare fatti riscontrabili, altra cosa è diffamare.

Certo il tuo modo di fare spinge l’altro ad analizzare il tuo sito per trovarvi cose, che sono attaccabili dal punto di vista esegetico e teologico, e di portarle alla luce. Queste però non sono le mie intenzioni, avendo ben altro da fare. Ti lascio con queste parole: “Non andrai qua e là facendo il diffamatore fra il tuo popolo, né ti presenterai ad attestare il falso a danno della vita del tuo prossimo. Io sono l’Eterno. Non odierai il tuo fratello in cuor tuo; riprendi pure il tuo prossimo, ma non ti caricare d’un peccato a motivo di lui. Non ti vendicherai, e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,16ss).

Aspettando un tuo riscontro, ti saluto in Gesù Messia… Nicola Martella

Lo stesso giorno io gli rispondo così:

Pace a te. Nicola, le cose mi paiono chiare come la luce del sole. Tu hai mosso pubblicamente un accusa ingiusta contro un pastore pentecostale, definendolo antitrinitariano (e quindi se c’è qualcuno che sta diffamando sei tu) e rimandando le persone dal tuo sito a visionare un video dove non è ASSOLUTAMENTE lui che parla contro la Trinità. E tutti coloro che fino ad ora hanno letto la tua nota redazionale, si sono fatti quell’idea, anche perchè il video ci vuole una buona ora per scaricarlo con l’adsl, e sono convinto che la stragrande maggioranza dei fratelli che l’hanno letta non siano andati a vedere il video essendosi fidati delle tue parole.

Quindi, tu devi fare una cosa molto semplice: riconoscere il tuo errore, e poi scusarti pubblicamente sul tuo sito e in una mail per questo tuo errore, che ancora non ho capito a cosa sia stato dovuto. Tu dici che bisogna verificare le fonti, le informazioni e così via: e fai bene. Ma questa volta o non hai visionato il video da te segnalato nella nota redazionale o lo hai visto e non hai visto la differenza tra le due persone, il che mi sembra incredibile, perchè fino ad ora tutti i fratelli che lo hanno visto non hanno potuto scambiare le persone per la stessa persona. Vuoi spiegarmi come mai hai messo il link a quel video del ‘pastore Daniel’ alla conferenza di Palermo identificandolo con il Daniel che è risuscitato dai morti?

Io ho portato fatti riscontrabili da tutti, tu invece hai diffamato un servo del Signore. Non ti è piaciuto il mio tono? Non mi piace neppure il tuo, se è per questo, e non solo il tono ma non mi piacciono neppure le tue parole insensate contro la manifestazione dello Spirito Santo, che mostrano che non conosci le Scritture e neppure la potenza di Dio.

Ho espresso un giudizio sulla tua persona basato su dei fatti riscontrabili e non sul sentito dire. Hai diffamato pubblicamente un pastore; cosa pensavi che potessi dire dinnanzi ad una simile cosa? E poi, tu non hai peccato contro di me, che dovevo venire da te privatamente e riprenderti; perchè qui hai commesso il peccato di diffamazione contro un credente, e per questo si deve essere ripresi pubblicamente, affinché gli altri fratelli sappiano che la tua è una falsa accusa. Tu dovevi avere una riprensione pubblica perchè tu ti rivolgi al pubblico con le tue parole.

E bada bene che qui non si tratta di difendere un pentecostale, ma la verità. Avrei scritto le medesime cose, se l’errore tu lo avessi fatto anche nei confronti di un pastore battista o metodista: sia chiaro questo. Anzi ti dirò di più; avrei fatto la stessa cosa, anche nel caso su un sito fossi stato tu ad essere accusato di essere antitrinitariano, perchè so che tu credi nella Trinità.

La mia reazione non è nè ingiusta e neppure ingiustificata; semmai è la tua azione ingiusta e ingiustificata, perchè hai messo in rete una notizia falsa, priva di ogni fondamento sul conto di un pastore pentecostale; e tutto questo perchè? Perchè non credi che Dio lo ha risuscitato dai morti; e questa tua incredulità ti ha travolto la mente, al punto di metterti a diffamare quel credente definendolo antitrinitariano; pensando in questa maniera di portare i credenti a non credere anche loro nella sua resurrezione, dato che è antitrinitariano (tu dici infatti: ‘È questo il risultato della sua sublime rivelazione celeste?’, certo che no, io rispondo, perchè il Daniel che è morto e risorto non è il Daniel che si vede nel video della conferenza a Palermo!!). E adesso quella notizia è nella testa di tanti credenti. Ravvediti, riconosci il tuo errore, e scusati pubblicamente; anche mandando una mail nella tua mailing list; perchè quello che hai fatto è grave, molto grave. Mi pare di intravedere in questa tua frase ‘Ammesso e non concesso che io abbia confuso le due persone’, la tipica reazione di chi non vuole riconoscere il suo errore, e quindi intravedo arroganza e superbia, spero di sbagliarmi. Nicola fai quello che la Parola di Dio ti chiama a fare. Pubblica una nota con le tue scuse, e che siano chiare come è stata chiara la falsa accusa da te lanciata contro il fratello Daniel della Nigeria.

Io spero che tu agisca da savio, come si conviene ai santi.

Dio ti benedica

Giacinto Butindaro

———————————–

Ora, dopo tutto ciò Nicola Martella fa le seguenti cose:

1) Modifica la prima parte della nota editoriale (che ora è la nota editoriale 1) all’intervento di Maurizio Bua, in cui diffamava Daniel Ekechukwu, e lo fa rendendola in questa maniera (le parti con scritta rossa e sfondo giallo sono quelle aggiunte):

Per un profilo di Maurizio Bua si veda la sua pagina. Per una sua coazione con un certo «pastore Daniel» (non è il nigeriano Daniel Ekechukwu) si veda il filmato della conferenza a Palermo dell’08-09-2006 nella chiesa antitrinitaria fondata da Antonino Chinnici. In esso, oltre a ciò che affermano Chinnici e Bua, è interessante vedere ciò che asserisce tale pastore africano che, essendo ospite, si sente in dovere di difende l’antitrinitarismo di Chinnici, definendolo il «vero evangelo» e dichiarando la dottrina della Trinità come «dottrina di Babilonia»! È questo il risultato  delle sublimi rivelazioni celesti, di cui si vantano? Se si leggono le opere di carismaticisti o si vedono i loro video, si prende atto che, per accreditare le sue dottrine particolari, pressoché ognuno di loro si appella a rivelazioni sovrannaturali, oltre a enumerare tutti i suoi risultati ottenuti sul campo.

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La prima parte della precedente nota editoriale recitava così:

Per un profilo di Maurizio Bua si veda la sua pagina. Per una sua coazione col «pastore Daniel» si veda il filmato della conferenza a Palermo dell’08-09-2006 (chiesa antitrinitaria fondata da Antonino Chinnici); in esso il «pastore Daniel» difende l’antitrinitarismo di Chinnici, definendolo il «vero evangelo» e dichiarando la dottrina della Trinità come «dottrina di Babilonia»!). È questo il risultato della sua sublime rivelazione celeste?’

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2) Introduce un’altra nota editoriale (la 2) che dice quanto segue:

Per chi scrive continuamente, ricostruire qualcosa che dista otto mesi prima, è un’impresa molto ardua. Sebbene in tale nota io non abbia espresso chiaramente che il «pastore Daniel», con cui Maurizio Bua ha interagito nella detta conferenza, fosse Daniel Ekechukwu, a questa conclusione è arrivato Giacinto Butindaro ed essa si trova in alcune pagine dei siti in cui scrive, ed è stata ripresa anche da altri. Ne sono venuto a conoscenza in questi giorni, solo perché qualcuno mi ha scritto, dopo aver letto lo scritto di Butindaro, rinfacciandomi tale cosa, senza che io capissi perché, fino a quando poi mi ha mandato il link.

Non ricordo che cosa mi abbia mosso a mettere tale dettaglio in quella nota editoriale sull’antitrinitarismo di Maurizio Bua. Col senno del poi, mi dispiace di aver contribuito a fraintendimenti riguardo allo scambio di persone, usando poca accortezza e precisione in tale nota editoriale; forse avrei fatto bene a parlare direttamente di Maurizio Bua, senza mettere in campo tale «pastore Daniel». Ho modificato leggermente la nota precedente, sperando di togliere ombre e dubbi. Mi dispiace di essere stato incauto, alimentando l’eventualità che due credenti africani, di colore, di nome Daniel e ambedue pastori di chiese potessero essere confusi. In ogni modo, il primo a essere contento che Daniel Ekechukwu non sia tale «pastore Daniel» nel video di Maurizio Bua, sono io stesso; un antitrinitario di meno sulla terra.

Chi poteva però pensare che qualcuno si attaccasse a una pulce e la gonfiasse fino a farla diventare elefante? L’oggetto principale era l’articolo di Alexander Seibel e non tale nota editoriale su Maurizio Bua. È il classico caso di chi cerca l’ago nel pagliaio! Avevo parlato di tale «pastore Daniel», specialmente perché nel filmato egli esprimeva chiaramente le idee antitrinitarie di Chinnici e Bua, di cui tesseva pubblicamente le lodi dottrinali antitrinitarie; poteva essere anche qualcun altro di nome Calogero o Liborio.

La cosa saggia sarebbe stata che, prima di pubblicare ciò, Butindaro si fosse sincerato riguardo a che cosa io avessi voluto veramente dire; gli avrebbe conferito stile. E nel caso, in cui la sua tesi fosse stata vera, avrebbe potuto semplicemente convincermi che mi sbagliavo e io gliene sarei stato grato e avrei rimediato. È già successo che qualcuno mi abbia corretto su qualche dettaglio, e ho rimediato subito. Visto che a me interessa sempre la verità oggettiva, basata sulle prove, sono contento ogni qual volta qualcuno mi aiuta ad accertarla. Butindaro, invece, dopo avere tirato le sue somme, ha preferito «battere il sacco (pubblicare un intero articolo su un dettaglio in una mia nota editoriale su Bua) per colpire il gatto (ossia me per aver pubblicato l’articolo di Alexander Seibel)», così come recita il proverbio. E pensare che citavo lui come fonte per l’antitrinitarismo di Maurizio Bua! Visto che a quella conferenza quest’ultimo c’era e che ha ricevuto le mie risposte alle sue lettere, non doveva essere il primo a smentirmi nel caso in cui avessi scambiato i vari «Daniel»? Se lo avesse fatto e io fossi stato nel torto, avrei modificato subito tale nota. {27-12-2008}

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3) Toglie dalla risposta che lui aveva dato a Alfonso Marchetta la seguente frase: ‘In un video in rete tale «pastore Daniel» difende l’antitrinitarismo di Chinnici, definendolo il «vero evangelo» e dichiarando la dottrina della Trinità come «dottrina di Babilonia»! Credi tu questo? È questo il risultato della sua sublime rivelazione celeste?’ e aggiunge questa frase che prima non c’era: ‘riguardo alle cose asserite da Alexander Seibel?

La risposta come era prima:

Possibile che tu debba reagire così? Fai così ogni volta che non sei d’accordo con qualcosa o con qualcuno? E che dovrei fare io, quando ricevo la pubblicità della tua agenzia di viaggi? Mi sembra un atteggiamento un po’ infantile.

Perché non leggi l’intero articolo e poi rispondi nel merito, se ne sei capace? In un video in rete tale «pastore Daniel» difende l’antitrinitarismo di Chinnici, definendolo il «vero evangelo» e dichiarando la dottrina della Trinità come «dottrina di Babilonia»! Credi tu questo? È questo il risultato della sua sublime rivelazione celeste?

Tolgo il tuo indirizzo. Che cosa dovrò fare io quando mi arriverà la tua pubblicità? Dovrò continuare a consigliare i tuoi viaggi in Israele?

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La risposta come appare adesso:

Possibile che tu debba reagire così? Fai così ogni volta che non sei d’accordo con qualcosa o con qualcuno? E che dovrei fare io, quando ricevo la pubblicità della tua agenzia di viaggi? Mi sembra un atteggiamento un po’ infantile.

Perché non leggi l’intero articolo e poi rispondi nel merito, se ne sei capace, riguardo alle cose asserite da Alexander Seibel?

Tolgo il tuo indirizzo. Che cosa dovrò fare io quando mi arriverà la tua pubblicità? Dovrò continuare a consigliare i tuoi viaggi in Israele?

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Mi aspettavo che Nicola Martella agisse da savio come auspicavo, e che quindi ammettese con chiarezza il suo errore ma così non è stato. Faccio queste affermazioni sulla base di questi fatti incontrovertibili che possono essere appurati da ogni lettore:

A) Nicola Martella avrebbe dovuto lasciare la nota editoriale così come era in precedenza (così che tutti potessero leggere quello che aveva detto a riguardo del pastore Daniel Ekechukwu e capire da loro stessi il suo errore e la ragione per cui chiedeva scusa), e scrivere una nota in cui riconosceva chiaramente il suo errore e chiedeva scusa. Tutto qua. Ma così non è stato.

B) Adesso chi legge la prima parte di questa nota si fa l’idea che egli voleva dire proprio questo con la prima parte di questa sua nota, ma così non è. Perché lui con la prima parte della nota precedente voleva confutare non solo Maurizio Bua ma anche il pastore Daniel Ekechukwu, e di conseguenza la sua resurrezione e le cose che aveva visto nell’aldilà. E dunque le sue parole erano anche rivolte contro il pastore Daniel Ekechukwu, il quale veniva dal Martella associato all’eresia sostenuta da Bua e Chinnici. E difatti dopo avere detto che il pastore Daniel difende l’antitrinitarismo, egli domanda: ‘È questo il risultato della sua sublime rivelazione celeste?’ Dunque il presunto antitrinitarismo di Daniel Ekechukwu veniva messo in relazione alla rivelazione divina che aveva avuto dopo morto. Come dire insomma: ‘Ecco l’ennesimo Pentecostale, che dice di avere avuto una rivelazione divina, e poi predica delle eresie; la rivelazione divina da lui avuta dunque non può essere da Dio!’. E’ vero che tutta la nota del Martella aveva il chiaro intento di confutare Maurizio Bua (che è antitrinitariano) perché difendeva Reinard Bonnke, ma è innegabile che in essa lui cercava di confutare anche la rivelazione di Daniel Ekechukwu, mentre adesso appare che Nicola Martella è contro le nefaste conseguenze delle ‘sublimi rivelazioni celesti’ di cui si vantano i Pentecostali (che lui chiama carismaticisti) e non contro quello che Daniel Ekechukwu ha visto e sentito tra la sua morte e la sua resurrezione. E poi adesso la prima parte della nota editoriale 1, così come è stata modificata, non ha nessun senso in quel contesto in cui si dibatteva l’autenticità della resurrezione di Daniel Ekechukwu. Perché la parte prima della nota aveva un senso quando c’era ‘il pastore Daniel’, ma non ce l’ha adesso, o meglio ne ha un altro adesso, che ha ‘un certo pastore Daniel’. Dunque modificando in questa maniera la prima parte della nota, il Martella ha mutato l’obbiettivo che si era proposto con essa. Non ha senso dire adesso nella nota ‘non è il nigeriano Daniel Ekechukwu’, perché il suo intento era quello di fare credere che quel pastore Daniel che a Palermo difendeva l’antitrinitarismo era appunto Daniel Ekechukwu. Ecco perché la cosa migliore da fare era quella di lasciare così come era questa nota, e crearne una nuova in cui spiegare il proprio errore.

C) Nicola Martella nella nota editoriale 2 mente e usa sofismi di vario genere.

Martella dice: ‘Per chi scrive continuamente, ricostruire qualcosa che dista otto mesi prima, è un’impresa molto ardua. Sebbene in tale nota io non abbia espresso chiaramente che il «pastore Daniel», con cui Maurizio Bua ha interagito nella detta conferenza, fosse Daniel Ekechukwu, a questa conclusione è arrivato Giacinto Butindaro ed essa si trova in alcune pagine dei siti in cui scrive, ed è stata ripresa anche da altri. Ne sono venuto a conoscenza in questi giorni, solo perché qualcuno mi ha scritto, dopo aver letto lo scritto di Butindaro, rinfacciandomi tale cosa, senza che io capissi perché, fino a quando poi mi ha mandato il link.

Rispondo: Concordo che è impresa molto ardua ricostruire qualcosa che dista nel tempo 8 mesi indietro, ma non è impossibile. Con la grazia di Dio ce la si può fare, o meglio ce la si deve fare, soprattutto quando si tratta di riconoscere un proprio errore. E poi è falso che Martella non ha espresso chiaramente che il pastore Daniel con cui Maurizio Bua aveva interagito nella conferenza di Palermo era Daniel Ekechukwu. Come si fa a dire una simile cosa quando la discussione aveva come titolo: ‘FARE MISSIONE CON UN «MORTO» VIVENTE? PARLIAMONE’ ? Chi era il morto vivente in questione se non il pastore nigeriano Daniel Ekechukwu? Certamente il morto vivente non era il Daniel antitrinitariano che ha predicato a Palermo! Qualsiasi attento lettore giunge a questa conclusione nel leggere tutti gli interventi a quella discussione. E poi domando: ‘Se Martella avesse ragione nel dire che non ha espresso chiaramente che il pastore Daniel della conferenza di Palermo era Daniel Ekechukwu, cioè il morto vivente, come mai ha tolto dalla risposta data ad Alfonso Marchetta (l’intervento numero 10) la seguente frase: ‘In un video in rete tale «pastore Daniel» difende l’antitrinitarismo di Chinnici, definendolo il «vero evangelo» e dichiarando la dottrina della Trinità come «dottrina di Babilonia»! Credi tu questo? È questo il risultato della sua sublime rivelazione celeste?’ ? Evidentemente perché si è accorto che quel ‘tale pastore Daniel’ da lui detto nella risposta a Marchetta indica che egli stava riferendosi chiaramente al pastore Nigeriano Daniel Ekechukwu. Questa manomissione sta a dimostrare l’astuzia e la falsità con cui ha agito Nicola Martella in questa questione (per altro non ha fatto sapere di avere tolto questa parte dalla risposta data a Marchetta).

Martella dice: ‘Non ricordo che cosa mi abbia mosso a mettere tale dettaglio in quella nota editoriale sull’antitrinitarismo di Maurizio Bua. Col senno del poi, mi dispiace di aver contribuito a fraintendimenti riguardo allo scambio di persone, usando poca accortezza e precisione in tale nota editoriale; forse avrei fatto bene a parlare direttamente di Maurizio Bua, senza mettere in campo tale «pastore Daniel». Ho modificato leggermente la nota precedente, sperando di togliere ombre e dubbi. Mi dispiace di essere stato incauto, alimentando l’eventualità che due credenti africani, di colore, di nome Daniel e ambedue pastori di chiese potessero essere confusi. In ogni modo, il primo a essere contento che Daniel Ekechukwu non sia tale «pastore Daniel» nel video di Maurizio Bua, sono io stesso; un antitrinitario di meno sulla terra’.

Rispondo: Strano, veramente strano, che il Martella non si ricorda cosa lo abbia mosso a mettere quel dettaglio in quella nota editoriale sull’antitrinitarismo. Io ricordo, grazie a Dio, che cosa mi spinge a mettere dei dettagli nelle mie note dei miei libri, ma lui no. Eppure lui è uno scrittore che di dettagli ne scrive molti nelle sue note. Io penso che se facesse uno sforzo di memoria il Martella si ricorderebbe che cosa lo ha spinto a mettere quelle parole; la sua avversione verso tutto quello che di soprannaturale avviene in mezzo ai Pentecostali, e quindi la sua avversione verso i miracoli, le guarigioni, e le visioni che vengono concessi da Dio ancora oggi in mezzo al suo popolo. Quel dettaglio infatti aveva lo scopo di screditare la resurrezione del pastore nigeriano Daniel. Prendo atto del suo dispiacere, ma prendo atto anche che non c’è stato nessun fraintendimento delle sue parole né da parte mia né da parte di altri fratelli, perché le sue parole erano chiare come la luce del sole. Non era possibile capire una cosa per un’altra, perché si evinceva che il Martella stava riferendosi a Daniel Ekechukwu quando parlava del pastore Daniel del video della conferenza degli antitrinitari a Palermo. In altre parole, Martella voleva che chi leggeva la sua nota capisse che il pastore nigeriano risuscitato dai morti era antitrinitariano, e quando ha trovato in rete quel video della conferenza degli antitrinitariani a Palermo o qualcuno glielo ha segnalato, quando ha visto che a quella conferenza c’era anche un pastore che di nome faceva Daniel, ha pensato male di fare credere che era il Daniel risuscitato dai morti!! E qui vorrei dire qualcosa che ancora il Martella non ha chiarito: ma il video lo ha visto o no prima di scrivere quella nota editoriale? Ci sono tre possibilità: 1) Ha visto il video di Palermo e non ha visto il video della resurrezione di Daniel Ekechukwu come neppure nessuna foto che lo concerne (tutte cose che in Internet sono facilmente trovabili), per cui non sapendo che faccia abbia Daniel Ekechukwu, e siccome che il Daniel che predica nel video di Palermo non si capisce che cognome abbia (il Bua durante la predicazione dice il cognome ma non si capisce bene; potete sentirlo al 54 minuto e 12 secondi del video della conferenza), lui ha subito pensato che si trattasse del Daniel nigeriano risorto dai morti; 2) Ha visto il video della resurrezione di Daniel, ma non ha visto il video di Palermo; 3) Ha visto ambedue i video, e pur vedendo chiaramente che le due persone erano del tutto differenti, ha deciso ugualmente di scrivere quelle cose. E’ chiaro che la terza possibilità è la più grave e la più inquietante, perché ciò significherebbe che ha mentito sapendo di mentire. Quanto alle sue parole: ‘In ogni modo, il primo a essere contento che Daniel Ekechukwu non sia tale «pastore Daniel» nel video di Maurizio Bua, sono io stesso; un antitrinitario di meno sulla terra’, viene da domandarsi: ‘Ma se Martella dice che è contento che Daniel Ekechukwu non è il Daniel antitrinitariano del video di Maurizio Bua come mai scrisse quella nota editoriale citando proprio il Daniel del video del Maurizio Bua identificandolo con Daniel Ekechukwu? Parrebbe da questa sua affermazione che abbia preso atto che si tratta di due persone differenti solo ora che l’ho fatto notare io con quell’articolo; il che è a dir poco inquietante. Martella poi dice ‘Ho modificato leggermente la nota precedente, sperando di togliere ombre e dubbi’; al che io dico che Martella, con questo suo modo di agire, di ombre e dubbi ne ha gettati non pochi sulla sua persona.

Martella dice: ‘Chi poteva però pensare che qualcuno si attaccasse a una pulce e la gonfiasse fino a farla diventare elefante? L’oggetto principale era l’articolo di Alexander Seibel e non tale nota editoriale su Maurizio Bua. È il classico caso di chi cerca l’ago nel pagliaio! Avevo parlato di tale «pastore Daniel», specialmente perché nel filmato egli esprimeva chiaramente le idee antitrinitarie di Chinnici e Bua, di cui tesseva pubblicamente le lodi dottrinali antitrinitarie; poteva essere anche qualcun altro di nome Calogero o Liborio. La cosa saggia sarebbe stata che, prima di pubblicare ciò, Butindaro si fosse sincerato riguardo a che cosa io avessi voluto veramente dire; gli avrebbe conferito stile. E nel caso, in cui la sua tesi fosse stata vera, avrebbe potuto semplicemente convincermi che mi sbagliavo e io gliene sarei stato grato e avrei rimediato. È già successo che qualcuno mi abbia corretto su qualche dettaglio, e ho rimediato subito. Visto che a me interessa sempre la verità oggettiva, basata sulle prove, sono contento ogni qual volta qualcuno mi aiuta ad accertarla. Butindaro, invece, dopo avere tirato le sue somme, ha preferito «battere il sacco (pubblicare un intero articolo su un dettaglio in una mia nota editoriale su Bua) per colpire il gatto (ossia me per aver pubblicato l’articolo di Alexander Seibel)», così come recita il proverbio. E pensare che citavo lui come fonte per l’antitrinitarismo di Maurizio Bua! Visto che a quella conferenza quest’ultimo c’era e che ha ricevuto le mie risposte alle sue lettere, non doveva essere il primo a smentirmi nel caso in cui avessi scambiato i vari «Daniel»? Se lo avesse fatto e io fossi stato nel torto, avrei modificato subito tale nota. {27-12-2008}

Rispondo: io non mi sono attaccato ad una pulce e non l’ho fatta diventare un elefante; non sono dedito a questo modo di fare. Semmai il Martella ha preso un elefante e lo ha sgonfiato e lo ha fatto diventare una pulce, cioè ha fatto la cosa opposta. Come si fa infatti a definire un simile comportamento, che è molto grave perché lede la reputazione di un credente, una pulce o un dettaglio? Mi domando che credibilità possa avere una simile persona che dice in sostanza che diffondere una notizia falsa su qualcuno è una pulce, perché la pulce a cui io mi sarei attaccato è la notizia falsa che Martella ha dato su Daniel Ekechukwu? Io al posto suo, avrei subito ammesso pubblicamente il mio errore con una nota chiara e molto visibile in cui chiedevo scusa. Se poi ho trovato un ago nel pagliaio non dovrei essere biasimato ma semmai ringraziato per questo, perché ho trovato qualcosa che anche in un pagliaio può fare male se uno lo tocca inavvertitamente: non vi pare? Martella poi dice: ‘Avevo parlato di tale «pastore Daniel», specialmente perché nel filmato egli esprimeva chiaramente le idee antitrinitarie di Chinnici e Bua, di cui tesseva pubblicamente le lodi dottrinali antitrinitarie; poteva essere anche qualcun altro di nome Calogero o Liborio.’ Ma io domando: ‘Perché citarlo come ‘il pastore Daniel’ di cui si dibatteva l’autenticità della resurrezione?’ E’ chiaro il motivo, per screditare Daniel Ekechukwu, cioè un altro Daniel, di cui il Martella doveva provare che non era risuscitato. E poi è falso che poteva essere qualcun altro di nome Calogero o Liborio, perché se in quel video quel predicatore africano si fosse chiamato Calogero o Liborio, il Martella non lo avrebbe per nulla citato, in quanto non avrebbe potuto collegare in nessuna maniera l’antitrinitarismo di Calogero o di Liborio al pastore Daniel Ekechukwu, mentre in questo caso lo ha potuto fare perché il predicatore antitrinitariano porta lo stesso nome del morto vivente, cioè Daniel!! Martella soggiunge poi: ‘La cosa saggia sarebbe stata che, prima di pubblicare ciò, Butindaro si fosse sincerato riguardo a che cosa io avessi voluto veramente dire; gli avrebbe conferito stile. E nel caso, in cui la sua tesi fosse stata vera, avrebbe potuto semplicemente convincermi che mi sbagliavo e io gliene sarei stato grato e avrei rimediato.’ Ma io dico: ‘E perché mai avrei dovuto chiedere al Martella cosa voleva veramente dire, se le sue parole erano così chiare?’ Non capisco proprio. E poi se la mia tesi è errata (notate infatti che lui non riconosce che quello che ho detto è vero), perché ha rimediato? Non avrebbe dovuto lasciare tutto come era prima, e semmai riprendermi pubblicamente per avere io capito fischi per fiaschi? Invece qui, se c’è qualcuno che ha capito fischi per fiaschi, e preso lucciole per lanterne, è proprio Martella, che dinnanzi alla mia osservazione (‘priva di stile’, a differenza delle sue osservazioni che invece di stile ne hanno!!!!) ha capito di avere sbagliato, anche se non lo ha riconosciuto perché tipo arrogante, e ha cercato di porre rimedio a questo suo errore, ma senza rendersi conto di avere peggiorato la sua situazione. Con quale faccia poi il Martella afferma: ‘A me interessa sempre la verità oggettiva, basata sulle prove’? E allora se gli interessa la verità oggettiva basata sulle prove, come mai mi rimprovera per avergli dato le prove del suo errore? Come mai non è contento della mia correzione? Strano modo di parlare questo di Martella, veramente strano. Io poi avrei colpito un dettaglio di una nota del Martella per colpirlo personalmente in quanto aveva pubblicato l’articolo di Alexander Seibel contro Bonnke. Questo è falso, in quanto la ragione per cui ho fatto notare questo errore del Martella sul pastore Daniel è l’amore per la verità e la giustizia, e non il fatto che lui ha pubblicato quell’articolo contro Reinard Bonnke. Avrei fatto notare la stessa cosa se a diffondere una simile notizia falsa fosse stato un Pentecostale Trinitariano. Non solo, avrei fatto la stessa cosa, se un Pentecostale Trinitariano avesse messo in rete la notizia falsa che Nicola Martella è un antitrinitariano! Dunque, io non ho battuto il sacco per colpire il gatto, ma ho colpito direttamente il gatto perché si è comportato male. Mi fa piacere che mi ha citato contro gli Antitrinitariani, ma quella citazione non mi ha accecato gli occhi, impedendomi di vedere la notizia falsa diffusa dal Martella sul conto di Daniel Ekechukwu. Per quanto riguarda poi l’affermazione del Martella ‘Visto che a quella conferenza quest’ultimo [Maurizio Bua] c’era e che ha ricevuto le mie risposte alle sue lettere, non doveva essere il primo a smentirmi nel caso in cui avessi scambiato i vari «Daniel»? Se lo avesse fatto e io fossi stato nel torto, avrei modificato subito tale nota’, dico quanto segue: ‘Se, come lascia intravedere Martella, il Bua sapeva da una corrispondenza avuta con Martella, che Martella aveva citato il pastore Daniel di Palermo identificandolo con il Daniel risorto, e ammettendo che il Bua conoscesse la differenza tra le due persone, io non so come mai non glielo abbia fatto notare. Ma tutto ciò non cambia niente: l’errore il Martella l’ha fatto, poi è relativo chi glielo abbia fatto notare. Io non ero presente a quella conferenza di Palermo, ma quando ho visto il video ho capito l’errore del Martella e quindi ho scritto il mio articolo per smascherare quell’errore, non facendo per altro niente di straordinario, ma solo quello che ogni cristiano deve fare quando un altro cristiano viene accusato ingiustamente o diffamato. Io avrei voluto vedere, se al posto di Daniel Ekechukwu ci fosse stato Nicola Martella ad essere diffamato in quella maniera in Internet, e io avessi scritto quell’articolo in sua difesa, se non avrebbe ringraziato Iddio? Invece, dato che il diffamato non era lui ma un altro, e lui era il diffamatore, allora ha reagito in questa maniera scomposta e stolta, che ritengo mostri in maniera chiara che tipo di persona egli sia.

Dinnanzi dunque a questo modo di agire di Nicola Martella, che è doppio e confusionario, falso e arrogante, vi esorto fratelli a stare in guardia da costui. So che già tanti fratelli hanno capito quale sia il modo di agire di Nicola Martella, ma spero che ancora più fratelli lo capiscano dopo quanto è accaduto in merito a questa questione.

La grazia del Signore Gesù Cristo sia con voi

Giacinto Butindaro

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