Karen Allen della BBC ha visitato il luogo del massacro di Eldoret. Per vedere il video fai clic qui
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“La situazione è brutta, molto brutta. Chiediamo ai leader politici di avviare un dialogo e mettere fine a questa follia per il bene del Paese” dice alla MISNA il vescovo di Eldoret, Cornelius Kipng’eno Arap Korir contattato stamani in città. “Oggi dovevo essere a Nairobi per una riunione dei vescovi keniani dedicata proprio alle violenze che stanno sconvolgendo il paese, ma sono bloccato a Eldoret. Le strade che portano fuori dalla città sono impraticabili a causa dei blocchi stradali eretti da alcuni giovani e un ponte è stato distrutto” aggiunge il presule. “C’è bisogno di cibo e di aiuti per le migliaia di persone che sono fuggite dalle zone intorno a Eldoret cercando riparo nel centro della città, finora risparmiato dalle violenze. Nella nostra cattedrale abbiamo tra i 7000 e i 10.000 sfollati. Serve cibo e altri beni di prima necessità che ormai o scarseggiano o hanno prezzi elevatissimi” aggiunge il vescovo. Intanto secondo le informazioni raccolte dalla MISNA in città sarebbero tra i 150 e i 200 i morti delle violenze che nelle ultime 72 ore si sono verificate nelle aree rurali intorno a Eldoret. Fonti del principale ospedale cittadino, il Moi Teaching & Referral Hospital hanno parlato in un contatto telefonico avuto questa mattina di quasi 200 persone morte e di 158 feriti attualmente ricoverati. In base al resoconto fornito alla MISNA da Gwen Thompkins – giornalista della National public radio (Npr) statunitense contattata nell’ufficio del vescovo di Eldoret dove si trovava per un’intervista – ottenuto consultando gli obitori cittadini, da lunedì a oggi sarebbero stati registrati 127 cadaveri. Tra questi anche i 17 cadaveri carbonizzati estratti ieri dalla chiesa protestante di Kiambaa data alle fiamme da un gruppo di giovani e al cui interno si trovavano numerosi sfollati. Un attacco descritto oggi da alcuni sopravvissuti sulle colonne del ‘Daily Nation’, principale quotidiano del paese, e in cui, secondo i bilanci più accreditati sarebbero morte in totale tra le 20 e le 40 persone. “La gente è ancora sotto-shock – dice alla MISNA Gwen Thompkins, che ieri si è recata a Kiambaa dove ha incontrato alcuni sopravvissuti – e racconta l’accaduto in modo molto confuso e a volte discordante. Non è ancora possibile comprendere realmente l’impatto delle violenze nella zona”. [MZ]
Fonte: Misna – 2/1/2008 13.47
Nella foto: Elizabeth Wangoi geme vicino alla Chiesa delle Assemblee di Dio in Kiambaa, Eldoret. Photo/JARED NYATAYA
NAIROBI
L’attacco è avvenuto di prima mattina e non ha risparmiato i bambini. È stata una folla di circa 2.000 persone ad appiccare il fuoco alla chiesa evangelica delle Assemblee di Dio di Eldoret, circa 300 chilometri a nord-ovest di Nairobi, dove sono rimaste uccise almeno 50 persone. Tutti di etnia Kikuyo, la stessa del Presidente Mwai Kibaki. Gli aggressori erano invece delle etnie luo, kalenjin e luhya, che hanno sostenuto tutte il candidato dell’opposizione Raila Odinga.
«In mattinata, quando gli uomini ancora dormivano e solo pochi si stavano facendo la doccia, abbiamo sentito il primo grido – racconta con voce rotta dal pianto George Karanja, che aveva cercato rifugio nella chiesa con la sua famiglia – hanno cominciato a dare alle fiamme la chiesa e i materassi su cui dormivano le persone hanno preso fuoco. C’è stata una ressa e la gente ha cominciato a cadere». Karanja, 37 anni, ha aiutato a uscire dalla chiesa almeno 10 persone, «ma non sono riuscito a salvare il figlio di mia sorella. Urlava zio!, zio!, poi è morto».
Il ragazzo aveva 11 anni. L’uomo ha poi raccontato che i suoi due bambini sono usciti dalla chiesa con le mani in alto e sono stati picchiati con un bastone, ma non uccisi. Il padre di 90 anni è stato invece aggredito con un machete, ma è sopravvissuto. «La cosa peggiore è che facevano a pezzi le persone e poi gli davano fuoco», ha aggiunto. Gli aggressori non hanno risparmiato lo stesso Karanja, quando lo hanno visto aiutare gli altri in difficoltà. Hanno cominciato a colpirlo con le pietre, ma l’uomo è riuscito a scappare e a nascondersi in una buca usata come latrina, appena fuori l’area di proprietà della chiesa. È rimasto nascosto per circa 30 minuti, fino a quando non ha cominciato a sentire parlare in lingua kikuyu. «La cosa che fa più male è che io conosco alcuni di loro – ha concluso Karanjai – posso persino mostrarvi dove lavorano in città».
Un video girato nella regione da un elicottero noleggiato dalla Croce rossa mostra molte abitazioni in fiamme e la linea dell’orizzonte oscurata dal fumo. Dall’alto sono stati visti gruppi di persone in cerca di riparo in luoghi ritenuti sicuri, come scuole e aeroporto, mentre altri hanno scelto la foresta. Si vedono anche posti di blocco improvvisati lungo la strada. Ieri, il Segretario generale della Croce rossa keniana, Abbass Gulled, ha definito «inimmaginabile e indescrivibile» la situazione nella regione della Rift Valley, dove si trova Eldoret. Si tratta di una delle zone più colpite dagli scontri che hanno insaguinato il paese dopo le elezioni del 27 dicembre, causando oltre 300 morti, e che sono stati alimentati dalla tradizionale rivalità tra le etnie. Sono 42 in tutto il paese e spesso i leader politici ricorrono a giovani disoccupati per intimidire i loro avversari.
Fonte: LaStampa.it – 2/1/2008 (11:35)