Vietnam: Pastore torturato

Verona (PA) – Le autorità vietnamite della provincia di Kontum utilizzano dei simboli di crudeltà per perseguitare i cristiani. Quando A En, pastore di una chiesa evangelica, è stato convocato dalla polizia locale, gli agenti l’hanno obbligato a rimanere con la braccia aperte (come se fosse in croce) e in piedi su una sola gamba per tre ore. Lo hanno umiliato e picchiato ogni volta che si muoveva.
Quando finalmente lo hanno rilasciato, ha dovuto essere accompagnato a casa da uno dei suoi stretti collaboratori. Subito dopo la sua chiesa, composta di 70 membri, è stata costretta a chiudere. Nello stesso periodo, due evangelisti, che tornavano dopo aver frequentato un corso biblico, sono stati convocati dalla polizia dei loro comuni. Ad uno di loro, picchiato più volte al viso, è stato ordinato di non lasciare la sua abitazione per propagare il Vangelo. L’altro, dopo essere stato colpito alla testa, ha perso conoscenza per qualche minuto. Ad ambedue è stato proibito di frequentare la chiesa, ma continuano coraggiosamente a condividere gli insegnamenti biblici nelle loro case. Un vietnamita che è riuscito a evitare la censura ci ha inviato il seguente appello: “Vi mando le foto dei cristiani montani* violentemente perseguitati dalle autorità comuniste vietnamite. Sono numerosi i cristiani che sono stati arrestati e picchiati. Altri credenti, terrorizzati, sono stati obbligati ad abbandonare le loro case. Il loro solo crimine è quello di credere in Dio e di lodarlo insieme ai fratelli”.

* Per cristiani montani intendiamo i cristiani appartenenti alle minoranze etniche che vivono sulle montagne vietnamite.

Fonte: Porte Aperte Italia – 24 ottobre 2003

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Indonesia: Nuovo attacco contro i cristiani

Verona (PA) – Un nuovo attacco contro un villaggio cristiano è stato sferrato la notte fra il 10 e l’11 ottobre scorso. Poco dopo la mezzanotte, un gruppo di militanti islamici al grido di “Allahu Akbar” hanno attaccato il villaggio Old Beteleme (Betlemme) provocando la morte di 2 cristiani, il ferimento di diversi altri e la distruzione di 38 case.
Una delle vittime, Welbrina Mbae, una insegnante di 55 anni, ha sentito bussare alla sua porta e quando ha aperto le hanno sparato. E’ morta pochi minuti dopo. La seconda vittima è Oster Tarioko (55 anni); è morto durante il trasporto all’ospedale. Ci sono anche diversi feriti, il più grave è Deki Lingkua, un ragazzo di 20 anni. Diverse persone sono fuggite nella giungla e sei di loro risultano ancora dispersi. Gli assalitori hanno anche bruciato 3 auto, 7 moto e 38 case ed una chiesa delle Assemblee di Dio.
A dicembre del 2001 furono avviati degli accordi di pace a Malino, ma da allora ci sono state molte violazioni, spesso ignorate dal governo. Quasi tutte le aggressioni provocate da motivazioni religiose, sono state condotte contro cristiani. Più del 99% delle vittime di queste violenze sono cristiani. Dal 1999 le vittime di questi scontri in Indonesia sono state 10.000, altri 700.000 hanno dovuto lasciare le loro proprietà e rifugiarsi in zone più sicure.
Mona Saroinsong, coordinatrice del Centro di Crisi della Chiesa Protestante a Manado (nord Sulawesi), lo scorso fine settimana ha inviato un accorato messaggio in cui affermava: “Finora neppure un aggressore è stato trovato o arrestato, nessuno sa chi sono. L’attacco ha seguito i soliti schemi. E’ avvenuto di notte ed erano bene organizzati. Operavano in piccoli gruppi, ognuno dei quali si occupava di compiti ed aree ben definite. Avevano il volto mascherato per non farsi riconoscere. Usavano armi automatiche che possono essere utilizzate legalmente solo dalle forze armate. Anche in questo caso il capo della polizia era occupato altrove. Inoltre attaccano sempre villaggi lontani da ogni fonte di aiuti. Vi chiediamo di pregare e di fare pressioni dall’estero sul governo indonesiano affinché metta fine a questi violenti attacchi”.
Mentre gli occhi del mondo occidentale sono puntati sull’attentato di Bali e sul processo, recentemente conclusosi con la condanna dell’autore, la signora Saroinsong chiede ai cristiani di tutto il mondo di essere consci che i fratelli di Sulawesi vengono minacciati, malmenati e uccisi, perché alcune persone ritengono che non ci sia posto per loro nella musulmana Indonesia.

Fonte: Porte Aperte Italia – 17 ottobre 2003

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Laos: 12 cristiani detenuti

Verona (PA/Compass) – 12 leader cristiani, arrestati a maggio a causa della loro fede sono detenuti nelle carceri laotiane. Un recente rapporto di Christian Solidarity Worldwide (CSW) sostiene che i 12 sono sottoposti ad estreme pressioni per spingerli a rinnegare la loro fede.
I fatti risalgono al maggio 2003, quando 21 leader cristiani, appartenenti alla etnia Bru, sono stati arrestati dalle autorità allarmate dalla crescita della Chiesa nel loro distretto. La polizia aveva trasferito forzatamente una famiglia cristiana a Muang Nong (distretto di Savannakhet) nel sud del Laos. La reazione delle autorità è esplosa perché in quella zona si sono convertite altre 60 famiglie. Dei 21 leader cristiani 9 sono stati rilasciati, gli altri 12 sono tuttora in carcere.

Fonte: Porte Aperte Italia – 3 ottobre 2003

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Cina: Altri tre pastori arrestati

Verona (PA) – Domenica 13 luglio la polizia ha fatto irruzione in una comunità familiare a Xiaoshan alle quattro del mattino, mentre i credenti già tenevano il loro culto di adorazione. Sono stati arrestati tre leader: She Shaocheng (di 80 anni) che aveva aiutato a fondare la chiesa più di 25 anni fa, Xu Weimin e Gao Chongdao. Non è stato rivelato dove sono stati condotti e neppure i familiari sono autorizzati a visitarli.
Una settimana prima circa 300 poliziotti avevano interrotto il culto domenicale e distrutto il locale nel villaggio di Hengpeng ed ora i credenti continuano ad incontrarsi nelle case. Ambedue le comunità appartengono alla denominazione “Piccolo gregge” molto conosciuta per il suo fondatore Watchman Nee, che ha scritto libri pubblicati in tutto il mondo.
La chiesa di Xiaoshan è stata distrutta dalle autorità tre volte negli ultimi 25 anni, ma è stata sempre ricostruita dai credenti, anche quando non avevano i permessi governativi. A causa della SARS il governo aveva anche ordinato la cessazione dei culti, ma i fratelli hanno continuato ad incontrarsi ugualmente.
Il locale Ufficio degli Affari Religiosi ha ripetutamente cercato di convincere la chiesa ad aderire al Movimento Patriottico delle Tre Autonomie (l’unica denominazione ufficialmente riconosciuta). La chiesa però ha sempre rifiutato ogni tipo di controllo da parte del governo.

Fonte: Porte Aperte Italia – 31 luglio 2003

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Pakistan: Un cristiano processato per blasfemia

Verona (PA) – Finalmente il 17 luglio è cominciato il processo al preside cristiano Pervaiz Masih, due anni e tre mesi dopo il suo arresto per blasfemia. Masih (35 anni) è detenuto da aprile del 2001. Alcuni studenti adolescenti lo hanno accusato di avergli sentito pronunciare parole diffamatorie contro Maometto mentre erano a lezione da lui due mesi prima. In realtà tutte le accuse sono state montate dal preside di una scuola vicina, geloso del successo di Pervaiz. Infatti, secondo un rapporto pubblicato due settimane dopo l’arresto, queste accuse di blasfemia hanno origine da “una rivalità professionale e un odio religioso”. Questo rapporto è stato stilato dalla Commissione dei Diritti Umani del Pakistan (HRCP) e dal Centro di Aiuto Giudiziario che ha sede a Lahore (CLAAS).
Per ragioni di sicurezza, durante i trasferimenti dalla prigione di Sialkot al tribunale, distante una quarantina di minuti di auto, Masih deve essere scortato da alcuni poliziotti. Un anno fa in prigione, Masih è stato aggredito durante il sonno da un compagno di cella. L’assalitore musulmano lo ha colpito al volto con un pezzo di vetro. Ha potuto anche strappare la sua Bibbia prima che i secondini intervenissero
“Fisicamente Pervaiz sta bene”, ha detto uno dei suoi avvocati, “ma psicologicamente, risente dell’atmosfera del processo e le pressioni a cui è sottoposto in prigione gli pesano”. Gli avvocati non si aspettano molto dai giudici in questo processo regionale. “Hanno paura per le pressioni che subiscono dagli avvocati musulmani e dagli estremisti”, dichiara un portavoce del CLAAS. In passato i giudici dei tribunali regionali non hanno rischiato di esaminare le prove di innocenza degli accusati e li hanno condannati.
Oltre a Pervaiz Masih, altri sei cristiani pakistani sono in carcere a causa di questa legge contro la blasfemia molto controversa. Due di loro, arrestati nel 2001, sono ancora in attesa di giudizio, mentre gli altri quattro hanno presentato appello contro la loro condanna a morte o l’ergastolo.

Fonte: Porte Aperte Italia – 25 luglio 2003

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