Insegnamenti ed Esortazioni – Indice > Si facciano supplicazioni, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini > Per che cosa gli apostoli esortavano a pregare
Vediamo ora alcune esortazioni degli apostoli che concernono la preghiera, le quali ci dicono che cosa noi dobbiamo domandare a Dio.
Paolo, parlando della completa armatura di Dio di cui noi ci dobbiamo rivestire per combattere i nostri nemici, disse: “Orando in ogni tempo, per lo Spirito, con ogni sorta di preghiere e di supplicazioni; ed a questo vegliando con ogni perseveranza e supplicazione per tutti i santi, ed anche per me, acciocchè mi sia dato di parlare apertamente per far conoscere con franchezza il mistero dell’Evangelo, per il quale io sono ambasciatore in catena; affinché io l’annunzi francamente, come convien ch’io ne parli”.1 L’apostolo esortava i santi a pregare per lo Spirito Santo in ogni tempo (vi ricordo che pregare per lo Spirito significa pregare in altra lingua); a vegliare con perseveranza e con le preghiere per i santi ed anche per lui, affinché Dio gli desse di annunziare l’Evangelo con franchezza. Paolo sapeva in che maniera egli doveva annunziare l’Evangelo ed esortava i santi a pregare per lui, perché riteneva che i fedeli potessero aiutarlo in questo con le loro supplicazioni in suo favore. Qualcuno dirà: ‘Ma in che maniera deve essere annunziato il Vangelo?’ L’Evangelo deve essere annunziato con potenza, con lo Spirito Santo e con gran pienezza di convinzione, e non con eccellenza di parola e con discorsi persuasivi di sapienza umana, affinché la croce di Cristo non sia resa vana. Tu dirai: ‘Quindi la parola della croce può essere resa inefficace?’ Sì, essa viene resa inefficace (perché viene svuotata della sua potenza) quando viene trasmessa con eccellenza di parola e con discorsi persuasivi di sapienza umana. Sappiate che ancora oggi coloro che sono stati chiamati da Dio a predicare hanno bisogno delle nostre preghiere, quindi preghiamo per i servitori del Signore che annunziano la via della salvezza, affinché Dio conceda loro di annunziare la Parola della grazia con ogni franchezza.
Paolo scrisse ai santi di Colosse: “Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie; pregando in pari tempo anche per noi, affinché Iddio ci apra una porta per la Parola onde possiamo annunziare il mistero di Cristo, a cagione del quale io mi trovo anche prigione…”.2 Ora, l’apostolo, quando scrisse queste parole, era in prigione, ed esortò i santi a chiedere a Dio di aprire a lui e ai suoi collaboratori una porta per la Parola; questo ci insegna che, anche in prigione Dio può aprire una porta per la Parola, e questo perché la sua parola non può essere incatenata da nessuno; possono essere incatenati i ministri della Parola, ma non la Parola di Dio.
Voi sapete che la Parola di Dio porta frutto quando viene ricevuta da coloro che l’ascoltano, ma affinché chi ascolta la parola riceva la parola è necessario che egli apra il suo cuore all’amore della verità. Ricordatevi di Lidia, la negoziante di porpora; Luca dice che “il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo”;3 fu così che la parola di Dio potè entrare nel suo cuore e portare frutto. Ancora oggi è necessario che il Signore apra il cuore di coloro che ascoltano l’Evangelo, affinché la parola della grazia penetri in loro ed essi siano salvati mediante essa. Vediamo ora cosa intende la Scrittura per ‘porta aperta per la Parola’. Mentre Paolo si trovava in Efeso scrisse ai Corinzi: “Mi fermerò in Efeso fino alla Pentecoste, perché una larga porta mi è qui aperta ad un lavoro efficace, e vi sono molti avversari”.4 Ora, per capire in che consisteva questa ‘larga porta aperta ad un lavoro efficace’, è necessario riferire ciò che ha scritto Luca attorno all’opera di Paolo nella città di Efeso. Quando Paolo venne in Efeso per l’Evangelo, avvenne che incontrò alcuni discepoli ai quali, dopo che essi furono battezzati nel nome del Signor Gesù, egli impose le mani affinché ricevessero lo Spirito Santo, e “lo Spirito Santo scese su loro e parlavano in altre lingue, e profetizzavano”.5 “Poi entrò nella sinagoga, e quivi seguitò a parlare francamente per lo spazio di tre mesi, discorrendo con parole persuasive delle cose relative al regno di Dio. Ma siccome alcuni s’indurivano e rifiutavano di credere dicendo male della nuova Via dinanzi alla moltitudine, egli ritiratosi da loro, separò i discepoli, discorrendo ogni giorno nella scuola di Tiranno. E questo continuò due anni; talchè tutti coloro che abitavano nell’Asia, Giudei e Greci, udirono la parola del Signore. E Iddio faceva dei miracoli straordinari per le mani di Paolo; al punto che si portavano sui malati degli asciugatoi e dei grembiuli che erano stati sul suo corpo, e le malattie si partivano da loro, e gli spiriti maligni se ne uscivano…E molti di coloro che avevano creduto, venivano a confessare e a dichiarare le cose che avevano fatte. E buon numero di quelli che avevano esercitato le arti magiche, portarono i loro libri assieme, e li arsero in presenza di tutti; e calcolatone il prezzo, trovarono che ascendeva a cinquantamila dramme d’argento. Così la parola di Dio cresceva potentemente e si rafforzava”.6
In Asia tutti udirono la parola del Signore, ma non tutti si convertirono al Signore; furono molti comunque quelli che accettarono la parola predicata da Paolo, infatti questo lo riconobbe pure uno di quelli che non ricevette la Parola, un certo Demetrio (un orefice che faceva dei tempietti di Diana in argento), quando disse a degli artigiani: “Voi vedete e udite che questo Paolo ha persuaso e sviato gran moltitudine non solo in Efeso, ma quasi in tutta l’Asia, dicendo che quelli fatti con le mani non sono dèi”.7
In Efeso quindi, tramite il ministerio di Paolo, ci furono coloro che accettarono l’Evangelo della grazia, molti dei quali vennero a confessare pubblicamente le cose che avevano fatte; ci furono coloro che ricevettero lo Spirito Santo ed anche il dono di profezia, e coloro che ricevettero guarigione e liberazione nel nome del Signor Gesù; questa è la ragione per cui Paolo scrisse ai Corinzi, da Efeso: “Una larga porta mi è qui aperta ad un lavoro efficace”.8
Certo, non sempre la porta aperta per la Parola è larga come lo fu ad Efeso, ma comunque, ogni qual volta in un paese o in una città si convertono delle anime, anche se poche, noi possiamo affermare che qui il Signore ha aperto ai suoi servitori una porta per la Parola. Ma a questo punto è necessario dire che ogni qual volta Dio apre ai suoi ministri una porta per la sua Parola, sorgono degli avversari e di conseguenza delle persecuzioni, che possono essere sia verbali che fisiche. A tale riguardo vi ricordo che Paolo disse che ad Efeso vi erano molti avversari, il che significa che l’Evangelo incontrò molta opposizione in quella città, e questo è confermato dalle parole di Luca: “Or in quel tempo nacque non piccol tumulto a proposito della nuova Via”,9 ed anche da quelle di Paolo ai Corinzi: “Fratelli, non vogliamo che ignoriate, circa l’afflizione che ci colse in Asia, che siamo stati oltremodo aggravati, al di là delle nostre forze, tanto che stavamo in gran dubbio anche della vita. Anzi, avevamo già noi stessi pronunciata la nostra sentenza di morte, affinché non ci confidassimo in noi medesimi, ma in Dio che risuscita i morti, il quale ci ha liberati e ci libererà da un così gran pericolo di morte, e nel quale abbiamo la speranza che ci libererà ancora; aiutandoci anche voi con le vostre supplicazioni, affinché del favore ottenutoci per mezzo di tante persone, grazie siano rese per noi da molti”.10 Voglio soffermarmi, a questo punto, su queste parole di Paolo: “Aiutandoci anche voi con le vostre supplicazioni, affinché del favore ottenutoci per mezzo di tante persone, grazie siano rese per noi da molti”,11 per farvi capire quanto possono fare le nostre supplicazioni in favore di coloro che annunziano l’Evangelo e che cosa esse producono. Innanzi tutto fratelli, voi dovete sapere che i ministri del Vangelo hanno molti nemici, fra i quali vi sono gli uomini malvagi e molesti che non hanno la fede, e perciò noi credenti dobbiamo pregare per i ministri della Parola, affinché Dio li liberi dalle insidie di costoro.
Paolo esortava i santi a pregare per lui e i suoi collaboratori non solo affinché la Parola, per mezzo di loro si spandesse e fosse glorificata (come per esempio ad Antiochia di Pisidia, secondo che è scritto: “E i Gentili, udendo queste cose, si rallegravano e glorificavano la Parola di Dio”),12 ma anche affinché loro fossero liberati dai malvagi; questo è confermato da questa esortazione di Paolo ai Tessalonicesi: “Del rimanente, fratelli, pregate per noi perché la parola del Signore si spanda e sia glorificata com’è tra voi, e perché noi siamo liberati dagli uomini molesti e malvagi, poiché non tutti hanno la fede”.13
A tale riguardo, vi ricordo pure l’esortazione che Paolo rivolse ai santi di Roma, mentre lui era in viaggio verso Gerusalemme per portarvi una sovvenzione destinata ai poveri fra i santi di quella città: “Ora, fratelli, io v’esorto, per il Signor nostro Gesù Cristo e per la carità dello Spirito, a combattere meco nelle vostre preghiere a Dio per me, affinché io sia liberato dai disubbidienti di Giudea…”.14 Da queste esortazioni dell’apostolo Paolo si capisce come Paolo ritenesse molto utili le preghiere dei santi in favore suo e dei suoi collaboratori. Pure lui credeva che “molto può la supplicazione del giusto, fatta con efficacia”,15 ma non solo lo credeva, ma anche lo vide in molte occasioni. Una delle occasioni in cui vide Dio liberarlo dagli uomini malvagi, in risposta alle preghiere dei santi in suo favore, fu al suo ritorno a Gerusalemme (dopo aver rivolto la suddetta esortazione ai santi di Roma), infatti Paolo a Gerusalemme fu afferrato dai Giudei disubbidienti i quali cercarono di ucciderlo, ma fu liberato da Dio dalle loro mani.
Ecco altri passi delle Scritture che confermano come gli apostoli credevano che i santi potevano aiutarli mediante le loro supplicazioni (tenete presente che queste parole furono scritte dalla prigione):
-“Mi rallegrerò ancora, perché so che ciò tornerà a mia salvezza, mediante le vostre supplicazioni e l’assistenza dello Spirito di Gesù Cristo…ho fiducia nel Signore che io pure verrò presto”.16 Paolo, dalla prigione, scrisse ai Filippesi che mediante le loro preghiere e l’assistenza dello Spirito di Gesù (lo Spirito assiste i santi perché intercede per essi secondo Iddio) egli sarebbe stato liberato, ed espresse questa sua fiducia con queste parole: “Ed ho questa ferma fiducia ch’io rimarrò e dimorerò con tutti voi per il vostro progresso e per la gioia della vostra fede”.17
-“Preparami al tempo stesso un alloggio, perché spero che, per le vostre preghiere, io vi sarò donato”;18 Paolo, mentre era in prigione, disse a Filemone di preparargli un alloggio, perché aveva fiducia nel Signore che per le loro preghiere, sarebbe stato di nuovo in mezzo a loro.
-“Pregate per noi…E vie più v’esorto a farlo, onde io vi sia più presto restituito”;19 lo scrittore dell’epistola agli Ebrei, dalla prigione, fece sapere ai credenti che mediante le loro preghiere essi avrebbero affrettato la sua liberazione dalla prigione.
Poi fratelli, voglio che sappiate che mediante la risposta di Dio in favore dei ministri del Vangelo per cui pregate, molti ringraziamenti saranno rivolti a Dio da tanti credenti, quindi le vostre preghiere in loro favore producono abbondanza di azioni di grazie alla gloria di Dio.
Non è meraviglioso sapere che noi, mediante le nostre preghiere, cooperiamo alla diffusione della Parola di Dio perché aiutiamo i ministri della Parola a predicare il Vangelo con ogni franchezza, e facciamo anche sì che essi vengono liberati dagli uomini malvagi e molesti?
È scritto: “E come predicheranno se non son mandati?”;20 fratelli, affinché la Parola di Dio si spanda per tutto il mondo, è necessario che Dio mandi degli uomini a predicare l’Evangelo là dove ancora Cristo non è stato menzionato, perciò noi credenti dobbiamo supplicare Dio affinché spinga degli operai nella sua messe. Cristo Gesù ce lo ha comandato, infatti egli disse: “Pregate dunque il Signor della mèsse che spinga degli operai nella sua messe”.21
L’apostolo Giovanni scrisse: “Se uno vede il suo fratello commettere un peccato che non meni a morte, pregherà, e Dio gli darà la vita: a quelli, cioè, che commettono peccato che non meni a morte. V’è un peccato che mena a morte; non è per quello che dico di pregare”.22 Il credente che commette un peccato, dopo aver compiuto il peccato, è turbato e scontento, e non può essere altrimenti perché il peccato, dice Giacomo, “quand’è compiuto, produce la morte”.23 Ma nonostante ciò, egli può essere perdonato e vivificato se confessa il suo peccato al Signore. Ora, nel caso noi vediamo un fratello commettere un peccato che non meni a morte, dobbiamo pregare Dio affinché lo vivifichi, e Dio, nella sua fedeltà, gli darà la vita; ma sappiate anche che, se un fratello commette il peccato che mena a morte (cioè il peccato che conduce, chi lo commette, alla morte seconda), non bisogna pregare per lui, perché commette il peccato che non può essere perdonato.
L’apostolo Giacomo, il fratello del Signore, nella sua epistola ha scritto:”C’è fra voi qualcuno che soffre? Preghi”.24 Ora, noi, quando soffriamo a cagione di giustizia, dobbiamo pregare, perché questo è quello che ci è stato comandato di fare. Pietro dice: “Perciò anche quelli che soffrono secondo la volontà di Dio, raccomandino le anime loro al fedel Creatore, facendo il bene”,25 e queste sue parole concordano con quelle di Giacomo, perché quando uno prega Dio in mezzo alle sue afflizioni non fa altro che raccomandare l’anima sua a Dio. Nella Scrittura abbiamo diversi esempi di uomini che in mezzo alle loro sofferenze pregarono Iddio; io citerò quello del profeta Geremia, e quello del nostro Signore Gesù. Così pregò Geremia in un’occasione: “Tu sai tutto, o Eterno; ricordati di me, visitami, e vendicami dei miei persecutori; nella tua longanimità, non mi portar via! riconosci che per amor tuo io porto l’obbrobrio. Tosto che ho trovato le tue parole, io le ho divorate; e le tue parole sono state la mia gioia, l’allegrezza del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su me, o Eterno, Dio degli eserciti. Io non mi sono seduto nell’assemblea di quelli che ridono, e non mi sono rallegrato, ma per cagion della tua mano mi sono seduto solitario, perché tu mi riempivi d’indignazione. Perché il mio dolore è desso perpetuo, e la mia piaga, incurabile, ricusa di guarire? Vuoi tu essere per me come una sorgente fallace, come un’acqua che non dura?”.26
Gesù, nella notte in cui fu tradito, prima che fosse arrestato, “cominciò ad essere contristato ed angosciato”27 e disse ai suoi discepoli: “L’anima mia è oppressa da tristezza mortale”,28 e in questo stato d’animo egli si gettò con la faccia a terra e pregò che, “se fosse possibile, quell’ora passasse oltre da lui”.29 Così pregò Gesù nel Getsemani: “Abba, Padre! ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! Ma pure, non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi”.30 Fratelli, in verità, la cosa migliore da fare quando si patisce ingiustamente è quella di pregare, perché con la preghiera noi spandiamo il nostro cuore dinanzi al Signore, confessandogli le nostre angosce e le nostre perplessità, fiduciosi che lui ci ascolta e ci viene in aiuto con le sue potenti consolazioni.
Lo stesso Giacomo ha ordinato agli anziani della chiesa di pregare per gli infermi quando questi li chiamano, infatti scrisse: “C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore; e la preghiera della fede salverà il malato, e il Signore lo ristabilirà; e s’egli ha commesso dei peccati, gli saranno rimessi”.31 Notate che è l’infermo che deve chiamare gli anziani della chiesa e non il contrario, e inoltre che gli anziani devono pregare sull’ammalato ungendolo d’olio nel nome del Signore. “E la preghiera della fede salverà il malato”,32 dice Giacomo, quindi, gli anziani devono pregare con fede sull’ammalato, senza stare punto in dubbio, per vedere l’infermo ristabilito dal Signore.
Il fratello del Signore, nella sua epistola dice anche: “Pregate gli uni per gli altri onde siate guariti”,33 perciò noi dobbiamo intercedere presso Dio per i nostri fratelli malati, affinché Dio li guarisca.
Quando Maria, la sorella di Mosè, mormorò assieme ad Aaronne contro Mosè, avvenne che Dio punì Maria con la lebbra, ma Mosè pregò Dio per lei, infatti è scritto che “Mosè gridò all’Eterno, dicendo: Guariscila, o Dio, te ne prego!”,34 e Dio esaudì Mosè, perché dopo che Maria stette per sette giorni fuori dal campo perché lebbrosa, ella fu riammessa nel campo perché la lebbra era sparita dal suo corpo.
Quanto può fare la supplicazione del giusto in favore del malato, lo leggiamo pure nella storia d’Abrahamo, infatti la Scrittura dice che “Abrahamo pregò Dio, e Dio guarì Abimelec, la moglie e le serve di lui, ed esse poterono partorire. Poiché l’Eterno aveva del tutto resa sterile l’intera casa di Abimelec, a motivo di Sara moglie d’Abrahamo”.35
Vi è un altro esempio nelle Scritture che ci mostra quanto può fare la preghiera di un giusto per un malato; è quello del figlio d’Abramo, infatti è scritto: “Isacco pregò istantemente l’Eterno per sua moglie, perch’ella era sterile. L’Eterno lo esaudì, e Rebecca, sua moglie concepì”.36
1 Ef. 6:18-20
2 Col. 4:2,3
3 Atti 16:14
4 1 Cor. 16:8,9
5 Atti 19:6
6 Atti 19:8-12,18-20
7 Atti 19:26
8 1 Cor. 16:9
9 Atti 19:23
10 2 Cor. 1:8-11
11 2 Cor. 1:11
12 Atti 13:48
13 2 Tess. 3:1,2
14 Rom. 15:30,31
15 Giac. 5:16
16 Fil. 1:19; 2:24
17 Fil. 1:25
18 Filem. 22
19 Ebr. 13:18,19
20 Rom. 10:15
21 Matt. 9:38
22 1 Giov. 5:16
23 Giac. 1:15
24 Giac. 5:13
25 1 Piet. 4:19
26 Ger. 15:15-18
27 Matt. 26:37
28 Matt. 26:38
29 Mar. 14:35
30 Mar. 14:36
31 Giac. 5:14,15
32 Giac. 5:15
33 Giac. 5:16
34 Num. 12:13
35 Gen. 20:17,18
36 Gen. 25:21