Esaminiamo noi stessi prima di accostarci alla cena del Signore, per non essere giudicati da Dio

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Veniamo ora alle parole di Paolo: “Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà del calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo ed il sangue del Signore”;1 vorrei farvi notare che Paolo più avanti dice: “Chi mangia e beve, mangia e beve un giudicio su se stesso, se non discerne il corpo del Signore”,2 e questo lo dice per spiegare che coloro che partecipano alla cena del Signore senza discernere il corpo del Signore, vi partecipano indegnamente e perciò vengono giudicati dal Signore.

Noi figliuoli di Dio, lavati con il sangue di Gesù Cristo, abbia­mo il diritto di mangiare il pane e bere del calice del Signore in virtù della grazia di Dio, non in virtù di qualche nostro merito personale, ma esclusivamente per la grazia del Signor Gesù, questo lo riconosciamo e lo diciamo: ma se un figliuolo di Dio non si conduce in modo degno del Vangelo di Cristo e mangia il pane e beve del calice del Signore, mangia e beve indegnamente e si rende colpevole verso il corpo ed il sangue del Signore, attirandosi l’inevitabile giudizio di Dio sul capo.

A Corinto vi erano dei credenti che disprezzavano la Chiesa di Dio e al pasto comune facevano vergogna a quelli che non avevano nulla, infatti Paolo scrisse ai santi di Corinto: “Quando poi vi radunate assieme, quel che fate, non è mangiar la Cena del Signo­re; poiché, al pasto comune, ciascuno prende prima la propria cena; e mentre l’uno ha fame, l’altro è ubriaco”;3 questo è quello che succedeva in seno a quei fratelli. I credenti della chiesa di Corinto si radunavano non per il meglio ma per il peggio, innanzi tutto perché quando si adunavano in assemblea vi erano delle divisioni fra loro, e poi perché al pasto comune ciascuno prima mangiava la propria cena e mentre uno aveva fame l’altro era ubriaco. Ora, voglio ricordarvi che Gesù prese del pane rese grazie, lo ruppe e lo diede ai suoi discepoli e che egli prese un calice, rese grazie e lo diede ai suoi discepoli, mentre lui e i suoi discepoli mangiavano la Pasqua, infatti Matteo dice: “Or mentre mangiavano”4 e Marco dice: “E mentre mangiavano”5 e questo ve lo ricordo per farvi intendere che fu durante un pasto in cui mangiarono pure della carne e delle erbe amare, che il Signore istituì la sua cena e che i suoi discepoli la mangiarono.

I primi discepoli, quando si radunavano per mangiare assieme, cioè quando prendevano il loro cibo assieme con letizia e sempli­cità di cuore, rompevano il pane6 (questa espressione indica la celebrazione della cena del Signore); questo significa che essi mangiavano la Cena del Signore durante il pasto comune.

È chiaro che chi mentre mangiava, si ubriacava pure e poi man­giava il pane e beveva del calice del Signore, si rendeva colpe­vole verso il corpo ed il sangue del Signore perché, perdendo il discernimento, non era più in grado di discernere il corpo del Signore; ancora oggi chi mangia la Cena del Signore in uno stato di ubriachezza (il che vuol dire indegnamente) viene giudicato dal Signore.

In seno alla chiesa di Corinto molti erano malati e molti moriva­no proprio per questa ragione cioè perché mangiavano la Cena del Signore indegnamente. Il Signore tutt’ora esercita i suoi giudizi contro coloro che mangiano la Cena del Signore indegnamente; Pietro disse che “è giunto il tempo in cui il giudicio ha da cominciare dalla casa di Dio”,7 cioè da noi, quindi fratelli, sapendo che “il Giudice è alla porta”,8 badiamo a noi stessi per non essere giudicati dal Signore.

Chi si da all’impurità e alla dissolutezza e mangia il pane e beve del calice del Signore, senza prima essersi ravveduto e purificato dalla sua contaminazione, viene giudicato dal Signore. Anche sotto la legge, a riguardo della Pasqua, vi era una norma che ci mostra come anche per mangiare la Pasqua era necessario essere puri per non rendersi colpevoli; Dio diede questa norma in una specifica circostanza che è narrata nella legge.

È scritto: “L’Eterno parlò ancora a Mosè, nel deserto di Sinai, il primo mese del secondo anno da che furono usciti dal paese d’Egitto, dicendo: I figliuoli d’Israele celebreranno la pasqua nel tempo stabilito. La celebrerete nel tempo stabilito, il quattordicesimo giorno di questo mese, sull’imbrunire; la cele­brerete secondo tutte le leggi e secondo tutte le prescrizioni che vi si riferiscono. E Mosè parlò ai figliuoli d’Israele perché celebrassero la pasqua. Ed essi celebrarono la pasqua il quattor­dicesimo giorno del primo mese, sull’imbrunire, nel deserto di Sinai; i figliuoli d’Israele si conformarono a tutti gli ordini che l’Eterno aveva dati a Mosè. Or v’erano degli uomini che, essendo impuri per avere toccato un morto, non potevano celebrare la pasqua in quel giorno. Si presentarono in quello stesso giorno davanti a Mosè e davanti ad Aaronne; e quegli uomini dissero a Mosè: ‘Noi siamo impuri per avere toccato un morto; perché ci sarebb’egli tolto di poter presentare l’offerta dell’Eterno, al tempo stabilito, in mezzo ai figliuoli d’Israele?’ E Mosè rispose loro: ‘Aspettate, e sentirò quel che l’Eterno ordinerà a vostro riguardo’. E l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: ‘Parla ai figliuoli d’Israele, e dì loro: Se uno di voi o dei vostri discendenti sarà impuro per il contatto con un morto o sarà lontano in viaggio, celebrerà lo stesso la pasqua in onore dell’Eterno. La celebre­ranno il quattordicesimo giorno del secondo mese, sull’imbrunire…”.9

Secondo la legge di Mosè, chi si era contaminato toccando un morto, rimaneva impuro sette giorni e doveva purificarsi il terzo ed il settimo giorno con l’acqua di purificazione per essere considerato di nuovo puro (in questo caso quella che dava l’acqua della purificazione era la purità della carne). Nel caso suddetto quegli uomini poterono mangiare la pasqua il mese successivo. Ho citato questo episodio perché esso ci insegna come, sotto la legge, gli impuri non avevano il diritto di mangiare la pasqua se non dopo essersi purificati dalla loro contaminazione. Noi, sotto la grazia, prima di mangiare il pane e di bere del calice del Signore faremo bene a esaminare noi stessi e confessare a Dio i nostri falli al fine di essere purificati da ogni iniquità col sangue di Gesù. Paolo dice: “Or provi l’uomo se stesso”10 e poi prosegue dicendo: “E così mangi del pane e beva del calice”,11 quindi quello di provare noi stessi prima di mangiare la Cena del Signore è un comandamento. Lo stesso apostolo più avanti dice: “Or se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati”,12 ciò significa che se noi esaminassimo noi stessi non saremmo giudica­ti, ma anche che se noi rifiutiamo di esaminare noi stessi e mangiamo la Cena del Signore, noi saremo giudicati dal Signore, perciò fratelli, “purifichiamoci d’ogni contaminazione di carne e di spirito”13 prima di mangiare il pane e di bere del calice del Signore, per non essere puniti da Dio.


1 1 Cor. 11:27

2 1 Cor. 11:29

3 1 Cor. 11:20,21

4 Matt. 26:26

5 Mar. 14:22

6 Cfr. Atti 2:46

7 1 Piet. 4:17

8 Giac. 5:9

9 Num. 9:1-11

10 1 Cor. 11:28

11 1 Cor. 11:28

12 1 Cor. 11:31

13 2 Cor. 7:1