Da oltre due anni nell’isola indonesiana di Sulawesi, così come nella vicina Ambon delle Molucche, continuano gli scontri tra musulmani e cristiani.
di Madama Enrico
Da oltre due anni nell’isola indonesiana di Sulawesi, così come nella vicina Ambon delle Molucche, continuano gli scontri tra musulmani e cristiani. Si dice che tutto sia incominciato per una lite da ubriachi tra due giovani, un musulmano e un cristiano. Ma è ovvio che questo conflitto, che ha causato già migliaia di vittime e ancor più rifugiati, ha origini complesse non solo nell’antagonismo religioso, ma soprattutto in quello etnico di balcanica memoria. Per quanto cruento, fino a poco tempo fa il conflitto aveva mantenuto le caratteristiche dello scontro tribale: una serie infinita di rappresaglie del tipo “mordi e fuggi” nei villaggi rivali. Non ora, non da quando è scesa in campo la Laskar Jihad, un’organizzazione paramilitare di fondamentalisti islamici che, accusando un complotto cristiano contro la nazione, ritiene “obbligatorio per ogni buon musulmano indonesiano” scatenare il jihad nelle Molucche, come recita il sito ufficiale www.laskarjihad.or.id. La Laskar Jihad ha portato dunque al fronte migliaia di volontari, tutti ben armati e con alle spalle un addestramento militare completo se non addirittura esperienza diretta nei campi dell’Afghanistan. Fonti non ufficiali ritengono che nella sola isola di Sulawesi ci siano oltre 7000 jihadisti, rispetto ad un totale di circa 2000 tra militari e forze dell’ordine governative. È comprensibile come questi ultimi ci pensino due volte a mettersi ad arginare le azioni dei volontari islamici. E se anche ci provano non è difficile che arrivino poi a fermarli ordini dall’alto, cioè da Giakarta, dove si giocano gli scontri tra le varie fazioni di militari e politici e dove lo stesso presidente Megawati Sukarnoputri deve la poltrona all’appoggio dei partiti islamici. Ora, in questi ultimi tempi a Sulawesi, i militanti della jihad (facilmente distinguibili per il possesso di armi automatiche, che i contadini-guerrieri locali neanche sanno come prendere in mano) hanno dato il via ad un’offensiva che prevede non solo le solite incursioni ma anche l’occupazione dei villaggi cristiani. L’obiettivo del gruppo, già dedito alla pratica della conversione forzata (con conseguente circoncisione maschile e femminile), sembra dunque chiaro: l’espulsione o l’eliminazione completa e definitiva di ogni singolo cristiano.
Fonte: Tempi num.51 del 20 Dicembre 2001