«Io ho annunziato, salvato, predetto, e non è stato un dio straniero in mezzo a voi; voi me ne siete testimoni, dice il SIGNORE… » (Isaia 43:12)
di Gershon Nerel
In Israele l’interesse del pubblico per gli ebrei credenti in Yeshua continua ad essere alimentato da reportage dei media in ebraico e in inglese. Venerdì 13 febbraio 2009 è apparso un altro lungo articolo su Up Front, il supplemento settimanale del Jerusalem Post in lingua inglese. L’attenzione dei lettori su questo articolo è stata attirata da un vistoso titolo sulla prima pagina del Jerusalem Post. Il titolo diceva: «La fede avanza: 7.000 credono in Gesù come loro Redentore». Nel supplemento è stato aggiunto un sottotitolo: «Con grande irritazione dell’establishement in Israele».
Il servizio sugli ebrei messianici occupava sei intere pagine con foto a colori. Sulla copertina del supplemento settimanale si poteva vedere la foto di due giovani. Portavano T-shirt rosse con la scritta ebraica: «Yehudim Lema’an Yeshua» (Ebrei per Gesù) e distribuivano volantini per strada. Larry Derfner, il reporter del Jerusalem Post è riuscito a fare un articolo completo e obiettivo. Ha abilmente evitato di destare o confermare pregiudizi nei lettori.
Nel suo articolo cita, senza censurarle, molte dichiarazioni di ebrei credenti in Yeshua. Qui di seguito alcuni esempi. «Yeshua è l’incarnazione del Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe – in una nuova epoca». «Io sono nato ebreo, ma nella fede non c’è differenza tra me e un cristiano evangelico». «Se mi rifiutassi di parlare di Gesù ai miei simili, sarebbe come se conoscessi la medicina per guarire l’AIDS e la tenessi per me».
Dall’articolo si viene a sapere che il 50 percento dei circa 7.000 ebrei messianici in Israele sono nuovi immigrati dall’ex Unione Sovietica. Secondo altre stime, il numero degli ebrei messianici in Israele dovrebbe però arrivare a circa 10.000. Tra questi ci sono anche centinaia di nuovi immigrati dall’Etiopia. Su questo gruppo il giornalista scrive che «molti di loro preferiscono tenere per sé la loro fede». Simili credenti «nicodemiti» si possono trovare anche tra gli immigrati da altri paesi. Per paura della pressione sociale, economica e giuridica preferiscono per il momento tenere segreta la loro fede.
Nell’articolo si fa anche notare che ci sono ebrei messianici che soffrono sotto angherie e persecuzione. La cattiva disposizione contro questi credenti viene aizzata da almeno due “Organizzazioni anti-missionarie” ultra-ortodosse, e precisamente Yad L’achim (Mano ai fratelli) e Lev L’achim (Cuore per i fratelli). Queste istituzioni arrivano ai limiti del legalmente lecito e del decoro, e qualche volta vanno anche oltre, denigrando e attaccando gli ebrei messianici. Gli attivisti ultra-ortodossi cercano di screditare pastori e anziani di comunità nei loro immediati dintorni attaccando in posti pubblici pashkevilim, cioè manifesti con le loro fotografie e con minacce.
Secondo i dati esposti dal giornalista, in Israele ci sono circa 100 comunità messianiche. Ciascuna di loro costituisce un gruppo chiuso in se stesso, ma esiste tuttavia «una grande fluttuazione» nell’appartenenza alla comunità. Il reporter dichiara inoltre che gli ebrei messianici non gestiscono alcun centro chiuso in cui «i nuovi convertiti sono sottoposti a un lavaggio del cervello o a un ‘bombardamento con amore’». I nuovi arrivati nelle comunità messianiche non vengono nemmeno allontanati dalle loro famiglie o dai loro amici. Se un membro vuole abbandonare la comunità, né lui né altri vengono obbligati a rimanere.
Nel suo resoconto l’autore dell’articolo cerca di comportarsi come «obiettivo osservatore dall’esterno». Da una parte scrive: «Gli ebrei messianici in questo paese hanno una reputazione pessima», perché come attivi «missionari» parlano apertamente di Yeshua ad ogni ebreo (o non ebreo) che manifesta interesse. D’altra parte i «messianici» per il reporter non sono una setta, perché i credenti ebrei in Yeshua non hanno né una singola figura leader né un gruppo di leader, e a nessuna persona del loro ambiente attribuiscono proprietà divine. Nella sua esposizione mette anche in evidenza due aspetti contraddittori dello scenario ebreo-messianico in Israele: da una parte si nota una tendenza dei figli a non seguire la fede in Yeshua dei loro genitori; dall’altra si può osservare in altre famiglie una continuità della fede in Yeshua che passa di generazione in generazione, come per esempio in Yad Hashmona, un villaggio messianico (Moshav) nella zona collinare ebraica.
Alla fine dell’articolo il giornalista descrive un concerto di musica messianica organizzato da credenti in Yeshua. A questa manifestazione hanno partecipato circa 1.000 visitatori. L’autore scrive: «Mille credenti messianici, di cui molti hanno genitori ebrei, si sono riuniti in una specie di ‘casa protetta’ per cantare inni a Gesù. Non sembravano minacciosi, anzi piuttosto innocui e vulnerabili. In questo spazio al sicuro dagli occhi del pubblico hanno potuto esprimere liberamente la loro fede.»
Fonte: (Nachrichten aus Israel, aprile 2009 – trad. www.ilvangelo-israele.it)
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