da: Porte Aperte, 153 – Novembre-Dicembre 2007 pag. 5, 6, 10
Un aspetto importante del nostro lavoro riguarda le visite per incoraggiare i cristiani perseguitati. Recentemente un nostro collega ha avuto l’insolita opportunità di recarsi in Eritrea e di incontrare Hadas e le sue tre figlie: Azeb (13), Sada (11) e Miniya (9), che da tempo sono state private del loro padre.
Tre anni fa, il marito di Hadas venne arrestato. Lui è uno degli oltre duemila prigionieri eritrei che hanno avuto la colpa di opporsi al divieto di frequentare la chiesa.
Video
“Abbiamo atteso nel taxi vicino a casa di lei. Ho cercato di immaginare il suo atteggiamento: probabilmente una donna dalla quale c’è molto da imparare, una moglie che ogni mattina si chiede se suo marito sia ancora vivo dopo l’ennesimo interrogatorio subito dagli infami inquisitori delle prigioni eritree. All’improvviso si è avvicinata una signora distinta di circa 35 anni.
Ci ha accolto cordialmente e ci ha accompagnato a casa sua. Dopo averci fatto accomodare, si è scusata per non essere stata in grado di offrirci niente di più che un caffè e qualche biscotto.
Mi ero appena seduta quando sono entrate nella stanza le tre figlie, venute a salutarci in un ottimo inglese. Non vedevano l’ora di mostrarci un video nel quale il loro papà guidava un culto. Sebbene non riuscissi a capire la lingua, la gioia e la pace in quel culto erano evidenti. Era stato registrato esattamente tre anni prima, poco dopo era seguito l’arresto.
Coincidenze
Prima di recarmi da lei, mi avevano detto che Hadas era scoraggiata e pensava che Dio si fosse dimenticato di lei. Risposte banali e scontate non l’avrebbero aiutata in questo frangente, e non sarebbero state appropriate. Ma che cosa potevo dire? Mi sentivo in difficoltà nel ricordarle che Dio aveva un piano per lei, anche in quelle circostanze. Io stessa ero stata incoraggiata rendendomi conto di quante ‘coincidenze’ avevano concorso a permettermi di trovarmi lì con lei e le sue figlie in quel momento. Già questa era una prova che Dio non le aveva dimenticate.
La mia presenza, la mia disponibilità ad ascoltare la sua storia, erano per loro un segno tangibile che Dio intende mantenere le Sue promesse e chiama persone a condividere il peso di altri.
Noi non possiamo ridarle suo marito, ma possiamo rivolgerci a Colui che vede e sa ogni cosa, che conosce anche la situazione di suo marito. Non possiamo porre fine alla sua odissea semplicemente schioccando le dita, ma possiamo prendere del tempo per farle visita e ascoltarla con attenzione.
La cura di Dio
Hadas, che si guadagna da vivere come parrucchiera, fatica molto ad arrivare alla fine del mese. Ma in mezzo a questi problemi Hadas si è ricordata della meravigliosa cura di Dio: l’alloggio in cui abitano lei e le sue figlie le è stato offerto gratuitamente da un non credente e Porte Aperte paga le spese per l’istruzione delle figlie.
Oltre alle preoccupazioni finanziarie, Hadas ne ha anche di emotive, in particolar modo quando pensa alle sue figlie.
‘L’arresto di mio marito è stato un duro colpo. Il pensiero che non ci saremmo più rivisti per anni era troppo perché io lo potessi sopportare. Per un po’ non ho detto alle ragazze che il loro padre era in prigione. Ma un anno fa, ho raccontato loro ogni cosa. Quando vedono i padri dei loro compagni di scuola, vengono prese dalla tristezza. Ogni giorno pregano per il loro papà, affinché Dio lo liberi’.
A volte Hadas si sente forte ed è convinta di avere il sopravvento nella battaglia che si svolge nella sua mente. Ma ci sono momenti in cui si ribella.
‘Ci sono dei momenti in cui vengo sopraffatta. Invoco il Signore e chiedo ad amici e parenti di pregare per me. Allora mi ricordo delle promesse di Dio e ritrovo la pace’.
Le piccole cose
All’inizio Hadas riceveva notizie del marito mensilmente. Ma ormai non ne riceve più da tre mesi.
‘Se potessi parlare con mio marito oggi, gli direi che il Signore sta per tornare e che lui deve avere fiducia in Dio. Gli direi della meravigliosa cura di Dio verso di me e le nostre figlie. Gli direi di confidare in Dio, perché Egli è la nostra unica speranza. Dio è fedele. Egli ha in serbo una ricompensa per chi soffre a causa della fede. Lo vorrei rassicurare che le nostre figlie stanno bene e della cura della Chiesa per noi, mentre lui sta scontando la condanna a causa del suo ministero. Desidero anche ringraziare tutti coloro che ci stanno aiutando’.
Prima di andarcene, ho pregato con Hadas e le figlie. Abbiamo invocato la pace di Dio, che va oltre ogni comprensione. Abbiamo pregato per il marito di Hadas e per gli oltre duemila eritrei detenuti a causa della loro fede in Gesù, affinché Dio li consoli, li fortifichi e abbia cura di loro. Abbiamo anche chiesto a Dio di intervenire in Eritrea”.