Gli induisti sostengono che avrebbero spinto gruppi di dalit a farsi cristiani usando denaro e promesse. Dayal, presidente della All India Catholic Union, evidenzia la totale mancanza di prove e invoca il rispetto della legge.
Patna – Manifestazione dei nazionalisti indù del distretto di Patna contro la Chiesa pentecostale, accusata di aver spinto col denaro decine di dalit della zona a convertirsi dall’induismo al cristianesimo. I pentecostali respingono le accuse e John Dayal, presidente della All India Catholic Union, parlando con AsiaNews rileva che “non esiste alcuna prova di conversione forzata o fraudolenta” e che le accuse sono “illegittime, false, maligne e miranti a creare inimicizia fra le comunità. Ciò – ha aggiunto – è punibile dalla legge”.
Ad accusare i cristiani sono stati i locali presidenti del Bhartiya Janata Party (BJP), Gopal Prasad, e Kishori Sao del Vishwa Hindu Parishad (VHP), che domenica hanno sostenuto che la Chiesa pentecostale era responsabile di aver organizzato il trasporto di un centinaio di persone, inclusi donne e bambini, in una casa situata a Bankipore Gorakh, nella città di Fatua, per battezzarli. Sostengono che le persone sono state adescate con 5mila rupie in contanti e la promessa di altre 8mila per un lavoro mensile.
Prasad ha chiesto un immediato bando delle conversioni religiose, sostenendo che la Chiesa pentecostale è fortemente coinvolta nel cercare di convertire al cristianesimo la povera gente, allettandola con denaro ed altre promesse. Le stesse accuse, insieme a quella di dividere le comunità rurali a causa di motivi religiosi, sono state lanciate negli slogan scanditi nel corso di una manifestazione.
Il pastore pentecostale Rudal Paswan ha negato tentativi di conversione dei dalit. “Non abbiamo mai svolto tale attività e le accuse sono completamente false”, ha detto. Anche gli uomini e le donne che erano raccolti nella chiesa hanno negato di essere riuniti per una cerimonia di conversione. Ciò malgrado è stato riferito che il pastore è stato portato in un vicino tempio e costretto ad intonare l’invocazione indù “Jai Sri Ram”.”Stiamo seguendo la questione”, ha dichiarato B Rajender, magistrato divisionale di Patna, che ha aggiunto di aver chiesto un resoconto al giudice locale.
Da parte sua il responsabile della Commissione nazionale delle minoranze (NCM), Ansari, ha chiesto ai governi una puntualizzazione sulle accuse. Nessuno Stato, ha sostenuto, può provare che ci sono state conversione fraudolente o forzate: in uno ce ne sono state due in 20 anni.
Dayal rileva che nel Paese non esiste un generale sentimento anticristiano. “Se così fosse, saremmo tutti morti o saremmo stati costretti a divenire indù”. In realtà il Sangh Parivar [sigla che raccoglie diverse organizzazioni fondate sull’ideologia hindutva, che combattono per proteggere l’identità indù dell’India] “sta disperatamente cercando di crearsi un seguito attraverso la sua campagna di odio. Persone peraltro buone, come il primo ministro dell’ Himachal Pradesh, Raja Virbhadra Singh, sono caduti nella trappola”.
Quanto alle frasi del locale presidente del BJP – secondo il quale rimanendo indù i dalit saranno trattati “come nostri fratelli e sorelle” – Dayal osserva che “considerando le violenze su larga scala contro i dalit di tutte le fedi, non è consolante essere considerati fratelli dal Sangh Parivar”.
Fonte: AsiaNews – riprodotto con autorizzazione