Malaysia, Kuala Lumpur: arrestati 8 giovani per l’attacco a una chiesa

Sono sospettati di aver provocato l’incendio e aver lanciato pietre contro la chiesa Metro Tabernacle, dell’Assemblea di Dio. La polizia indaga i loro legami con gli altri 10 attacchi contro luoghi di culto, dopo la diatriba sull’uso del termine Allah anche per i cristiani. Le strumentalizzazioni politiche dell’Umno.

Kuala Lumpur – La polizia malaysiana ha arrestato otto giovani, sospettati di essere i responsabili dell’incendio di una chiesa nella capitale, la prima in una serie di attacchi contro luoghi di culto cristiano.

Bakri Zinin, capo degli investigatori della polizia federale ha dichiarato che i giovani, da 21 a 26 anni, “sono sospettati di essere implicati nell’incendio criminale della chiesa Metro Tabernacle”. L’edifico, della comunità dell’Assemblea di Dio, si trova nella periferia di Kuala Lumpur. L’8 gennaio alcune persone hanno lanciato oggetti incendiari e pietre creando gravi danni. Bakri Zinin ha anche dichiarato che l’inchiesta determinerà se gli stessi giovani sono legati anche agli altri attacchi.

Nelle scorse settimane, dopo quello alla Metro Tabernacle, vi sono stati altri 10 attacchi contro chiese e luoghi di culto nella Malaysia. La serie di violenze sembra essersi scatenata dopo la decisione dell’Alta Corte di autorizzare i non musulmani ad usare la parola “Allah” per definire “Dio”, lo scorso 31 dicembre. Ciò ha provocato la collera di gruppi islamici locali che difendono un uso esclusivo della parola per l’islam, accusando le altre religioni (in particolare i cristiani) di voler fare sottile proselitismo. In realtà la parola “Allah” è usata comunemente dai cristiani in tutto il Medio oriente e in Indonesia. In Malaysia vi sono prove dell’uso cristiano di questo termine fin dal 17° secolo. Il governo appoggia i gruppi islamici e ha dichiarato di voler appellarsi contro la decisione della corte.

Secondo analisti, l’appoggio del governo ai gruppi integralisti ha scopi elettorali. Schierandosi con loro, il partito di maggioranza, l’Umno, spera di avere maggior appoggio elettorale. Il partito islamico di opposizione, il Pas, difende l’uso della parola anche per cristiani ed ebrei.

Paese multietnico, la Malaysia ha circa 25 milioni di abitanti. La maggioranza è malay e musulmana (il 60%). Vi sono poi cinesi (25%) e indiani (8%). I cristiani sono il 10%; i cattolici il 3,17%.

Fonte: AsiaNews/Agenzie – riprodotto con autorizzazione

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Atto vandalico contro l’edificio di culto a due piani della chiesa protestante Grace Global Prayer. Ignoti hanno lanciato pietre rompendo le vetrate. Il fatto è accaduto ieri nella città di Seremban, capitale dello stato di Negeri Sembilan. La polizia sta investigando.

Via | fides.org / sg.news.yahoo.com / thestar.com.my

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Malaysia: Chiesa evangelica in tribunale contro il divieto di usare la parola “Allah”

La chiesa evangelica della Malaysia ricorre all’Alta Corte dopo la requisizione di alcune sue riviste in cui veniva usata la parola “Allah”. Il ministero della sicurezza interna afferma che “la pubblicazione può creare confusione e controversie nella società malaysiana”. Già all’inizio dell’anno cattolici ed evangelici avevano subito sequestri di giornali e riviste per lo stesso motivo.

Kuala Lumpur – La chiesa evangelica del Borneo è ricorsa in appello contro il divieto di usare la parola “Allah” nelle sue pubblicazioni. Oggi presso la Corte suprema è prevista l’audizione del pastore Jerry Dusing, presidente della chiesa, conosciuta in Malaysia anche come Sidang Injil Borneo (Sib).

La vicenda che oggi approda a Jalan Duta ha preso inizio nell’estate scorsa. Il 15 agosto tre scatole contenenti pubblicazioni realizzate in Indonesia dalla Sib erano state spedite in Malaysia per essere distribuite alla Sunday school (catechismo domenicale) organizzata dalla chiesa evangelica. Una volta arrivate a Sepang, le scatole erano state trattenute da addetti del ministero della Sicurezza interna (Ism) malaysiana. Un mese dopo il pastore Jerry Dusing aveva ricevuto una lettera dell’Ism con cui il ministero gli comunicava che le pubblicazioni cristiane contenenti la parola “Allah” non potevano essere distribuite nel Paese. Tra le ragioni addotte per il divieto, la lettera affermava che “la pubblicazione può creare confusione e controversie nella società malaysiana”.

In risposta la Sib aveva scritto al ministro il 24 settembre ricordandogli che il primo ministro del governo precedente, Mahathir bin Mohamad , aveva concesso l’uso della parola anche nelle pubblicazioni dei cristiani. Da questo scambio di lettere ne è sorta una controversia che ad oggi registra anche la dichiarazione del capo dell’Ism secondo cui il divieto dell’uso della parola “Allah” nelle pubblicazioni dei cristiani è ormai ristabilito. Unica eccezione viene fatta per la Bibbia e per l’uso del termine nel corso delle celebrazioni.

Il blocco delle riviste del Sib non è il primo caso. Nel dicembre 2007 l’Ism aveva bloccato per lo stesso motivo delle riviste riconsegnandole però alla fine di gennaio. Analoga vicenda per la comunità cattolica che sempre in dicembre, aveva subito il divieto di usare la parola “Allah” nelle pagine del settimanale dell’arcidiocesi di Kuala Lumpur. Per “motivi di sicurezza” l’Herald ha dovuto cancellare l’uso della parola, altrimenti rischiava la chiusura. A seguito dell’ordinanza del governo diverse partite di libri cristiani importati erano state sequestrate e l’arcidiocesi aveva deciso di portare in tribunale il governo. La comunità cattolica aveva allora sostenuto la sua posizione rifacendosi agli articoli 10 e 11 della Costituzione che garantiscono la libertà d’espressione e di praticare la propria religione.

In Malaysia quasi il 50% della popolazione è musulmano, i cristiani sono all’incirca l’8%, ma esistono anche comunità indù e buddiste e si calcola che oltre il 20% degli abitanti pratichi religioni popolari della tradizione cinese. Nel Paese operano due sistemi giuridici paralleli: uno federale-civile, regolato dalla Costituzione, ed uno di tipo giuridico-religioso che dovrebbe essere competente solo per i musulmani ed è regolato dalle leggi coraniche. Nella confusione generata da questo parallelismo trova ampio spazio la discriminazione verso fedeli di religioni diverse dall’islam. Sono frequenti i casi di conversioni vietate o forzate e di divieti come quello occorso al Sib e ai cattolici di Kuala Lumpur.

Fonte: AsiaNews – riprodotto con autorizzazione

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