I Testimoni di Geova – Indice > Altri loro insegnamenti, falsificazioni apportate alla Bibbia, Interpretazioni peculiari > Falsificazioni apportate alla Bibbia > Chi entrerà nel regno dei cieli
– Gesù disse: “Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti ed avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno de’ cieli; ma chi li avrà messi in pratica ed insegnati, esso sarà chiamato grande nel regno dei cieli”.[1]
Ma nella loro versione si legge: ‘Chiunque, perciò, viola uno di questi minimi comandamenti e insegna così al genere umano, sarà chiamato ‘minimo’ riguardo al regno dei cieli. In quanto a chiunque li osserva e li insegna, questi sarà chiamato ‘grande’ riguardo al regno dei cieli’.
Perché questa manomissione? Perché mettendo ‘riguardo al regno dei cieli’ invece di “nel regno dei cieli” fanno credere che i posti nel regno dei cieli siano veramente limitati a centoquarantaquattromila e quindi non ci possono entrare tutti i credenti.
– Nell’epistola agli Ebrei è scritto: “Ma ora ne desiderano una migliore, cioè una celeste; perciò Iddio non si vergogna d’esser chiamato il loro Dio, poiché ha preparato loro una città”.[2]
Ma nella loro versione si legge: ‘Ma ora aspirano a un [luogo] migliore, cioè uno che appartiene al cielo’.
Questa manomissione ha lo scopo di non far credere che Abramo, Isacco e Giacobbe desiderassero di andare in cielo, la loro patria, dove Dio ha preparato loro una città. E questo perché secondo la loro dottrina essi, non facendo parte dei 144.000, erano destinati a vivere sulla terra e non in cielo, quindi non potevano desiderare di andare in cielo. Quel luogo migliore che ‘appartiene al cielo’ è la terra paradisiaca in cui essi vivranno dopo che saranno risorti.
E’ bene notare che il termine greco epouranios che significa ‘celeste’ e che è presente nel sopra citato versetto, è stato da loro tradotto in questa maniera in questi altri versetti nella lettera agli Ebrei: ‘Di conseguenza, fratelli santi, partecipi della chiamata celeste (epouranios)…’;[3] ‘…rendono sacro servizio in una rappresentazione tipica e in un’ombra delle cose celesti (epouranios)….’;[4] ‘… ma le cose celesti (epouranios) stesse con sacrifici che sono migliori di tali sacrifici…’;[5] ‘Ma vi siete accostati al monte Sion e alla città dell’Iddio vivente, la Gerusalemme celeste (epouranios) …’.[6] Quindi, il fatto che in Ebrei 11:16 lo stesso termine è stato tradotto con ‘che appartiene al cielo’ e non con ‘celeste’ o con ‘che è nel cielo’ sta a dimostrare per l’ennesima volta che quando i ‘traduttori’ della Torre di Guardia hanno dovuto tradurre certi versetti che andavano contro certe loro dottrine li hanno adacquati. Siamo sicuri che se le parole di Ebrei 11:16 si fossero riferite ai 144.000 (cioè a qualcuno vissuto dopo il giorno della Pentecoste) il greco epouranios sarebbe stato tradotto con ‘celeste’.