I testimoni che asseriscono di avere visto le tavole d’oro sono del tutto inattendibili

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Come abbiamo visto, secondo quello che viene insegnato dalla chiesa mormone Joseph Smith dopo avere compiuto la traduzione delle tavole d’oro sulle quali era trascritta la pienezza del Vangelo le avrebbe restitui­te a Moroni. Quindi esse non sono più reperibili per constatarne la loro esistenza. Ma nonostante ciò si può essere certi, essi dicono, che queste tavole esistettero perché furono viste da Oliver Cowdery, David Whitmer e Martin Harris che hanno testimoniato per iscritto di averle viste. La loro testimonianza è posta in ogni copia del Libro di Mormon dopo l’Introduzione.

C’è da fidarsi di queste parole sottoscritte da questi tre uomi­ni? No, nella maniera più assoluta. Noi rigettiamo questa loro testi­monianza secondo la quale un angelo di Dio avrebbe loro portato le tavole d’oro affinché le vedessero. Un angelo di Dio, che è santo, non avrebbe potuto mai confermare a quegli uomini l’esi­stenza di tavole su cui era scritto la pienezza del Vangelo. Ma questo lo poteva fare Satana che Paolo dice “si traveste da angelo di luce”.[1] E quand’anche non gli fosse apparso Satana travestito da angelo di luce, può essere successo benissimo che Joseph Smith mostrò a quegli uomini qualcosa che rassomigliasse a delle tavole d’oro con qualche incisione sopra (niente di cui meravigliarsi ben sapendo che tipo di uomo fosse questo Joseph Smith). Oltre a tutto ciò bisogna dire che ‘i tre testimoni’ che attesta­rono di avere visto le tavole d’oro scoperte da Joseph Smith e poi tradotte da lui stesso, furono definiti in seguito dai Mormoni loro contemporanei ‘ladri e contraffattori’, quindi non degni di fiducia. Joseph Smith scrisse nella History of the Church che nessuno dei tre era degno di essere menzionato[2] e chiamò David Whitmer un asino: ‘Ma non della stessa razza di quello di Balaam… egli raglia maledizioni anziché benedizioni. Povero asino!’.[3]

Per quanto riguarda Martin Harris occorre dire che in un occasione ebbe a dichiarare di avere visto le tavole d’oro ‘con l’occhio della fede’, dato che a quel tempo esse erano coperte da un panno. Sempre a riguardo di Harris e dell’at­tendibilità della sua testimonianza, nel 1985 un uomo d’affari dello Utah consegnò alla chiesa dei Mormoni una lettera di cui l’autore è Martin Harris, uno dei ‘tre testimoni’ che atte­starono di avere visto ‘le tavole d’oro’ scoperte da Joseph Smith e tradotte da lui. Ed in questa lettera, datata sette mesi dopo la pubblicazione del Libro di Mormon, Harris riferisce quali siano state le parole di Smith attorno alla sua scoperta, parole che contrastano nettamente quelle dello stesso Smith riportate sul Libro di Mormon. Secondo le parole di Harris infatti Smith disse di avere trovato le tavole d’oro in seguito ad un incantesimo infatti disse che fu un vecchio spirito (an old spirit) a dirgli di estrarre l’oro dal terreno. Inoltre Harris afferma che Smith era coinvolto nel ‘money digging’, la ricerca di tesori nascosti, servendosi dei suoi supposti poteri speciali e di una pietra divinatoria (seer stone) per trovare i tesori sepolti. La lettera suggerisce anche che Smith usò una pietra magica per trovare gli scritti sepolti.[4] Tutto questo naturalmente annulla la testimonianza di Smith scritta sul Libro di Mormon secondo la quale fu un angelo di Dio a mostrargli il posto dove erano le tavole d’oro su cui erano incise delle scritture divine lasciate da antichi Ebrei che erano emigrati in America.[5]

Oliver Cowdery negò che il Libro di Mormon fosse la Parola di Dio. Questo lo si deduce dalle seguenti parole comparse nel 1841 sulla pubblicazione mormone Times and Seasons (Tempi e Stagioni): ‘Sarebbe prova (…) che il Libro di Mormon non è sua Parola perché rinnegato da Oliver?’[6]

Dopo tutto ciò come si può credere alla testimonianza di quei tre uomini?

Dopo che la fiducia di Joseph Smith nei tre uomini sopra citati venne meno egli scrisse un’altra testimonianza chiamata ‘La testimonianza degli otto testimoni’ che è anch’essa posta dopo l’Introduzione in ogni copia del Libro di Mormon. Questi otto testimoni attestano ‘con semplicità’ di aver visto anche loro le tavole d’oro (mostrategli da Joseph Smith). Ma quest’altra testimonianza contrasta nettamente le seguenti parole di Dottrina e Alleanze, libro sacro per i Mormoni: ‘E oltre alla tua testimonianza vi sarà la testimonianza di tre dei miei servi­tori, che chiamerò e ordinerò, ai quali mostrerò codeste cose, ed essi andranno e diffonderanno le mie parole che saranno state date loro tramite te. Sì, essi sapranno con certezza che queste cose sono vere, poiché lo dichiarerò loro dal cielo. Io darò loro il potere di guardare e di vedere codeste cose come esse sono: e a nessun altro concederò questo potere, di ricevere questa stessa testimonianza fra questa generazione…’.[7] Come potete vedere il Signore avrebbe rivelato a Joseph Smith che avrebbe fatto vedere le tavole solo a tre persone e a nessun altro, mentre gli otto affermano solennemente di averle viste anche loro. Ci troviamo davanti all’ennesima contraddizione. Ma come fanno i Mormoni ad accettare tutte queste contraddizioni? In verità l’iddio di questo secolo ha accecato le loro menti.

 


[1] 2 Cor. 11:14

[2] Cfr. Joseph Smith, History of the Church, vol. III, pag. 232

[3] Ibid., pag. 228.

[4] Cfr. Time, May 20, 1985, pag. 40. Del coinvolgimento di Smith nel ‘money digging’ ci sono diverse prove. La più schiacciante è un documento che fu pubblicato per la prima volta sul Fraser’s Magazine nel 1873 e che attesta che Joseph Smith fu arrestato dalle autorità, processato e giudicato colpevole di frode. In questo documento si possono leggere le seguenti cose: ‘STATO DI NEW YORK v. JOSEPH SMITH. Mandato di cattura emesso su lagnanza scritta sotto giuramento di Peter G. Bridgeman, che ha riferito che un certo Joseph Smith di Bainbridge era una persona disordinata ed un impostore. Il prigioniero fu portato davanti alla Corte il 20 Marzo 1826. Il prigioniero esaminato, dice che egli venne dalla città di Palmyra, e stette a casa di Josiah Stowel in Bainbridge la maggior parte del tempo da allora (most of time since) (…) Che egli aveva una certa pietra a cui aveva occasionalmente guardato per stabilire dove erano i tesori nascosti nelle cavità della terra; che egli (…) aveva cercato il signor Stowel alcune volte, e lo aveva informato dove poteva trovare questi tesori (…) che egli per tre anni occasionalmente aveva avuto l’abitudine di guardare attraverso questa pietra per trovare proprietà nascoste (…). Josiah Stowel ha giurato: egli dice che il prigioniero era stato a casa sua per un qualcosa come cinque mesi (…) che egli pretendeva di avere l’abilità di dire dove erano i tesori nascosti nella terra guardando attraverso una certa pietra: che il prigioniero lo aveva cercato alcune volte; una volta per dirgli circa del denaro sepolto in Bend Mountain in Pennsylvania, una volta per dell’oro sulla Monument Hill (…) E pertanto la Corte trova il Convenuto colpevole…’ (Fraser’s Magazine, February 1873, pag. 229-230: citato dai Tanner in op. cit., pag. 67, 69,70).

[5] A riguardo di questo Harris riferiamo anche una piccola parte della ‘rivelazione’ che Joseph Smith ebbe dal Signore a riguardo proprio di Harris: ‘Ecco, vedi, Io ti dico che poiché tu consegnasti quegli scritti che io ti avevo dato il potere di tradurre per mezzo dell’Hurim e del Thummim, nelle mani di un uomo malvagio, tu li hai perduti’ (Dottrina e Alleanze 10:1). Queste parole Joseph Smith le avrebbe proferite da parte di Dio nell’estate del 1828 poco tempo dopo questo fatto. Lui ed Harris avevano cominciato la traduzione del Libro di Mormon ed erano arrivati a 116 pagine di traduzione. A quel punto Harris prese in prestito le 116 pagine (con il consenso di Smith e – paradosso dei paradossi – con quello del Signore stesso che Smith aveva consultato a riguardo prima di dargli le ‘preziose’ pagine) per portarle a farle veder a sua moglie. Ma quelle pagine gli furono rubate. Da qui la ‘rivelazione’ di Smith. Ora, non si capisce come un uomo definito da Dio un uomo malvagio possa essere poi stato preso da Smith per confermare l’esistenza delle tavole d’oro.
A questo punto qualcuno incuriosito vorrà sapere quale fu la mossa successiva di Smith dopo che andarono perdute ben 116 pagine del Libro di Mormon. Bene, nella suddetta ‘rivelazione’ Dio gli avrebbe ordinato di non ritradurre quella parte. Perché? Per annullare il malvagio disegno dei suoi avversari che avevano alterato le sue parole. Infatti Dio gli disse che se lui avesse ritradotto nella stessa maniera quelle stesse parole, i suoi avversari avrebbero potuto coglierlo nelle sue parole e dimostrare che lui aveva mentito e aveva preteso di averle tradotte (mostrando le precedenti parole alterate) e si era contraddetto (cfr. Dottrina e Alleanze 10:30-31). Non è veramente assurda questa ‘rivelazione’ di Smith?! Certo che lo è, perché se io sono in grado di tradurre uno scritto da una lingua straniera, non importa se per una mia capacità personale o per una capacità speciale conferitami da Dio, quand’anche mi venisse rubata parte della mia traduzione i miei avversari quand’anche manipolassero le mie parole per cogliermi nelle mie parole non riuscirebbero a rendermi confuso perché ritraducendo quelle stesse parole nella stessa maniera io dimostrerei di essere in grado di tradurre quel particolare scritto straniero che esibirei assieme alla traduzione. Alla luce di tutto ciò dunque, si può capire come Smith nel volere attribuire a Dio una opera da Lui mai ordinata è stato da Dio reso confuso. Questo ci ricorda che Dio si mostra astuto col perverso e che di Lui nessuno si può fare beffe.

[6] Times and Seasons, vol. II, pag. 482: citato da Jerald e Sandra Tanner in op. cit., pag. 94

[7] Dottrina e Alleanze 5:11-14