La Chiesa Cattolica Romana – Indice > Falsificazioni ed imposture perpetrate dalla Chiesa Cattolica Romana > L’introduzione dei libri apocrifi nel canone della Bibbia
Nella sessione del 8 Aprile 1546 del concilio di Trento furono dichiarati canonici, oltre ai sessantasei libri da cui é formata la Bibbia, anche altri libri che portano questi nomi: Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico, Baruc e 1 e 2 Maccabei. Inoltre furono fatte delle aggiunte al libro di Ester e a quello di Daniele perché furono anch’esse ritenute Scritture ispirate. Nel documento redatto in quel concilio, a proposito di questa loro decisione, sono scritte tra le altre cose queste parole: ‘Se qualcuno, poi, non accetterà come sacri e canonici questi libri, interi con tutte le loro parti, come si é soliti leggerli nella chiesa cattolica e come si trovano nell’edizione antica della volgata latina e disprezzerà consapevolmente le predette tradizioni, sia anatema’.[1] Questi libri aggiunti sono apocrifi (da apokryphos, termine greco che significa ‘nascosto’)[2] e sono chiamati dalla chiesa romana deuterocanonici ossia aggiunti al canone.
Ora, i Cattolici ci accusano di avere mutilato la Bibbia togliendogli i libri qui sopra enumerati con le aggiunte a Ester e a Daniele, ma questo non è affatto vero perché noi non abbiamo tolto alcunché al canone delle Scritture. La verità è che loro hanno adulterato il canone delle Scritture aggiungendovi i libri che hanno voluto e ci accusano di averli tolti perché non ci siamo conformati alla decisione del concilio di Trento. In altre parole loro non sopportano che noi ci siamo astenuti dall’includere nel canone dei libri che sin da quando comparvero non furono dichiarati canonici!
Le ragioni per cui noi non riconosciamo i libri apocrifi come canonici, cioè come parte del canone delle Scritture, sono le seguenti.
– Essi sono pieni di contraddizioni e di errori, e di ciò ci sono le seguenti prove.
>Nel libro di Ester è scritto a proposito di quando Ester si presentò dopo il digiuno al re: “Il re era assiso sul trono reale nella casa reale, di faccia alla porta della casa. E come il re ebbe veduta la regina Ester in piedi nel cortile, ella si guadagnò la sua grazia; e il re stese verso Ester lo scettro d’oro che teneva in mano; ed Ester s’appressò, e toccò la punta dello scettro. Allora il re le disse: Che hai regina Ester? che domandi? Quand’anche tu chiedessi la metà del regno, ti sarà data”.[3] Nelle aggiunte fatte a questo libro troviamo scritto a proposito dello stesso episodio queste parole: ‘Varcate tutte le porte, si presentò davanti al re, che stava assiso sul suo trono, rivestito di tutti gli ornamenti della sua maestà, fulgente d’oro e di pietre preziose: il suo aspetto era imponente. Or, appena egli ebbe alzato il capo scintillante di splendore, e lanciato uno sguardo ardente di collera, la regina cambiò colore, svenne e si appoggiò sulla spalla della damigella che l’accompagnava’.[4] Come potete vedere la descrizione fatta nell’aggiunta contrasta quella autentica del libro ispirato, perché nella prima è detto che Ester si guadagnò il favore del re mentre nella seconda è detto che il re lanciò uno sguardo di collera verso Ester e che ella per giunta svenne.
>Nel libro di Tobia, che è pieno di favole, riscontriamo una menzogna che lo scrittore fa dire a un angelo di Dio di nome Rafael.
Prima troviamo scritto che Tobia uscì in cerca di un uomo pratico della strada, che lo accompagnasse nella Media, e appena uscito, si vide davanti Rafael, l’angelo, ma non sapeva che era un angelo di Dio, poi quando Tobit, suo padre, gli chiese: Fratello, potresti dirmi di qual famiglia e di qual tribù tu sei?, questi gli rispose: ‘Io sono Azaria, figlio di Anania il grande, uno dei tuoi fratelli’.[5] Gli angeli di Dio sono santi e non si mettono a mentire quando parlano perché essi fanno e dicono tutto ciò che Dio vuole. Se l’angelo si chiamava Rafael avrebbe dovuto rispondere che si chiamava Rafael; come mai allora disse di essere Anania?
Sempre in questo libro riscontriamo anche la superstizione insegnata niente di meno che da un angelo di Dio! E’ scritto infatti in esso che una notte Tobia scese verso il fiume Tigri per lavarsi i piedi, ed ad un tratto un grosso pesce balzò fuori dall’acqua per divorare il piede del ragazzo che si mise a gridare. L’angelo allora gli disse di afferrare il pesce e di trargli fuori il fiele, il cuore e il fegato che possono essere utili come farmaci, e di buttare via gli intestini. Dopo che Tobia ebbe arrostito una parte del pesce e l’ebbe mangiata, si misero in cammino e durante il cammino il giovane domandò all’angelo che farmaco ci può essere nel cuore e nel fegato e nel fiele del pesce. L’angelo allora gli rispose: ‘Quanto al cuore e al fegato del pesce, se ne fai salire il fumo davanti a un uomo o a una donna, che subiscono un attacco da parte di un demonio o di uno spirito malvagio, cesserà ogni attacco contro di loro e non ne resterà più traccia alcuna’.[6] Ma come si può accettare per ispirato un libro dove gli angeli si mettono pure a insegnare la superstizione?
>Nel libro di Giuditta si fa risalire la storia di questa donna a poco dopo il rientro dei Giudei dalla cattività dei Babilonesi, e in un passo viene detto: ‘I figli d’Israele, che abitavano in Giudea, venuti a sapere quello che Oloferne, generale in capo di Nabucodonosor, re d’Assiria, aveva fatto a quei popoli, e come avesse spogliato i loro santuari e li avesse distrutti, temettero grandemente al vederselo davanti e si sentirono angosciati per Gerusalemme e per il tempio del Signore loro Dio, perché da poco avevano fatto ritorno dalla schiavitù ed era cosa recente la riunificazione di tutto il popolo della Giudea, la purificazione dei vasi sacri e del Tempio, che era stato profanato’.[7] In queste poche parole ci sono diverse menzogne perché quando i Giudei tornarono dalla cattività in Giudea non esisteva più il re Nebucodonosor, re di Babilonia, perché morto da molti anni, e sul regno dei Medi e dei Persiani in quel tempo regnava Ciro re di Persia il quale era stato lui a rimandare liberi gli esuli Ebrei affinché tornassero in Giudea a costruire il tempio di Dio.
>Lo scrittore del secondo libro dei Maccabei termina con queste parole: ‘Se la disposizione della materia è stata buona e come si conviene alla storia, é quello che ho desiderato. Se poi é mediocre e di scarso valore, é quanto ho potuto fare’.[8] Uno scrittore ispirato da Dio non avrebbe mai scritto delle parole simili perché Dio non si può scusare con nessuno di non avere potuto fare del suo meglio, e perché nello Scritto ispirato tutto é buono e tutto ha valore perché ciò che vi é scritto é Parola di Dio.
Sempre in questo libro troviamo una menzogna che consiste in questo: lo scrittore dice che il profeta Geremia se ne andò al monte dove Mosè era salito per vedere la terra promessa e presso questo monte in una caverna nascose il tabernacolo e l’arca e l’altare dei profumi, e poi che aveva detto ad alcuni che il luogo sarebbe rimasto ignoto fino a quando Dio avrebbe riunito nuovamente il suo popolo infatti in quel tempo Dio avrebbe rivelato dove erano quegli oggetti sacri.[9] Ma le cose non possono essere vere perché nel libro del profeta Geremia è scritto che all’arca del patto dell’Eterno non vi si sarebbe più pensato quando Dio li avrebbe ricondotti in Sion infatti è scritto: “E vi ricondurrò a Sion; e vi darò dei pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con conoscenza e con intelligenza. E quando sarete moltiplicati e avrete fruttato nel paese, allora, dice l’Eterno, non si dirà più: ‘L’arca del patto dell’Eterno!’ non vi si penserà più, non la si menzionerà più, non la si rimpiangerà più, non se ne farà un’altra”.[10] Come potete vedere anche questa aperta contraddizione fa capire come questo libro non può essere ispirato da Dio.
Altra contraddizione che fa dei libri dei Maccabei dei libri inaffidabili è la descrizione della morte di Antioco Epifane che è riportata in tre maniere completamente diverse l’una dall’altra. Difatti in un passo è scritto: ‘Al sentire tali notizie, il re restò abbattuto e, preso da profonda agitazione, si gettò sul letto, e s’ammalò per la gran tristezza, perché le cose non erano andate secondo i suoi desideri. Egli rimase così per molti giorni, e siccome la sua tristezza andava crescendo, si sentì vicino a morire’[11] (e più avanti si dice che morì); in un altro passo si dice che lo stesso re morì lapidato in Persia nel tempio della dea Nanea infatti troviamo scritto che i sacerdoti di Nanea ‘massacrarono il condottiero e i suoi compagni a sassate, tagliarono loro le membra e la testa’;[12] ed infine in un altro passo troviamo scritto che morì roso dai vermi ad Ecbatana perché Dio lo colpì con una piaga.[13]
Abbiamo dimostrato alcuni dei numerosi errori che esistono in questi libri i quali ci fanno comprendere che gli scrittori che scrissero quelle cose non furono sospinti dallo Spirito Santo.
Nei libri apocrifi ci sono anche delle storie che servono di base ad alcune dottrine perverse presenti nella chiesa romana. Per esempio nei Maccabei ci sono dei passi che parlano di preghiere per i morti e di un sacrificio espiatorio offerto per dei morti[14] e di preghiere fatte da un sacerdote morto e dal profeta Geremia (morto anch’egli) per i vivi sulla terra.[15]
Sì, é vero dell’esistenza nei libri della Sapienza e dell’Ecclesiastico, per esempio, di alcune cose vere che non possono essere annullate, ma non per questo i libri apocrifi possono essere considerati canonici.
– Lo Spirito della verità che dice la verità, non attesta per nulla in noi figliuoli di Dio che essi sono Parola di Dio perché ci fa sentire in maniera inequivocabile che essi non devono essere accettati come Parola di Dio. Le pecore del Signore conoscono la sua voce ed essa non può confondersi con un altra; e la voce con cui parlano questi libri non é quella del Pastore delle anime nostre.
– Né Gesù Cristo e neppure gli apostoli fecero mai riferimento a questi libri apocrifi, e questo loro silenzio sta a dimostrare che essi non erano considerati da loro Parola di Dio. Una cosa possiamo dirla: che se gli Ebrei avessero tolto dai libri canonici quelli che secondo i teologi romani sono canonici, si sarebbero resi colpevoli anche di questa colpa davanti a Dio, e Gesù Cristo, Colui per mezzo del quale sono tutte le cose, non avrebbe mancato di riprenderli severamente anche per questo loro atto iniquo.
– Gli Ebrei prima e poi anche i Cristiani dei primi secoli dopo Cristo non li riconobbero mai come canonici.
Gli Ebrei, a cui (non lo dimentichiamo questo) “furono affidati gli oracoli di Dio”[16] non riconobbero mai come canonici quei libri e quelle aggiunte ad Ester e a Daniele; è per questo infatti che nella Bibbia ebraica (che contiene solo i libri dell’Antico Patto) essi sono assenti. La Chiesa primitiva negò la canonicità di questi libri infatti non li mise mai allo stesso livello di quelli sacri. E dato che la chiesa cattolica romana si appoggia così tanto ai suoi cosiddetti antichi padri facciamo presente ai Cattolici romani che ci sono diverse testimonianze di alcuni di loro vissuti nei primi secoli dopo Cristo che dicono che quei libri ai loro giorni non venivano considerati canonici. Uno di questi, Girolamo, tenuto in grandissima stima dalla chiesa cattolica, affermò: ‘La Chiesa legge il libro di Tobia, di Giuditta, dei Maccabei, di Baruc, di Susanna, della Sapienza, dell’Ecclesiastico, l’inno dei tre giovani e le favole di Belo e del Dragone; ma essa non li riceve affatto nel novero delle Scritture autentiche’.[17] Il concilio di Trento dunque, riconoscendo per canonici gli apocrifi ha contrastato anche Girolamo che è l’autore della traduzione latina detta Vulgata che il concilio di Trento ha dichiarato dovere essere accettata come la sola autentica tra tutte le versioni. E’ vero che Girolamo disse pure delle cose perverse e che la traduzione da lui fatta conteneva molti errori ma in quelle sue parole sopra citate afferma chiaramente che la Chiesa ai suoi tempi non accettava come canonici gli stessi libri aggiunti dalla chiesa romana al canone. Perché dunque Girolamo in questo caso non è accettato dalla curia romana come invece lo è quando sostiene che è cosa buona la venerazione delle reliquie dei santi martiri, o che il vescovo di Roma è il successore di Pietro? La ragione è evidente; essa prende quello che gli fa comodo dai suoi padri; quello che di giusto essi hanno detto invece e che non sostiene la loro tradizione è rigettato.
Infine, vogliamo citare le seguenti Scritture che attestano che è vietato sia aggiungere che togliere alcunché alla Parola di Dio:
– “Ogni parola di Dio è affinata col fuoco… Non aggiunger nulla alle sue parole, ch’egli non t’abbia a riprendere, e tu non sia trovato bugiardo”;[18]
– “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando, e non ne toglierete nulla..”;[19]
– “Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole della profezia di questo libro: Se alcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in questo libro; e se alcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Iddio gli torrà la sua parte dell’albero della vita e della città santa, delle cose scritte in questo libro”.[20]
Quindi coloro che hanno fatto queste aggiunte alla Parola di Dio ne porteranno la pena per l’eternità, perché si sono permessi di fare passare alle moltitudini delle parole d’uomini e delle favole per Parola di Dio.
[1] Concilio di Trento, Sess. IV, primo decreto.↩
[2] Questo termine greco è presente in questo verso della Scrittura: “Poiché non v’è nulla di nascosto (apokryphos) che non abbia a diventar manifesto” (Luca 8:17).↩
[3] Est. 5:1-3↩
[4] Ed. Paoline. 1971, Ester 15: 9-10↩
[5] Ibid., cfr. Tobia 5:4-13↩
[6] Ed. Paoline 1990 (sesta ed.), Tobia 6:8↩
[7] Ed. 1971, Giuditta 4:1-3↩
[8] Ibid., 2 Maccabei 15:38↩
[9] Cfr. 2 Maccabei 2: 1-8↩
[10] Ger. 3:14-16↩
[11] Ed. 1971, 1 Maccabei 6:8,9↩
[12] Ibid., 2 Maccabei 1:16↩
[13] Ibid., cfr. 2 Maccabei 9:1-28↩
[14] Cfr. 2 Maccabei 12:38-46↩
[15] Cfr. 2 Maccabei 15:11-16↩
[16] Rom. 3:2↩
[17] Girolamo, Prologo a Graziano. Oltre a Girolamo ci fanno sapere – con rammarico – gli studiosi cattolici che anche Ilario di Poitiers e Origene non riconoscevano questi libri come ispirati.↩
[18] Prov. 30:5,6↩
[19] Deut. 4:2↩
[20] Ap. 22:18,19↩