Gli Avventisti del Settimo Giorno – Indice > Storia > Ellen G. White
Ellen Gould White (1827-1915) nacque in Gorham, nel Maine. Nella sua fanciullezza (a nove anni) rimase invalida in seguito ad una pietra che lanciata da una ragazza la colpì al naso, e per questo dovette interrompere le scuole. I suoi genitori erano membri della Chiesa Metodista, e lei sperimentò la conversione in seno a questa Chiesa. Dopo aver sperimentato il perdono dei suoi peccati, chiese con fermezza ed insistenza di entrare a far parte della Chiesa Metodista mediante il battesimo per immersione che lei ricevette nell’estate del 1842. La sua famiglia credette alla predicazione di Miller (e per questa loro adesione al movimento millerita fu espulsa dalla Chiesa Metodista), e dopo la delusione del 1844 ella cominciò ad avere ‘visioni’ e a riferirle. E molti del movimento Avventista attorno a Portland cominciarono a reputarla una profetessa le cui parole dovevano essere ascoltate. Da quel tempo cominciò ad insegnare e a scrivere. Nel 1846 si sposò un predicatore del movimento avventista, di nome James White, da cui ebbe quattro figli. Ellen White dunque, come abbiamo detto poco fa, dopo la delusione dell’ottobre del 1844 cominciò a riferire delle visioni che ella diceva di avere avuto da Dio. Nel Febbraio del 1845 per esempio, ella ebbe una ‘visione’ in cui vide Gesù entrare nel luogo santissimo del santuario celeste, confermando così la ‘visione’ di Hiram Edson e la dottrina del santuario.[1] Nel 1847 ebbe un’altra ‘visione’ nella quale ella fu portata prima nel luogo santo e poi nel luogo santissimo del santuario celeste. Qui vide l’arca e i dieci comandamenti (scritti sulle tavole di Dio) nell’arca, con un aureola di gloria attorno al comandamento del sabato. In questa maniera rafforzava la dottrina di Bates sul sabato. Queste sono alcune delle ‘visioni’ avute dalla White in quei primi anni dopo la delusione dell’autunno 1844. Nel corso della sua vita ella ebbe moltissime ‘visioni’.[2]
La White scrisse molto (alla fine di un suo libro viene detto dagli editori che scrisse 55 volumi); nei suoi scritti sono trattati la vita di Gesù,[3] la salvezza, la storia della chiesa, la storia dei patriarchi, dei profeti e dei re, la famiglia e la società, la salute, l’educazione, l’evangelizzazione, le finanze, le missioni mondiali, l’organizzazione della chiesa, ecc. (si può dire che non c’è quasi nessuna dottrina o nessun comportamento su cui lei non abbia scritto qualcosa). I suoi scritti hanno avuto una larga diffusione nel mondo intero essendo stati tradotti in decine e decine di lingue. La White è tenuta in altissima considerazione in seno alla Chiesa Avventista del settimo giorno; nel diciassettesimo articolo di fede della Chiesa Avventista si legge infatti: ‘Uno dei doni dello Spirito Santo è la profezia. Questo dono è un segno d’identificazione della chiesa del rimanente e fu manifestato nel ministerio di Ellen G. White. In qualità di messaggera del Signore, i suoi scritti sono una continua e autorevole fonte di verità e provvedono al conforto della chiesa, alla sua guida, alla sua istruzione e alla sua correzione’.[4] Ecco perché negli scritti e nei discorsi dei ministri della Chiesa Avventista le parole della White vengono citate molto sovente, e spesso sono, per usare una espressione biblica, “la conferma che pone fine ad ogni contestazione”.[5] Ma sulla posizione avventista sugli scritti di questa donna torneremo più avanti perché c’è altro da dire. Come avete potuto vedere gli Avventisti nel loro articolo di fede citato poco fa chiamano la White ‘messaggera del Signore’ e non profetessa, quantunque negli scritti e nei discorsi degli Avventisti ella viene spesso definita ‘profetessa’ o ‘profeta’.[6] Il motivo è perché la White stessa non pretese di essere un profeta infatti ebbe a dichiarare: ‘Io non ho altre affermazioni da fare se non che ‘sono stata informata di essere la messaggera del Signore’; che Egli mi ha chiamata nella mia gioventù per essere sua messaggera, ricevere la sua Parola e dare un chiaro e deciso messaggio nel nome del Signor Gesù… Perché non ho preteso di essere un profeta? Perché in questi giorni molti che baldanzosamente affermano di essere profeti, costituiscono un biasimo per la causa di Cristo; e perché la mia opera include molto di più di quello che la parola ‘profeta’ significa’.[7]
[1] A proposito di questa ‘visione’ avuta dalla White esiste una sua lettera, indirizzata a Joseph Bates, in cui ella racconta la circostanza in cui la ebbe. ‘La visione sulla venuta dello sposo che io ebbi attorno alla metà del febbraio del 1845, mentre ero in Exeter, Maine, in un incontro con Israel Dammon James e molti altri. Molti di loro non credevano in una porta chiusa / io soffrii molto all’inizio dell’incontro / l’incredulità pareva essere su ogni mano… una divisione era sorta nel gruppo a proposito della porta chiusa / lei (la sorella Durben) aveva grande simpatia e non poteva credere che la porta era chiusa (Io non avevo saputo nulla delle loro differenze) la sorella Durben si alzò per parlare e io mi sentii molto triste / alla lunga la mia anima pareva in agonia e mentre lei parlava caddi dalla mia sedia sul pavimento / fu allora che io ebbi la visione di Gesù alzarsi dal suo meaditorial thrown (n.d.a. nell’impossibilità di tradurre i termini in italiano ho lasciato l’originale inglese) e andare nel santissimo come sposo per ricevere il suo regno’(Ellen G. White to Bates, July 13, 1847; citato da Ingemar Lindèn, The Last Trump (L’Ultimo Suon di Tromba), Frankfurt Am Main 1978, pag. 95). Qualcuno si domanderà a che cosa si riferisca la White con il termine ‘porta chiusa’. Bene, la White si riferiva alla dottrina, accettata da parecchi seguaci di Miller dopo la grande delusione, secondo cui Cristo il 22 ottobre 1844 era venuto come sposo nel luogo santissimo per preparare la sua discesa sulla terra che era imminente, e tutti coloro che non avevano creduto a quella data erano condannati alla distruzione. La porta era stata chiusa (e prendevano il passo di Matteo 25:10); chi aveva creduto era dentro, chi non aveva creduto era fuori per sempre. Per cui tutte quelle conversioni che avvenivano dopo l’ottobre 1844 erano ritenute false, non prodotte dallo Spirito Santo. Quello che rimaneva da fare agli Avventisti era santificarsi nell’attesa imminente di Cristo. La White dunque accettò anche lei questa eresia (per abbandonarla qualche anno dopo) confermandola con una ‘visione’. Alcuni Avventisti però negano questo. Un esempio lo è F. D. Nichol che nel suo libro Ellen G. White and Her Critics (Ellen G. White e i suoi Critici) dedica molto spazio a questa questione cercando di dimostrare che la White non sostenne mai l’errore teologico della ‘porta chiusa’ con una visione.↩
[2] Il marito della White disse che sua moglie nella prima parte del suo ministerio ebbe da cento a duecento ‘visioni aperte’ in ventitré anni. Queste ‘visioni aperte’ comunque decrebbero con il passare degli anni. Viene detto che la White in 70 anni di ministerio ebbe 2000 tra sogni profetici e visioni divine. A proposito delle ‘visioni’ della White su Il Messaggero Avventista si legge: ‘Specialmente durante i primi anni del suo lavoro, le visioni della Signora White avvenivano spesso in presenza di molti testimoni. Durante queste manifestazioni, essa era perfettamente inconsapevole di quanto la circondava. Tuttavia soleva spesso muoversi qua e là per la stanza, facendo dei gesti aggraziati e descrivendo ad alta voce le scene che vedeva. La sua forza in quelle occasioni era fenomenale. Diversi uomini vigorosi tentarono di smuovere la sua mano o il suo braccio dalla posizione assunta, ma inutilmente. Una volta, in casa del signor Curtis, in Topsham (Maine), nel 1845, essa prese da uno scrittoio una grossa Bibbia di famiglia, del peso di circa otto chili, e, tenendola a braccio spiegato al disopra della testa con la man sinistra, ne voltava le pagine con la destra. Poi con gli occhi sollevati in alto, lontano dal libro, essa leggeva correttamente molti versetti della Scrittura, indicando i versetti con l’indice della mano destra. Nel raccontare le sue visioni Ellen White parlava spesso di colui che le aveva dato delle istruzioni, dicendo: ‘il mio angelo custode’, o ‘il mio istruttore’, oppure ‘la mia guida’.(…) Sebbene poi Ellen White parlasse spesso mentre era in visione, non le usciva del fiato dalle labbra. Il 26 giugno del 1854 a Rochester (New York), mentre era in visione, due dottori tentarono di mostrare che doveva esserci del fiato nei suoi polmoni. Fra gli altri esperimenti, una candela accesa fu tenuta tanto vicina alle sue labbra per quanto era possibile senza bruciarla; eppure, nonostante che in quel momento ella parlasse con forza, non fu notato neanche il più piccolo tremolio della fiamma. Il primo sintomo del suo ritornare in sé dalla visione era una profonda inspirazione. Occorrevano forse parecchi secondi prima che respirasse una seconda volta. Poi, dopo alcune altre profonde inspirazioni, essa cominciava a respirare normalmente’ (Il Messaggero Avventista, Agosto-Settembre 1984, pag. 121). Tutti questi fatti possono impressionare quanto si vuole chi li legge; rimane il fatto che molte ‘visioni’ della White hanno confermato parecchie menzogne da lei insegnate che non hanno nulla a che fare con la verità. Dunque le sue ‘visioni’ vanno rigettate non importa cosa viene detto essere accaduto mentre le ebbe.↩
[3] La White nel parlare della vita di Gesù ha riferito fatti non raccontati né da Matteo, né da Marco, né da Luca e neppure da Giovanni. Per esempio ella dice che Gesù ‘si preoccupava anche degli animali, e curava amorosamente gli uccellini feriti che talvolta trovava per i campi’ (E. White, Con Gesù da Betlemme al Calvario, Firenze 1965, pag. 22); poi dice che quando Gesù a dodici anni andò a Gerusalemme per la Pasqua: ‘Ogni mattina ed ogni sera un agnello era offerto sull’altare per prefigurare la morte del Salvatore. Mentre Gesù fanciullo guardava la vittima innocente, lo Spirito di Dio Gli rivelò il significato di quel sacrificio: Egli seppe così che Lui, vero agnello di Dio, sarebbe morto per i peccati degli uomini. Commosso da questa rivelazione, Gesù sentì un grande bisogno di solitudine, e si allontanò dai suoi genitori. Quando essi si avviarono sulla via del ritorno, si accorsero che il fanciullo non era con loro’ (E. White, op. cit., pag. 24). In relazione alla risurrezione di Gesù, la White dice poi: ‘Ma quando l’angelo mandato da Dio si avvicina al sepolcro, fuggono tutti in preda al terrore. L’angelo pone la mano sulla pietra che chiude l’entrata della tomba e la rimuove, come se fosse un ciòttolo. Poi, con voce squillante che fa tremare la terra, grida: ‘Gesù, Figlio di Dio, risorgi! Tuo Padre ti chiama!’ E Colui che ha vinto la morte e la tomba, esce dal sepolcro dicendo: Io sono la risurrezione e la vita’ (Ibid., pag. 116). Tutte queste cose potranno pure sembrare vere a qualcuno: per noi sono solo alcune delle tante immaginazioni della White che si trovano qua e là nei suoi scritti.↩
[4] Citato da Giuseppe De Meo, Il granel di sale, Torino 1980, pag. 234↩
[5] Ebr. 6:16↩
[6] Le prove addotte dagli Avventisti a dimostrare che la White fu un vero profeta sono queste: 1) i suoi scritti sono in accordo con la Bibbia per cui ella non insegnò dottrina che non possa essere provata con la Scrittura; 2) la crescita dell’opera avventista e delle sue istituzioni nel mondo intero; 3) le sue predizioni sono risultate esatte e gli eventi in corso rivelano il graduale adempimento delle sue profezie per gli ultimi giorni (a questo riguardo viene detto di leggersi gli ultimi capitoli del suo libro Il gran conflitto); 4) ella esaltò Cristo.↩
[7] Citato da Scuola del Sabato, 2/88, pag. 150. Si noti come la White si definisca più che una profetessa, perché dice di essere la messaggera del Signore. Un po’ insomma come Giovanni Battista, che era più che un profeta essendo colui del quale era stato scritto: “Ecco, io vi mando il mio messaggero …” (Mal. 3:1). Solo che nel caso di Giovanni Battista non fu lui a definirsi più che un profeta, cioè il messaggero del Signore perché fu il Signore Gesù a dire queste cose di lui (cfr. Matt. 11:9-10). Il fatto che la White si sia definita ‘la messaggera del Signore’ non è qualcosa che comunque sorprende; perché anche Freytag (fondatore della Chiesa del Regno di Dio), e William Marrion Branham si definirono ambedue ‘il messaggero dell’Eterno’. E guarda caso, anche loro hanno insegnato dottrine di demoni come fece la White. E’ piuttosto frequente in questi ultimi giorni sentir dire a uomini e donne che insegnano cose perverse che sono ‘il messaggero del Signore’.↩