Gli Avventisti del Settimo Giorno – Indice > Altri loro insegnamenti > La predestinazione > Confutazione – Dio ha predestinato alcuni alla gloria ed altri alla perdizione
L’apostolo Paolo dice ai Romani: “Perché quelli che Egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati ad esser conformi all’immagine del suo Figliuolo, ond’egli sia il primogenito fra molti fratelli; e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati”.[1] Ora, secondo l’apostolo solo quelli che Dio ha preconosciuti sono stati predestinati ad ottenere la giustificazione. Ma che significa che Dio ha preconosciuto e predestinato alcuni ad essere giustificati? Significa forse semplicemente che Dio sapeva che costoro si sarebbero ravveduti e avrebbero creduto in Cristo e sarebbero stati così giustificati? Ma se fosse così che senso avrebbe parlare di predestinazione nei loro confronti? Non è forse vero che il verbo predestinare, come dice da se stesso, significa ‘stabilire in precedenza’? Facciamo un esempio. Se io decido di comprare un certo campo con lo scopo di destinare una precisa parte di esso, mettiamo caso un decimo, alla costruzione di una casa; ed una altra parte, i nove decimi, alla coltivazione di agrumi, non ho forse deciso il destino di quel campo in anticipo? E quando dopo averlo comprato metto in atto il mio proposito non si può forse dire che quel campo era stato da me predestinato ad essere usato in quella maniera? Certo che si può dire. Dunque se Dio ci ha predestinati ad essere giustificati significa che tra tutti gli uomini da lui creati sulla terra egli, ancora prima che noi lo conoscessimo cioè ancora prima che credessimo, aveva decretato di indurci a credere nel suo Figliuolo Gesù Cristo. Ci fece forza e ci vinse, ci persuase e noi ci lasciammo persuadere; senza sapere assolutamente nulla del suo decreto divino nei nostri confronti. Ma forse tu dirai: Ma sono io che mi sono ravveduto e creduto in Gesù, la scelta è stata la mia non di Dio? Vorrei allora domandarti: chi ti ha dato il ravvedimento? Non è forse stato Dio secondo che è scritto: “Iddio dunque ha dato il ravvedimento anche ai Gentili affinché abbiano vita”?[2] E chi ti ha dato la fede? Non è forse stato Dio perché Paolo la chiama “il dono di Dio”[3] e dice che ciò non vien da noi? Che hai dunque che non l’hai ricevuto da Dio? Niente, dunque se ti sei ravveduto ed hai creduto è perché Dio ha voluto darti il ravvedimento e la fede. Lui ti aveva preordinato a vita eterna, per questo tu credesti; nella stessa maniera dei credenti di Antiochia di Pisidia secondo che è scritto: “E tutti coloro che erano preordinati alla vita eterna, credettero”.[4] Ma forse adesso dirai: ma sono io che ho voluto andare a Gesù. Sei andato a Gesù perché hai voluto andare a Gesù, è vero questo; ma è altresì vero che sei andato a Gesù perché Dio ha voluto attirarti a Cristo senza che tu sapessi nulla. Non hai mai letto queste parole di Gesù: “Niuno può venire a me se non che il Padre, il quale mi ha mandato, lo attiri”,[5] e: “Niuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre”?[6] Nota bene come per ben due volte Gesù disse “se non”. Dunque ti ribadisco che tu non avresti giammai potuto andare a Gesù SE NON ti fosse stato dato dal Padre di andare a Cristo. Mi dirai a questo punto: ma allora anche chi non si ravvede e non crede in Gesù, va in perdizione in seguito ad un decreto di Dio nei suoi confronti? Sì, proprio così. Tu allora mi dirai: ma ciò è un ingiustizia, tu fai passare Dio per un Dio ingiusto, senza pietà, che si prende gioco delle sue creature? Ascolta quello che dice la Scrittura e vedrai che non è così come tu dici. L’apostolo Paolo per spiegare come mai solo un residuo del popolo d’Israele ha accettato la salvezza mentre la maggior parte dei Giudei l’hanno rigettata, parla della nascita di Esaù e Giacobbe. Egli dice che “prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di bene o di male, affinché rimanesse fermo il proponimento dell’elezione di Dio, che dipende non dalle opere ma dalla volontà di colui che chiama, le fu detto [a Rebecca]: Il maggiore servirà al minore; secondo che è scritto: Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù”.[7] L’esempio preso da Paolo mostra che Dio scelse Giacobbe e rigettò Esaù ancora prima che nascessero e facessero alcunché di bene o di male. Il loro destino era stato già segnato da Dio prima che nascessero. Dopo che nacquero naturalmente le cose andarono come Dio aveva predetto; perché il maggiore diventò servitore del minore. Ma perché le cose andarono in quella maniera? Semplicemente perché Esaù vendette la sua primogenitura a Giacobbe, e quest’ultimo con l’inganno si appropriò della benedizione che spettava a Esaù? Ovvero le cose andarono in quella maniera perché Esaù e Giacobbe decisero di agire in quella maniera (comportamento sbagliato da ambedue le parti) e basta? Sì i due fratelli si comportarono in quella maniera, ma dietro tutto ciò c’era la mano di Dio che dirigeva tutte le cose affinché le parole dette a Rebecca si adempissero. Fu ingiusto Dio ad agire in quella maniera nei confronti di Esaù e Giacobbe? Così non sia; non è forse vero che lui fa tutto quello che vuole in cielo, in terra e negli abissi,[8] e che è irreprensibile quando esprime un giudizio di qualsiasi genere esso sia?[9] L’apostolo Paolo prevedendo che qualcuno sarebbe stato trascinato a dire che Dio è ingiusto difende l’operare di Dio dicendo: “Che diremo dunque? V’è forse ingiustizia in Dio? Così non sia. Poiché Egli dice a Mosè: Io avrò mercé di chi avrò mercé, e avrò compassione di chi avrò compassione. Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. Poiché la Scrittura dice a Faraone: Appunto per questo io t’ho suscitato: per mostrare in te la mia potenza, e perché il mio nome sia pubblicato per tutta la terra. Così dunque Egli fa misericordia a chi vuole, e indura chi vuole”.[10] Le parole dell’apostolo sono chiare, molto chiare; e sicuramente questa grande chiarezza disturba non pochi. Si noti che Paolo prende l’esempio di Faraone per attestare che Dio indura chi vuole. Indura chi vuole? Sì proprio così, Dio indura chi vuole. Ma l’esempio di Faraone non è il solo esempio di indurimento prodotto da Dio che troviamo scritto nella Scrittura. Al tempo di Gesù quasi tutti i Giudei furono induriti da Dio affinché non credessero in Gesù. Ecco cosa dice Giovanni: “E sebbene avesse fatto tanti miracoli in loro presenza, pure non credevano in lui; affinché s’adempisse la parola detta dal profeta Isaia: Signore, chi ha creduto a quel che ci è stato predicato? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore? Perciò non potevano credere, per la ragione detta ancora da Isaia: Egli ha accecato gli occhi loro e ha indurato i loro cuori, affinché non veggano con gli occhi, e non intendano col cuore, e non si convertano, e io non li sani”.[11] Perché non credettero quei Giudei in Gesù? Perché non potevano credere. Il motivo è chiaro, perché Dio indurò i loro cuori e accecò i loro occhi. In altre parole, perché non fu loro dato di credere in Gesù, di andare a Gesù. Si dovevano adempiere le parole del profeta Isaia e quindi non potevano credere. E di chi erano le parole del profeta? Di Dio. Dunque Dio aveva deciso di non far credere la maggior parte dei Giudei. Gesù sapeva questo, infatti è per questo che egli parlava alle turbe in parabole. Egli un giorno disse ai suoi discepoli che gli domandarono perché parlasse alle turbe in parabole: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato”.[12] Nonostante ciò però, Gesù pianse su Gerusalemme perché lo aveva rigettato e disse che essi non avevano voluto convertirsi. Ecco le sue parole: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figliuoli, come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!”.[13] Non avete voluto, disse Gesù. Eppure egli sapeva che non avevano voluto perché Dio aveva indurato i loro cuori e accecato i loro occhi. Questo a dimostrazione che la volontà che l’uomo impiega nel rigettare l’Evangelo gli viene addebitata anche se il suo rigetto rientra nel volere di Dio. Questo rigetto da parte dei Giudei fu necessario affinché Cristo morisse per i nostri peccati, cioè il fatto che i Giudei perseguitarono Gesù e lo appiccarono per mezzo dei Gentili alla croce fu qualcosa che Dio aveva innanzi determinato che avvenisse per il nostro bene. Pietro infatti disse ai Giudei: “Uomini israeliti, udite queste parole: Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra voi mediante opere potenti e prodigî e segni che Dio fece per mezzo di lui fra voi, come voi stessi ben sapete, quest’uomo, allorché vi fu dato nelle mani, per il determinato consiglio e per la prescienza di Dio, voi, per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste; ma Dio lo risuscitò, avendo sciolto gli angosciosi legami della morte, perché non era possibile ch’egli fosse da essa ritenuto”.[14] Si notino molto bene le parole “per il determinato consiglio di Dio e per la prescienza di Dio”. Evidentemente i Giudei non sapevano che così agendo avrebbero adempiuto le parole dei profeti perché Cristo sarebbe morto per gli ingiusti, eppure Dio si usò della loro malvagità, della loro incredulità per far sì che Gesù morisse per i nostri peccati. Non bisogna dunque riconoscere che Dio è savio, e si usa di persone indurite da lui stesso per adempiere i suoi disegni? Sì, proprio così. E non bisogna pure riconoscere che Dio indurendo i cuori degli uomini trae gloria per il suo nome? Sì, infatti sia nel caso di Faraone, citato prima, e sia nel caso dei Giudei che crocifissero Gesù, Dio ha tratto somma gloria. Faraone infatti fu prima da lui umiliato grandemente con segni e prodigi di ogni genere e poi fatto sommergere dalle acque del Mar rosso assieme al suo esercito; al che gli Israeliti si misero a esaltare Dio per la sua grandezza.[15] Gesù fu da Dio risorto il terzo giorno per la gioia dei suoi discepoli e di tutti coloro che nel corso dei secoli avrebbero creduto in lui, risurrezione da cui Dio trasse somma lode allora[16] e ne continua a trarre adesso.
Dopo aver detto che Dio fa misericordia a chi vuole e indura chi vuole, Paolo dice: “Tu allora mi dirai: Perché si lagna Egli ancora? Poiché chi può resistere alla sua volontà? Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? La cosa formata dirà essa a colui che la formò: Perché mi facesti così? Il vasaio non ha egli potestà sull’argilla, da trarre dalla stessa massa un vaso per uso nobile, e un altro per uso ignobile? E che v’è mai da replicare se Dio, volendo mostrare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta longanimità de’ vasi d’ira preparati per la perdizione, e se, per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso de’ vasi di misericordia che avea già innanzi preparati per la gloria, li ha anche chiamati (parlo di noi) non soltanto di fra i Giudei ma anche di fra i Gentili?”.[17] Ancora una volta le parole di Paolo sono chiare. Dio è sovrano e ha decretato di trarre dalla massa degli uomini alcuni per la gloria ed altri per la perdizione. Chi siamo noi da potergli replicare?
[1] Rom. 8:29-30↩
[2] Atti 11:18↩
[3] Ef. 2:8↩
[4] Atti 13:48 (nuova Diod.)↩
[5] Giov. 6:44↩
[6] Giov. 6:65↩
[7] Rom. 9:11-13↩
[8] Cfr. Sal. 135:6↩
[9] Cfr. Sal 51:4↩
[10] Rom. 9:14-18↩
[11] Giov. 12:37-40↩
[12] Matt. 13:11↩
[13] Matt. 23:37↩
[14] Atti 2:22-24↩
[15] Cfr. Es. 15:1-19↩
[16] Cfr. Luca 24:53↩
[17] Rom. 9:19-24↩