Slitta il verdetto in Algeria contro Habiba: «Ha praticato un culto non islamico senza permessi»
DI LORENZO FAZZINI
Sarà stata l’attenzione dei media stranieri oppure il sussulto di indignazione delle porzioni più illuminate della società algerina. Sta di fatto che il processo in Algeria contro una ragazza accusata di «aver praticato un culto non musulmano senza autorizzazione» ha prodotto per il momento un nulla di fatto. Ieri il tribunale di Tiaret, città a 300 chilometri da Algeri, ha chiesto un «approfondimento di informazioni» prima di emettere la sentenza su Habiba Kouider, 37 anni, diventata cristiana 4 anni fa. Il 20 maggio, a carico questa insegnante di asilo il procuratore statale aveva chiesto 3 anni di prigione con l’accusa di aver praticato una religione non islamica. Nei giorni Habiba, cristiana protestante, era stata arrestata su un autobus mentre si dirigeva ad Orano, città dove frequenta una corso di cristianesimo: nella sua borsa i poliziotti hanno trovato 12 tra Bibbie e Vangeli, un fatto che ha spinto lo zelante procuratore ad incriminare la donna. La vicenda ha sollevato una notevole attenzione sia a livello interno che internazionale: il quotidiano francese Le Figaro ha mandato un inviato per seguire il processo della Kouider; anche Rama Yade, segretario di Stato ai Diritti dell’Uomo, è intervenuta definendo «triste e choccante» la vicenda. «Tale fatto – ha dichiarato l’esponente francese – contravviene alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo». Anche il quotidiano algerino Liberté – intervistando un avvocato di Tiaret – ha scritto che «è tempo di bandire queste intenzioni indecenti che sono contro la libertà di coscienza». Sempre ieri e ancora a Tiaret si è aperto un altro processo contro sei protestanti algerini accusati di «proselitismo»: nei giorni scorsi erano stati arrestati all’uscita di una casa dove si erano riuniti per pregare. Il procuratore ha chiesto per gli imputati una condanna di 2 anni. «Il giudice avrebbe potuto chiudere oggi la vicenda di Habiba – ha dichiarato l’avvocatessa Khalfoun che difende la donna cristiana – visto che il reato non sussiste». Ora si dovrà aspettare del tempo per sapere la sorte di questa donna che – secondo il giornale El Watan – «non ha voluto rinunciare alla sua religione» di fronte alla minaccia di finire in tribunale. L’accusa è stata effettuata in base alla nuova normativa sui “culti non islamici” adottata nel marzo 2006: una direttiva governativa che obbliga i non musulmani a registrarsi presso le autorità pubbliche così come a notificare i luoghi di incontro religiosi. A gennaio un prete cattolico, padre Pierre Wallez, era stato condannato ad un anno di reclusione per aver presieduto un incontro con degli immigrati. A marzo l’ex presidente della chiesa protestante d’Algeria, Hugh Johnson, 75 anni, da 45 anni presente nel Paese, ha dovuto lasciare l’Algeria perché il ministero degli Esteri si è rifiutato di rinnovargli il permesso di soggiorno. Su 33 milioni di abitanti, i cristiani in Algeria sono meno dell’1 per cento della popolazione; i cattolici non superano le quattromila unità.
Fonte: Avvenire.it – 28 maggio 2008