Pauline Ayyad vedova del cristiano palestinese Rami, la mattina del 4 febbraio ha dato alla luce una bimba, Sama (nome che in arabo vuol dire “cielo”, la dove è ora Rami). La neonata sta bene e alla nascita pesava 1,8 Kg.
Pauline si accingeva ad affrontare l’evento in condizione di grande incertezza. Considerate le serie difficoltà di approvvigionamento dei beni di ogni tipo ed il taglio della fornitura di corrente elettrica in cui Gaza si è trovata per diverse settimane, è stato un miracolo che Sama sia potuta stare in incubatrice per 48 ore.
Pauline, infatti, aveva fatto richiesta alle autorità israeliane di poter uscire da Gaza per poter partorire nella West-Bank, ma il permesso non gli è stato concesso.
Pauline ha altri due figli: George, che compirà tre anni a marzo e Wissam, di 14 mesi.
Rami Ayyad, 29 anni, membro della Società Biblica Palestinese, è stato assassinato da estremisti islamici il 7 ottobre scorso, dopo la chiusura giornaliera della libreria che lui gestiva.
Era stato invitato a salire su un auto, ma poi è stato ucciso ed hanno riportato il suo corpo davanti alla libreria.
Ismail Haniyeh, leader di Hamas, ha ordinato che i killer siano portati di fronte alla giustizia.
Ma la famiglia di Ayyad stà ricevendo notizie contraddittorie sull’arresto o meno degli autori del delitto. Inizialmente Hamas aveva detto di essere in possesso dell’auto su cui è salito Rami, e di aver catturato alcuni occupanti del mezzo, di essere sulle tracce dell’autista, di cui sa anche il nome.
Pauline ha detto di aver saputo che l’assassino aveva confessato ed il caso era in esame presso le autorità della sicurezza, ma la settimana dopo ha cominciato a sentire tutti i generi di contraddizione. “Ci hanno detto di avere sospetti, ma di non aver catturato alcuno”, ha detto la vedova.
Tra le notizie che sono giunte alle orecchie della famiglia di Rami, c’è quella secondo cui gli autori facciano parte delle Brigate Al-Qassam, ala militare di Hamas, il cui scopo principale sarebbe quello di fare applicare la legge islamica nella striscia di Gaza.
Questa accusa proviene dagli ufficiali della sicurezza del Presidente, membri di Fatah; in più, l’assassino sarebbe stato trattenuto dalle autorità solo per tre settimane e poi lasciato libero di esiliare in Arabia Saudita.
“Chi sa la verità?”, dice Pauline, “A Gaza, non c’è Corte, non ci sono avvocati, non ci sono processi”.
E’ duro, ma Pauline vuole chiarezza, vuole conoscere i fatti. Sapere cosa è successo dalle 4 di pomeriggio alle 2 di notte, ora in cui è stato ritrovato il corpo riverso sulla strada. Ha aggiunto: “A noi non interessano i risarcimenti, ma la verità sui fatti”.
Allo stesso tempo, c’è stata l’evacuazione del personale della Società Biblica. In tutto sette famiglie sono dovute andare via in CisGiordania (West Bank), perché Hamas non “poteva garantire sulla loro sicurezza”. Soltanto due famiglie hanno il permesso di muoversi liberamente in tutto il territorio del West-Bank, tutti gli altri debbono restare dentro la città di Betlemme, richiedendo il rinnovo di tale permesso alle autorità israeliane. Il permesso ha la durata di poche settimane.
Il loro futuro è incerto, e non sanno ancora cosa è meglio fare, se aspettare di vedere Gaza sufficientemente sicura o scegliere di restare altrove. Uno di loro parla delle grosse difficoltà che vivono: “Mia moglie è incinta”, dice “e se dovesse partorire di notte, dovremmo chiedere una scorta armata in ospedale. Mio padre ha costruito le case per tutti noi figli, in modo da poter restare vicini e sicuri, ma ora quando mi chiama al telefono dice piangendo: Non tornare a Gaza! Ieri ho parlato a telefono con una famiglia cristiana a Gaza, due uomini si sono presentati alla porta e i bambini hanno risposto al citofono. I due hanno detto: stiamo andando ad uccidere tuo padre!. Hanno avuto il tempo di chiamare la polizia e di far mettere una guardia davanti la porta, ma la notte non sono riusciti a dormire”.
Pauline dice: “Ora sentiamo una forte pressione dei musulmani contro i cristiani. Sappiamo che molta gente a Gaza ha affermato che l’uccisione di Rami, è stata giustamente motivata, perché lui stava evangelizzando la gente”.
Labib Madanat, direttore della Società Biblica Palestinese ha ricordato che dopo l’uccisione dei tre cristiani di Malatya, Turchia, lui stesso è andato a visitare lo staff della libreria di Gaza: “Abbiamo commentato l’accaduto e poi abbiamo pregato. Rami ha pregato in quell’occasione di poter essere fedele fino alla fine e mai rinnegare il Signore, poi ha commentato: Che cosa gloriosa, morire in questa maniera per Dio! .
Labib ricorda che in quel periodo stavano cercando un posto sicuro dove battezzare cinque neoconvertiti tutti ex musulmani, quando hanno saputo di Rami. “Così”, dice Labib, “ci siamo fermati per riflettere e domandare a noi stessi: cosa facciamo? andiamo avanti?. Ma tutti e cinque i neo convertiti hanno rifiutato di rimandare il battesimo dicendo: siamo pronti a morire per Gesù!. Uno di loro ha detto: Se un Rami è andato in cielo da Gaza, ci saranno 10 Rami qui nella WestBank!”.
Labib ha ancora detto: “Il tempo per pagare l’ultimo prezzo a Gaza è ora”.
Nella sede di Gerusalemme della Società Biblica, Labib ha fatto mettere dei poster in cui è scritto di Rami: “Non era una vittima; era un eroe, e lo è anche Paulina, perché ha deciso di restare a Gaza per continuare il ministero del marito”.
Ma questo diventa sempre più difficile. Il 14 febbraio scorso due bombe sono state messe in luoghi di cristiani. Una ha fatto cilecca, l’altra è esplosa nella biblioteca bruciando migliaia di libri. Per alcune ore sono stati rapiti due uomini del servizio sicurezza della biblioteca e ad oggi nessun gruppo ha rivendicato l’azione.
I cristiani a Gaza sono meno di 3000, su una popolazione di 1,4 milioni.
Durante il 2007, molti musulmani palestinesi si sono convertiti a Cristo e poi sono andati nel West Bank di nascosto a causa delle minacce da parte di estremisti islamici.
Fonte: Porte Aperte Italia
Via | IncontrareGesù
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