MESSICO: Il miracolo di Saltillo

Ciao, mi chiamo Antonio e ho dieci anni. Insieme ai miei genitori, due fratelli e tre sorelle abito in un villaggio in Messico. Crediamo tutti nel Signore Gesù e ogni domenica andiamo in chiesa. Anche tutti gli altri abitanti la frequentano; insieme cantiamo e ascoltiamo il pastore che racconta una storia della Bibbia. Mi piace soprattutto il canto, perché mi dà sempre tanta gioia! Sono contentissimo che ora abbiamo una bella chiesa, perché prima non era così. In passato ci incontravamo ogni domenica nella casa del pastore e ciò era sempre molto rischioso. Nel frattempo però è successo qualcosa di particolare che vorrei raccontarvi.
Prima tutti noi abitavamo in un altro villaggio chiamato Annexo. Molte persone ce l’avevano con i miei genitori perché crediamo nel Signore Gesù e anch’io avevo pochi amici con cui poter giocare. Spesso giocavo solo con Eduardo; anche lui e i suoi genitori credono nel Signore Gesù. Mio padre e il mio fratello maggiore lavoravano sempre molto duramente in campagna. Avevamo un pezzo di terra dove coltivavamo il granturco. Una parte lo mangiavamo e il resto lo vendevamo. A causa della nostra fede in Gesù però le cose erano difficili. Quasi nessuno voleva comprare il nostro granturco e quei pochi che lo facevano ci pagavano molto poco.
Cominciavano a molestarci sempre di più per la nostra fede e a volte Eduardo ed io ci spaventavamo molto quando tutti ci sgridavano e ingiuriavano. Una domenica le cose precipitarono. Il pastore aveva appena cominciato a raccontarci la storia biblica quando ad un tratto entrò un gruppo di poliziotti. Il loro capo si fece avanti e ci disse di tornare a casa, di raccogliere la nostra roba e di lasciare il villaggio!
Tutti gridammo spaventati: “Non è possibile! Dove dobbiamo andare? Deve esserci uno sbaglio, non abbiamo fatto nulla di male!”. Purtroppo, i poliziotti non stavano scherzando. Ognuno andò a casa per raccogliere la sua roba; fortunatamente le nostre case non erano state incendiate come era capitato ad altri cristiani. Dopo poche ore ci trovammo con undici famiglie fuori dal villaggio. Molti piangevano e non sapevamo dove andare.
Il pastore conosceva un collega di un villaggio vicino che forse ci avrebbe potuti aiutare. Ci incamminammo, convinti ormai che non c’era più una via di ritorno alle nostre case. Arrivati nell’altro villaggio il pastore ci permise di dormire nella chiesa. Dopo un po’ di mesi però ciò divenne troppo pericoloso e dovemmo partire di nuovo per rifugiarsi in un altro villaggio. Nel frattempo il nostro pastore e due suoi amici, avvocati, stavano parlando con il sindaco. Tutti noi volevamo tornare a casa per riprendere la nostra vita. Qui non potevamo far niente e non avevamo soldi per comprare cibo o vestiti. Fortunatamente c’erano molti cristiani nei dintorni che ci aiutavano, ma anche loro non erano ricchi; perciò era molto difficile per loro aiutarci.
Dopo un anno e mezzo di tensioni, una domenica il nostro pastore si fece avanti nella chiesa per portarci una buona notizia. Il sindaco aveva destinato alle nostre famiglie un pezzo di terreno dove potevamo costruirci un nuovo villaggio. Eravamo tutti felici. Che festa! Dopo il culto ognuno raccolse la sua roba perché volevamo andare via subito. Il pezzo di terra era vicino al nostro vecchio villaggio e ci volevano alcuni giorni di cammino per arrivarci. Quella sera dovetti andare a letto presto, ma non riuscii ad addormentarmi, ero troppo eccitato. Finalmente partimmo.
Dopo alcuni giorni di cammino eravamo quasi arrivati. Un impiegato del comune ci accompagnò lungo l’ultimo tratto per mostrarci il terreno. Attraversammo un ponte; tutti noi eravamo curiosi di sapere dove saremmo arrivati. Sentii mio padre parlare con gli altri uomini; erano preoccupati perché eravamo su un terreno molto roccioso. “Qui non crescerà niente”, bisbigliavano. “Coraggio più avanti la terra sarà migliore”, diceva il pastore per tranquillizzarli. Ad un tratto l’impiegato si fermò e disse: “Siamo arrivati, ecco il vostro terreno”.
Tutti tacquero; davanti a noi c’era un pezzo di terra rocciosa dove crescevano soltanto i pini. “Cosa possiamo coltivare qui?” chiesero gli uomini arrabbiati. “Auguroni”, rispose l’impiegato e se ne andò in fretta. Tutti erano delusi del terreno che avevamo ricevuto. Tuttavia eravamo anche riconoscenti dopo le difficoltà degli ultimi diciotto mesi. Finalmente avevamo un po’ di riposo e potevamo pensare al futuro. Per fortuna avevamo gli alberi per costruirci le case. Ero contento perché Eduardo e i suoi sarebbero diventati nostri vicini! Così avrei potuto giocare ancora più spesso con lui. Presto però scoprimmo che le cose sarebbero state molto difficili. Non c’erano case, non c’era acqua o elettricità e il cibo era scarso.
Poco dopo il nostro arrivo venne un gruppo di stranieri al nostro “villaggio”. Il pastore ci disse che erano cristiani olandesi venuti a trovarci. Per me era straordinario, erano venuti dalla lontana Olanda per visitarci! Mia madre cominciò a piangere e a ringraziare Dio per questo incontro particolare.
Il gruppo olandese rimase con noi anche durante il culto all’aperto. Alla fine della riunione celebrammo tutti insieme la Santa Cena; ringraziammo Dio per averci dato quel pezzo di terra e Gli chiedemmo di aiutarci, affinché facesse crescere granturco e verdure su quel suolo sterile. Fu strano sentir pregare uno di quegli stranieri; non capii niente, ma fortunatamente la sua preghiera fu tradotta per noi. Pregò perché quel suolo arido cominciasse a portare molto frutto.
Dopo la partenza degli olandesi cominciammo tutti insieme a costruire le nostre case. Due settimane dopo la nostra casa era pronta e mio padre e i miei fratelli cominciarono a coltivare la terra. Era terribilmente difficile perché il suolo era duro e arido. Dopo aver sgobbato per una settimana avevano fatto pochissimi progressi. Anche gli altri avevano gli stessi problemi. Era inutile, e anche l’acqua mancava! Allora il pastore ci riunì; pregammo Dio e Gli chiedemmo un’altra volta di aiutarci a rendere fertile la terra.
Io ed Eduardo non ci annoiavamo. Tutto era nuovo per noi e c’erano tante cose da scoprire. Dopo alcune esplorazioni avevamo trovato il nostro posto favorito da dove potevamo scorgere tutto il villaggio.
Ci andavamo spesso, ma una volta successe qualcosa di veramente particolare. Eravamo appena partiti quando Eduardo gridò: “Ehi Antonio, vieni a vedere! Un laghetto! Prima non c’era!” Accorsi e dissi: “E’ vero, non lo avevo mai visto”. Meravigliati andammo avanti e ben presto trovammo un altro laghetto. Ci precipitammo dalla collina e gridammo a squarciagola: “Papà! Papà! Abbiamo trovato l’acqua!” I nostri genitori ci seguirono subito e con orgoglio mostrammo i nostri laghetti. Tutti furono arcifelici; c’era dunque acqua vicino al villaggio.
Il giorno successivo mi svegliai e sentii tic–tic sul tetto. Stava piovendo!! “Papà, piove!” gridai, e tutti cominciarono a cantare di gioia. Anche dalle altre case sentivamo grida e canti di gioia. Dio aveva risposto alle nostre preghiere e mandato la pioggia. Grazie alla pioggia potemmo nuovamente coltivare i campi per avere di che vivere. Cominciò a piovere persino più spesso che nel nostro villaggio di origine.
E non solo questo; fra le colline sorsero anche alcune sorgenti che ci danno acqua persino nella stagione secca.
Tuttora faccio fatica a crederci. Quando andiamo sulla collina per ammirare il panorama del nostro villaggio, vediamo ovunque granturco, erba e altre piante, persino aranci e banani, canna da zucchero, pomodori e meloni. Sembra che tutto ciò che piantiamo cresca facilmente, persino le piante che normalmente non possono crescere in questa zona. E’ un grande miracolo per cui ringraziamo Dio ogni giorno. E’ davvero straordinario vedere come Dio ha trasformato questo luogo arido in un vero paradiso!

Tratto da: Porte Aperte, Pacchetto informativo Domenica di preghiera per la Chiesa perseguitata 11 e 18 novembre 2007, pag. 11-12

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