Srey Nouen – 33 anni
I miei genitori morirono quando avevo quattro anni. Fu mia nonna che mi raccolse, ella era molto povera. Non mi ricordo d’aver riso molto durante la mia infanzia. Non avevo che una sola camicia, una sola gonna e non abbastanza riso da mangiare.
Spesso, di sera, andavo ad acchiappare dei pesciolini nei ruscelli e negli stagni per mangiarli. A sette anni, mia nonna mi mandò a scuola.
Quando non avevo lezione, andavo con i miei compagni a cogliere i convolvoli d’acqua, delle foglie di tamarindo, a strappare i gambi dei loti e a tagliare delle foglie di banano per venderle al mercato.
Quel denaro mi permetteva di comprare i quaderni di scuola e dei dolci.
Nella stagione secca, siccome cresceva poca verdura, andavo alla pagoda a cercare di che placare gli stimoli della fame (1).
L’anno del diploma di fine scuola media, siccome non avevo abbastanza soldi, cominciai a lavorare come cameriera in un piccolo ristorante. Assistevo alle lezioni episodicamente.
Per migliorare il mio livello di istruzione, prendevo delle lezioni private serali dalle 17 alle 19 – come la maggior parte degli studenti cambogiani.
Ottenni il diploma ma dovetti smettere di studiare e lavorai a pieno tempo al ristorante.
La padrona non era gentile con me: mi disprezzava.
Un uomo veniva regolarmente a mangiare al ristorante. Mi parlava sempre con gentilezza.
Un giorno, mi propose d’accompagnarlo a Battambang (2) per vendere della frutta e vivere con lui. Era il solo a testimoniarmi interesse, un’attenzione che io pensavo sincera… Scappai con lui a Battambang.
Un benefattore che si rivela essere un’imbroglione
Appena entrai in casa sua capii quello che mi aspettava: era una casa chiusa! Egli aveva approfittato della mia ingenuità! Spaventata, cercai un’uscita dallo sguardo…
Tentai di scappare di nascosto ma due prosseneti m’aspettavano… Mi picchiarono a calci e mi avvertirono di non ricominciare più. Avevo molta paura. Crollata, li supplicai di lasciarmi scappare ma essi mi picchiarono più forte, poi mi trascinarono in una camera e mi ci rinchiusero. Senza speranza, spaventata, mi sedetti piangendo, pensando che quella sera non mi restasse che impiccarmi.
Qualche ora dopo, la donna prosseneta entrò a dirmi che un cliente m’aspettava. Appena finì la frase, un uomo di una trentina d’anni fece irruzione nella mia camera. La donna se ne andò lasciandoci soli. Sconvolta, cominciai a parlargli: “Se può farmi uscire di qui, le prometto che lavorerò il resto della mia vita per darle da mangiare”.
Accettò di comprarmi per 20.000 bath. Sollevata di uscire da quell’inferno, senza sapere proprio quello che m’aspettava, salii con lui in macchina. Avevo 20 anni. Vissi con lui. Sebbene fosse un ufficiale khmer rosso – lo capii subito – avevo l’impressione di avere valore per lui perché era gentile con me. In capo a qualche mese, mi portò a vivere a Phnom Penh poiché ero incinta e la situazione diventava troppo pericolosa nel nord del paese. Poi egli partì per combattere. Non lo rividi mai più.
Sente l’Evangelo per caso e cerca Dio
Dopo aver partorito, non sapevo più che fare: ero sola col mio bebè, senza lavoro…
Un giorno, i miei vicini ricevettero la visita di un vecchio uomo che parlò loro dell’Evangelo. Sentii tutto e subito mi ricordai di mio nonno, cattolico, che festeggiava Natale ogni anno nonostante il regime comunista.
Nella disperazione, mi dissi che avrei fatto come mio nonno. Presi in prestito una Bibbia che cominciai a leggere e andai in una chiesa evangelica accanto a casa mia.
A poco a poco, costatai che ciò che mi era stato detto su Dio era vero, allora ebbi fiducia in Dio. Un anno dopo, mi feci battezzare, prova tra me e Dio che io ero sua figliuola. Credere in Dio non vuol dire che non ci sono più problemi, ma che non si è più soli di fronte alle difficoltà. Io sono povera, ma non manco di nulla. Dio ha preso i peccati che ho commesso nel passato. La mia vita è completamente cambiata. Tutte le parole di Dio sono potenti e possono rendere la felicità a quelli che l’hanno persa.
(1) I bonzi dividono con i poveri i resti dei loro pasti.
(2) Battambang: città nel nord della Cambogia.
Tratto da: Bruno Feuillerat e Sylvie Pouliquen, La pluie des mangues, En Mission Avec Eux, ottobre 2004, pag. 53-55
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