1. Possiamo noi Cristiani, quando siamo malati, pregare Dio di guarirci?
Certo che possiamo farlo perché il nostro Dio è l’Eterno che ci guarisce come lui stesso ebbe a dire a Israele: “Se ascolti attentamente la voce dell’Eterno, ch’è il tuo Dio, e fai ciò ch’è giusto agli occhi suoi e porgi orecchio ai suoi comandamenti e osservi tutte le sue leggi, io non ti manderò addosso alcuna delle malattie che ho mandate addosso agli Egiziani, perché io sono l’Eterno che ti guarisco” (Es. 15:26). Egli è Colui che, come dice il Salmista, guarisce “tutte le tue infermità” (Sal. 103:3). Se dunque hai qualche malattia puoi rivolgere a Dio le stesse parole che rivolse Geremia: “Guariscimi, o Eterno, e sarò guarito” (Ger. 17:14).
Fermo restando quanto ti ho appena detto, faresti però bene anche a chiamare gli anziani della Chiesa di cui sei membro e chiedere che essi preghino su di te ungendoti d’olio perché questo ci ha lasciato detto Giacomo nella sua epistola, secondo che è scritto: “C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore; e la preghiera della fede salverà il malato, e il Signore lo ristabilirà; e s’egli ha commesso dei peccati, gli saranno rimessi” (Giac. 5:14-15). Nel caso però la tua Chiesa non crede nella guarigione divina e gli anziani ti fanno capire che non hanno intenzione di pregare su di te ungendoti d’olio nel nome del Signore, farai bene a continuare a pregare il Signore affinchè ti guarisca.
Un’altra cosa, è bene anche pregare gli uni per gli altri affinché siamo guariti perché sempre Giacomo così ci ha ordinato di fare (cfr. Giac. 5:16).
Non ti fare ingannare da coloro che dicono che la guarigione divina non è più per noi oggi perché essi dicono il falso.
2. La guarigione divina è assicurata in ogni caso da Dio?
No, non è detto che un Cristiano che cada ammalato sia automaticamente guarito dal Signore anche se egli prega con fede o chiami gli anziani della Chiesa affinché preghino essi su lui. Nel caso infatti un Cristiano cade malato di quella malattia che lo deve condurre alla morte egli non sarà guarito appunto perché quella malattia è a morte. Un po’ insomma come nel caso del profeta Eliseo, un uomo la cui fede nella potenza guaritrice di Dio nessuno può mettere in dubbio perché fu tramite lui che Naaman fu guarito dalla lebbra, di cui la Scrittura dice che “cadde malato di quella malattia che lo doveva condurre alla morte” (2 Re 13:14). E’ ovvio naturalmente che fino a quando Dio non ti rivela che quella malattia è a morte, tu farai bene a insistere presso di lui affinché ti guarisca. Non dubitare per niente della sua potenza, e della sua volontà di guarirti. Questo naturalmente vale anche nel caso il malato bisognoso di guarigione non sia tu ma un altro credente. Per sapere che quella malattia è a morte e che quindi è inutile pregare Dio di guarirlo occorre avere una precisa ed inequivocabile rivelazione: nel caso contrario occorre continuare a pregare per quel credente.
Quanto detto quindi esclude che un Cristiano non possa morire di una malattia come invece viene falsamente asserito da taluni predicatori. Il caso di cui ti ho parlato fin qua riguarda un Cristiano che cammina in maniera degna del Signore cioè osservando i suoi comandamenti. Ma ci può essere anche il caso di un Cristiano che si abbandona alle concupiscenze della carne o ad ingiustizie varie e che per i suoi misfatti viene colpito da Dio con la malattia, quindi in questo caso si tratta di un giudizio di Dio contro il Cristiano. In questo caso, fino a che questo Cristiano non si pentirà dei suoi misfatti abbandonandoli, non importa quanto pregherà Dio affinché lo guarisca, la guarigione gli sarà negata. Dio rimuoverà il suo flagello solo dopo che avrà visto che questo Cristiano ha riconosciuto i suoi misfatti. Questo che ti dico è confermato dalla Scrittura che dice: “L’uomo è anche ammonito sul suo letto, dal dolore, dall’agitazione incessante delle sue ossa; quand’egli ha in avversione il pane, e l’anima sua schifa i cibi più squisiti; la carne gli si consuma, e sparisce, mentre le ossa, prima invisibili, gli escon fuori, l’anima sua si avvicina alla fossa, e la sua vita a quelli che danno la morte. Ma se, presso a lui, v’è un angelo, un interprete, uno solo fra i mille, che mostri all’uomo il suo dovere, Iddio ha pietà di lui e dice: ‘Risparmialo, che non scenda nella fossa! Ho trovato il suo riscatto’. Allora la sua carne divien fresca più di quella d’un bimbo; egli torna ai giorni della sua giovinezza; implora Dio, e Dio gli è propizio; gli dà di contemplare il suo volto con giubilo, e lo considera di nuovo come giusto. Ed egli va cantando fra la gente e dice: ‘Avevo peccato, pervertito la giustizia, e non sono stato punito come meritavo. Iddio ha riscattato l’anima mia, onde non scendesse nella fossa e la mia vita si schiude alla luce!’ Ecco, tutto questo Iddio lo fa due, tre volte, all’uomo, per ritrarre l’anima di lui dalla fossa, perché su di lei splenda la luce della vita” (Giob. 33:19-30). In questa Scrittura come puoi vedere, prima al malato viene mostrato il suo dovere che è quello di abbandonare i suoi peccati, poi egli implora Dio e Dio lo esaudisce non facendolo morire di quella malattia che gli aveva mandato contro.
Un altro caso in cui Dio può negare ad un credente la guarigione da una malattia che egli chiede con fede è quella di un credente che Dio decide di lasciare malato di una certa malattia (malattia non a morte) per delle ragioni che solo lui sa, come per esempio quella di evitare che egli si insuperbisca a motivo di qualcosa di grande che Dio gli ha dato. Un po’ come nel caso di Paolo a cui Dio pose una scheggia nella carne e un angelo di Satana per schiaffeggiarlo affinché lui non si insuperbisse a motivo dell’eccellenza delle rivelazioni che egli aveva ricevuto (cfr. 2 Cor. 12:1-10). In questo caso quindi non rientra nella volontà di Dio che quel credente sia guarito. Ovviamente anche in questo caso è necessario essere certi mediante una rivelazione che il motivo per cui Dio non guarisce sia questo.
Un altro caso infine per cui un credente che prega di essere guarito non viene guarito è quello di un credente che prega ma senza credere. In questo caso la guarigione non viene a motivo del dubbio. Giacomo dice infatti: “Ma chiegga con fede, senza star punto in dubbio; perché chi dubita è simile a un’onda di mare, agitata dal vento e spinta qua e là. Non pensi già quel tale di ricever nulla dal Signore, essendo uomo d’animo doppio, instabile in tutte le sue vie” (Giac. 1:6-8).
3. Come si devono interpretare le seguenti parole: “Il trentanovesimo anno del suo regno, Asa ebbe una malattia ai piedi; la sua malattia fu gravissima; e, nondimeno, nella sua malattia non ricorse all’Eterno, ma ai medici” (2 Cron. 16:12)?
Si devono interpretare in questa maniera e cioè che il re Asa anche nella sua malattia non si appoggiò su Dio ma sugli uomini, non confidò in Dio ma negli uomini, le parole ‘non ricorse all’Eterno, ma ai medici’ non lasciano spazio ad altre interpretazioni.
Ho detto ‘anche nella sua malattia’ perché questo stesso re, tre anni prima quando Baasa, re d’Israele, salì contro Giuda invece di appoggiarsi sull’Eterno si era appoggiato anche allora sugli uomini e per questo suo comportamento Dio gli mandò il veggente Hanani per riprenderlo con queste parole: “Poiché tu ti sei appoggiato sul re di Siria invece d’appoggiarti sull’Eterno, ch’è il tuo Dio, l’esercito del re di Siria è scampato dalle tue mani. Gli Etiopi ed i Libî non formavan essi un grande esercito con una moltitudine immensa di carri e di cavalieri? Eppure l’Eterno, perché tu t’eri appoggiato su lui, li diede nelle tue mani. Poiché l’Eterno scorre collo sguardo tutta la terra per spiegar la sua forza a pro di quelli che hanno il cuore integro verso di lui. In questo tu hai agito da insensato; poiché, da ora innanzi, avrai delle guerre’ (2 Cron. 16:7-9). Si noti come Dio gli disse: “In questo tu hai agito da insensato” per capire come, agli occhi di Dio, il re Asa si era comportato da stolto. Certo, perché Asa aveva un grande Iddio che molti anni prima aveva spiegato la sua forza a suo favore contro il re degli Etiopi che gli aveva mosso guerra con un esercito di un milione di uomini che era quasi il doppio di quello di Asa, eppure Dio diede la vittoria ad Asa. Asa quindi sapeva cosa significava confidare in Dio in mezzo alla distretta; sapeva che Dio risponde alle preghiere di coloro che lo temono, sapeva che Dio si lascia trovare da coloro che lo cercano con tutto il cuore tanto è vero che dopo che Dio diede la vittoria a Giuda contro gli Etiopi, gli abitanti di Giuda e di Beniamino con a capo Asa fecero un giuramento secondo il quale chi non avrebbe cercato Dio doveva essere messo a morte (cfr. 2 Cron. 15:13) e si rallegrarono perché “avean cercato l’Eterno con grande ardore ed egli s’era lasciato trovare da loro” (2 Cron. 15:15). Eppure quando Asa fu malato si confidò nei medici anziché in Dio. Certo, per i re d’allora era normale ricorrere ai medici nella malattia, ma la Scrittura fa capire che Asa non si comportò in maniera avveduta ricorrendo ai medici perché il ricorso ai medici escluse il ricorso a Dio. Possiamo dire che il re Asa nella malattia si comportò in una maniera simile al re Achazia che quando restò ammalato anziché consultare l’Iddio d’Israele per sapere se si sarebbe riavuto dalla sua malattia mandò a consultare Baal-Zebub dio di Ekron (cfr. 2 Re 1:1-2), la qual cosa fece infuriare Dio che tramite Elia gli disse: “‘Così dice l’Eterno: – Poiché tu hai spediti de’ messi a consultar Baal-Zebub, dio d’Ekron, quasi che non ci fosse in Israele alcun Dio da poter consultare, perciò tu non scenderai dal letto sul quale sei salito, ma per certo morrai’ (2 Re 1:16) E Achazia morì, secondo la parola dell’Eterno pronunziata da Elia. Come si può vedere anche in questo caso il ricorrere a Baal-Zebub escluse il ricorrere a Dio, la fiducia in Baal-Zebub escluse la fiducia in Dio, e per questo Dio fece morire Achazia. Quanto fu diverso invece il comportamento di un altro re, e cioè Ezechia, che quando fu malato a morte ricorse a Dio. Ecco quanto dice la Scrittura: “In quel tempo, Ezechia fu malato a morte; egli pregò l’Eterno, e l’Eterno gli parlò, e gli concesse un segno” (2 Cron. 32:24), ed ancora: “In quel tempo, Ezechia fu malato a morte. Il profeta Isaia, figliuolo di Amots, si recò da lui, e gli disse: ‘Così parla l’Eterno: – Metti ordine alle cose della tua casa; perché tu sei un uomo morto; non vivrai’. – Allora Ezechia volse la faccia verso il muro, e fece una preghiera all’Eterno, dicendo: ‘O Eterno, te ne supplico, ricordati come io ho camminato nel tuo cospetto con fedeltà e con integrità di cuore, e come ho fatto ciò ch’è bene agli occhi tuoi’. Ed Ezechia dette in un gran pianto. Isaia non era ancora giunto nel centro della città, quando la parola dell’Eterno gli fu rivolta in questi termini: ‘Torna indietro, e di’ ad Ezechia, principe del mio popolo: – Così parla l’Eterno, l’Iddio di Davide tuo padre: Ho udita la tua preghiera, ho vedute le tue lacrime; ecco, io ti guarisco; fra tre giorni salirai alla casa dell’Eterno. Aggiungerò alla tua vita quindici anni, libererò te e questa città dalle mani del re d’Assiria, e proteggerò questa città per amor di me stesso, e per amor di Davide mio servo’. Ed Isaia disse: ‘Prendete un impiastro di fichi secchi!’ Lo presero, e lo misero sull’ulcera, e il re guarì. Or Ezechia avea detto ad Isaia: ‘A che segno riconoscerò io che l’Eterno mi guarirà e che fra tre giorni salirò alla casa dell’Eterno?’ E Isaia gli avea risposto: ‘Eccoti da parte dell’Eterno il segno, dal quale riconoscerai che l’Eterno adempirà la parola che ha pronunziata: – Vuoi tu che l’ombra s’allunghi per dieci gradini ovvero retroceda di dieci gradini?’ – Ezechia rispose: ‘È cosa facile che l’ombra s’allunghi per dieci gradini; no; l’ombra retroceda piuttosto di dieci gradini’. E il profeta Isaia invocò l’Eterno, il quale fece retrocedere l’ombra di dieci gradini sui gradini d’Achaz, sui quali era discesa” (2 Re 20:1-11).
Comprendo che umanamente parlando, si potrebbe dire: ‘Ma come mai ricorrere ai medici nella malattia non è cosa gradita a Dio?’ E’ semplice, perché così facendo si dimostra di avere fiducia negli uomini, nella sapienza e nella potenza degli uomini, anziché in Dio. Quelle parole “non ricorse all’Eterno ma ai medici” non lasciano dubbi, con quel ‘non’ prima e poi con quel ‘ma’ la frase vuol dire nella sostanza ‘non ebbe fiducia in Dio ma nei medici’.
Dunque, nella malattia è meglio non ricorrere ai medici, ma a Dio; è vero che questo costa perché non si viene capiti, si viene fraintesi, presi per pazzi, si viene ingiuriati da taluni credenti che invece preferiscono avere fiducia nei medici, ma ne vale la pena e posso assicurarti che non c’è nulla da perdere e nulla da temere perché ci si affida completamente a Dio, si ripone tutta la fiducia in Dio. L’uomo che si comporta così è benedetto, e quand’anche Dio non lo guarisse da una certa malattia perché così ha deciso egli sarà benedetto perché confida in Dio e non negli uomini.
4. Possiamo noi Cristiani ricorrere all’omeopatia?
No, come Cristiani faremo bene a non appoggiarci all’omeopatia in caso di malattia.
La ragione principale è perché noi siamo chiamati a ricorrere al Signore in mezzo alla nostra malattia e non alla medicina sia che essa sia definita tradizionale o alternativa (come nel caso dell’omeopatia). Giacomo ci dice chiaramente cosa deve fare uno di noi nel caso si ammali: “Chiami gli anziani della chiesa, e preghino essi su lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore; e la preghiera della fede salverà il malato, e il Signore lo ristabilirà; e s’egli ha commesso dei peccati, gli saranno rimessi” (Giac. 5:14-15) e poi dice: “Pregate gli uni per gli altri onde siate guariti; molto può la supplicazione del giusto, fatta con efficacia” (Giac. 5:16). Riguardo all’omeopatia tuttavia ritengo necessario riferire le sue origini e i principi su cui si basa al fine di avvertire coloro che la praticano o che la vorrebbero praticare dei pericoli che si nascondono dietro di essa.
L’omeopatia (la parola significa ‘affezione uguale’ o ‘simile’) è un tipo di medicina alternativa fondata da Samuel Hahnemann (1755-1843), un dottore tedesco che credeva tra le altre cose nella reincarnazione e nell’avvento dell’Era dell’Acquario. Secondo l’omeopatia ‘le malattie degli uomini non provengono da una sostanza o umore, ossia da una materia di malattia, ma che esse sono soltanto alterazioni spirituali (dinamiche) della forza di tipo spirituale (Forza Vitale, Principio Vitale) che vivifica il corpo degli uomini … La guarigione può avvenire soltanto per reazione della Forza Vitale al medicamento appropriatamente scelto’ (Samuel Hahnemann, Organon, Prefazione). In altre parole l’omeopatia vede l’uomo come un’espressione individuale dell’energia universale: perché esisterebbe una forza vitale essenziale eterna che, vibrando, crea delle onde e l’uomo sarebbe una di queste onde riflesse che riflette la natura divina della forza vitale. E la malattia sarebbe un’espressione della debolezza della forza vitale. Il medicamento quindi è teso a curare la forza vitale cioè a rafforzarla per metterla in grado di espellere il male dal corpo. Si legge nell’Enciclopedia Medica Italiana infatti: ‘… i medicamenti non agiscono materialmente, ma per le forze immateriali dinamiche in essi presenti e capaci di risvegliare le forze vitali dell’organismo. (…) dato che la guarigione non è la materia, ma la forza misteriosa che si estrinseca dal farmaco, bisognerà far di tutto perché questa energia residua si manifesti; e ciò si otterrà, oltreché col ridurre la materia ai minimi termini, anche coll’imprimere a essa un determinato numero di scuotimenti’ (Enciclopedia Medica Italiana, Firenze 1983, Vol. 10, 1643). Ricordiamo che il medicamento omeopatico consiste in piccole dosi di un rimedio che in pazienti sani produrrebbe i sintomi del male da curare nel paziente malato. Questo perché secondo l’omeopatia vale il principio similia similibus curantur (simile cura simile). Principio che – secondo degli esperti di omeopatia – è confermato persino dalla Scrittura quando dice: “Colui che non ha conosciuto peccato, Egli l’ha fatto essere peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Cor. 5:21).
Come si può ben vedere nell’omeopatia sono presenti dei principi occulti; la forza vitale eterna di cui l’uomo sarebbe una onda riflessa, le forze immateriali dinamiche presenti nei medicamenti che sarebbero in grado di rafforzare la forza vitale presente nell’uomo, e gli scuotimenti a cui vanno soggetti i medicamenti. Essa va dunque rigettata.
Una parola infine sulle parole di Paolo ai Corinzi sopra citate. Gesù ha annullato il peccato con il suo sacrificio (cfr. Ebr. 9:26), cioè morendo per i nostri peccati (difatti egli morì carico di ogni nostra iniquità) per cui chi crede in lui riceve la remissione di ogni suo peccato e l’affrancamento dalla schiavitù del peccato e viene rivestito della giustizia di Dio; questo è vero ed è degno di essere accettato. Ma è altresì vero che per le sue lividure noi abbiamo avuto guarigione secondo che è scritto: “…e mediante le cui lividure siete stati sanati” (1 Piet. 2:24), perché egli si caricò delle nostre malattie e dei nostri dolori. Quindi per ottenere la guarigione da ogni malattia è sufficiente avere fede in Gesù Cristo. Di conseguenza la medicina, compresa quella omeopatica, non serve al cristiano che ha piena fiducia in Cristo Gesù. Come mai allora gli esperti omeopatici non prendono anche le parole di Pietro per sostenere il principio dell’omeopatia? E’ chiaro il motivo. Esse fanno apparire inutile la medicina omeopatica che viene sostituita dalla fede in Cristo! Ancora una volta dunque dobbiamo riconoscere che gli avversari sono astuti ma Dio li prende nella loro astuzia.
5. La malattia viene sempre ed esclusivamente dal diavolo come dicono alcuni pastori?
No, non viene sempre dal diavolo perché in alcuni casi è mandata da Dio. Vediamo alcuni esempi biblici di persone colpite da Dio con una malattia.
Dio colpì di lebbra Maria la sorella di Mosè per avere parlato contro Mosè secondo che è scritto: “Maria ed Aaronne parlarono contro Mosè a cagione della moglie Cuscita che avea preso; poiché avea preso una moglie Cuscita. E dissero: ‘L’Eterno ha egli parlato soltanto per mezzo di Mosè? non ha egli parlato anche per mezzo nostro?’ E l’Eterno l’udì. Or Mosè era un uomo molto mansueto, più d’ogni altro uomo sulla faccia della terra. E l’Eterno disse a un tratto a Mosè, ad Aaronne e a Maria: ‘Uscite voi tre, e andate alla tenda di convegno’. E uscirono tutti e tre. E l’Eterno scese in una colonna di nuvola, si fermò all’ingresso della tenda, e chiamò Aaronne e Maria; ambedue si fecero avanti. E l’Eterno disse: ‘Ascoltate ora le mie parole; se v’è tra voi alcun profeta, io, l’Eterno, mi faccio conoscere a lui in visione, parlo con lui in sogno. Non così col mio servitore Mosè, che è fedele in tutta la mia casa. Con lui io parlo a tu per tu, facendomi vedere, e non per via d’enimmi; ed egli contempla la sembianza dell’Eterno. Perché dunque non avete temuto di parlar contro il mio servo, contro Mosè?’ E l’ira dell’Eterno s’accese contro loro, ed egli se ne andò, e la nuvola si ritirò di sopra alla tenda; ed ecco che Maria era lebbrosa, bianca come neve; Aaronne guardò Maria, ed ecco era lebbrosa. E Aaronne disse a Mosè: ‘Deh, signor mio, non ci far portare la pena di un peccato che abbiamo stoltamente commesso, e di cui siamo colpevoli. Deh, ch’ella non sia come il bimbo nato morto, la cui carne è già mezzo consumata quand’esce dal seno materno!’ E Mosè gridò all’Eterno, dicendo: ‘Guariscila, o Dio, te ne prego!’ E l’Eterno rispose a Mosè: ‘Se suo padre le avesse sputato in viso, non ne porterebbe ella la vergogna per sette giorni? Stia dunque rinchiusa fuori del campo sette giorni; poi, vi sarà di nuovo ammessa’. Maria dunque fu rinchiusa fuori del campo sette giorni; e il popolo non si mise in cammino finché Maria non fu riammessa al campo” (Num. 12:1-15). Che fu Dio a colpire Maria con la lebbra lo disse Dio in questi termini: “Ricordati di quello che l’Eterno, il tuo Dio, fece a Maria, durante il viaggio, dopo che foste usciti dall’Egitto” (Deut. 24:9).
Dio colpì di lebbra il re Uzzia per essersi inorgoglito in cuore suo e avere commesso una infedeltà contro Dio: “Ma quando fu divenuto potente, il suo cuore, insuperbitosi, si pervertì, ed egli commise una infedeltà contro l’Eterno, il suo Dio, entrando nel tempio dell’Eterno per bruciare dell’incenso sull’altare dei profumi. Ma il sacerdote Azaria entrò dopo di lui con ottanta sacerdoti dell’Eterno, uomini coraggiosi, i quali si opposero al re Uzzia, e gli dissero: ‘Non spetta a te, o Uzzia, di offrir de’ profumi all’Eterno; ma ai sacerdoti, figliuoli d’Aaronne, che son consacrati per offrire i profumi! Esci dal santuario, poiché tu hai commesso una infedeltà! E questo non ti tornerà a gloria dinanzi a Dio, all’Eterno’. Allora Uzzia, che teneva in mano un turibolo per offrire il profumo, si adirò; e mentre s’adirava contro i sacerdoti, la lebbra gli scoppiò sulla fronte, in presenza dei sacerdoti, nella casa dell’Eterno, presso l’altare dei profumi. Il sommo sacerdote Azaria e tutti gli altri sacerdoti lo guardarono, ed ecco che avea la lebbra sulla fronte; lo fecero uscire precipitosamente, ed egli stesso s’affrettò ad andarsene fuori, perché l’Eterno l’avea colpito. Il re Uzzia fu lebbroso fino al giorno della sua morte e stette nell’infermeria come lebbroso, perché era escluso dalla casa dell’Eterno; e Jotham, suo figliuolo, era a capo della casa reale e rendea giustizia al popolo del paese” (2 Cron. 26:16-21).
Dio colpì il re Jehoram con una malattia incurabile a motivo della sua malvagità: “Dopo tutto questo l’Eterno lo colpì con una malattia incurabile d’intestini. E, con l’andar del tempo, verso la fine del secondo anno, gl’intestini gli venner fuori, in sèguito alla malattia; e morì, in mezzo ad atroci sofferenze; e il suo popolo non bruciò profumi in onore di lui, come avea fatto per i suoi padri” (2 Cron. 21:18-19).
Nella Chiesa di Corinto alcuni erano malati perché colpiti da Dio perché si accostavano indegnamente alla cena del Signore. Ecco le parole di Paolo: “Or provi l’uomo se stesso, e così mangi del pane e beva del calice; poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudicio su se stesso, se non discerne il corpo del Signore. Per questa cagione molti fra voi sono infermi e malati, e parecchi muoiono. Ora, se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati; ma quando siamo giudicati, siam corretti dal Signore, affinché non siam condannati col mondo” (1 Cor. 11:28-32).
Come puoi ben vedere in questi casi la malattia fu un giudizio di Dio mandato per punire delle trasgressioni. Coloro dunque che fanno passare tutti i credenti che sono malati per delle persone colpite dal diavolo, come lo fu il giusto Giobbe che fu colpito da Satana con un ulcera maligna dalla pianta dei piedi al sommo del capo (cfr. Giob. 2:7), dicono una cosa falsa.
Certamente, ci sono tanti casi in cui è il diavolo a colpire con la malattia col permesso di Dio, ma ci sono anche dei casi in cui la malattia è un giudizio di Dio o una sua punizione.
Butindaro Giacinto, Domande e Risposte (Volume 1). Roma 2006. Pagine 471. Vedi l’indice del libro