1. Cosa significa che Gesù è il Messia?
Messia deriva dall’ebraico Mashiach, che significa ‘unto’, la cui equivalente parola greca è Christos tradotto in italiano con Cristo. Quando dunque si afferma che Gesù di Nazareth è il Messia o il Cristo si afferma che egli è l’Unto. Ma unto da chi e con che cosa? Unto da Dio di Spirito Santo, difatti quando l’apostolo Pietro predicò a casa di Cornelio disse che Dio unse Gesù di Nazareth di Spirito Santo e di potenza (cfr. Atti 10:38). Gesù stesso disse di essere stato unto da Dio quando a Nazareth, alzatosi per leggere ed essendogli stato dato il libro del profeta Isaia, lesse queste parole: “Lo Spirito del Signore è sopra me; per questo egli mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato a bandir liberazione a’ prigionieri, ed ai ciechi ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi, e a predicare l’anno accettevole del Signore” (Luca 4:18-19).
Ma quando fu unto Gesù? Egli fu unto al suo battesimo in acqua secondo che è scritto: “Or avvenne che come tutto il popolo si faceva battezzare, essendo anche Gesù stato battezzato, mentre stava pregando, s’aprì il cielo, e lo Spirito Santo scese su lui in forma corporea a guisa di colomba; e venne una voce dal cielo: Tu sei il mio diletto Figliuolo; in te mi sono compiaciuto” (Luca 3:21-22). In quel momento in cui lo Spirito scese e si fermò sopra di lui, si adempì quello che era stato detto nei Salmi: “Il tuo trono, o Dio, è per ogni eternità; lo scettro del tuo regno è uno scettro di dirittura. Tu ami la giustizia e odii l’empietà. Perciò Iddio, l’Iddio tuo, ti ha unto d’olio di letizia a preferenza de’ tuoi colleghi” (Sal. 45:6-7), e nei profeti: “Ecco il mio servo, io lo sosterrò; il mio eletto in cui si compiace l’anima mia; io ho messo il mio spirito su lui, egli insegnerà la giustizia alle nazioni” (Is. 42:1).
Il Messia però, oltre che essere personalmente unto da Dio di Spirito Santo doveva morire per i peccatori per espiare le loro iniquità: lo aveva predetto Dio tramite il profeta Isaia in questi termini: “Ma egli è stato trafitto a motivo delle nostre trasgressioni, fiaccato a motivo delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiam pace, è stato su lui, e per le sue lividure noi abbiamo avuto guarigione. Noi tutti eravamo erranti come pecore, ognun di noi seguiva la sua propria via; e l’Eterno ha fatto cader su lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, umiliò se stesso, e non aperse la bocca. Come l’agnello menato allo scannatoio, come la pecora muta dinanzi a chi la tosa, egli non aperse la bocca. Dall’oppressione e dal giudizio fu portato via; e fra quelli della sua generazione chi rifletté ch’egli era strappato dalla terra de’ viventi e colpito a motivo delle trasgressioni del mio popolo? Gli avevano assegnata la sepoltura fra gli empi, ma nella sua morte, egli è stato col ricco, perché non aveva commesso violenze né v’era stata frode nella sua bocca. Ma piacque all’Eterno di fiaccarlo coi patimenti. Dopo aver dato la sua vita in sacrifizio per la colpa, egli vedrà una progenie, prolungherà i suoi giorni, e l’opera dell’Eterno prospererà nelle sue mani. Egli vedrà il frutto del tormento dell’anima sua, e ne sarà saziato; per la sua conoscenza, il mio servo, il giusto, renderà giusti i molti, e si caricherà egli stesso delle loro iniquità” (Is. 53:5-12). E non solo, ma egli doveva anche risorgere dai morti perché sarebbe stato impossibile che egli fosse ritenuto dalla morte infatti Davide parlando del Messia ebbe a dire: “Perciò s’è rallegrato il cuor mio, e ha giubilato la mia lingua, e anche la mia carne riposerà in isperanza; poiché tu non lascerai l’anima mia nell’Ades, e non permetterai che il tuo Santo vegga la corruzione” (Atti 2:26-27). Ed anche queste cose si sono adempiute in Gesù di Nazareth difatti Egli morì trafitto sulla croce carico delle nostre iniquità, fu seppellito e risuscitò dai morti il terzo giorno.
Noi predichiamo dunque con ogni franchezza che Gesù di Nazareth è il Messia promesso anticamente da Dio tramite i profeti, e che chi crede in lui, dato che Lui sparse il suo sangue per la remissione dei nostri peccati, riceve per mezzo della fede la remissione di tutti i suoi peccati.
Chiunque tu sia dunque, Giudeo o Gentile, ricco o povero, savio o ignorante, io ti esorto a pentirti dei tuoi misfatti e a credere che Gesù è il Messia di Dio. A chi invece ha già creduto che Gesù è il Messia dico di conservare fino alla fine la fede in lui.
Chi nega che Gesù è il Messia (o il Cristo) mente contro la verità ed è un anticristo secondo che è scritto: “Chi è il mendace se non colui che nega che Gesù è il Cristo? Esso è l’anticristo, che nega il Padre e il Figliuolo” (1 Giov. 2:22). Chi invece crede e dice che Gesù è il Messia professa la verità ed è nato da Dio secondo che è scritto: “Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio” (1 Giov. 5:1).
Gli Ebrei che hanno creduto in Gesù lo chiamano in lingua ebraica Y’shua Ha-Mashiach (pronuncia ‘iesciùa a mascìa’) che significa ‘Gesù il Messia’.
A Gesù, il Messia promesso, sia la gloria ora e in eterno. Amen
2. Cosa significa che Gesù è l’Alfa e l’Omega?
Significa che Gesù è il principio e la fine, il primo e l’ultimo. Difatti quando Gesù disse a Giovanni: “Io sono l’Alfa e l’Omega” gli disse subito dopo “il primo e l’ultimo, il principio e la fine” (Apoc. 22:13). L’Alfa e l’Omega sono rispettivamente la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, quindi dire che Gesù è l’Alfa e l’Omega è come dire che Egli è il primo e l’ultimo; le espressioni nella sostanza sono identiche.
Il fatto che Gesù abbia detto di essere l’Alfa e l’Omega conferma la sua divinità perché Giovanni nell’Apocalisse dice che sentì Dio Padre affermare quanto segue: “È compiuto. Io son l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita….” (Apoc. 21:6). Se solamente il Padre fosse Dio solo Lui potrebbe dire di essere l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine, il primo e l’ultimo; il Figlio non potrebbe dirlo, potrebbe o dovrebbe dire di essere il secondo ma non il primo.
Quindi si proclami con forza che Gesù Cristo è l’Alfa e l’Omega, alla gloria di Dio Padre che gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo ma anche in quello a venire. Amen.
3. Gesù viene adorato dagli angeli?
Sì, Gesù viene adorato dagli angeli di Dio perché così Dio ha ordinato secondo che è scritto: “Tutti gli angeli di Dio l’adorino” (Ebr. 1:7).
Giovanni, quando sull’isola di Patmo fu rapito in ispirito vide in visione Gesù adorato dagli angeli infatti dice: “E vidi, e udii una voce di molti angeli attorno al trono e alle creature viventi e agli anziani; e il numero loro era di miriadi di miriadi, e di migliaia di migliaia, che dicevano con gran voce: Degno è l’Agnello che è stato immolato di ricever la potenza e le ricchezze e la sapienza e la forza e l’onore e la gloria e la benedizione” (Apoc. 5:11-12).
Il fatto dunque che Gesù sia adorato dagli angeli conferma che Egli è Dio perché secondo la legge solo Dio è degno di essere adorato secondo che è scritto: “Allora Gesù gli disse: Va’, Satana, poiché sta scritto: Adora il Signore Iddio tuo, ed a lui solo rendi il culto” (Matt. 4:10).
Se quindi gli angeli in cielo adorano Gesù, anche noi sulla terra facciamo ciò che è giusto nell’adorarlo perché non facciamo altro che fare la volontà di Dio che è fatta in cielo. No, noi non commettiamo peccato di idolatria nell’adorare Gesù Cristo, il Figlio di Dio, come dicono molti, perché Egli è veramente Dio; uno con il Padre suo, coeterno con Lui. Se adorarlo fosse peccato, Gesù mentre era ancora sulla terra avrebbe ripreso i suoi discepoli e le donne quando lo adorarono (cfr. Matt. 28:17,9), ma egli non lo fece accettando la loro adorazione perché sapeva di essere Dio. Anche noi sappiamo che egli è Dio; lo Spirito che è in noi lo conferma e lo Spirito è la verità. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
4. I magi d’Oriente trovarono il bambino Gesù in una mangiatoia?
No, i magi trovarono il bambino Gesù in una casa e non in una mangiatoia. Ecco quanto dice Matteo a tale proposito: “Essi dunque, udito il re, partirono; ed ecco la stella che aveano veduta in Oriente, andava dinanzi a loro, finché, giunta al luogo dov’era il fanciullino, vi si fermò sopra. Ed essi, veduta la stella, si rallegrarono di grandissima allegrezza. Ed entrati nella casa, videro il fanciullino con Maria sua madre; e prostratisi, lo adorarono; ed aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra” (Matt. 2:9-11).
Coloro che trovarono il bambino Gesù in una mangiatoia furono i pastori della contrada di Betleem infatti quando l’angelo del Signore apparve loro in quella notte disse loro: “Non temete, perché ecco, vi reco il buon annunzio di una grande allegrezza che tutto il popolo avrà: Oggi, nella città di Davide, v’è nato un salvatore, che è Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino fasciato e coricato in una mangiatoia” (Luca 2:10-12), e quando poi arrivarono presso il luogo dove era il bambino è scritto: “… trovarono Maria e Giuseppe ed il bambino giacente nella mangiatoia..” (Luca 2:16).
5. E’ vero che quando Gesù era bambino faceva miracoli?
No, non è vero perché Giovanni nel Vangelo a proposito del miracolo compiuto da Gesù a Cana di Galilea, dove mutò l’acqua in vino, dice: “Gesù fece questo primo de’ suoi miracoli in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria; e i suoi discepoli credettero in lui” (Giov. 2:11). Ora, se questo miracolo è definito il primo fatto da Gesù è ovvio che prima di questo egli non ne aveva fatti. Si tenga presente che quando Gesù fece questo miracolo aveva circa trent’anni perché questa è l’età in cui egli cominciò a predicare e insegnare (cfr. Luca 3:23) e questo miracolo fu fatto da lui all’inizio del suo ministerio pubblico.
6. Quando Gesù disse: “Chi ha veduto me, ha veduto il Padre”, volle dire che Egli era anche Dio Padre?
No, perché altrimenti non avrebbero alcun senso tutti quei passi della Scrittura dove viene detto che egli pregò il Padre, rese grazie al Padre, lodò il Padre; dove si dice che egli fu mandato nel mondo dal Padre, che il Padre lo ha amato, e tanti altri da dove si evince che c’è una netta distinzione tra lui e il Padre, essendo due persone distinte, quantunque lui e il Padre erano e sono Uno.
Per spiegarvi come Gesù non poteva e non può essere anche il Padre, oltre che il Figliuolo, benchè abbia detto quelle parole, dirò qualche cosa sulla visione che ebbe Paolo sulla via di Damasco. Ora, Paolo sulla via di Damasco quando stava andando a perseguitare la Chiesa ebbe una visione in cui vide Gesù, infatti quando Anania andò da lui gli disse: “Fratello Saulo, il Signore, cioè Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale tu venivi, mi ha mandato perché tu ricuperi la vista e sii ripieno dello Spirito Santo” (Atti 9:17), ed anche: “L’Iddio de’ nostri padri ti ha destinato a conoscer la sua volontà, e a vedere il Giusto…” (Atti 22:14). Quindi, non c’è dubbio che Paolo vide il Signore Gesù Cristo in quella celeste visione. Paolo, però a Timoteo, parlando di Dio, dice: “Il quale solo possiede l’immortalità ed abita una luce inaccessibile; il quale nessun uomo ha veduto né può vedere; al quale siano onore e potenza eterna. Amen” (1 Tim. 6:16). Come mai allora Paolo afferma che nessun uomo ha mai veduto il Re dei re e il Signore dei signori, pur avendo visto lui stesso Gesù Cristo, il Giusto, e pur sapendo che egli era il Signore dei signori ed il nostro grande Iddio? La risposta è perché in queste parole lui afferma che nessun uomo ha mai veduto Iddio Padre e non che nessuno ha mai veduto il suo Figliuolo.
Ma allora perché Gesù affermò che chi lo aveva visto aveva visto il Padre? Perché Gesù era ed è “l’immagine dell’invisibile Iddio” (Col. 1:15), e “lo splendore della sua gloria” (Ebr. 1:3); in altre parole chi vedeva lui nei giorni della sua carne vedeva la bontà di Dio, la giustizia di Dio, la misericordia di Dio, l’amore di Dio, e perciò poteva comprendere come era Dio; ma non è che chi lo vedeva vedeva il Padre suo in persona perché Dio il Padre era in cielo seduto sul suo trono attorniato da miriadi e miriadi di angeli.
7. Gesù portava i capelli lunghi?
No, Gesù non aveva i capelli lunghi, ossia non aveva una chioma sul capo. Come avrebbe potuto Gesù portare i capelli come una donna quando l’apostolo Paolo dice: “La natura stessa non v’insegna ella che se l’uomo porta la chioma, ciò è per lui un disonore?” (1 Cor. 11:14)?
L’errore che fanno coloro che pensano che Gesù avesse i capelli lunghi è quello di credere che Gesù Cristo fosse un Nazireo (un Ebreo che aveva fatto il voto di nazireato), il quale secondo la legge non doveva far passare il rasoio sul suo capo tutto il tempo del suo nazireato secondo che è scritto: “Tutto il tempo del suo voto di nazireato il rasoio non passerà sul suo capo; fino a che sian compiuti i giorni per i quali ei s’è consacrato all’Eterno, sarà santo; si lascerà crescer liberamente i capelli sul capo” (Num. 6:5). Ma Gesù non poteva essere un Nazireo perché il Nazireo secondo la legge non poteva bere nessuna bevanda fatta con l’uva secondo che è detto: “Quando un uomo o una donna avrà fatto un voto speciale, il voto di nazireato, per consacrarsi all’Eterno, si asterrà dal vino e dalle bevande alcooliche; non berrà aceto fatto di vino, né aceto fatto di bevanda alcoolica; non berrà liquori tratti dall’uva, e non mangerà uva, né fresca né secca. Tutto il tempo del suo nazireato non mangerà alcun prodotto della vigna, dagli acini alla buccia” (Num. 6:2-4), e Gesù bevve dell’aceto secondo che è scritto: “Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era già compiuta, affinché la Scrittura fosse adempiuta, disse: Ho sete. V’era quivi un vaso pieno d’aceto; i soldati dunque, posta in cima a un ramo d’issopo una spugna piena d’aceto, gliel’accostarono alla bocca. E quando Gesù ebbe preso l’aceto, disse: È compiuto! E chinato il capo, rese lo spirito” (Giov. 19:28-30).
Il Nazireo poi non poteva toccare nessun morto secondo che è detto: “Tutto il tempo ch’ei s’è consacrato all’Eterno, non si accosterà a corpo morto; si trattasse anche di suo padre, di sua madre, del suo fratello e della sua sorella, non si contaminerà per loro alla loro morte, perché porta sul capo il segno della sua consacrazione a Dio” (Num. 6:6-7), e Gesù toccò il corpo di un morto precisamente quello della figlia di Iairo che era già morta quando lui arrivò alla casa di Iairo, difatti lui la prese per la mano (cfr. Luca 8:54).
Quando dunque la Scrittura chiama Gesù Nazareno, non bisogna intendere che egli fosse un Nazireo, ma semplicemente un abitante di Nazareth dove lui fu allevato. Matteo lo fa capire bene questo quando dice: “Ma udito [Giuseppe] che in Giudea regnava Archelao invece d’Erode, suo padre, temette d’andar colà; ed essendo stato divinamente avvertito in sogno, si ritirò nelle parti della Galilea, e venne ad abitare in una città detta Nazaret, affinché si adempiesse quello ch’era stato detto dai profeti, ch’egli sarebbe chiamato Nazareno” (Matt. 2:22-23).
8. Se Gesù era Dio come mai rispose al giovane ricco: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Iddio”?
Questa risposta di Gesù al giovane ricco è qualcosa che fanno notare tutti coloro che negano la divinità di Cristo, tra cui gli Ebrei disubbidienti. Spieghiamo dunque il suddetto passo al fine di dimostrare che esso non attesta che Gesù non è Dio.
Ora, se esaminiamo attentamente le parole di Gesù a quel giovane ricco si noterà che con esse Gesù non riprese il giovane infatti Gesù non gli disse: ‘Non mi chiamare buono, perché solo il Padre mio (o solo Dio) è buono’. In questo caso, allora sì, Gesù avrebbe negato di essere Dio, ma egli domandò a quel ricco semplicemente il motivo per cui lo chiamava buono. Domanda per altro che non viene detto ebbe una risposta da parte del ricco.
Si deve poi dire che quel giovane non era un discepolo del Signore e non lo diventò dopo che Gesù gli rispose. La cosa invece è differente per noi discepoli di Cristo perché noi sappiamo perché chiamiamo Gesù ‘Maestro buono’, perché Egli è Uno con il Padre, e quindi Dio. A noi quindi Gesù non ci farebbe una simile domanda, e se mai ce la facesse la nostra immediata risposta sarebbe: ‘Perché tu sei Uno con il Padre’.
Le parole di Gesù a quel ricco quindi non hanno per nulla il significato che gli danno coloro che non lo accettano come Dio.
9. Ma Gesù Cristo è veramente Dio?
Sì, Gesù Cristo è veramente Dio.
Lui stesso affermò di esserlo quando disse ai Giudei: “Prima che Abramo fosse nato io sono” (Giov. 8:58), o quando disse loro: “Io ed il Padre siamo uno” (Giov. 10:30). Gesù dimostrò di essere Dio perché rimise i peccati agli uomini cosa che solo Dio può fare secondo che è scritto: “Egli è quel che ti perdona tutte le tue iniquità” (Sal. 103:3). Gli scribi e i Farisei quando Gesù rimise i peccati a quell’uomo paralitico cominciarono a dire dentro di loro che Gesù bestemmiava perché i peccati li poteva rimettere solo Dio (cfr. Mar. 2:7) e lui era un uomo come loro. Il fatto è però che essi ignoravano che Gesù oltre che uomo era anche Dio. Egli era la Parola fattasi carne, e siccome nel principio la Parola era con Dio ed era Dio, per forza di cose anche la Parola fatta carne era Dio (cfr. Giov. 1:1-2,14). La Parola non smise di essere Dio quando prese la forma umana; ma continuò ad esserlo.
Gli apostoli credevano e insegnavano che Gesù era Dio infatti Paolo lo chiama “Dio benedetto in eterno” (Rom. 9:5) e il “nostro grande Iddio e Salvatore” (Tito 2:13); Pietro lo chiama “nostro Dio e Salvatore” (2 Piet. 1:1); e Giovanni lo chiama “il vero Dio” (1 Giov. 5:20).
A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
10. Gesù risuscitò fisicamente o spiritualmente?
La Scrittura insegna che Gesù Cristo risuscitò corporalmente in altre parole che egli riprese il suo corpo con cui era morto sulla croce e che era stato messo nel sepolcro. Ovviamente il corpo con cui egli risuscitò e con cui apparve ai suoi discepoli era diverso da quello precedente perché era immortale, incorruttibile e glorioso (e a dimostrazione di ciò c’è il fatto che Gesù si presentò in mezzo ai suoi discepoli a porte chiuse quindi passando attraverso i muri dell’abitazione dove essi stavano in quel momento); ma quel corpo rimaneva pur sempre il suo corpo. Infatti quando Gesù apparve ai suoi discepoli e questi pensavano di vedere uno spirito egli disse loro: “Perché siete turbati? E perché vi sorgono in cuore tali pensieri? Guardate le mie mani ed i miei piedi, perché son ben io; palpatemi e guardate; perché uno spirito non ha carne e ossa come vedete che ho io” (Luca 24:38-39). Notate come Gesù disse di non essere uno spirito perché uno spirito non aveva carne e ossa come lui, per cui li invitò a toccarlo. Ma oltre al fatto che i suoi discepoli lo potevano toccare, c’è il fatto che in quel corpo c’erano i segni dei chiodi e il segno della lancia nel suo costato, cosa molto importante questa, direi fondamentale; quei segni nel suo corpo risorto infatti confermano la sua risurrezione corporale.
E poi, io dico, se Gesù non avesse ripreso il suo corpo come avrebbero potuto adempiersi le parole profetiche di Davide: “Anche la mia carne riposerà in isperanza” (Atti 2:26)? Non pensate voi che sarebbe stato un controsenso per Dio dire che la carne del corpo del Messia avrebbe riposato in speranza e poi quello stesso suo corpo non sarebbe uscito immortale e glorioso dal sepolcro in cui era stato posto? Di che speranza si sarebbe trattata quella che avrebbe avuto il Cristo a proposito della sua carne, se questa poi non sarebbe stata da lui ripresa? Di una speranza falsa e illusoria. Ma no, di quella speranza il Messia vide l’adempimento perché l’anima sua non fu lasciata nell’Ades e il suo corpo non vide la corruzione, infatti il terzo giorno Egli risuscitò, egli ritornò con la sua anima in quel corpo trafitto ma questa volta quel corpo era immortale e glorioso.
Ed ancora, voglio dire questo: ‘Se la sua resurrezione non fosse stata corporale, come avrebbe potuto Gesù distruggere la morte?’ Non avrebbe potuto, perché quando sopraggiunse la morte fisica avvenne una separazione dell’anima di Gesù dal suo corpo, per cui il corpo diciamo che in un certo senso venne ‘perduto’, quindi affinché la morte fosse vinta era necessario che l’anima del morto Gesù tornasse proprio in quel corpo da cui si era separato; in altre parole che Gesù recuperasse il suo corpo. E così avvenne; sì è questo che avvenne alla sua resurrezione, per cui noi adesso proclamiamo che Gesù Cristo ha distrutto la morte.
Badate dunque fratelli a voi stessi e guardatevi da tutti coloro che in una maniera o nell’altra negano la resurrezione corporale di Gesù; essi mentono contro la verità. La resurrezione corporale di Gesù è parte del piano della redenzione divina perché Paolo dice che Gesù Cristo “è risuscitato a cagione della nostra giustificazione” (Rom. 4:25); annullarla significa annullare la redenzione compiuta da Cristo per amore nostro. Dire infatti che Gesù non è risuscitato corporalmente significa implicitamente negare la sua resurrezione, perché non esiste una resurrezione spirituale, una tale resurrezione non si può chiamare risurrezione. Quindi, fratelli continuate a proclamare la resurrezione di Cristo, e a difenderla dagli attacchi di coloro che sedotti dal diavolo la negano.
11. Gesù Cristo è morto solo per alcuni o per tutti?
Gesù Cristo è morto per tutti perché l’apostolo Paolo dice: “Poiché v’è un solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, il quale diede se stesso qual prezzo di riscatto per tutti; fatto che doveva essere attestato a suo tempo, e per attestare il quale io fui costituito banditore ed apostolo (io dico il vero, non mentisco), dottore dei Gentili in fede e in verità” (1 Tim. 2:5-7), ed anche: “Come dunque con un sol fallo la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così, con un solo atto di giustizia la giustificazione che dà vita s’è estesa a tutti gli uomini” (Rom. 5:18), ed ancora: “Poiché la grazia di Dio, salutare per tutti gli uomini, è apparsa e ci ammaestra a rinunziare all’empietà e alle mondane concupiscenze, per vivere in questo mondo temperatamente, giustamente e piamente” (Tito 2:11-12). L’apostolo Giovanni conferma Paolo quando dice che Gesù Cristo è “la propiziazione per i nostri peccati; e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (1 Giov. 2: 2).
E’ necessario però dire a questo punto che quantunque Cristo sia morto per tutti, dei benefici del suo sacrificio espiatorio ne godranno solo una parte degli uomini e precisamente coloro che sono stati predestinati ad essere giustificati e glorificati. E’ in questo senso dunque che vanno intesi tutti quei passi della Scrittura dove si dice che Cristo è morto per molti come per esempio i seguenti: “Ed è stato annoverato fra i trasgressori, perch’egli ha portato i peccati di molti, e ha interceduto per i trasgressori” (Is. 53:12), “E disse loro: Questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti” (Mar. 14:24).
Quindi il sacrificio di Cristo potenzialmente è in grado di cancellare i peccati di tutti gli uomini, ma nella pratica solo alcuni uomini avranno i loro peccati cancellati mediante il suo sangue.
12. Ma Gesù non è morto perché ucciso dagli Ebrei per mano dei romani? Come mai dunque è detto che egli è morto per i nostri peccati? Come può essere considerata la sua morte una morte avvenuta per amore nostro?
Per rispondere a questa domanda devo innanzi tutto spiegare qualcosa che concerne il rituale del giorno dell’espiazione, ossia di quel giorno del calendario ebraico in cui il sommo sacerdote doveva compiere l’espiazione dei suoi peccati e di quelli del popolo.
Ora, è scritto a proposito di quel giorno quanto segue: “L’Eterno parlò a Mosè dopo la morte dei due figliuoli d’Aaronne, i quali morirono quando si presentarono davanti all’Eterno. L’Eterno disse a Mosè: ‘Parla ad Aaronne, tuo fratello, e digli di non entrare in ogni tempo nel santuario, di là dal velo, davanti al propiziatorio che è sull’arca, onde non abbia a morire; poiché io apparirò nella nuvola sul propiziatorio. Aaronne entrerà nel santuario in questo modo: prenderà un giovenco per un sacrifizio per il peccato, e un montone per un olocausto. Si metterà la tunica sacra di lino, e porterà sulla carne le brache di lino; si cingerà della cintura di lino, e si porrà in capo la mitra di lino. Questi sono i paramenti sacri; egli l’indosserà dopo essersi lavato il corpo nell’acqua. Dalla raunanza de’ figliuoli d’Israele prenderà due capri per un sacrifizio per il peccato, e un montone per un olocausto. Aaronne offrirà il giovenco del sacrifizio per il peccato, che è per sé, e farà l’espiazione per sé e per la sua casa. Poi prenderà i due capri, e li presenterà davanti all’Eterno all’ingresso della tenda di convegno. E Aaronne trarrà le sorti per vedere qual de’ due debba essere dell’Eterno e quale di Azazel. E Aaronne farà accostare il capro ch’è toccato in sorte all’Eterno, e l’offrirà come sacrifizio per il peccato; ma il capro ch’è toccato in sorte ad Azazel sarà posto vivo davanti all’Eterno, perché serva a fare l’espiazione e per mandarlo poi ad Azazel nel deserto. Aaronne offrirà dunque il giovenco del sacrifizio per il peccato per sé, e farà l’espiazione per sé e per la sua casa; e scannerà il giovenco del sacrifizio per il peccato per sé. Poi prenderà un turibolo pieno di carboni accesi tolti di sopra all’altare davanti all’Eterno, e due manate piene di profumo fragrante polverizzato; e porterà ogni cosa di là dal velo. Metterà il profumo sul fuoco davanti all’Eterno, affinché il nuvolo del profumo copra il propiziatorio che è sulla testimonianza, e non morrà. Poi prenderà del sangue del giovenco, e ne aspergerà col dito il propiziatorio dal lato d’oriente, e farà sette volte l’aspersione del sangue col dito, davanti al propiziatorio. Poi scannerà il capro del sacrifizio per il peccato, che è per il popolo, e ne porterà il sangue di là dal velo; e farà di questo sangue quello che ha fatto del sangue del giovenco: ne farà l’aspersione sul propiziatorio e davanti al propiziatorio. Così farà l’espiazione per il santuario, a motivo delle impurità dei figliuoli d’Israele, delle loro trasgressioni e di tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda di convegno ch’è stabilita fra loro, in mezzo alle loro impurità. E nella tenda di convegno, quand’egli entrerà nel santuario per farvi l’espiazione, non ci sarà alcuno, finch’egli non sia uscito e non abbia fatto l’espiazione per sé, per la sua casa e per tutta la raunanza d’Israele. Egli uscirà verso l’altare ch’è davanti all’Eterno, e farà l’espiazione per esso; prenderà del sangue del giovenco e del sangue del capro, e lo metterà sui corni dell’altare tutto all’intorno. E farà sette volte l’aspersione del sangue col dito, sopra l’altare, e così lo purificherà e lo santificherà a motivo delle impurità dei figliuoli d’Israele. E quando avrà finito di fare l’espiazione per il santuario, per la tenda di convegno e per l’altare, farà accostare il capro vivo. Aaronne poserà ambedue le mani sul capo del capro vivo, confesserà sopra esso tutte le iniquità dei figliuoli d’Israele, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati, e li metterà sulla testa del capro; poi, per mano di un uomo incaricato di questo, lo manderà via nel deserto. E quel capro porterà su di sé tutte le loro iniquità in terra solitaria, e sarà lasciato andare nel deserto. Poi Aaronne entrerà nella tenda di convegno, si spoglierà delle vesti di lino che aveva indossate per entrar nel santuario, e le deporrà quivi. Si laverà il corpo nell’acqua in un luogo santo, si metterà i suoi paramenti, e uscirà ad offrire il suo olocausto e l’olocausto del popolo, e farà l’espiazione per sé e per il popolo. E farà fumare sull’altare il grasso del sacrifizio per il peccato. Colui che avrà lasciato andare il capro destinato ad Azazel si laverà le vesti, laverà il suo corpo nell’acqua, e dopo questo rientrerà nel campo. E si porterà fuori del campo il giovenco del sacrifizio per il peccato e il capro del sacrifizio per il peccato, il cui sangue sarà stato portato nel santuario per farvi l’espiazione; e se ne bruceranno nel fuoco le pelli, la carne e gli escrementi. Poi colui che li avrà bruciati si laverà le vesti e laverà il suo corpo nell’acqua; dopo questo, rientrerà nel campo. Questa sarà per voi una legge perpetua: nel settimo mese, il decimo giorno del mese, umilierete le anime vostre, non farete lavoro di sorta, né colui ch’è nativo del paese, né il forestiero che soggiorna fra voi. Poiché in quel giorno si farà l’espiazione per voi, affin di purificarvi; voi sarete purificati da tutti i vostri peccati, davanti all’Eterno. È per voi un sabato di riposo solenne, e voi umilierete le anime vostre; è una legge perpetua. E il sacerdote che ha ricevuto l’unzione ed è stato consacrato per esercitare il sacerdozio al posto di suo padre, farà l’espiazione; si vestirà delle vesti di lino, de’ paramenti sacri. E farà l’espiazione per il santuario sacro; farà l’espiazione per la tenda di convegno e per l’altare; farà l’espiazione per i sacerdoti e per tutto il popolo della raunanza. Questa sarà per voi una legge perpetua, per fare una volta all’anno, per i figliuoli d’Israele, l’espiazione di tutti i loro peccati’. E si fece come l’Eterno aveva ordinato a Mosè” (Lev. cap. 16). Come potete vedere è scritto più volte che il sommo sacerdote doveva scannare degli animali il cui sangue doveva servire a fare l’espiazione per i peccati, precisamente doveva scannare un giovenco per i peccati suoi e della sua casa, e un capro per i peccati del popolo. Questi animali dunque costituivano davanti a Dio delle vittime innocenti che scannate per ordine di Dio da una persona, e precisamente dal sommo sacerdote, servivano a espiare i peccati dei sacerdoti e del popolo. Quegli animali non si scannavano da sé, ma venivano scannati. Stando dunque così il rituale da osservare in quel giorno, e dato che esso era un ombra del vero sacrificio propiziatorio che un giorno si sarebbe adempiuto in Cristo Gesù è evidente che anche Gesù doveva essere scannato da qualcuno per compiere con il suo sangue l’espiazione dei nostri peccati. Ma perché proprio Gesù fu la vittima designata da Dio per compiere la propiziazione dei nostri peccati? Perché lui era l’agnello di Dio senza difetto e macchia ben preordinato prima della fondazione del mondo ad essere offerto per i nostri peccati nella pienezza dei tempi (cfr. 1 Piet. 1:19-20). Ovviamente quando si dice che Gesù era senza macchia e senza difetto, non si vuole dire solo che lui fisicamente non aveva nessun difetto fisico, ma soprattutto che lui non aveva commesso alcun peccato, nessuna violenza, nessuna frode. In altre parole che Egli era puro di ogni colpa, sia della colpa sotto cui nascono tutti gli uomini, e questo perché lui fu generato dallo Spirito Santo nel seno di sua madre, e sia perché durante la sua vita non commise mai peccato, pur essendo stato tentato come ciascuno di noi. Lui quindi poteva caricarsi di tutte le nostre iniquità ed espiarle mediante la sua morte. Che cosa avvenne dunque a Gesù Cristo? Avvenne che lui essendosi attirato l’odio dei capi sacerdoti, degli scribi e dei Farisei, ed essendo stato arrestato e condannato dal Sinedrio ebraico, fu dato nelle mani dei Gentili che lo crocifissero. Naturalmente fu Dio a volgere i cuori degli Ebrei e dei Gentili affinché odiassero Gesù Cristo e lo condannassero a morte; questo odio, quantunque ingiusto e ingiustificato, non fu qualcosa dovuto al caso, ma qualcosa preordinato da Dio per la nostra salvezza. In questa maniera Dio adempì il suo benevolo disegno di redenzione, perché fece scannare il Cristo di Dio per mano dei Giudei e dei Romani. Come mai anche dei Giudei? Perché loro furono quelli che prima condannarono Gesù a morte e poi spinsero Pilato, il governatore, a farlo crocifiggere. Che tutto ciò, quantunque sia costato a Gesù così tanto dolore, rientrasse nel volere di Dio o in altre parole che fu Dio a farlo succedere è confermato da queste parole di Pietro: “Quest’uomo, allorché vi fu dato nelle mani, per il determinato consiglio e per la prescienza di Dio, voi, per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste” (Atti 2:23), e da queste altre parole dei credenti di Gerusalemme che rivolsero a Dio: “E invero in questa città, contro al tuo santo Servitore Gesù che tu hai unto, si son raunati Erode e Ponzio Pilato, insiem coi Gentili e con tutto il popolo d’Israele, per far tutte le cose che la tua mano e il tuo consiglio aveano innanzi determinato che avvenissero” (Atti 4:27-28).
Naturalmente tutto ciò non assolve affatto né i Giudei che condannarono Gesù nella loro ignoranza, e neppure i Gentili che sempre nella loro ignoranza lo crocifissero. Infatti la Scrittura ci insegna che anche quando Dio si usa di qualcuno per uccidere, sterminare, odiare, alla fine chi si rende colpevole di omicidio, di sterminio, e di odio nei confronti di altri essere umani, viene giudicato da lui come merita. Rimane il fatto incontrovertibile però che Dio si usò dei Giudei e dei Gentili per adempiere il suo piano di salvezza.
Ecco dunque perché noi crediamo e predichiamo che Gesù Cristo è morto per i nostri peccati; ecco perché la sua morte è una morte avvenuta per amore nostro, per la propiziazione dei nostri peccati. Gloria al suo nome ora e in eterno. Amen.
13. Non credete che la storia della nascita verginale di Gesù Cristo sia un mito inventato da alcuni suoi discepoli per onorare il loro maestro, un mito che per altro è tipico del mondo ellenistico antico?
No, affatto, perché noi crediamo che la storia del concepimento di Gesù nel seno di sua madre Maria per opera dello Spirito Santo, e quindi non per opera di Giuseppe suo marito, sia una storia vera, autentica, senza il benchè minimo dettaglio inventato. E questo perché noi accettiamo quello che dicono sia Matteo che Luca, che anche il profeta Isaia, come Parola di Dio e non come parola di uomini. E poi ci sono delle buone anzi buonissime ragioni per accettare la sua nascita verginale, innanzi tutto Gesù Cristo doveva nascere in questa maniera per non nascere contaminato dal peccato e potere così caricarsi di tutte le nostre iniquità. Infatti Gesù Cristo, quale Agnello di Dio ben preordinato da Dio avanti la fondazione del mondo per compiere la propiziazione dei nostri peccati, doveva per forza di cose essere immune della colpa sotto cui nasce ogni essere umano, cioè essere puro di ogni colpa. La sua nascita da una vergine quindi fa parte di quel glorioso piano preparato nei minimi dettagli dall’Iddio vivente e da lui mandato ad affetto nella pienezza dei tempi per la salvezza degli uomini dai loro peccati. E poi, il nostro Dio è l’Onnipotente per cui una simile cosa non gli era impossibile compierla. Non c’è nulla di troppo difficile per il nostro Dio; ha creato i cieli e la terra e tutte le cose che sono in essi in solo sei giorni, ha diviso un mare facendovi passare nel mezzo un popolo intero, ha fatto parlar una asina muta con voce umana per riprendere un profeta, – per citare solo alcune delle sue opere potenti trascritte nella Bibbia -, Egli poteva quindi pure fare nascere un essere umano da una donna vergine, cosa che noi crediamo che Egli fece quando mediante il suo Spirito fece prima rimanere incinta Maria, la promessa sposa di Giuseppe, e poi in seguito le fece partorire il bambino a cui fu posto il nome di Gesù. A Dio sia la gloria ora e in eterno. Amen.
14. Ma è vero che Gesù Cristo andò in India ad imparare la filosofia indiana?
No, non è vero infatti secondo questa teoria Gesù tra i dodici e i trent’anni, cioè negli anni di cui la Bibbia non dice nulla quanto ad eventi particolari della sua vita – se escludiamo il fatto del tempio in cui fu trovato dai suoi genitori seduto in mezzo ai dottori della legge che ascoltava e a cui faceva delle domande (cfr. Luca 2:41-50) -, si sarebbe recato in India presso i ‘maestri’ yoghi ad imparare la loro filosofia che poi avrebbe insegnato ai suoi discepoli, mentre Gesù in tutti i suoi insegnamenti non ha mai accennato a dottrine indiane quali per esempio il panteismo e la reincarnazione che sono quelle più conosciute della filosofia indiana. Anzi, Gesù insegnò chiaramente che Dio è una persona distinta dalla creazione (e quindi l’uomo non è Dio o parte di Dio come dicono i ‘guru’ indiani) difatti chiamò il cielo ‘il trono di Dio’ e la terra ‘lo sgabello dei suoi piedi’ (cfr. Matt. 5:34-35); e poi che l’uomo una volta morto non si va a incarnare in un animale o in altra persona a secondo del suo comportamento, ma va o nell’Ades o in un luogo di consolazione (cfr. Luca 16:19-31; faccio presente però che questo luogo di consolazione prima della sua resurrezione era il seno di Abramo, ma dopo il paradiso in cielo, cfr. Ef. 4:8-10;) a secondo che è perduto o salvato. Se Gesù fosse andato in India a imparare la filosofia indiana, non si sarebbe certamente tirato indietro dall’annunziarla ai suoi discepoli; quindi Gesù Cristo alla luce di quanto insegnò ma anche alla luce di come visse non potè andare in India nella sua giovinezza.
Oggi, ci sono molti giovani occidentali che vanno in India ai piedi di questi ‘guru’ indiani per imparare la loro dottrina, e una volta tornati nella loro patria si mettono a diffondere in svariate maniere le dottrine imparate quivi. Se quindi Gesù Cristo non accennò mai a dottrine indiane è perché lui non le imparò mai in quel periodo di tempo della sua vita che va dai dodici anni ai circa trenta, né in India e neppure in Israele. Di questo periodo, a proposito della sua crescita spirituale viene detto che egli “cresceva in sapienza” (Luca 2:52), e che era “ripieno di sapienza” (Luca 2:40). Naturalmente questo avveniva per la potenza dell’Iddio e Padre suo che lo stava preparando in vista del suo ministerio che egli iniziò a circa trent’anni.
Gli insegnamenti di Gesù sono sani, privi di ogni scoria, privi di qualsiasi falsità; mentre gli insegnamenti dei cosiddetti ‘guru’ indiani sono corrotti, falsi, pieni di menzogne. Gli insegnamenti di Gesù edificano, quelli dei ‘guru’ distruggono; gli insegnamenti di Gesù liberano gli uomini dal peccato, mentre quelli dei ‘guru’ li mantengono incatenati al peccato più che mai essendo stati generati dal diavolo che desidera tenere gli uomini schiavi del peccato. La parola di Cristo è una lampada che risplende in questo mondo, lampada che illumina le tenebre e che le fa diradare dalla mente dell’uomo nel momento in cui essa viene accettata per fede, mentre la parola dei ‘guru’ è tenebre, buio profondo che di luce non ne porta minimamente nella vita di coloro che l’accettano. Anzi dirò di più, la filosofia indiana ha il potere di fare confluire negli uomini che l’accettano i demoni, infatti lo yoga, la meditazione trascendentale e qualsiasi altra pratica meditativa che si fonda sulla filosofia indiana non sono altro che strumenti tramite cui il diavolo riesce a fare insinuare i suoi demoni nel corpo di chi le pratica. E quando questi demoni prendono il controllo degli uomini, cominciano a succedere cose strane e incomprensibili, anche dei segni e dei prodigi, ma soprattutto la persona va da un abisso ad un altro, perché la possessione demoniaca porta alla disintegrazione della persona sotto tutti gli aspetti. E c’è solo una via per essere liberati da questi demoni, il nome di Gesù Cristo; solo nel suo nome infatti questi demoni lasceranno il corpo di coloro in cui sono venuti a risiedere.
Un avvertimento dunque a tutti coloro che in una maniera o nell’altra sono in contatto con persone che sono dati alla filosofia indiana, rigettatela perché è dal diavolo. Confutatela mediante la Parola di Dio.
15. Ho sentito dire spesso che Gesù ha detto che noi dobbiamo essere astuti come i serpenti; ma dove si trova scritta questa sua affermazione nel Vangelo?
Da nessuna parte infatti Gesù non ha mai detto una simile cosa. Egli ha detto che noi dobbiamo essere PRUDENTI come i serpenti secondo che è scritto: “Siate dunque prudenti come i serpenti” (Matt. 10:16) il che significa che noi dobbiamo essere cauti, avveduti, il che è una cosa molto diversa dall’essere astuti.
Affermare che Gesù ha detto che noi dobbiamo essere astuti significa far dire a Gesù che noi credenti dobbiamo essere furbi, dobbiamo agire con l’astuzia del Serpente antico, cioè il diavolo. E’ il diavolo infatti che agisce con astuzia secondo che è scritto che egli “sedusse Eva con la sua astuzia” (2 Cor. 11:3), e di conseguenza anche i figliuoli del diavolo agiscono con astuzia; ne abbiamo un chiaro esempio nella Bibbia quando si dice che gli scribi e i capi sacerdoti (progenie del diavolo, in base alle parole di Gesù Cristo): “Essendosi messi ad osservarlo, gli mandarono delle spie che simulassero d’esser giusti per coglierlo in parole, affin di darlo in man dell’autorità e del potere del governatore. E quelli gli fecero una domanda, dicendo: Maestro, noi sappiamo che tu parli e insegni dirittamente, e non hai riguardi personali, ma insegni la via di Dio secondo verità: È egli lecito a noi pagare il tributo a Cesare o no? Ma egli, avvedutosi della loro astuzia, disse loro: Mostratemi un denaro; di chi porta l’effigie e l’iscrizione? Ed essi dissero: Di Cesare. Ed egli a loro: Rendete dunque a Cesare quel ch’è di Cesare, e a Dio quel ch’è di Dio. Ed essi non poteron coglierlo in parole dinanzi al popolo; e maravigliati della sua risposta, si tacquero” (Luca 20:20-26). Nel racconto dello stesso episodio che fa Matteo si dice: “Ma Gesù, conosciuta la loro malizia, disse: Perchè mi tentate ipocriti?” (Matt. 22:18). Dunque l’astuzia è sinonimo di malizia. Coloro che diffondono false dottrine usano l’astuzia per farle accettare infatti Paolo dice agli Efesini: “Ed è lui che ha dato gli uni, come apostoli; gli altri, come profeti; gli altri, come evangelisti; gli altri, come pastori e dottori, per il perfezionamento de’ santi, per l’opera del ministerio, per la edificazione del corpo di Cristo, finché tutti siamo arrivati all’unità della fede e della piena conoscenza del Figliuol di Dio, allo stato d’uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più de’ bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore” (Ef. 4:11-14). La donna adultera è “astuta di cuore” (Prov. 7:10). Non è chiaro che come credenti non dobbiamo e non possiamo essere astuti?
Gli apostoli si studiavano di non agire con astuzia infatti Paolo dice: “Perciò, avendo questo ministerio in virtù della misericordia che ci è stata fatta, noi non veniam meno nell’animo, ma abbiam rinunziato alle cose nascoste e vergognose, non procedendo con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma mediante la manifestazione della verità raccomandando noi stessi alla coscienza di ogni uomo nel cospetto di Dio” (2 Cor. 4:1-2). Seguiamo le loro orme e ne avremo del bene.
Se qualcuno pensa che l’astuzia si addice ai santi tenga quel tale presente che Dio “prende i savi nella loro astuzia” (1 Cor. 3:19) e che Egli “sventa i disegni degli astuti sicché le loro mani non giungono ad eseguirli” (Giob. 5:12).
16. Ma Gesù non poteva apparire prima a Saulo, risparmiando così a tanti suoi discepoli tanti dolori e persecuzioni?
Certo che Gesù Cristo avrebbe potuto apparirgli e convertirlo prima, ma non volle farlo. Evidentemente perché non era arrivato ancora il tempo per apparirgli. Dio aveva infatti stabilito un tempo preciso in cui avrebbe rivelato il suo Figliuolo a Saulo da Tarso, ciò lo si deduce da queste parole di Paolo ai Galati: “Difatti voi avete udito quale sia stata la mia condotta nel passato, quando ero nel giudaismo; come perseguitavo a tutto potere la Chiesa di Dio e la devastavo, e mi segnalavo nel giudaismo più di molti della mia età fra i miei connazionali, essendo estremamente zelante delle tradizioni dei miei padri. Ma quando Iddio, che m’aveva appartato fin dal seno di mia madre e m’ha chiamato mediante la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il suo Figliuolo perch’io lo annunziassi fra i Gentili, io non mi consigliai con carne e sangue, e non salii a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di me, ma subito me ne andai in Arabia; quindi tornai di nuovo a Damasco” (Gal. 1:13-17). In particolare vorrei che notaste quel ‘ma quando Iddio … si compiacque … ‘ perché è questo il verso chiave.
17. Perché Gesù dopo che faceva un miracolo o una guarigione proibiva di farlo conoscere (cfr. Matt. 9:30; 12:16; Mar. 1:44; 5:43; 7:36)?
Lo faceva perché si dovevano adempiere queste parole del profeta Isaia: “Ecco il mio Servitore che ho scelto; il mio diletto, in cui l’anima mia si è compiaciuta. Io metterò lo Spirito mio sopra lui, ed egli annunzierà giudicio alle genti. Non contenderà, né griderà, né alcuno udrà la sua voce nelle piazze. Ei non triterà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante, finché non abbia fatto trionfar la giustizia. E nel nome di lui le genti spereranno” (Matt. 12:18-21). Così dice Matteo nel Vangelo da lui scritto.
18. Ma è vero che Gesù non aveva bisogno di essere unto da Dio?
No, non è affatto vero perché Gesù quale vero uomo che era aveva anch’egli bisogno di essere unto da Dio di Spirito Santo per adempiere la missione che Dio aveva decretato di affidargli. Non si deve mai dimenticare infatti quando si parla di Gesù Cristo che lui come uomo aveva dei limiti come li abbiamo noi, nel senso che anche lui non avrebbe potuto adempiere la missione dell’Iddio e Padre suo senza l’unzione. Gesù Cristo fu unto dal Padre proprio per essere messo in grado di adempiere l’opera di Dio infatti egli ebbe a dire nella sinagoga di Nazaret: “Lo Spirito del Signore è sopra me; per questo egli mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato a bandir liberazione a’ prigionieri, ed ai ciechi ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi, e a predicare l’anno accettevole del Signore” (Luca 4:18-19). Quel ‘per’ significa ‘per mettermi in grado di’. Ma d’altronde – se non fosse così – non si spiegherebbe come mai Dio aveva predetto che avrebbe unto il suo Servitore Gesù quando disse: “Ecco il mio servo, io lo sosterrò; il mio eletto in cui si compiace l’anima mia; io ho messo il mio spirito su lui, egli insegnerà la giustizia alle nazioni” (Is. 42:1). Ricordiamoci poi che Gesù cacciava i demoni per l’aiuto dello Spirito di Dio (cfr. Matt. 12:28) che era sopra Lui.
19. Quanti furono i magi che guidati dalla stella vennero dall’Oriente a Betleem ad adorare il fanciullino Gesù?
La Scrittura non lo dice quanti furono. Alcuni dicono che furono tre, ma questo non lo si può confermare con la Scrittura (cfr. Matt. 2:1-16).
20. Cosa ha voluto dire Gesù quando ha detto: “Se uno viene a me e non odia suo padre, e sua madre, e la moglie, e i fratelli, e le sorelle, e finanche la sua propria vita, non può esser mio discepolo” (Luca 14:26)?
Egli ha voluto dire che l’amore per Lui deve essere così intenso e così grande che a confronto l’amore verso i genitori, verso la propria moglie, verso i fratelli e sorelle, e finanche verso la propria vita deve apparire odio. Un discepolo di Cristo, che è degno di portare questo nome, quindi non cercherà mai di anteporre l’amore verso i propri genitori o la propria moglie o i propri fratelli e sorelle o la propria vita, all’amore per Cristo. Egli sarà disposto a morire anziché piacere all’uomo e dispiacere a Cristo e rinnegarlo. Certamente un discepolo di Cristo amerà i propri genitori, sua moglie, i suoi fratelli e le sue sorelle, i suoi figli ed anche se stesso, ma non più di Cristo. Egli sa infatti che in questo caso cesserebbe di essere un discepolo di Cristo, o come disse un giorno Gesù stesso, egli non sarebbe più degno di Lui (cfr. Matt. 10:37-38).
21. Sulla predicazione di Gesù Cristo ai morti
21. Stavo leggendo 1 Pietro 3 e quando sono arrivata al verso 19 sono rimasta un pò perplessa perché non mi è molto chiaro; inoltre il concetto è ribadito anche in 1 Pietro 4:6. I Pietro 3:19,20: “E in esso andò anche a predicare agli spiriti ritenuti in carcere, i quali un tempo furon ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, ai giorni di Noè, mentre si preparava l’arca; nella quale poche anime, cioè otto, furon salvate tra mezzo all’acqua.”I Pietro 4:6: “Poiché per questo è stato annunziato l’Evangelo anche ai morti; onde fossero bensì giudicati secondo gli uomini quanto alla carne, ma vivessero secondo Dio quanto allo spirito.”
Risposta
Sorella, queste parole di Pietro si riferiscono alla discesa di Gesù in spirito nelle parti più basse della terra dopo la sua morte difatti poco prima del versetto 19 si legge: “Poiché anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, egli giusto per gl’ingiusti, per condurci a Dio; essendo stato messo a morte, quanto alla carne, ma vivificato quanto allo spirito” (1 Piet. 3:18). Ho detto nelle parti più basse della terra perché così Paolo chiama il posto dove Gesù è disceso dopo la sua morte: “Or questo è salito che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra?” (Ef. 4:9), Pietro però lo chiama carcere infatti dice che Gesù andò a predicare agli spiriti in carcere. Di quali spiriti sta parlando? Di quelli che ai giorni di Noè non vollero dare ascolto alla predicazione di Noè che la Scrittura chiama “predicatore di giustizia” (2 Piet. 2:5). Dunque Gesù in spirito andò a predicare ai morti di una particolare generazione, e non ai morti di tutte le generazioni passate. Alcuni dicono che questa predicazione fatta da Gesù in spirito si riferisce alla predicazione fatta da Noè a quelli della sua generazione tramite lo Spirito di Cristo che parlava in lui; ma questo non si evince dai passi sopraccitati infatti viene detto che questa predicazione avvenne dopo che Gesù fu messo a morte quanto alla carne e poi che fu fatta a degli spiriti o dei morti. Dunque non possiamo fare altro che prendere queste parole di Pietro così come sono trascritte. Ma che cosa andò a predicare Gesù a quei morti? Il Vangelo infatti è detto: “Poiché per questo è stato annunciato l’Evangelo anche ai morti” (1 Piet. 4:6), quel ‘anche’ sta a confermare quello che abbiamo detto poco fa e cioè che l’Evangelo non fu annunciato a persone vive fisicamente ma spiritualmente morte, ma a persone morte fisicamente. Fin qui la cosa è facile da capire e da spiegare; le difficoltà iniziano quando si deve spiegare il motivo per cui Gesù andò ad annunciare il Vangelo anche ai morti. Infatti Pietro dice che fu per questa ragione: “Onde fossero bensì giudicati secondo gli uomini quanto alla carne, ma vivessero secondo Dio quanto allo spirito” (1 Piet. 4:6). Perché apparentemente sembrerebbe che quei morti furono salvati, e quindi ebbero dopo morti una seconda opportunità di pentirsi. Ma questo non può essere accettato perché innanzi tutto secondo quanto insegna la Scrittura quando uno muore cessa di avere ogni opportunità di pentirsi e di credere ed essere salvato infatti è detto: “E’ stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebr. 9:27), e poi perché sarebbe stata un ingiustizia dare questa opportunità solo ai morti dei giorni di Noè escludendo tutti i ribelli morti in tutte le altre generazioni. Perché per esempio non andare a predicare il Vangelo anche agli abitanti di Sodoma e Gomorra? Dunque occorre stare attenti a non cadere nell’errore in cui sono caduti i Mormoni che basandosi su queste parole dicono che i peccatori anche dopo morti hanno un’altra opportunità di salvezza. E difatti per loro ci sarebbero niente di meno che dei missionari mormoni che si recano nel carcere a predicare ai morti il Vangelo (ovviamente quello cosiddetto restaurato da Joseph Smith che è un altro Vangelo).
Che cosa significa allora “Onde fossero bensì giudicati secondo gli uomini quanto alla carne, ma vivessero secondo Dio quanto allo spirito”? Noi riteniamo che significa che questa predicazione del Vangelo fatta da Gesù negli inferi a dei morti fu fatta per attestare ai vivi che quegli individui erano sì morti secondo gli uomini quanto alla carne, ma agli occhi di Dio avevano continuato a vivere spiritualmente, per Lui infatti i morti continuano a vivere. Che sia così si evince dal fatto che poco prima è detto: “Essi [quelli che dicono male di noi] renderanno ragione a colui ch’è pronto a giudicare i vivi ed i morti” (1 Piet. 4:5), ed anche: “Poiché per questo è stato annunziato l’Evangelo anche ai morti …” (1 Piet. 4:6). Come dire insomma: ‘Dio è pronto a giudicare anche i morti (e non solo i vivi) che quindi anche se non sono più sulla terra non sfuggiranno affatto al giudizio di Dio perché essi secondo Dio continuano a vivere, tanto è vero che a dimostrazione di ciò c’è la predicazione di Gesù Cristo fatta anche ai morti’.
Quella predicazione di Cristo dunque non aveva come fine la conversione di quei morti. Dopo morti non c’è più la possibilità di ascoltare il Vangelo e credere ed essere salvati dai propri peccati. E’ scritto: “Chi non avrà creduto, sarà condannato” (Mar. 16:16), ed anche: “Chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita, ma l’ira di Dio resta sopra lui” (Giov. 3:36). Questi passi tienili bene davanti ai tuoi occhi quando leggi e mediti quelle parole dell’apostolo Pietro.
22. Perché Gesù Cristo non si sposò e non ebbe figli?
Perché tutto ciò non rientrava nel volere di Dio verso lui. Questo però non significa che Gesù non si sposerà mai difatti verrà il giorno in cui pure Gesù Cristo si sposerà, ma questo suo matrimonio sarà particolare infatti egli si sposerà la Chiesa secondo che è scritto nell’Apocalisse: “Poi udii come la voce di una gran moltitudine e come il suono di molte acque e come il rumore di forti tuoni, che diceva: Alleluia! poiché il Signore Iddio nostro, l’Onnipotente, ha preso a regnare. Rallegriamoci e giubiliamo e diamo a lui la gloria, poiché son giunte le nozze dell’Agnello, e la sua sposa s’è preparata; e le è stato dato di vestirsi di lino fino, risplendente e puro: poiché il lino fino son le opere giuste dei santi” (Apoc. 19:6-8). Questo lo conferma Paolo ai santi di Corinto quando gli dice di averli fidanzati ad un unico sposo, per presentarli come una casta vergine a Cristo (cfr. 2 Cor. 11:2)
23. Gesù Cristo era un vegetariano?
No, Gesù Cristo non era un vegetariano infatti mangiò la Pasqua con i suoi discepoli secondo che è scritto: “Or venne il giorno degli azzimi, nel quale si dovea sacrificar la pasqua. E Gesù mandò Pietro e Giovanni, dicendo: Andate a prepararci la pasqua, affinché la mangiamo. Ed essi gli dissero: Dove vuoi che la prepariamo? Ed egli disse loro: Ecco, quando sarete entrati nella città, vi verrà incontro un uomo che porterà una brocca d’acqua; seguitelo nella casa dov’egli entrerà. E dite al padron di casa: Il Maestro ti manda a dire: Dov’è la stanza nella quale mangerò la pasqua co’ miei discepoli? Ed egli vi mostrerà di sopra una gran sala ammobiliata; quivi apparecchiate. Ed essi andarono e trovaron com’egli avea lor detto, e prepararon la pasqua. E quando l’ora fu venuta, egli si mise a tavola, e gli apostoli con lui. Ed egli disse loro: Ho grandemente desiderato di mangiar questa pasqua con voi, prima ch’io soffra; poiché io vi dico che non la mangerò più finché sia compiuta nel regno di Dio” (Luca 22:7-16); il che significa che egli mangiò l’agnello pasquale che la legge prescriveva si doveva mangiare in quel giorno (cfr. Es. 12:42-49). Precetto questo che conferma che la legge di Mosè non è affatto contraria al consumo della carne. E come potrebbe esserlo quando Dio dopo il diluvio aveva detto a Noè e ai suoi figli: “Tutto ciò che si muove ed ha vita vi servirà di cibo; io vi do tutto questo, come l’erba verde” (Gen. 9:3)? E dirò di più: come potrebbe Dio essere contrario al consumo della carne quando Lui stesso ai giorni di Abramo mangiò della carne e precisamente della carne di vitello offertagli da Abramo secondo che è scritto: “L’Eterno apparve ad Abrahamo alle querce di Mamre, mentre questi sedeva all’ingresso della sua tenda durante il caldo del giorno. Abrahamo alzò gli occhi, ed ecco che scòrse tre uomini, i quali stavano dinanzi a lui; e come li ebbe veduti, corse loro incontro dall’ingresso della tenda, si prostrò fino a terra, e disse: ‘Deh, Signor mio, se ho trovato grazia davanti a te, non passare senza fermarti dal tuo servo! Deh, lasciate che si porti un po’ d’acqua; e lavatevi i piedi; e riposatevi sotto quest’albero. Io andrò a prendere un pezzo di pane, e vi fortificherete il cuore; poi, continuerete il vostro cammino; poiché per questo siete passati presso al vostro servo’. E quelli dissero: ‘Fa’ come hai detto’. Allora Abrahamo andò in fretta nella tenda da Sara, e le disse: ‘Prendi subito tre misure di fior di farina, impastala, e fa’ delle schiacciate’. Poi Abrahamo corse all’armento, ne tolse un vitello tenero e buono, e lo diede a un servo, il quale s’affrettò a prepararlo. E prese del burro, del latte e il vitello ch’era stato preparato, e li pose davanti a loro; ed egli se ne stette in piè presso di loro sotto l’albero. E quelli mangiarono” (Gen. 18:1-8)?
24. ….. è giusto affermare che ‘Gesù Cristo’ non aveva una natura umana corrotta ….? … in che modo Gesù poteva essere tentato, visto che non manifestava quei desideri della natura carnale? …
24. Desidero farle per adesso una unica domanda nella speranza che lei possa darmi il suo parere alla luce delle “SACRE SCRITTURE”. Gesù Cristo aveva una natura umana e una natura divina (“FIGLIO DELL’UOMO e FIGLIO DI DIO”). Come “Figlio di Dio”, la sua natura era pura e quindi senza peccato. Come “Figlio dell’uomo” egli aveva una natura umana, e quindi manifestava quei sentimenti e debolezze come ognuno di noi (pianto, sofferenza, fame, sonno etc…). Tuttavia, egli è nato concepito dallo “Spirito Santo” senza un rapporto naturale (atto sessuale) per cui “Maria” non ha avuto relazione con altro uomo (Giuseppe) perché se lo avesse avuto tale bambino sarebbe nato con il seme “Adamico” per cui la sua natura sarebbe stata corrotta. Le chiedo: In base a queste mie considerazioni, è giusto affermare che “Gesù Cristo” non aveva una natura umana corrotta, considerando che la “Scrittura” ci insegna che Egli è senza peccato? Come “Figlio dell’uomo” (natura umana) in che modo Gesù poteva essere tentato, visto che non manifestava quei desideri della natura carnale? (Galati 5:19 e 20) NB. Egli era perfetto nella sua natura umana e quindi come poteva essere tentato da “Satana”, non avendo questa natura corrotta come ogni uomo sulla terra? Inoltre Gesù dovendo assolvere al piano della “Salvezza” non poteva cadere nella tentazione come Figlio di Dio “incarnato” se no il suo sacrificio sarebbe stato inutile e imperfetto. Caro fratello Giacinto, quanto ho voluto qui esporre non è perché io ho dei dubbi in merito, ma mi domando quale differenza c’è tra la tentazione di un essere umano (NATURA CORROTTA) e il Figlio di Dio Gesù Cristo (NATURA PERFETTA). Spero che non ci siano fraintesi per quanto ho voluto spiegare in questo scritto, anche se comprendo che la Parola di Dio non può rispondere a tutti gli interrogativi che l’uomo si pone, visto che solo quando saremo con il Signore riceveremo tutte le risposte.
Risposta
Sì, fratello, è giusto affermare che Gesù Cristo non aveva una natura umana corrotta come quella di tutti gli altri uomini, e questo perché egli era stato generato dallo Spirito Santo. Egli quindi nacque senza peccato, e senza quell’inclinazione a fare il male che è caratteristica di tutti gli uomini sin dalla loro nascita. Come fece dunque ad essere tentato? Basta leggere le tentazioni a cui Egli fu sottoposto dal diavolo nel deserto per rendersi conto di come ciò potè avvenire. Il diavolo per ben tre volte gli parlò personalmente suggerendogli di fare determinate cose; prima gli suggerì di trasformare delle pietre in pani, poi di buttarsi giù dal pinnacolo del tempio, ed infine di rendergli l’adorazione in cambio di tutti i regni del mondo e la loro gloria che gli fece vedere (cfr. Luca 4:1-12). Il diavolo quindi si appoggiò – uso questo termine – sul suo desiderio di voler mangiare (sopraggiunto dopo 40 giorni di digiuno), su un eventuale desiderio di compiere qualche gesto eclatante per essere acclamato dal popolo, e su un eventuale desiderio di diventare un potente re di questo mondo che lui avrebbe voluto che sorgessero in Gesù. Ma Gesù si oppose fermamente a queste insidie del tentatore rispondendogli con dei passi della Scrittura appropriati che indussero il diavolo a lasciarlo. Certamente però ci furono altre occasioni in cui il diavolo lo tentò perché è scritto: “Si partì da lui fino ad altra occasione” (Luca 4:13), ma in ognuna di esse Gesù riportò sempre la vittoria sul diavolo.
Comprendo che può risultare di difficile comprensione il come Gesù Cristo, che non aveva una natura umana corrotta, potè essere tentato in ogni cosa come noi, però se consideriamo che il diavolo è un essere spirituale malvagio che può presentarsi personalmente ad una persona per cercare di farla cadere in peccato e questo è quello che fece con Gesù nel deserto, allora le difficoltà scompaiono. Il diavolo comunque sapeva che Gesù Cristo aveva una natura umana perfetta, essendo stato generato dallo Spirito Santo, e proprio per questo cercò di indurlo a fare quelle cose che gli suggerì, per fare diventare la sua natura corrotta. Per spiegarti meglio questo concetto, ti farò il paragone con Adamo, il primo uomo. Ora, come tu sai Dio fece l’uomo retto (cfr. Eccl. 7:29), per cui egli era senza peccato, egli aveva una natura umana perfetta quando fu creato. Nessuna iniquità era in lui, il peccato era a lui sconosciuto, non aveva per nulla una natura corrotta. Ma il serpente antico che fece? Cercò di farlo cadere nel peccato e così mutargli quella natura umana retta in una natura corrotta, e ci riuscì. Come? Prima seducendo la donna a cui fece credere che mangiando il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non sarebbero morti, cosa a cui la donna credette e mangiò il frutto; e poi inducendo la donna ad offrire di quel frutto a suo marito il quale ne mangiò pure lui. Nota bene che Adamo non commise un peccato tipo l’adulterio, o l’omicidio, o il furto, o la bestemmia, ma un peccato del tutto diverso, che consistette nel mangiare un frutto di un albero che per altro era buono a mangiarsi (quindi non cattivo in se stesso) ma che era stato vietato da Dio. Ecco dunque come potè essere tentato il primo uomo nonostante non avesse una natura umana corrotta; una cosa simile accadde a Gesù, nel senso che lui nonostante fosse nato immacolato e puro, senza l’inclinazione a peccare, fu ugualmente tentato dal Serpente Antico affinché cadesse nel peccato e si corrompesse. C’è però una grande differenza tra la tentazione di Adamo e quella di Gesù, che mentre con Adamo il Serpente ebbe la vittoria, con Gesù il Serpente subì una schiacciante sconfitta ogni qual volta che tentò Gesù Cristo. E in virtù di questo, cioè del fatto che Gesù non cadde in nessuna tentazione, Gesù Cristo potè morire sulla croce per compiere l’espiazione dei nostri peccati. Egli non conobbe il peccato, come invece lo conobbe Adamo, ma Dio lo fece peccato per noi (cfr. 2 Cor. 5:21), perché fece ricadere su lui tutte le nostre iniquità (cfr. Is. 53:6), affinché noi fossimo giustificati mediante la fede nel suo nome.
A Cristo Gesù, il Figlio di Dio, sia la gloria ora e in eterno. Amen.
25. Che cosa significa che Gesù Cristo è la pietra angolare?
Ora, tenendo presente che la pietra angolare è la pietra fondamentale che forma l’angolo esterno di un edificio, e viene posta all’angolo d’incontro di due muri e li mantiene legati, il fatto che Gesù Cristo sia chiamato “la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore” (Ef. 2:21), sta ad indicare che Lui è la pietra fondamentale su cui è stata costruita la Chiesa Dio, ossia l’edificio spirituale che ha da servire di dimora a Dio per lo Spirito. Sopra di lui ci sono altre pietre, in primo luogo gli apostoli e i profeti (cfr. Ef. 2:20), e poi a seguire tutti i credenti secondo che è scritto: “Anche voi, come pietre viventi, siete edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo per offrire sacrificî spirituali, accettevoli a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1 Piet. 2:4-5).
E’ interessante notare che questa pietra è stata rigettata dagli edificatori, cioè dai capi sacerdoti, dagli scribi e dai Farisei, prima di diventare la pietra angolare della Casa di Dio; e che mentre per noi che abbiamo creduto è la pietra angolare, eletta e preziosa, per coloro che non credono in Gesù Cristo è una pietra d’inciampo e un sasso d’intoppo (cfr. 1 Piet. 2:6-7). In altre parole, la loro rovina perché Gesù ha detto che “chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato” (Matt. 21:44)
26. Che cosa significa che Gesù Cristo ha compiuto l’espiazione dei nostri peccati?
Significa che lui morendo sulla croce per i nostri peccati e con i nostri peccati su di lui ha pagato il prezzo che era necessario fosse pagato in favore nostro affinché noi fossimo perdonati e riconciliati con Dio. E questo prezzo fu il suo sangue perchè “senza spargimento di sangue non c’è remissione” (Ebrei 9:22). Ecco perché Gesù, nella notte che fu tradito quando prese il calice, disse ai suoi discepoli: “…. questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per la remissione dei peccati” (Matt. 26:28), ed ecco perché sempre Gesù tempo prima aveva detto che il Figliuol dell’uomo, cioè lui, era venuto per “dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Matt. 20:28).
Questo atto riconciliatorio compiuto da Gesù Cristo era stato prefigurato e preannunciato da Dio nella legge quando stabilì cosa doveva fare il sommo sacerdote una volta all’anno per compiere l’espiazione dei suoi peccati e di quelli del popolo. Ecco quanto disse Dio: “Aaronne offrirà dunque il giovenco del sacrifizio per il peccato per sé, e farà l’espiazione per sé e per la sua casa; e scannerà il giovenco del sacrifizio per il peccato per sé. Poi prenderà un turibolo pieno di carboni accesi tolti di sopra all’altare davanti all’Eterno, e due manate piene di profumo fragrante polverizzato; e porterà ogni cosa di là dal velo. Metterà il profumo sul fuoco davanti all’Eterno, affinché il nuvolo del profumo copra il propiziatorio che è sulla testimonianza, e non morrà. Poi prenderà del sangue del giovenco, e ne aspergerà col dito il propiziatorio dal lato d’oriente, e farà sette volte l’aspersione del sangue col dito, davanti al propiziatorio. Poi scannerà il capro del sacrifizio per il peccato, che è per il popolo, e ne porterà il sangue di là dal velo; e farà di questo sangue quello che ha fatto del sangue del giovenco: ne farà l’aspersione sul propiziatorio e davanti al propiziatorio. Così farà l’espiazione per il santuario, a motivo delle impurità dei figliuoli d’Israele, delle loro trasgressioni e di tutti i loro peccati” (Lev. 16:11-16). Come si può vedere, era necessario che il sacerdote immolasse degli animali e offrisse il loro sangue per compiere l’espiazione dei peccati, perché come disse sempre Dio “il sangue è quello che fa l’espiazione mediante la vita” (Lev. 17:11). In quel caso però il sommo sacerdote essendo anche lui un uomo “circondato da infermità” (Ebr. 5:2) era obbligato ad offrire dei sacrifici espiatori anche per i suoi propri peccati, oltre che per quelli di tutto il popolo (cfr. Ebr. 5:2-3). Venuto però Gesù Cristo, il Sommo Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec, quindi appartenente ad un ordine superiore a quello di Aaronne; stabilito da Dio in eterno perché siccome dimora in eterno ha un sacerdozio che non si trasmette (cfr. Ebr. 7:24); e non senza giuramento a differenza dei sommi sacerdoti dell’Antico Patto; e santo e immacolato e innocente perché non conobbe peccato, egli offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio per i nostri peccati (cfr. Ebr. 7:27; 10:12) compiendo una espiazione migliore di quella che compiva una volta all’anno il sommo sacerdote perché questa toglie i peccati dalla coscienza, quella invece non li toglieva “perché è impossibile che il sangue di tori e di becchi tolga i peccati” (Ebr. 10:4).
A Cristo Gesù, il Figlio di Dio che dopo avere compiuta la purificazione dei nostri peccati, ascese alla destra della Maestà nei luoghi altissimi, sia la gloria ora e in eterno. Amen
27. Che cosa significa che il Figlio di Dio, “essendo stato reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore d’una salvezza eterna …” (Ebrei 5:9-10)?
Significa che il Figlio di Dio da sempre esistente con Dio, affinché potesse diventare il Fedele e Misericordioso Sommo Sacerdote in grado di compiere l’espiazione dei nostri peccati, oltre a partecipare al sangue e alla carne come vi partecipiamo noi, cioè oltre a diventare simile a noi esseri umani, dovette anche soffrire come noi e difatti dice la Scrittura “in quanto egli stesso ha sofferto essendo tentato, può soccorrere quelli che son tentati” (Ebr. 2:18). Le sofferenze nella vita di Gesù Cristo dunque furono necessarie, indispensabili. Fu tramite di esse che egli diventò o fu reso perfetto (cfr. Ebr. 2:10), nel senso che furono le sue sofferenze che gli hanno permesso di soccorrerci, di poter simpatizzare con noi. Come avrebbe potuto il Figlio di Dio venirci in aiuto e capirci se Lui avesse preso solo la nostra natura umana e non avesse sofferto? Non avrebbe potuto. Ma ecco che Dio aveva stabilito di renderlo perfetto tramite le sofferenze. D’altronde se il sommo sacerdote sotto la legge poteva ben capire il popolo e simpatizzare con esso, essendo anche lui un uomo che soffriva perché veniva anche lui tentato: “Può aver convenevole compassione verso gl’ignoranti e gli erranti, perché anch’egli è circondato da infermità” (Ebr. 5:2), dice la Scrittura, come avrebbe potuto il Figlio di Dio diventare il Sommo Sacerdote della nostra professione di fede senza soffrire anche lui? Il fatto è però che Gesù, il Sommo Sacerdote della nostra professione di fede, fu sì tentato e per questo soffrì, MA SENZA PECCARE. Ed essendo morto sulla croce per i nostri peccati è diventato per tutti coloro che credono in Lui l’autore della loro salvezza eterna. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
28. Mi è venuto un dubbio sulla morte di Gesù perché in un film che ho visto pare che lui sia stato ucciso e non che abbia voluto morire Lui, mi potresti spiegare cosa dice la Bibbia a riguardo?
Guarda fratello, la Bibbia dice sia che Gesù Cristo è stato ucciso dai Giudei e sia che questa morte fu una morte a cui lui volle sottoporsi in ubbidienza al Padre suo. Gesù Cristo infatti un giorno ebbe a dire: “Per questo mi ama il Padre; perché io depongo la mia vita, per ripigliarla poi. Nessuno me la toglie, ma la depongo da me. Io ho potestà di deporla e ho potestà di ripigliarla. Quest’ordine ho ricevuto dal Padre mio” (Giov. 10:17-18). Come puoi vedere, Gesù nel dire ‘io depongo la mia vita’, e ‘nessuno me la toglie ma la depongo da me’, ha attestato che la sua morte fu da lui voluta. Paolo conferma questo concetto quando dice ai santi di Filippi: “Annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; ed essendo trovato nell’esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce” (Fil. 2:7-8). Gesù aveva la possibilità di essere liberato dalle mani dei Giudei e quindi di non essere messo a morte tanto è vero che quando nel Getsemani lui fu arrestato e Pietro intervenne in sua difesa sfoderando la spada e tagliando l’orecchio del servo del sommo sacerdote, Gesù prima gli disse di riporre la sua spada nel fodero e poi: “Credi tu forse ch’io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in quest’istante più di dodici legioni d’angeli?” (Matt. 26:53). Ecco dunque in che maniera Gesù avrebbe potuto essere liberato da Dio. Ma se egli avesse accettato quella liberazione come si sarebbero adempiute le Scritture profetiche secondo le quali le cose dovevano andare in quella maniera perché lui doveva essere preso e messo a morte come un malfattore?
Ovviamente affinché Gesù morisse era necessario che qualcuno lo uccidesse (Gesù infatti non poteva suicidarsi) e quindi che qualcuno lo odiasse. Questo qualcuno furono i Giudei che lo odiarono senza cagione, lo condannarono a morte e lo diedero nelle mani dei Gentili affinché lo crocifiggessero. Ma la sua morte fu sempre e rimarrà sempre una morte vicaria, una morte a cui lui ubbidì per amore nostro, per salvarci. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
29. Perché Gesù Cristo sulla croce gridò: “Elì, elì, lamà sabactanì? cioè: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Matt. 27:46)?
Lo fece affinché si adempissero le seguenti parole pronunciate da Davide per lo Spirito e scritte nel Salmo ventiduesimo e che concernono le sofferenze che il Cristo, cioè Lui, doveva patire: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Sal. 22:1). E che io credo esprimono in maniera molto eloquente quanto fu profonda la sofferenza patita da Gesù per amore nostro sulla croce del Golgota, e quindi devono farci riflettere profondamente sul grande amore che Cristo ha manifestato verso di noi. Egli dopo essere stato abbandonato dai suoi discepoli, fu abbandonato temporaneamente anche dal Padre suo nelle mani dei suoi carnefici. Nessuna liberazione era prevista per Lui in mezzo a quella sua atroce sofferenza. Egli lo sapeva. I suoi nemici però approfittarono di questa situazione in cui lui si trovava, cioè appeso come un malfattore su una croce, per ingiuriarlo e farsi beffe di lui dicendogli: “Ha salvato altri e non può salvar se stesso! Da che è il re d’Israele, scenda ora giù di croce, e noi crederemo in lui. S’è confidato in Dio; lo liberi ora, s’Ei lo gradisce, poiché ha detto: Son Figliuol di Dio” (Matt. 27:42-43). Cosa questa anch’essa predetta da Davide nel medesimo Salmo in questa maniera: “Chiunque mi vede si fa beffe di me; allunga il labbro, scuote il capo, dicendo: Ei si rimette nell’Eterno; lo liberi dunque; lo salvi, poiché lo gradisce!” (Salmo 22:7-8)
30. Caro fratello, ringrazio il Signore perché navigando su Internet ho trovato il tuo sito, spero anzi che sia ancora attivo. Il mio problema è questo: mio marito sta leggendo un libro a dir poco blasfemo, premetto che non crede nella Bibbia come Verità unica e assoluta, e così in questo libro che si intitola “Il codice Da Vinci” l’autore afferma che Gesù era chiaramente sposato e con un figlio, purtroppo la mia risposta non lo ha soddisfatto primo perché dice che sono una bigotta e che dovrei essere più aperta anche ad altre verità, secondo perché proprio i Cristiani sono perseguitati prima in casa propria e non presi in considerazione, così ti chiedo per favore di darmi una risposta autorevole da leggergli, poi se vorrà o non vorrà crederci…
La ragione per cui Gesù non si sposò fu che il matrimonio non rientrava nella volontà del Padre suo, quindi siccome Gesù scese dal cielo per fare non la sua volontà ma la volontà del Padre suo, Egli non si sposò. Un giorno però Gesù si sposerà. Con chi? Con la Chiesa, infatti quando Cristo tornerà dal cielo con gloria e con potenza e risusciterà i morti in Cristo e trasformerà i santi viventi, allora si terranno le nozze dell’Agnello, secondo che è scritto: “Poi udii come la voce di una gran moltitudine e come il suono di molte acque e come il rumore di forti tuoni, che diceva: Alleluia! poiché il Signore Iddio nostro, l’Onnipotente, ha preso a regnare. Rallegriamoci e giubiliamo e diamo a lui la gloria, poiché son giunte le nozze dell’Agnello, e la sua sposa s’è preparata; e le è stato dato di vestirsi di lino fino, risplendente e puro: poiché il lino fino son le opere giuste dei santi” (Apoc. 19:6-8). Questo matrimonio a venire è confermato da Paolo quando dice ai santi di Corinto di averli fidanzati ad un unico sposo, per presentarli come una casta vergine a Cristo (cfr. 2 Cor. 11:2)
31. Volevo delle vostre considerazioni su un verso della Scrittura che non mi è molto chiaro: Ebrei 2:7 “Tu lo hai fatto di poco inferiore agli angeli; lo hai coronato di gloria e d’onore”. Non riesco a capire cosa vuol dire “poco inferiore agli angeli”. Volevo dei chiarimenti da voi perché ritengo che siete davvero degli strumenti nelle mani di Dio.
Tu l’hai fatto poco inferiore agli angeli significa che il Figliuolo nei giorni della sua carne era inferiore agli angeli, infatti la sua natura umana non gli permetteva di essere sullo stesso livello degli angeli. Per esempio, Gesù aveva bisogno di camminare per spostarsi da un luogo all’altro, gli angeli non hanno bisogno di camminare per spostarsi; Gesù aveva bisogno di mangiare e bere, mentre gli angeli non hanno bisogno di mangiare e bere; Gesù si stancava, gli angeli non si stancano; Gesù inoltre non aveva la stessa forza che hanno gli angeli del Signore; Gesù infine aveva un corpo mortale mentre gli angeli non hanno un corpo mortale.
A motivo della sua morte, però, Gesù fu coronato di gloria e di onore ed ha ricevuto il nome che è al di sopra di ogni altro nome, Egli “è alla destra di Dio dove angeli, principati e potenze gli sono sottoposti” (1 Pietro 3:22), e gli angeli di Dio l’adorano.
32. Ogni sabato ci riuniamo alcuni fratelli e parliamo di argomenti della Sacra Scrittura l’argomento di questa sera è l’INCARNAZIONE. Ora ti volevo chiedere: ‘C’è differenza fra la parola INCARNAZIONE e LA PAROLA FATTA CARNE?’
Fratello, pace. No, non c’è alcuna differenza, perché quando noi affermiamo che la Parola di Dio si è incarnata ci riferiamo al fatto che la Parola di Dio è stata fatta carne o diventò carne. In altre parole ci riferiamo al fatto che nella pienezza dei tempi il Figlio di Dio, che era da sempre con Dio Padre, diventò simile agli uomini, – ossia, assunse la natura umana – e per fare questo naturalmente dovette nascere anche Lui da una donna. La sua nascita però fu miracolosa, perché Egli fu generato nel seno di sua madre (quando lei ancora non era sposata ma solo fidanzata) dallo Spirito Santo e non da seme d’uomo. Il fatto però che il Figlio di Dio assunse la natura umana non significa che Egli cessò di essere Dio, ricordatelo sempre questo, infatti Gesù Cristo nei giorni della sua carne era sia uomo che Dio, cioè Egli aveva sia una natura umana che una natura divina.
33. Leggo la Bibbia da circa un anno con un gruppo di amici cristiani. Nel periodo pasquale uno di essi pose la seguente domanda: ‘Per quanto Gesù è stato nel sepolcro?’ L’obiettivo della domanda era quello di cercare di comprendere se vi era stato per tre giorni e tre notti, come Giona stette nel ventre del pesce. Ho riscontrato che non è facile dare una risposta a tale quesito. Dai Vangeli non sembra che sia possibile tracciare una chiara sequenza cronologica dei fatti. Sarebbe possibile avere una risposta risolutiva in merito? Anticipo i miei ringraziamenti e porgo i miei più cordiali saluti.
Innanzi tutto bisogna partire dal presupposto che Gesù Cristo non poté mentire neppure quando disse ad alcuni scribi e Farisei quanto segue: “Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il segno del profeta Giona. Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così starà il Figliuolo dell’uomo nel cuor della terra tre giorni e tre notti” (Matt. 12:39-40). Per cui dobbiamo credere che Gesù stette nel cuore della terra 3 giorni e 3 notti, e io questo lo credo. Tenendo presente però che Egli morì venerdì pomeriggio (verso l’ora nona) e risuscitò la mattina del primo giorno della settimana parrebbe che egli non rimase nel cuore della terra tre giorni e tre notti ma di meno. Le cose però non stanno come appaiono perché l’espressione “tre giorni e tre notti’ usata da Gesù significa “dopo tre giorni” secondo che è scritto: “Poi cominciò ad insegnar loro ch’era necessario che il Figliuol dell’uomo soffrisse molte cose, e fosse reietto dagli anziani e dai capi sacerdoti e dagli scribi, e fosse ucciso, e in capo a tre giorni risuscitasse” (Mar. 8:31), e che egli disse: “Il Figliuol dell’uomo sta per esser dato nelle mani degli uomini ed essi l’uccideranno; e tre giorni dopo essere stato ucciso, risusciterà” (Mar. 9:31), e: “Disfate questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere” (Giov. 2:19), o come è scritto in Matteo: “Il terzo giorno” (Matt. 16:21). Il che significa che Gesù predisse che sarebbe risuscitato dopo tre giorni dalla sua morte, il che avvenne perché egli risuscitò il primo giorno della settimana. In altre parole ancora, l’espressione “tre giorni e tre notti” è una forma abbastanza lunga per indicare tre giorni; vedi per esempio quello che viene detto di quel giovane egiziano trovato per la campagna da Davide e i suoi uomini, che non aveva mangiato e neppure bevuto per tre giorni e tre notti e che quando fu interrogato da Davide disse che il suo padrone lo aveva abbandonato perché tre giorni prima era caduto infermo (cfr. 1 Sam. 30:11-14). E dato che nell’uso ebraico di contare i giorni le parti del giorno all’inizio o al termine di un periodo venivano contate come giorni, dire che Gesù risuscitò il primo giorno della settimana, precisamente la mattina, equivale a dire che egli risuscitò tre giorni dopo la sua morte.
34. Che vogliono dire le parole del salmo secondo: ‘Tu sei il mio Figliuolo, oggi ti ho generato’? Forse che il Figliuolo di Dio non è sempre esistito?
No, affatto, altrimenti Gesù Cristo non avrebbe potuto dire: “Prima che Abramo fosse nato, io sono” (Giov. 8:58).
Per comprendere il significato di quelle parole occorre leggere tutto il contesto in cui vengono citate dall’apostolo Paolo nella predicazione che fece ad Antiochia di Pisidia. Ecco le parole di Paolo: “Ma Iddio lo risuscitò dai morti; e per molti giorni egli si fece vedere da coloro ch’eran con lui saliti dalla Galilea a Gerusalemme, i quali sono ora suoi testimoni presso il popolo. E noi vi rechiamo la buona novella che la promessa fatta ai padri, Iddio l’ha adempiuta per noi, loro figliuoli, risuscitando Gesù, siccome anche è scritto nel salmo secondo: Tu sei il mio Figliuolo, oggi Io ti ho generato” (Atti 13:30-33). Come puoi vedere, Paolo cita quelle parole del Salmo secondo in relazione alla resurrezione dai morti di Gesù Cristo, quello dunque è il giorno in cui fu generato il Figliuolo di Dio, o meglio in cui, come dice Paolo, egli fu “dichiarato Figliuol di Dio con potenza secondo lo spirito di santità mediante la sua risurrezione dai morti” (Rom. 1:4). E sì, perché quel ‘generato’ non significa altro che “dichiarato Figliuol di Dio con potenza”. Dunque, taglia rettamente la Parola di Dio, al fine di non rimanere confuso.
35. Perché Gesù Cristo è chiamato l’Agnello di Dio o l’Agnello?
Per comprendere la ragione di questo appellativo che ha Gesù Cristo è necessario conoscere che cosa Dio comandò di fare agli Israeliti quando ordinò loro di celebrare la Pasqua in Egitto. Ecco cosa dice la legge: “Parlate a tutta la raunanza d’Israele, e dite: Il decimo giorno di questo mese, prenda ognuno un agnello per famiglia, un agnello per casa; e se la casa è troppo poco numerosa per un agnello, se ne prenda uno in comune col vicino di casa più prossimo, tenendo conto del numero delle persone; voi conterete ogni persona secondo quel che può mangiare dell’agnello. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, dell’anno; potrete prendere un agnello o un capretto. Lo serberete fino al quattordicesimo giorno di questo mese, e tutta la raunanza d’Israele, congregata, lo immolerà sull’imbrunire. E si prenda del sangue d’esso, e si metta sui due stipiti e sull’architrave della porta delle case dove lo si mangerà. E se ne mangi la carne in quella notte; si mangi arrostita al fuoco, con pane senza lievito e con dell’erbe amare. Non ne mangiate niente di poco cotto o di lessato nell’acqua, ma sia arrostito al fuoco, con la testa, le gambe e le interiora. E non ne lasciate nulla di resto fino alla mattina; e quel che ne sarà rimasto fino alla mattina, bruciatelo col fuoco. E mangiatelo in questa maniera: coi vostri fianchi cinti, coi vostri calzari ai piedi e col vostro bastone in mano; e mangiatelo in fretta: è la Pasqua dell’Eterno. Quella notte io passerò per il paese d’Egitto, e percoterò ogni primogenito nel paese d’Egitto, tanto degli uomini quanto degli animali, e farò giustizia di tutti gli dèi d’Egitto. Io sono l’Eterno. E quel sangue vi servirà di segno sulle case dove sarete; e quand’io vedrò il sangue passerò oltre, e non vi sarà piaga su voi per distruggervi, quando percoterò il paese d’Egitto.” (Es. 12:3-13)
Ora, come puoi vedere, ogni famiglia doveva prendere un agnello (o un capretto), ucciderlo e mettere il sangue di esso sui due stipiti e sull’architrave della porta della casa dove lo si sarebbe mangiato, e proprio quel sangue sarebbe servito come segno perché quando il Signore sarebbe passato per percuotere gli Egiziani, nel vedere quel sangue, sarebbe passato oltre, e perciò gli Israeliti sarebbero scampati in virtù di quel sangue. Ora, quell’Agnello pasquale prefigurava il Messia che quando sarebbe venuto nella pienezza dei tempi, avrebbe con il suo sangue liberato gli uomini dai loro peccati riconciliandoli con Dio e li avrebbe fatti scampare non alla morte fisica ma ad una morte peggiore, cioè alla morte seconda che è lo stagno ardente di fuoco e di zolfo perché questa è la sorte che attende tutti coloro che non hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello di Dio (cfr. Apoc. 21:8). Ecco dunque perché Giovanni il Battista un giorno disse del Signore Gesù: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Giov. 1:29), e l’apostolo Pietro dice che noi siamo stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatoci dai padri “col prezioso sangue di Cristo, come d’agnello senza difetto né macchia, ben preordinato prima della fondazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi” (1 Piet. 1:19-20) per noi.
Dobbiamo però anche dire che sotto l’Antico Patto non c’era solo l’Agnello pasquale che prefigurava il Messia, ma c’erano anche tutti quei sacrifici per il peccato che i sacerdoti dovevano offrire per loro stessi e anche per il popolo, ed a proposito si legga il libro del Levitico. Anche questi sacrifici prefiguravano il sacrificio che avrebbe compiuto il Messia, infatti come mediante quei sacrifici espiatori ai sacerdoti e al popolo venivano perdonati i loro peccati (ma non tolti dalla loro coscienza) così mediante il sacrificio espiatorio che il Messia avrebbe compiuto offrendo se stesso per i nostri peccati noi saremmo stati perdonati; ma a differenza del sangue dei vecchi sacrifici il sangue del Messia avrebbe tolto i peccati dalla nostra coscienza.
Quando dunque leggiamo che Gesù è l’Agnello di Dio dobbiamo anche intendere che Egli è Colui che con il suo sacrificio espiatorio è in grado di togliere i peccati dalla coscienza dell’uomo, cosa che i sacrifici che venivano offerti dai sacerdoti leviti non potevano fare, e renderlo così perfetto quanto alla coscienza (cfr. Ebr. 10:1-14).
36. Se Gesù era Divinità come poté essere oppresso da tristezza mortale (cfr. Matt. 26:38)?
Poté esserlo perché ti devi ricordare, fratello, che Gesù Cristo era anche un uomo e non solo Dio. Gesù era fatto di carne e ossa, aveva del sangue che scorreva nelle vene, mangiava, beveva come gli altri uomini, dormiva, si stancava e così via. Ma ti dirò anche un’altra cosa e cioè che Gesù DOVETTE patire quella tristezza mortale, perché Dio aveva prestabilito di rendere perfetto il duce della nostra salvezza proprio per via di sofferenze (cfr. Ebr. 2:10) cosicché adesso “in quanto egli stesso ha sofferto essendo tentato, può soccorrere quelli che son tentati” (Ebr. 2:18).
In altre parole fu necessario che Gesù patisse anche quella tristezza mortale per diventare il fedel Sommo Sacerdote che Egli è, capace di simpatizzare con noi in qualsiasi afflizione ci troviamo o dovremmo trovare, anche nella più grave e profonda (cfr. Ebr. 4:15). E difatti noi abbiamo un Sommo Sacerdote che ci capisce, che sa cosa significa soffrire, che sa cosa significhi essere tristi perché lui stesso fu triste.
Così dunque anche quella tristezza mortale che il Figliuolo patì nel Getsemani la patì per il nostro bene. A lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
37. Quando Gesù ha detto che sulla terra non dobbiamo chiamare alcuno nostro Padre (cfr. Matt. 23:9) volle dire che non dobbiamo chiamare così neppure il nostro padre terreno?
No, ciascuno di noi può chiamare suo papà ‘mio padre’ tanto è vero che quando un giorno uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore, permettimi d’andare prima a seppellir mio padre” (Matt. 8:21), Gesù non lo riprese per avere chiamato suo padre ‘mio padre’, ma gli disse solo di seguirlo e di lasciare che fossero i morti a seppellire i loro morti.
Noi non dobbiamo chiamare padre nostro o padre mio chiunque abbia una qualche autorità spirituale nella Chiesa, come può essere un apostolo, un profeta, un evangelista, un dottore o un pastore, o magari anche quel fratello che ci ha parlato per la prima volta del Vangelo e così via. Non dobbiamo fare insomma come fece il re Joas quando andò a trovare il profeta Eliseo che era malato e a cui disse: ‘Padre mio, padre mio’ (2 Re 13:14).
Ma oltre a ciò non dobbiamo chiamare Padre chiunque pensi di fare le veci di Dio sulla terra o che si consideri qualcosa di grande e quindi pensa di poter essere chiamato in questa maniera; un esempio per tutti, il capo della Chiesa cattolica romana che molti chiamano ‘padre santo’. Ma nella Chiesa cattolica romana vengono chiamati ‘padre’ anche i preti ‘padre Antonio, ecc.’. Noi quindi quando parliamo con i preti o parliamo di loro dobbiamo chiamarli ‘parroci’ o ‘preti’ ma non con l’appellativo di padre, come anche quando ci riferiamo al papa faremo bene a non chiamarlo ‘padre santo’ ma semplicemente capo della chiesa cattolica romana o capo dello Stato ‘Città del Vaticano’, solo Dio è degno di essere chiamato ‘Padre santo’.
Possiamo invece chiamare il patriarca Abrahamo nostro padre perché così lo chiama l’apostolo Paolo ai Romani “nostro padre Abramo” (Rom. 4:12) essendo che Abramo fu costituito nostro padre da Dio stesso quando gli disse: “Quanto a me, ecco il patto che fo con te; tu diverrai padre di una moltitudine di nazioni; e non sarai più chiamato Abramo, ma il tuo nome sarà Abrahamo, poiché io ti costituisco padre di una moltitudine di nazioni. E ti farò moltiplicare grandissimamente, e ti farò divenir nazioni, e da te usciranno dei re” (Gen. 17:4-6).
38. Che cosa significa che Gesù Cristo è il primogenito dai morti (cfr. Col. 1:18)?
Significa che Gesù Cristo è il primo uomo ad essere risuscitato dai morti con un corpo immortale, incorruttibile e glorioso. Ecco perché egli ha il primato anche nella resurrezione dei morti e viene definito “il primogenito dai morti” (Col. 1:18).
Naturalmente dato che Egli è il primogenito dai morti, per forza di cose ci dovranno essere anche altri che devono sperimentare questo medesimo tipo di resurrezione. Costoro sono tutti coloro che sono morti e moriranno in Cristo e quindi sono di Cristo difatti è scritto che “poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saran tutti vivificati; ma ciascuno nel suo proprio ordine: Cristo, la primizia; poi quelli che son di Cristo, alla sua venuta” (1 Cor. 15:22-23). Tutti costoro quindi quando Cristo apparirà dal cielo avranno il loro corpo trasformato e reso conforme al corpo della sua gloria. Naturalmente al ritorno di Cristo anche i santi viventi saranno trasformati e avranno il loro corpo reso conforme al corpo della sua gloria, solo che quest’ultimi saranno semplicemente mutati senza vedere la morte. Quindi tutti i santi otterranno al ritorno di Cristo un corpo glorioso, incorruttibile e immortale, e con esso regneranno con Cristo nei secoli dei secoli. Amen.
39. Ci sono alcuni fratelli che in preghiera ringraziano Dio per avere ucciso il suo Figliuolo per amore nostro; cosa pensi di questa espressione?
Penso che essa sia sbagliata perché è scritto che Dio ha dato il suo Figliuolo affinché per mezzo di lui noi vivessimo secondo che è scritto: “Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giov. 3:16) ed anche: “In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Iddio, ma che Egli ha amato noi, e ha mandato il suo Figliuolo per essere la propiziazione per i nostri peccati” (1 Giov. 4:10). Ma non è scritto che Dio lo abbia ucciso perché a uccidere il Signore Gesù sono stati i Giudei di quel tempo infatti Paolo dice ai Tessalonicesi che essi “hanno ucciso e il Signor Gesù e i profeti” (1 Tess. 2:15), e Pietro nel rivolgersi ai Giudei in Gerusalemme disse un giorno: “Ma voi rinnegaste il Santo ed il Giusto, e chiedeste che vi fosse concesso un omicida; e uccideste il Principe della vita, che Dio ha risuscitato dai morti; del che noi siamo testimoni” (Atti 3:14-15) e a casa di Cornelio parlando della morte di Gesù di Nazareth disse: “E noi siam testimoni di tutte le cose ch’egli ha fatte nel paese de’ Giudei e in Gerusalemme; ed essi l’hanno ucciso, appendendolo ad un legno” (Atti 10:39). Quindi quando parliamo dell’uccisione di Gesù usiamo espressioni come queste per non incorrere in espressioni molto infelici la cui causa è l’ignoranza delle Scritture. Parliamo come parlavano gli apostoli Paolo e Pietro che erano rispettivamente apostolo dei Gentili e apostolo della circoncisione, e che erano degli apostoli a cui Dio fece “conoscere il mistero della sua volontà, giusta il disegno benevolo ch’Egli avea già prima in se stesso formato, per tradurlo in atto nella pienezza dei tempi, e che consiste nel raccogliere sotto un sol capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che son nei cieli, quanto quelle che son sopra la terra” (Ef. 1:9-10).
40. In che cosa consiste il segno del profeta Giona di cui parlò Gesù ai Farisei e ai Sadducei quando gli disse: “Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno, e segno non le sarà dato se non quello di Giona” (Matt. 16:4)?
Consiste nell’essere stato (perché questo segno Gesù lo diede a quella generazione) tre giorni e tre notti nel cuore della terra, ossia nell’Ades che si trova nel cuore della terra (dove egli predicò il Vangelo agli spiriti ritenuti in carcere i quali furono ribelli ai giorni di Noè). Gesù infatti aveva già detto in un’altra occasione in cui anche lì gli era stato chiesto di mostrare un segno: “Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il segno del profeta Giona. Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così starà il Figliuolo dell’uomo nel cuor della terra tre giorni e tre notti” (Matt. 12:39-40).
Questo segno naturalmente si adempì quando Gesù fu ucciso dai Giudei. Ma come dopo tre giorni e tre notti Dio diede ordine al grosso pesce che aveva ingoiato Giona di vomitare il profeta sull’asciutto, così dopo tre giorni Egli fece tornare in vita Gesù Cristo sciogliendo gli angosciosi legami della morte.
41. Potresti spiegarmi il significato di queste parole di Gesù Cristo: “Or niuno mette un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; perché quella toppa porta via qualcosa dal vestito, e lo strappo si fa peggiore. Neppur si mette del vino nuovo in otri vecchi; altrimenti gli otri si rompono, il vino si spande e gli otri si perdono; ma si mette il vin nuovo in otri nuovi, e l’uno e gli altri si conservano” (Matt. 9:16-17)?
Vediamo innanzi tutto in che occasione Gesù proferì quelle parole leggendo anche alcuni versi prima che sono i seguenti: “Allora gli s’accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: Perché noi ed i Farisei digiuniamo, e i tuoi discepoli non digiunano? E Gesù disse loro: Gli amici dello sposo possono essi far cordoglio, finché lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni che lo sposo sarà loro tolto, ed allora digiuneranno” (Matt. 9:14-15). Ora, come puoi vedere i discepoli di Giovanni domandarono a Gesù perché i suoi discepoli non digiunavano, cosa che invece facevano sia i discepoli di Giovanni che i Farisei. La risposta di Gesù fu che i suoi discepoli non digiunavano perché gli amici dello sposo non possono digiunare o fare cordoglio mentre lo sposo è con loro e questo perché il tempo è un tempo di gioia ed allegrezza. Ma verranno i giorni che lo sposo sarà loro tolto e allora essi potranno digiunare. Digiunare infatti significa umiliare se stessi, affliggere se stessi e ciò non si può fare in un periodo in cui ci si deve giustamente rallegrare ma in un periodo appropriato come appunto per esempio la morte di un amico, in questo caso di uno sposo. Ma per fare capire tutto questo, Gesù fece anche delle altre similitudini che sono quella del mettere un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio, e quello di mettere del vino nuovo in otri vecchi. In ambedue i casi gli effetti sono negativi perché sono azioni che l’intelligenza impone di non fare. E quindi anche per i suoi discepoli non era proprio tempo di digiunare. Il tempo sarebbe venuto e venne quando Gesù fu tolto loro, cioè quando Gesù fu crocifisso. Gesù infatti poco prima di essere arrestato disse ai suoi discepoli: “In verità, in verità vi dico che voi piangerete e farete cordoglio” (Giov. 16:20) e questo in effetti avvenne perché quando Maria Maddalena andò ad annunciare loro che Gesù viveva la Scrittura dice che essi “facean cordoglio e piangevano” (Mar. 16:10).
Comunque, le parole di Gesù “ma verranno i giorni che lo sposo sarà loro tolto, ed allora digiuneranno”, possono pure riferirsi al periodo di tempo dopo la sua assunzione in cielo. Noi sappiamo infatti che il digiuno era qualche cosa che i discepoli antichi praticavano.
42. Mi potresti spiegare le seguenti parole di Gesù Cristo: “Per questo, ogni scriba ammaestrato pel regno de’ cieli è simile ad un padron di casa il quale trae fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie” (Mat. 13:52)?
Innanzi tutto diciamo che uno scriba ammaestrato per il regno dei cieli è uno scriba che ha creduto nel Signore Gesù e quindi un uomo che ha inteso la Parola del Regno e l’ha deposta nel suo cuore. Che farà un tale uomo che è un conoscitore della legge e dei profeti oltre che un discepolo del Signore? Quando parlerà delle cose di Dio, egli non parlerà più solo delle cose vecchie ossia delle cose che riguardano l’Antico Testamento, ma anche delle cose nuove ossia di quelle che riguardano il Nuovo Testamento che è il Testamento di cui è garante Gesù Cristo. Per cui egli è simile ad un padrone di casa che tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie. In altre parole, uno scriba credente trae fuori dal tesoro del suo cuore sia le cose vecchie che vi aveva depositato quando era sotto la legge, e sia quelle nuove rivelate da Gesù Cristo, cose quest’ultime che completano e spiegano quelle vecchie.
Per farti un esempio pratico, egli parlerà sia dei vecchi sacrifici espiatori prescritti dalla legge di Mosè e sia del sacrificio di Cristo; sia del vecchio sacerdozio di Aaronne che di quello di Melchisedec; e così via.
43. Ma Gesù come visse? Di offerte?
Gesù Cristo, dopo che lasciò il suo lavoro di falegname per darsi alla predicazione del Vangelo, visse assistito materialmente e finanziariamente da molte donne. Questo è quello che fa chiaramente capire Luca quando dice: “Ed avvenne in appresso che egli andava attorno di città in città e di villaggio in villaggio, predicando ed annunziando la buona novella del regno di Dio; e con lui erano i dodici e certe donne che erano state guarite da spiriti maligni e da infermità: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demonî, e Giovanna, moglie di Cuza, amministratore d’Erode, e Susanna ed altre molte che assistevano Gesù ed i suoi coi loro beni” (Luca 8:1-3).
Quelle donne quindi facevano parte a lui ed ai suoi discepoli dei loro beni materiali; esse fecero quello che dovrebbero fare tutti i credenti verso coloro che li ammaestrano, dico ‘dovrebbero’ perché purtroppo in molti casi i credenti non vogliono fare parte di tutti i loro beni materiali a coloro che li ammaestrano (cfr. Gal. 6:6). Paolo lo dice chiaramente che essi lo devono fare, ma essi si ostinano e adducono ogni sorta di giustificazione alla loro caparbietà di cuore e avarizia! Sì, alla loro avarizia perché non si tratta di casi di fratelli così poveri che possono dare molto poco (non sempre perché talvolta sono proprio i credenti poveri tra i più generosi nel dare per l’opera di Dio) perché la prosperità concessagli è molto poca; fosse così sarebbe pienamente giustificato il loro dare poco; ma si tratta di credenti che fanno una vita agiata, che hanno molto più del necessario, che vanno in vacanza due o tre volte all’anno, che vestono abiti eleganti, che vivono in belle case, che hanno belle macchine, ecc. Costoro sono pronti a ricevere, a farsi ammaestrare, sono pure contenti per questo; ma non sono per nulla pronti a dare, a fare parte dei loro beni materiali a chi ha questo diritto, cioè a chi li ammaestra nella Parola.
Per costoro devono essere gli altri a sostenere il pastore o il predicatore; loro invece devono solo usufruire del servizio del ministro del Vangelo, senza contraccambiare il servizio reso anche a loro. Quelle briciole che danno questi ricchi sono da loro sbandierate come se avessero dato i miliardi per l’opera di Dio, come se avessero tolto il pane dalla bocca dei loro figli per darlo al ministro del Vangelo. La verità è che questa categoria di credenti non ha per nulla a cuore l’opera di Dio; si riempiono la bocca di tante parolone, di tanti versetti biblici magari, ma di sostenere praticamente coloro che si affaticano nella predicazione e nell’ammaestramento non ne vogliono sentire parlare. Come sono bravi a fare valere i loro diritti, quando si tratta della paga che il datore di lavoro deve dare a loro; contano tutti i minuti di straordinario che fanno perché vogliono essere pagati per essi; nel caso la loro categoria vuole l’aumento sono pronti a scioperare e a manifestare in piazza come fa la gente del mondo; se i loro figli dovessero lavorare per qualcuno e non dovessero essere pagati per il loro lavoro lo fanno sapere ai quattro venti. Ma del diritto nel Vangelo che hanno coloro che annunciano il Vangelo non ne vogliono sentire parlare; per loro non esiste, e se esiste consiste in una ingiustizia perché per loro ricchi e avari è un peso troppo pesante!!!! Ma non è forse vero che i comandamenti di Dio non sono gravosi? Certo, ma per i timorati di Dio, non per i ribelli, non per i malvagi che pensano che i conduttori hanno solo dei doveri nei loro confronti, mentre loro hanno solo dei diritti!!!
44. Sotto che forma esisteva il Figliuol di Dio prima di venire in questo mondo?
Certamente Egli era un essere celeste senza un principio di giorni perché quando venne sulla terra disse: “Prima che Abramo fosse nato, io sono” (Giov. 8:58). Era Dio, infatti viene detto che la Parola era con Dio e la Parola era Dio (cfr. Giov. 1:1-2); e aveva presso il Padre una gloria infatti quando Gesù pregò il Padre prima di essere arrestato gli disse: “Ed ora, o Padre, glorificami tu presso te stesso della gloria che avevo presso di te avanti che il mondo fosse” (Giov. 17:5).
Possiamo dire, come diceva Paolo, che Egli era “in forma di Dio” (Fil. 2:6) e quindi uguale a Dio, ma nonostante ciò Egli annichilì sè stesso prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini, e si fece ubbidiente fino alla morte della croce per amore nostro. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
45. Come mai Maria Maddalena presso al sepolcro prima e i due discepoli sulla via di Emmaus dopo, ed anche alcuni suoi discepoli presso il Mare di Tiberiade, non riconobbero subito Gesù quando questi apparve loro?
La ragione per cui essi non lo riconobbero all’istante in quelle circostanze fu perché “gli occhi loro erano impediti così da non riconoscerlo” (Luca 24:16).
Tuttavia va detto che dopo un certo lasso di tempo, Gesù fu riconosciuto appieno. Maria quando si sentì chiamare per nome lo riconobbe infatti gli disse subito: “Rabbuni!” (Giov. 20:16). I due discepoli sulla via di Emmaus lo riconobbero quando Egli ruppe il pane in loro presenza (cfr. Luca 24:30-31, 35). E i discepoli presso il Mare di Tiberiade lo riconobbero quando gettarono la rete dal lato destro della barca e non poterono più tirarla su a motivo del gran numero di pesci infatti il discepolo che Gesù amava disse subito a Pietro: “E’ il Signore!” (Giov. 21:7).
46. Come mai Gesù ha parlato di giusti che non devono ravvedersi quando disse: “Io vi dico che così vi sarà in cielo più allegrezza per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti i quali non han bisogno di ravvedimento” (Luca 15:7)?
Perché i giusti non hanno bisogno di ravvedersi dato che essi si sono già ravveduti. Quindi le parole di Gesù non vanno interpretate nel senso che sulla terra esistono degli uomini che non hanno bisogno di ravvedersi dei loro peccati perché nati giusti e immacolati e conducenti una vita senza peccato, se così fosse infatti Gesù non avrebbe detto che si deve predicare ravvedimento e remissione dei peccati a tutte le genti (cfr. Luca 24:47), e Paolo non avrebbe poi detto ai Romani che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (cfr. Rom. 3:23) e non avrebbe neppure detto nell’Areopago di Atene che “Iddio dunque, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, fa ora annunziare agli uomini che tutti, per ogni dove, abbiano a ravvedersi, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo dell’uomo ch’Egli ha stabilito; del che ha fatto fede a tutti, avendolo risuscitato dai morti” (Atti 17:30-31).
47. Gesù disse che Mosè ha scritto di lui (cfr. Giov. 5:46), ma dove nella legge Mosè ha scritto di Gesù Cristo?
Mosè ha scritto di Gesù Cristo quando scrisse della progenie di Abrahamo nella quale tutte le genti sarebbero state benedette (cfr. Gen. 12:3; 22:18), quella progenie infatti, come spiega Paolo, è Cristo Gesù (cfr. Gal. 3:16) perché in Lui tutti coloro che credono sono benedetti con il credente Abramo essendo che vengono giustificati dai loro peccati (cfr. Gal. 3:8-9). Mosè ha scritto di Gesù Cristo quando scrisse: “Io susciterò loro un profeta come te, di mezzo ai loro fratelli, e porrò le mie parole nella sua bocca, ed egli dirà loro tutto quello che io gli comanderò. E avverrà che se qualcuno non darà ascolto alle mie parole ch’egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto” (Deut. 18:18-19). Queste parole della legge furono citate dall’apostolo Pietro in relazione a Gesù nella sua predicazione ai Giudei a Gerusalemme poco dopo avere guarito quell’uomo zoppo dalla nascita che stava alla porta del tempio detta ‘Bella’ per chiedere l’elemosina (cfr. Atti 3:22-23). Mosè ha scritto di Gesù anche quando scrisse della manna caduta dal cielo, della roccia da cui scaturì dell’acqua, del Sommo Sacerdote e delle sue funzioni, dei sacrifici per il peccato che dovevano essere offerti, e della Pasqua, e questo perché tutte queste cose prefiguravano in una maniera o nell’altra il Messia che sarebbe venuto a salvare il popolo dai loro peccati. Certamente i riferimenti al Messia presenti nella legge sono piuttosto velati, ma esistono e non si possono negare. I Giudei che ripongono la loro speranza in Mosè dunque sono inescusabili perché pure Mosè ha preannunciato la venuta di Gesù Cristo, dell’Unto di Dio in svariate maniere. Ma per loro tutto ciò è velato infatti quando leggono la legge di Mosè, Paolo dice, un velo rimane steso sul cuore loro (cfr. 2 Cor. 3:15), ma prosegue sempre Paolo “quando però si saranno convertiti al Signore, il velo sarà rimosso” (2 Cor. 3:16).
48. Che cosa ha voluto dire Gesù con queste parole: “In verità io vi dico che alcuni di coloro che son qui presenti non gusteranno la morte, finché non abbian visto il Figliuol dell’uomo venire nel suo regno” (Matt. 16:28)? Sono alquanto perplesso perché da queste parole sembra che il ritorno di Gesù sia già avvenuto.
Sì, è vero quelle specifiche parole di Gesù sembra che vogliono dire che il suo ritorno dal cielo doveva avvenire prima della morte di alcuni che ai giorni di Gesù erano ancora in vita. Ma ripeto, sembra, perché in realtà non è quello il loro significato. Quel ‘vedere il Figliuol dell’uomo venire nel suo regno” non si riferisce al ritorno di Gesù Cristo dal cielo per raccogliere i suoi eletti, ma alla sua entrata nel Regno celeste, in altre parole alla sua andata in cielo che in effetti alcuni di quelli che erano in quel giorno presenti con Gesù videro con i loro occhi.
Per confermarti questo ti ricordo le parole che uno dei ladroni disse a Gesù mentre era appeso alla croce, egli disse: “Gesù, ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno!” (Luca 23:42). Ora, è evidente che quell’uomo sapeva che la sua morte come quella di Gesù era imminente, per cui supplicò Gesù di ricordarsi di lui. Ma quando? Quando lui sarebbe venuto o entrato nel suo regno. E questo perché quel ladrone credette in quei momenti che Gesù aveva un regno nell’aldilà in cui sarebbe andato a regnare dopo morto. E’ chiaro però che quell’uomo non poteva sapere che Gesù sarebbe risorto, poi sarebbe stato altri quaranta giorni sulla terra, prima di entrare nel suo regno celeste; comunque credeva che Gesù sarebbe entrato nel suo regno. Al che gli disse di ricordarsi di lui quando ci sarebbe entrato, e Gesù lo tranquillizzò dicendogli che in quello stesso giorno sarebbe stato con lui nel paradiso (il seno d’Abramo). Quindi quel “quando sarai venuto nel tuo regno” si riferisce ad un certo evento che nella mente di quel ladrone non era lontano. E che con quelle parole Gesù non volle dire che sarebbe tornato di lì a poco è confermato da queste sue altre parole che sono molto simili: “In verità io vi dico che alcuni di coloro che son qui presenti non gusteranno la morte, finché non abbian visto il regno di Dio venuto con potenza” (Mar. 9:1). Ora, qui per ‘venuta del regno di Dio con potenza’ bisogna intendere lo spandimento dello Spirito Santo che si verificò il giorno della Pentecoste, perché fu in quel giorno che i discepoli furono rivestiti di potenza dall’alto e il regno di Dio venne con potenza. Quindi Gesù disse il vero nell’affermare che alcuni di quelli che erano presenti con lui non avrebbero visto la morte finchè non avrebbero visto quell’evento. Quindi le frasi sono simili ma non uguali. Quindi sia nel primo caso che nel secondo caso, gli eventi predetti da Gesù si verificarono prima della morte di alcuni che erano presenti con Gesù e furono da quest’ultimi visti; mi riferisco ai suoi apostoli in primo luogo che videro sia la sua ascensione in cielo che il regno di Dio venire con potenza il giorno della Pentecoste.
D’altronde, se con quelle parole Gesù avesse inteso dire che sarebbe tornato dal cielo prima che alcuni di coloro che erano allora presenti vedessero la morte, assieme al suo ritorno dal cielo si sarebbero pure dovuti verificare la resurrezione dei morti e il mutamento dei santi ancora vivi, perchè questi due eventi si verificheranno in quel giorno. Ma nulla di tutto ciò si verificò in quel primo secolo dopo Cristo, e nulla di tutto ciò si è ancora verificato. Il ritorno del Signore dal cielo è un evento glorioso, unico nella storia dell’umanità, che coinciderà anche con l’inizio del millennio in cui Satana sarà legato per mille anni, e poi alla fine dei mille anni Dio creerà dei nuovi cieli e una nuova terra in cui regneranno i santi per l’eternità. Se esso si fosse verificato nel primo secolo, di certo le cose adesso sarebbero totalmente diverse.
Stai attento a non interpretare quelle parole di Gesù come se il suo ritorno fosse già avvenuto, perché così non è, questo ti porterebbe automaticamente a negare sia il suo ritorno visibile dal cielo, che la resurrezione dei morti, che il millennio. In altre parole quell’interpretazione ti farebbe sviare dalla verità, come ha fatto con alcuni nella fratellanza che per mancanza di conoscenza e di sapienza, prendendo quelle specifiche parole di Cristo e dandogli quell’errato significato, si sono sviati dalla verità dicendo che Cristo è già tornato in maniera invisibile nel primo secolo dopo Cristo, che in futuro non deve verificarsi nessuna resurrezione dei morti in Cristo, come neppure nessuna resurrezione degli empi, e che non ci sarà nessun regno milleniale visibile sulla terra in cui Cristo regnerà con i suoi santi.
49. E’ giusto chiamare Gesù ‘l’amico dei peccatori’?
No, non è giusto perché chiamare Gesù Cristo in questa maniera equivale ad offenderlo. Era in questa maniera infatti che ai giorni di Gesù molti lo offesero secondo che è scritto che disse Gesù: “Ma a chi assomiglierò io questa generazione? Ella è simile ai fanciulli seduti nelle piazze che gridano ai loro compagni e dicono: Vi abbiam sonato il flauto, e voi non avete ballato; abbiam cantato de’ lamenti, e voi non avete fatto cordoglio. Difatti è venuto Giovanni non mangiando né bevendo, e dicono: Ha un demonio! È venuto il Figliuol dell’uomo mangiando e bevendo, e dicono: Ecco un mangiatore ed un beone, un amico dei pubblicani e de’ peccatori! Ma la sapienza è stata giustificata dalle opere sue” (Matt. 11:15-19).
Nota bene che Gesù nel dire che gli uomini dicevano del Figliuol dell’uomo che era un amico dei pubblicani e dei peccatori ha voluto dire che essi lo offesero e lo disonorarono dicendo quella cosa, perché oltre a questo essi dissero di lui che era un mangiatore e un beone, e poi questo si evince anche dal fatto che egli disse che la sapienza è stata giustificata dalle opere sue, o come altri traducono dai suoi figliuoli. E se la sapienza è stata giustificata vuol dire che qualcuno l’aveva calunniata o accusata ingiustamente. Non ti pare? E poi nota bene come poco prima, nel caso di Giovanni Battista, Gesù ha detto che egli non mangiò pane e non bevve vino (cfr. Luca 7:33) ma gli uomini dicevano di lui che aveva un demonio, volendo far capire che nonostante Giovanni non mangiasse né pane e non bevesse vino, gli uomini lo calunniarono dicendo che aveva un demonio, e quindi lo disonorarono. La stessa cosa che Gesù disse gli uomini fecero nei suoi confronti, nonostante a differenza di Giovanni Egli mangiò pane e bevve vino, dicendo però che lui era un mangiatore e un ubriacone, e un amico dei pubblicani e dei peccatori. Dunque, sia Giovanni Battista che il Figliuol dell’uomo furono offesi e calunniati dagli uomini. Gesù semmai è l’amico di tutti coloro che temono Dio infatti è scritto: “Io sono il compagno di tutti quelli che ti temono, e di quelli che osservano i tuoi precetti” (Sal. 119:63).
D’altronde lui stesso ebbe a dire ai suoi discepoli: “Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando” (Giov. 15:14), se quindi per essere amici di Gesù Cristo occorreva ed occorre ubbidire alle sue parole, come può Gesù dichiararsi amico dei peccatori e quest’ultimi dichiarare di avere in Gesù un amico? Io sarei personalmente offeso se qualcuno mi definisse amico dei peccatori perché non apprezzo affatto né le parole e neppure le opere dei peccatori, ma le detesto e le riprovo.
Come per esempio si sentirebbe offeso un giudice o un magistrato che fa il suo dovere indagando e ricercando i malfattori e smascherando le loro male azioni per poi portarli dinnanzi al giudice affinché siano puniti come meritano, se si sentisse chiamare ‘l’amico o amico dei malfattori’. Per farti un esempio pratico, prova ad immaginare il magistrato Giovanni Falcone quando era vivo, come avrebbe reagito se qualcuno lo avesse definito ‘l’amico o un amico dei mafiosi’. Non pensi che si sarebbe sentito offeso?
Ma come si fa a dire che Gesù, il Giusto, era l’amico dei peccatori quando anche lui detestava sia le opere che le parole dei peccatori, smascherandole e riprovandole? Come poteva Lui che era la luce del mondo, essere l’amico delle tenebre? L’amicizia implica comunanza di interessi, di vedute, di propositi, fiducia reciproca, disponibilità ad aiutarsi nella difficoltà e così via; dove mai Gesù mostrò queste cose verso i peccatori? Non è forse vero che lui predicava loro il Vangelo affinché essi si convertissero dalle loro inique opere, e le abbandonassero? Non è forse vero che gli uomini lo odiavano perché lui testimoniava che le loro opere erano malvagie? Come poteva quindi Gesù essere l’amico dei peccatori? Semmai Gesù era ‘il nemico numero uno dei peccatori’, nel senso di colui che per prima rifiutava di partecipare alle loro inique opere e di approvarle, e di certo così era considerato dai peccatori del suo tempo.
E’ amico dei peccatori uno che si è sviato, uno che ha smesso di temere Dio, che si è gettato alle spalle le parole di Dio, quello sì che è un amico dei peccatori perché oramai prende piacere nel camminare come e con i peccatori. E’ amico dei peccatori un ipocrita che fa una doppia vita. Ma certamente non si può definire amico dei peccatori un uomo timorato di Dio, e tanto meno il Giusto. Certo, il giusto ama annunciare la Parola di Dio ai peccatori, e quindi quando ne ha l’occasione gli annuncia la Parola della salvezza. Può pure trovarsi a tavola con loro per questa ragione, perché essi lo invitano a mangiare presso di loro o perché vengono da lui per sentirlo parlare. E per questa ragione può essere definito ‘amico dei peccatori’, ma da chi questo? Dai religiosi ipocriti moderni, da quelli che hanno l’apparenza della pietà ma ne hanno rinnegato la potenza, da quelli insomma che sono come gli antichi scribi e farisei che mormoravano contro Gesù quando lo vedevano seduto a tavola con i peccatori, o accogliere i peccatori per parlargli del Regno di Dio. Si legga attentamente la sua storia e si vedrà come Gesù fu chiamato in questa maniera dagli ipocriti della sua generazione.
50. Perché Giovanni il Battista mentre era in prigione mandò a dire a Gesù se egli era colui che doveva venire o loro ne dovevano aspettare un altro (cfr. Matt. 11:3)?
Io penso che fu perché mentre era in prigione a Giovanni venne un dubbio su Gesù Cristo perché altrimenti non si spiega perché Giovanni mandò a fare questa domanda a Gesù Cristo. Non ci si deve scandalizzare o meravigliare se un uomo come Giovanni Battista ad un certo punto nutrì questo dubbio e volle accertarsi che Gesù Cristo fosse colui che doveva venire: può capitare a chiunque nella vita di dubitare per un momento. Pietro per esempio non dubitò forse mentre stava camminando sulle acque del mare di Tiberiade? Per non parlare poi del fatto che lo stesso Pietro rinnegò per ben tre volte di conoscere Gesù. E che dire poi di alcuni degli undici apostoli di cui viene detto in Matteo che quando Gesù apparve loro in Galilea sul monte che Gesù aveva loro designato, vedutolo, l’adorarono “alcuni però dubitarono” (Matt. 28:17)? Ovviamente quegli apostoli che dubitarono, poi non dubitarono più, basta considerare il libro degli Atti degli apostoli per capire ciò. Eppure alcuni di loro dubitarono quando videro Gesù su quel monte.
La stessa cosa vale per Giovanni Battista, infatti è evidente che una volta che i suoi discepoli tornarono a lui con la risposta che Gesù aveva detto loro di dare a Giovanni cessò di dubitare e credette fermamente che Gesù era Colui che doveva venire. Per altro Gesù dopo che i discepoli di Giovanni partirono per tornare da Giovanni a dargli la risposta, ebbe delle parole di elogio verso Giovanni infatti è scritto: “Quando i messi di Giovanni se ne furono andati, Gesù prese a dire alle turbe intorno a Giovanni: Che andaste a vedere nel deserto? Una canna dimenata dal vento? Ma che andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Ecco, quelli che portano de’ vestimenti magnifici e vivono in delizie, stanno nei palazzi dei re. Ma che andaste a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e uno più che profeta. Egli è colui del quale è scritto: Ecco, io mando il mio messaggero davanti al tuo cospetto che preparerà la tua via dinanzi a te. Io ve lo dico: Fra i nati di donna non ve n’è alcuno maggiore di Giovanni; però, il minimo nel regno di Dio è maggiore di lui. E tutto il popolo che l’ha udito, ed anche i pubblicani, hanno reso giustizia a Dio, facendosi battezzare del battesimo di Giovanni; ma i Farisei e i dottori della legge hanno reso vano per loro stessi il consiglio di Dio, non facendosi battezzare da lui” (Luca 7:24,30).
51. Perché Gesù Cristo è venuto solo duemila anni fa circa? Non poteva venire prima in questo mondo?
Innanzi tutto è necessario dire che il Figliuol di Dio non è venuto da sé in questo mondo, cioè egli non è venuto perché un giorno ha deciso lui di venire ma perché Dio Padre volle mandarlo secondo che egli disse: “Io non son venuto da me, ma è Lui che mi ha mandato” (Giov. 8:42), per cui se Egli non è venuto prima in questo mondo è dovuto al fatto che Dio non volle mandarlo prima di quel tempo. In altre parole, la ragione è perché per Dio non era ancora giunta la pienezza dei tempi, così è chiamato il tempo prestabilito da Dio per mandare il suo Figliuolo in questo mondo. Paolo infatti dice ai Galati: “Or io dico: Fin tanto che l’erede è fanciullo, non differisce in nulla dal servo, benché sia padrone di tutto; ma è sotto tutori e curatori fino al tempo prestabilito dal padre. Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo tenuti in servitù sotto gli elementi del mondo; ma quando giunse la pienezza de’ tempi, Iddio mandò il suo Figliuolo, nato di donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione di figliuoli” (Gal. 4:1-5).
Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo (Eccl. 3:11), non quando ha voluto o pensato l’uomo, e bisogna riconoscere che il suo tempo è sempre quello giusto. Può apparire troppo tardi o troppo presto agli occhi di coloro che non conoscono le vie di Dio, ma è solo una vana apparenza. Dio non può sbagliare neppure per ciò che concerne i tempi. L’opera sua è perfetta in ogni suo aspetto. E dato che la venuta di Cristo sulla terra è opera sua bisogna dire che anche il tempo in cui egli mandò il suo Figliuolo fu quello giusto. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
52. In che cosa consisteva il lievito dei Farisei e dei Sadducei da cui Gesù disse ai suoi discepoli di guardarsi?
Consisteva nelle dottrine sbagliate di quelle due sètte del Giudaismo, appunto quella dei Farisei e quella dei Sadducei.
Per esempio, i Farisei insegnavano che se uno diceva a suo padre o a sua madre: ‘Quello con cui potrei assisterti è offerta a Dio’ egli non era più obbligato ad onorare suo padre e sua madre (cfr. Mat. 15:4-6). In questa maniera quindi i Farisei avevano annullato la Parola di Dio che ordina di onorare il proprio padre e la propria madre. Era dunque sbagliato quello che insegnavano a tal proposito. Ma di cose consimili ne insegnavano molte altre infatti Gesù nel riprenderli disse: “E di cose consimili ne fate tante” (Mar. 7:13). Una di queste altre falsità consimili che i Farisei insegnavano al popolo (perché devi ricordati che essi erano sulla cattedra di Mosè) era che se uno giurava per il tempio era nulla, ma se giurava per l’oro del tempio restava obbligato; ed anche che se uno giurava per l’altare era nulla ma se giurava per l’offerta che c’era sopra restava obbligato. Dicendo queste cose avevano innalzato l’oro del tempio sopra il tempio stesso, e l’offerta sopra l’altare (cfr. Matt. 23:16-22), annullando anche in questo caso la legge di Dio secondo la quale il tempio era superiore all’oro del tempio, e l’altare superiore all’offerta sopra di esso.
Per ciò che concerne i Sadducei, che bisogna tenere presente a differenza dei Farisei non riconoscevano come sacra la tradizione dei padri, essi insegnavano che non c’era resurrezione dei morti, né angelo e né spirito (cfr. Atti 23:8). In merito alla loro negazione della resurrezione dei morti un giorno i Sadducei ebbero una conversazione con Gesù che li ammonì dicendo che essi sbagliavano grandemente perché non conoscevano né le Scritture e neppure la potenza di Dio. Ecco il racconto di Matteo: “In quell’istesso giorno vennero a lui de’ Sadducei, i quali dicono che non v’è risurrezione, e gli domandarono: Maestro, Mosè ha detto: Se uno muore senza figliuoli, il fratel suo sposi la moglie di lui e susciti progenie al suo fratello. Or v’erano fra di noi sette fratelli; e il primo, ammogliatosi, morì; e, non avendo prole, lasciò sua moglie al suo fratello. Lo stesso fece pure il secondo, poi il terzo, fino al settimo. Infine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, dunque, di quale dei sette sarà ella moglie? Poiché tutti l’hanno avuta. Ma Gesù, rispondendo, disse loro: Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio. Perché alla risurrezione né si prende né si dà moglie; ma i risorti son come angeli ne’ cieli. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete voi letto quel che vi fu insegnato da Dio, quando disse: Io sono l’Iddio di Abramo e l’Iddio d’Isacco e l’Iddio di Giacobbe? Egli non è l’Iddio de’ morti, ma de’ viventi” (Matt. 22:23-32).
53. Che significato hanno queste parole di Gesù: “Dove sarà il corpo, ivi anche le aquile si raduneranno” (Luca 17:37)?
Per comprendere il significato di queste parole occorre innanzi tutto tenere bene a mente che Gesù stava parlando del giorno in cui il Figliuol dell’uomo sarà manifestato (cfr. Luca 17:30), e quindi del giorno in cui il Figliuol dell’uomo ritornerà dal cielo. Che cosa avverrà in quel giorno? Che oltre ad esserci la resurrezione dei morti in Cristo, il mutamento dei santi ancora viventi, ci sarà un grande sterminio che compirà il Figliuol dell’uomo con la spada che esce dalla sua bocca e i corpi di tutti gli uomini che rimarranno uccisi saranno divorati dagli uccelli del cielo (tra cui ci saranno anche le aquile) che saranno chiamati a partecipare a questo convito. Tutti costoro moriranno colpiti dal Signore perché oseranno muovere guerra a Lui e all’esercito suo quando tornerà dal cielo. Ecco il racconto che fa di questo evento Giovanni: “Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; e colui che lo cavalcava si chiama il Fedele e il Verace; ed egli giudica e guerreggia con giustizia. E i suoi occhi erano una fiamma di fuoco, e sul suo capo v’eran molti diademi; e portava scritto un nome che nessuno conosce fuorché lui. Era vestito d’una veste tinta di sangue, e il suo nome è: la Parola di Dio. Gli eserciti che sono nel cielo lo seguivano sopra cavalli bianchi, ed eran vestiti di lino fino bianco e puro. E dalla bocca gli usciva una spada affilata per percuoter con essa le nazioni; ed egli le reggerà con una verga di ferro, e calcherà il tino del vino dell’ardente ira dell’Onnipotente Iddio. E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: RE DEI RE, SIGNOR DEI SIGNORI. Poi vidi un angelo che stava in piè nel sole, ed egli gridò con gran voce, dicendo a tutti gli uccelli che volano in mezzo al cielo: Venite, adunatevi per il gran convito di Dio, per mangiar carni di re e carni di capitani e carni di prodi e carni di cavalli e di cavalieri, e carni d’ogni sorta d’uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi. E vidi la bestia e i re della terra e i loro eserciti radunati per muover guerra a colui che cavalcava il cavallo e all’esercito suo. E la bestia fu presa, e con lei fu preso il falso profeta che avea fatto i miracoli davanti a lei, coi quali aveva sedotto quelli che aveano preso il marchio della bestia e quelli che adoravano la sua immagine. Ambedue furon gettati vivi nello stagno ardente di fuoco e di zolfo. E il rimanente fu ucciso con la spada che usciva dalla bocca di colui che cavalcava il cavallo; e tutti gli uccelli si satollarono delle loro carni” (Apoc. 19:11-21).
Dunque, le aquile di cui parlò Gesù Cristo sono parte di quegli uccelli che in quel giorno si satolleranno delle carni di quegli uomini e di quei cavalli che periranno nella battaglia.
54. Perché Gesù Cristo è chiamato ‘Figliuol di Davide’?
Gesù Cristo è chiamato ‘Figliuol di Davide’ perché secondo la carne egli è disceso dalla casa e famiglia di Davide re d’Israele. Il padre putativo di Gesù infatti, cioè Giuseppe “era della casa e famiglia di Davide” (Luca 2:4). Se si legge la genealogia di Gesù Cristo così come l’ha trascritta Matteo nel Vangelo si può chiaramente vedere che Gesù Cristo discende secondo la carne da Davide (cfr Matt. 1:1-17); Paolo nell’epistola ai Romani definisce il Figliuolo di Dio “nato dal seme di Davide secondo la carne” (Rom. 1:3). Gesù stesso quando apparve a Giovanni sull’isola di Patmos gli disse di essere “la progenie di Davide” (Apoc. 22:16). Di lui viene detto che è “il Rampollo di Davide” (Apoc. 5:5). Che il Messia doveva discendere dalla casa di Davide era stato predetto dai profeti. Isaia disse: “Poi un ramo uscirà dal tronco d’Isai, e un rampollo spunterà dalle sue radici. Lo spirito dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell’Eterno” (Is. 11:1-2); Geremia disse: “Ecco, i giorni vengono, dice l’Eterno, quand’io farò sorgere a Davide un germoglio giusto, il quale regnerà da re e prospererà, e farà ragione e giustizia nel paese. Ai giorni d’esso, Giuda sarà salvato, e Israele starà sicuro nella sua dimora: e questo sarà il nome col quale sarà chiamato: ‘l’Eterno nostra giustizia’ (Ger. 23:5-6) e Ezechiele disse: “E susciterò sopra d’esse un solo pastore, che le pascolerà: il mio servo Davide; egli le pascolerà, egli sarà il loro pastore. E io, l’Eterno, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro. Io, l’Eterno, son quegli che ho parlato” (Ez. 34:23-24).
Ma Gesù oltre a discendere dalla casa di Davide nacque nella stessa città dove nacque Davide, cioè Betleem. L’angelo che apparve ai pastori nella contrada di Betleem disse loro: “Oggi, nella città di Davide, v’è nato un salvatore, che è Cristo, il Signore” (Luca 2:11); questo avvenne affinché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Michea: “Ma da te, o Bethlehem Efrata, piccola per esser fra i migliai di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni” (Mic. 5:1).
55. Perché Gesù Cristo si è definito ‘il Figliuol dell’Uomo’?
Gesù Cristo si definì “il Figliuol dell’Uomo” per indicare e sottolineare che Lui oltre ad essere il Figliuol di Dio e quindi partecipe della natura divina di Dio Padre, era anche partecipe della natura dell’uomo perché partecipava del sangue e della carne degli uomini, in altre parole per indicare che egli era diventato “simile agli uomini” (Fil. 2:7). Ovviamente questo essere partecipe della natura umana comportava delle limitazioni, delle debolezze, tutte cose queste che si possono riscontrare nella vita di Gesù Cristo. Egli mangiava, beveva, dormiva, si stancava, piangeva, come qualsiasi altro uomo sulla terra.
E’ da notare che Gesù come non si è chiamato ‘un’ Figliuol di Dio, non si è neppure chiamato ‘un’ figliuol dell’uomo, e questo perché Lui è il Figliuol di Dio e il Figliuol dell’uomo.
Il Figlio di Dio perché esistente da ogni eternità con Dio Padre, il Figliuol dell’uomo perché Lui che era presso il Padre da sempre prese la nostra natura umana, fu fatto carne per poter distruggere mediante la morte colui che aveva l’impero della morte cioè il diavolo (cfr. Ebr. 2:14). Niente di simile era accaduto prima di allora, e niente di simile accadrà dopo, Lui era Dio manifestato in carne (cfr. Giov. 1:1,14).
Essere ‘figlio di’ qualcosa o qualcuno, nella Bibbia significa essere partecipi di qualche cosa o avere qualche relazione con qualcuno. Per esempio i credenti sono chiamati “i figli del Regno” (cfr. Matt. 13:38) perché sono partecipi del regno di Dio: coloro che parteciperanno alla resurrezione dei giusti diventando simili agli angeli sono chiamati “figliuoli della resurrezione” (Luca 20:36). L’uomo del peccato ossia l’anticristo che deve venire è chiamato “il figliuol della perdizione” (cfr. 2 Tess. 2:3), nome questo che aveva anche Giuda Iscariota (cfr. Giov. 17:12), perché destinato ad andare in perdizione (cfr. Apoc. 17:8). Coloro che fanno parte di questo mondo e che quindi sono sotto la potestà delle tenebre sono chiamati “i figliuoli di questo secolo” (Luca 16:8), mentre i santi essendo stati riscattati dalla potestà delle tenebre e trasportati nel regno del Figliuolo dove c’è la luce sono chiamati “i figliuoli della luce” (Luca 16:8; cfr. Ef. 5:8). Gesù è chiamato il Figlio di Davide perché discendeva secondo la carne dal re Davide e quindi era parte della sua discendenza o meglio perché era “la progenie di Davide” (Apoc. 22:16). La stessa cosa va detta anche a proposito del fatto che Gesù non era semplicemente un discendente di Abrahamo ma “la progenie di Abrahamo” (Gal 3:16) nella quale – secondo la promessa di Dio – saranno benedette tutte le genti.
Il Figlio di Dio esistente da ogni eternità in cielo con Dio Padre, per diventare simile agli uomini nacque da una donna come gli altri uomini, ma da una donna vergine che non aveva ancora conosciuto uomo e questo affinché non contraesse il peccato. Egli infatti doveva nascere puro e immacolato per poter offrire se stesso per i nostri peccati. Secondo il racconto di Matteo e di Luca, la vergine scelta per mettere al mondo il Figliuol dell’Altissimo fu una certa Maria di Nazareth, una città della Galilea. Questa giovane mentre era fidanzata ad un uomo di nome Giuseppe della casa e famiglia di Davide, ricevette la visita dell’angelo Gabriele che le preannunciò che sarebbe rimasta incinta e avrebbe partorito il Figlio di Dio. L’angelo le disse che questo sarebbe avvenuto perché lo Spirito Santo sarebbe venuto su di lei, e la potenza dell’Altissimo l’avrebbe coperta dell’ombra sua. E così avvenne. Maria rimase incinta per virtù dello Spirito Santo, e al tempo fissato da Dio, mentre si trovava in Betleem con suo marito per via di un censimento, diede alla luce il suo figlio primogenito a cui fu posto nome Gesù.
A Cristo Gesù, il Figliuol dell’uomo, sia la gloria ora e in eterno. Amen
56. Ma perché i Giudei odiarono, perseguitarono e condannarono a morte Gesù Cristo? Che male aveva fatto?
Gesù Cristo non fece male alcuno a nessuno dei suoi contemporanei, sia essi Giudei, Samaritani, e Gentili, ripeto male alcuno. Nonostante ciò i Giudei lo odiarono e lo perseguitarono e lo condannarono a morte dandolo in mano del procuratore Ponzio Pilato che sentenziò che fosse fatto quello che i Giudei chiesero a gran voce, cioè che fosse crocifisso. Tutto ciò – benché Gesù non lo meritasse – avvenne perché Dio lo aveva prestabilito e quindi quando venne il suo tempo Dio mandò ad effetto il suo disegno o piano. Questa cosa fu confermata dai discepoli di Gerusalemme quando pregando a Dio dissero: “E invero in questa città, contro al tuo santo Servitore Gesù che tu hai unto, si son raunati Erode e Ponzio Pilato, insiem coi Gentili e con tutto il popolo d’Israele, per far tutte le cose che la tua mano e il tuo consiglio aveano innanzi determinato che avvenissero” (Atti 4:27-28) ed anche dall’apostolo Pietro che ai Giudei disse: “Quest’uomo, allorché vi fu dato nelle mani, per il determinato consiglio e per la prescienza di Dio, voi, per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste” (Atti 2:23). Naturalmente, Dio aveva fatto conoscere questo suo disegno ai suoi antichi profeti, infatti essi preannunciarono le sofferenze del Cristo; l’apostolo Pietro infatti disse un giorno ai Giudei: “Ma quello che Dio aveva preannunziato per bocca di tutti i profeti, cioè, che il suo Cristo soffrirebbe, Egli l’ha adempiuto in questa maniera” (Atti 3:18) e nella sua prima epistola dice: “Essi [i profeti] indagavano qual fosse il tempo e quali le circostanze a cui lo Spirito di Cristo che era in loro accennava, quando anticipatamente testimoniava delle sofferenze di Cristo, e delle glorie che dovevano seguire” (1 Piet. 1:11).
Ma ciò detto, bisogna spiegare che cosa portò nella pratica i Giudei a odiare Gesù e a condannarlo a morte. Leggendo la storia di Gesù di Nazareth si evince in maniera chiara che Gesù fu odiato e perseguitato perché guariva di sabato e chiamava Dio suo Padre facendosi uguale a Dio. Il fatto che guarisse di sabato equivaleva per i Giudei a profanare il settimo giorno sacro all’Eterno cosa vietata dalla legge. Gli stessi Giudei però ignoravano che in quello stesso giorno veniva praticata la circoncisione e i sacerdoti nel tempio erano obbligati ad offrire dei sacrifici, cose queste prescritte dalla stessa legge che vietava di fare qualsiasi lavoro in giorno di sabato, ma la cui pratica non costituiva una violazione della legge tanto è vero che Gesù non condannò mai i Giudei per queste cose. Ma i Giudei lo reputarono degno di morte perché lui in giorno di sabato faceva del bene guarendo gli ammalati. Lo chiamarono “un peccatore” (Giov. 9:24) proprio per questa ragione. Una volta, dopo che Gesù in giorno di sabato guarì un uomo con una mano secca i Farisei furono ripieni di furore (Luca 6:11) e “tennero consiglio contro di lui, col fine di farlo morire” (Mat. 12:14).
Anche il fatto che Gesù chiamasse Dio suo Padre fece infuriare i Giudei che più volte cercarono di metterlo a morte per questa ragione (ma senza riuscirci perché il suo tempo non era ancora venuto). Giovanni dice: “Perciò dunque i Giudei più che mai cercavan d’ucciderlo; perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio” (Giov. 5:18). Gesù però una volta rispose a quelli che lo volevano lapidare per bestemmia perché aveva detto “Io e il Padre siamo uno” (Giov. 10:30) in questa maniera: “Non è egli scritto nella vostra legge: Io ho detto: Voi siete dèi? Se chiama dèi coloro a’ quali la parola di Dio è stata diretta (e la Scrittura non può essere annullata), come mai dite voi a colui che il Padre ha santificato e mandato nel mondo, che bestemmia, perché ho detto: Son Figliuolo di Dio? Se non faccio le opere del Padre mio, non mi credete; ma se le faccio, anche se non credete a me, credete alle opere, affinché sappiate e riconosciate che il Padre è in me e che io sono nel Padre” (Giov. 10:34-38). Ma essi non vollero dargli retta. Ma d’altronde Gesù era veramente il Figlio di Dio, sapeva di esserlo, il Padre lo confermò per ben due volte con una voce dal cielo. Era normale che Gesù chiamasse Dio suo Padre.
Ma venne il giorno che i Giudei riuscirono a mettergli le mani addosso, ad arrestarlo e a farlo comparire davanti al loro Sinedrio. Qui alla domanda del sommo sacerdote se lui era il Figlio del Benedetto, Gesù rispose affermativamente al che tutti lo condannarono come reo di morte, e lo mandarono legato a Ponzio Pilato il quale dopo averlo esaminato voleva liberarlo perché non trovava in lui nulla che fosse degno di morte, ma i Giudei erano decisi a farlo crocifiggere e ci riuscirono chiedendo a gran voce a Pilato che crocifiggesse Gesù e liberasse Barabba che era un omicida, il governatore infatti per Pasqua aveva l’usanza di liberare alla folla un carcerato qualunque ella volesse. Pilato acconsentì a quello che chiese la folla e sentenziò che Gesù fosse crocifisso. E così Gesù fu portato al luogo detto ‘Golgota’ e crocifisso quivi in mezzo a due ladroni. Ma la storia non finisce qui, perché dopo tre giorni Dio lo risuscitò dai morti. Gloria al suo nome ora e in eterno. Amen.
57. Che cosa fa adesso Gesù in cielo?
Gesù Cristo è in cielo alla destra del Padre dove intercede per noi. Paolo dice infatti: “Cristo Gesù è quel che è morto; e, più che questo, è risuscitato; ed è alla destra di Dio; ed anche intercede per noi” (Rom. 8:34), e lo scrittore agli Ebrei dice che Cristo “perché dimora in eterno, ha un sacerdozio che non si trasmette; ond’è che può anche salvar appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro” (Ebr. 7:24-25). Intercedere significa ‘intervenire per ottenere un favore, una grazia per altri’.
Questa opera di intercessione compiuta da Cristo è confermata dall’apostolo Giovanni che dice: “Figliuoletti miei, io vi scrivo queste cose affinché non pecchiate; e se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il giusto; ed egli è la propiziazione per i nostri peccati; e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (1 Giov. 2:1-2).
Ma oltre che intercedere Gesù regna – infatti Paolo dice ai Corinzi che “bisogna ch’egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi” (1 Cor. 15:25) – “coronato di gloria e d’onore a motivo della morte che ha patita” (Ebr. 2:9) difatti in cielo tutti gli angeli di Dio l’adorano.
58. Quand’è che Gesù di Nazareth fu unto di Spirito Santo?
Gesù di Nazareth fu unto di Spirito Santo appena dopo essere stato battezzato in acqua da Giovanni Battista, fu infatti in quel momento che lo Spirito Santo scese e si posò su lui. Matteo dice: “E Gesù, tosto che fu battezzato, salì fuor dell’acqua; ed ecco i cieli s’apersero, ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venir sopra lui” (Matt. 3:16); Marco dice: “E ad un tratto, com’egli saliva fuori dell’acqua, vide fendersi i cieli, e lo Spirito scendere su di lui in somiglianza di colomba” (Mar. 1:10); e Luca dice: “Or avvenne che come tutto il popolo si faceva battezzare, essendo anche Gesù stato battezzato, mentre stava pregando, s’aprì il cielo, e lo Spirito Santo scese su lui in forma corporea a guisa di colomba” (Luca 3:21-22).
59. Perché Gesù parlava alle persone in parabole?
Gesù parlava alle turbe in parabole perché – come egli stesso ebbe a dire ai suoi discepoli – a quelli di fuori non era dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli, per cui egli parlava loro in parabole affinché vedendo non vedessero, e udendo non udissero e non intendessero e non si convertissero (cfr. Matt. 13:10-13; Mar. 4:11-12; Luca 8:10). Fu in questa maniera che si adempirono in quelli di fuori le seguenti parole del profeta Isaia: “Udrete co’ vostri orecchi e non intenderete; guarderete co’ vostri occhi e non vedrete; perché il cuore di questo popolo s’è fatto insensibile, son divenuti duri d’orecchi ed hanno chiuso gli occhi, che talora non veggano con gli occhi e non odano con gli orecchi e non intendano col cuore e non si convertano, ed io non li guarisca” (Matt. 13:14-15; Is. 6:9-10).
60. E’ possibile che tra le cose che Gesù disse in privato ai suoi discepoli (cfr. Marco 4:34) ci fossero dottrine segrete che i discepoli dovevano trasmettere solo ad una particolare frangia di credenti?
No, non è possibile perché i suoi discepoli avevano l’obbligo di trasmettere ai credenti anche le cose che Gesù aveva detto loro in privato o nel segreto. Difatti Gesù un giorno disse proprio ai suoi discepoli queste parole: “Quello ch’io vi dico nelle tenebre, ditelo voi nella luce; e quel che udite dettovi all’orecchio, predicatelo sui tetti” (Matt. 10:27). Queste parole del Maestro non lasciano dubbi quindi. Non ti fare ingannare da nessuno che appoggiandosi al fatto che Gesù in privato spiegava ogni cosa ai suoi discepoli introduce di soppiatto in mezzo alla Chiesa strane e perverse dottrine facendole passare per le dottrine insegnate da Gesù in privato. E sì, perché, guarda caso, queste presunte dottrine segrete sono tutte false!!! Sappi che si tratta di un antico stratagemma (quello di appoggiarsi su quelle parole di Marco 4:34) usato da molti eretici nei primi secoli dopo Cristo i quali, appunto appoggiandosi a queste parole di Marco, introdussero tra i Cristiani le più svariate eresie. Lo ripeto, nessuno ti inganni in nessuna maniera. Chiunque insegna una dottrina che non è conforme a verità perché non viene confermata dalla Scrittura nella sua globalità, e la fa passare per una vecchia dottrina segreta insegnata da Gesù Cristo, è un cianciatore, un seduttore di menti, un falso ministro del Vangelo, da cui guardarsi.
61. Perché Gesù Cristo quando mandò i dodici a predicare ordinò loro di non andare fra i Gentili e neppure nelle città dei Samaritani?
La ragione fu perché il Regno di Dio innanzi tutto doveva essere predicato ai Giudei, e poi in un secondo tempo ai Gentili e ai Samaritani.
Gesù stesso un giorno quando una donna pagana, di nazione sirofenicia, lo pregò di cacciare un demonio fuori dalla sua figliuola disse ai suoi discepoli che lui non era stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele (cfr. Matt. 15:24), quindi non ai Gentili o ai Samaritani, ma solo ai Giudei. La sua missione era una missione al popolo d’Israele, e quindi di conseguenza anche i suoi apostoli che erano con lui, dovevano attenersi al mandato che lui aveva ricevuto dal Padre suo. Mandato questo confermato da Paolo ai Romani quando dice che “Cristo è stato fatto ministro de’ circoncisi a dimostrazione della veracità di Dio, per confermare le promesse fatte ai padri” (Rom. 15:8).
Si trattò quindi di una questione di tempo perché non era ancora giunto il tempo in cui il Vangelo doveva essere predicato apertamente ai Gentili. Questo tempo venne prima con l’apostolo Pietro che a Gerusalemme ebbe a dire che fin dai primi giorni Iddio scelse fra i fratelli lui affinché dalla sua bocca i Gentili udissero la parola del Vangelo e credessero (cfr. Atti 15:7), e questi Gentili noi sappiamo furono Cornelio, quelli di casa sua e i suoi parenti e i suoi intimi amici che erano tutti Gentili (cfr. Atti 10:1-48). Ma soprattutto venne in larga scala con Paolo che fu costituito da Cristo, apostolo e dottore dei Gentili e che fu mandato da Cristo stesso ai Gentili quando gli apparve sulla via di Damasco: “Ma lèvati, e sta’ in piè; perché per questo ti sono apparito: per stabilirti ministro e testimone delle cose che tu hai vedute, e di quelle per le quali ti apparirò ancora, liberandoti da questo popolo e dai Gentili, ai quali io ti mando per aprir loro gli occhi, onde si convertano dalle tenebre alla luce e dalla potestà di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, la remissione dei peccati e la loro parte d’eredità fra i santificati” (Atti 26:16-18), disse Gesù a Paolo.
Per ciò che concerne i Samaritani è vero che ai giorni di Gesù molti Samaritani della città di Sichar a motivo della testimonianza della donna samaritana credettero in lui, ma la predicazione del Vangelo ai Samaritani cominciò con l’evangelista Filippo nella città di Samaria (cfr. Atti 8:5-13), e poi fu proseguita dagli apostoli Pietro e Giovanni che evangelizzarono molti villaggi dei Samaritani (cfr. Atti 8:25).
62. Perché Gesù Cristo è chiamato ‘Nazareno’ o ‘il Nazareno’? Perché aveva fatto voto di Nazireato?
No, Gesù Cristo non era chiamato Nazareno perché aveva fatto voto di Nazireato ma bensì perché era stato allevato in una città della Galilea chiamata Nazareth. Questo lo si capisce leggendo quanto dice Matteo a proposito del ritorno di Giuseppe dall’Egitto in Israele. Ecco le sue parole: “Ma dopo che Erode fu morto, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto, e gli disse: Lèvati, prendi il fanciullino e sua madre, e vattene nel paese d’Israele; perché son morti coloro che cercavano la vita del fanciullino. Ed egli, levatosi, prese il fanciullino e sua madre ed entrò nel paese d’Israele. Ma udito che in Giudea regnava Archelao invece d’Erode, suo padre, temette d’andar colà; ed essendo stato divinamente avvertito in sogno, si ritirò nelle parti della Galilea, e venne ad abitare in una città detta Nazaret, affinché si adempiesse quello ch’era stato detto dai profeti, ch’egli sarebbe chiamato Nazareno” (Matt. 2:19-23). Quindi ciò che si evince da questa Scrittura è che a quel tempo gli abitanti di Nazareth erano chiamati Nazareni.
Nella Bibbia per altro alcuni erano soprannominati in base alla città o alla tribù dove risiedevano. Per esempio Isai, il padre di Davide, è chiamato “il Bethlehemita” (1 Sam. 16:18) perché abitava a Bethlehem di Giuda. Abishag, quella bella fanciulla che aveva cura del re Davide e lo serviva nella sua vecchiaia era chiamata “la Sunamita” (1 Re 1:3) perché era della città di Sunem.
Anche quella donna di cui Eliseo risuscitò il figlio era chiamata “la Sunamita” (2 Re 4:25) perché era di Sunem (cfr. 2 Re 4:11).
Gesù Cristo non era chiamato il Nazareno perché aveva fatto il voto di Nazireato o perché era un Nazireo come nel caso di Sansone che lo era dal seno di sua madre, perché il Nazireo non doveva bere né vino e neppure aceto (cfr. Num. 6:1-4) e Gesù bevve del vino la notte che fu tradito (cfr. Matt. 26:29), e dell’aceto poco prima di spirare sulla croce (cfr. Giov. 19:28-30), per cui se egli fosse stato un Nazireo egli avrebbe contaminato la sua consacrazione.
63. Vorrei che mi spiegassi le seguenti parole di Gesù: “Ora, affinché sappiate che il Figliuol dell’uomo ha sulla terra autorità di rimettere i peccati: Io tel dico (disse al paralitico), levati, togli il tuo lettuccio, e vattene a casa tua” (Luca 5:24)
Gesù aveva detto poco prima a quell’uomo paralitico: “O uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi” (Luca 5:20), al che gli scribi e i Farisei cominciarono a dire dentro di sé che egli bestemmiava perché solo Dio poteva rimettere i peccati. Gesù però conosciuti i loro ragionamenti pose loro questa domanda e cioè se fosse più facile dire al paralitico: ‘I tuoi peccati ti sono rimessi’ oppure ‘Levati e cammina’. E’ ovvio che la sua domanda aveva come risposta la prima, infatti era più facile dire ad un paralitico ‘I tuoi peccati ti sono rimessi’ anziché ‘levati e cammina’. Se quindi lui avesse potuto dire a quel paralitico ‘levati e cammina’ avrebbe dimostrato di avere l’autorità sulla terra di rimettere i peccati. E così fece, egli comandò a quel paralitico di levarsi, togliere il suo lettuccio e camminare. E quando le turbe videro ciò “furon prese da timore, e glorificarono Iddio che avea data cotale autorità agli uomini” (Matt. 9:8). Dunque, le turbe riconobbero che era stato Dio a dare a Gesù l’autorità di fare camminare i paralitici. Il fatto dunque che Gesù rimise i peccati a quell’uomo alla fine passò in secondo piano quando tutti videro che autorità aveva ricevuto Gesù Cristo da Dio.
64. Gesù ha mai battezzato? In Giovanni 3:22 afferma di sì, in Giovanni 4 1;2 dice che non battezzava Gesù (io credo che si riferisca che in quell’occasione non battezzasse) comunque tu cosa credi?
Io credo che Gesù Cristo non battezzò alcuno.
Per quanto riguarda la spiegazione che hai dato alle parole “quantunque non fosse Gesù che battezzava, ma i suoi discepoli” (Giov. 4:2) non la ritengo corretta perché dal contesto si evince che non solo in quella occasione ma sempre erano i discepoli di Gesù che battezzavano e non Gesù. Infatti poco prima è detto: “Quando dunque il Signore ebbe saputo che i Farisei aveano udito ch’egli faceva e battezzava più discepoli di Giovanni” (Giov. 4:1). Il fatto che i Farisei avevano udito che Gesù faceva e battezzava più discepoli di Giovanni, non si può riferire ad una sola occasione e basta o a quell’occasione e basta perché è chiaro che mentre Gesù fu in Giudea fece e battezzò discepoli nell’arco di un periodo di tempo. Quello che voglio dire è che questo fare e battezzare discepoli da parte di Gesù si riferisce ad un certo numero di giorni e non ad un giorno solo. Qui stiamo parlando per altro di un suo fare e battezzare discepoli in Giudea, infatti Giovanni dice che dopo che i Farisei ebbero udito che egli faceva e battezzava più discepoli di Giovanni lasciò la Giudea e se ne andò in Galilea (cfr. Giov. 4:3), e prima viene detto che “Gesù venne co’ suoi discepoli nelle campagne della Giudea; quivi si trattenne con loro, e battezzava” (Giov. 3:22). Quindi che non fosse Gesù a battezzare ma i suoi discepoli era la prassi non un’eccezione riferita ad una particolare occasione. Il fatto che in Giov. 3:22 viene detto che Gesù battezzava ma non viene spiegato subito dopo (come in Giov. 4:2) che non era Gesù a battezzare ma i suoi discepoli, non annulla Giov. 4:1, ma semmai lo conferma perché i discepoli erano con Gesù in Giudea infatti è scritto che egli venne coi suoi discepoli nelle campagne della Giudea.
Per spiegarti tutto questo mio discorso ti farò un esempio tratto dalla Scrittura. Nel Vangelo scritto da Giovanni a proposito della prima moltiplicazione fatta da Gesù è detto quanto segue: “Gesù disse: Fateli sedere. Or v’era molt’erba in quel luogo. La gente dunque si sedette, ed eran circa cinquemila uomini. Gesù quindi prese i pani; e dopo aver rese grazie, li distribuì alla gente seduta; lo stesso fece de’ pesci, quanto volevano” (Giov. 6:10-11). Ora nota bene che Giovanni dice che fu Gesù a distribuire i pani alla gente seduta dopo avere reso grazie (e non solo i pani ma anche i pesci, v. 11). Ma cosa dicono invece Matteo, Marco e Luca? Una cosa un po’ diversa, ecco le loro parole: “Ed avendo ordinato alle turbe di accomodarsi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, rese grazie; poi, spezzati i pani, li diede ai discepoli e i discepoli alle turbe” (Matt. 14:19); “Poi Gesù prese i cinque pani e i due pesci, e levati gli occhi al cielo, benedisse e spezzò i pani, e li dava ai discepoli, affinché li mettessero dinanzi alla gente; e i due pesci spartì pure fra tutti” (Mar. 6:41); “E così li fecero accomodar tutti. Poi Gesù prese i cinque pani e i due pesci; e levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li dava ai suoi discepoli per metterli dinanzi alla gente” (Luca 9:15-16).
Come puoi vedere essi dicono che furono i discepoli e non Gesù a distribuire i pani e i pesci alle turbe. Eppure Giovanni pare che smentisca quello che essi dicono, ma non è così perché è un modo di esprimere lo stesso fatto in maniera diversa attribuendo a Gesù qualcosa che in effetti fecero i discepoli di Gesù per ordine di Gesù.
Spero che alla luce di queste cose il fatto che viene detto prima che Gesù battezzava e poi che non era lui a battezzare ma i suoi discepoli, ti divenga chiaro.
65. Mi puoi spiegare il testo di 1 Corinzi 15:28 dove dice che Cristo sarà sottoposto al Padre e 1 Corinzi 11:3 dove dice che il capo di Cristo è Dio?
Parto dal secondo passo; nella Divinità che è composta dal Padre, dal Figliuolo e dallo Spirito Santo, c’è un ordine. Se l’opera della Divinità è ordinata (nelle opere del Creatore infatti, che sono ben visibili sin dalla fondazione del mondo, regna l’ordine e non il disordine, ogni cosa è al suo posto ed ha la sua precisa funzione), la Divinità non può non essere ordinata. Così anche nella Divinità, ogni persona divina è al suo posto ed ha le sue funzioni. Ecco perché è detto che il capo di Cristo è Dio; come nel caso di marito e moglie che benchè sono una sola carne, “il marito è capo della moglie” (Ef. 5:22), così nel caso del Padre e del Figliuolo, che sono uno, il capo di Cristo è Dio. Questo ordine ovviamente è un ordine che si protrarrà per l’eternità, infatti Paolo dice che “quando ogni cosa gli sarà sottoposta, allora anche il Figlio stesso sarà sottoposto a Colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti” (1 Cor. 15:28). Quindi, un giorno sotto i piedi di Gesù Cristo saranno poste tutte le cose – l’ultima cosa sarà la morte che ancora non gli è sottoposta – tranne ovviamente Colui che gli ha sottoposto ogni cosa, cioè il Padre, il quale sarà sopra il Figliuolo. Niente di cui meravigliarsi, o scandalizzarsi.
Butindaro Giacinto, Domande e Risposte (Volume 1). Roma 2006. Pagine 471. Vedi l’indice del libro