1. Perché voi Evangelici non vi fate il segno della croce prima di mangiare?
Il motivo è perché non è in questa maniera che la Scrittura ci insegna a ringraziare Dio per il cibo.
Gesù Cristo, il Figlio di Dio disceso dal cielo, prima di mangiare rendeva grazie a Dio Padre facendo uso di parole infatti è scritto: “Gesù quindi prese i pani; e dopo aver rese grazie, li distribuì alla gente seduta; lo stesso fece de’ pesci, quanto volevano” (Giov. 6:11), e: “Avendo ordinato alle turbe di accomodarsi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, rese grazie; poi, spezzati i pani, li diede ai discepoli e i discepoli alle turbe” (Matt. 14:19).
Anche dell’apostolo Paolo viene detto che prima di mangiare rendeva grazie a Dio con parole infatti è scritto: “Detto questo, preso del pane, rese grazie a Dio, in presenza di tutti; poi, rottolo, cominciò a mangiare. E tutti, fatto animo, presero anch’essi del cibo” (Atti 27:35-36).
Ma noi non ci facciamo il segno della croce solo prima di mangiare (come neppure dopo), ma non ce lo facciamo neppure quando ci troviamo in un pericolo (come invece fate voi) e sempre per lo stesso motivo, perché la Scrittura non ci dice di invocare l’aiuto di Dio facendoci il segno della croce, ma gridando a Dio, invocandolo secondo che è scritto: “Invocami nel giorno della distretta, io te ne trarrò fuori, e tu mi glorificherai” (Sal. 50:15).
2. Come mai voi Evangelici nei vostri luoghi di culto non avete immagini e statue sacre come li abbiamo noi?
Perché quelle che voi chiamate immagini e statue sacre agli occhi di Dio sono degli idoli che gli sono in abominio. Idoli? Sì, idoli, questo è il loro vero nome, infatti voi servite queste immagini e statue pulendole, addobbandole, portandole in processione, e vi prostrate davanti ad esse, le baciate, le venerate, tutte cose queste espressamente vietate da Dio nella sua Parola. Il secondo comandamento del Decalogo che Dio diede a Mosè sul Monte Sinai dice infatti quanto segue: “Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro, perché io, l’Eterno, l’Iddio tuo, sono un Dio geloso che punisco l’iniquità dei padri sui figliuoli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso benignità, fino alla millesima generazione, verso quelli che m’amano e osservano i miei comandamenti” (Es. 20:4-6). L’ordine è chiaro, la punizione che Dio riserva a coloro che lo trasgrediscono è altrettanto chiara.
Purtroppo però questo ordine di Dio con la sua relativa minaccia di punizione, quantunque non sia stato tolto dalla vostra Bibbia, è stato tolto dal vostro Catechismo per cui non vi viene insegnato e voi quindi non lo conoscete. Andate dunque, investigate il Decalogo così come è scritto e troverete anche questo comandamento.
O Cattolici romani, convertitevi dagli idoli, da queste cose vane che adorate, all’Iddio vivente cominciando ad adorarlo in ispirito e verità perché tali sono gli adoratori che egli richiede (cfr. Giov. 4:23). Toglieteli dalle vostre raunanze, ma toglieteli innanzi tutto dal vostro cuore dove li avete innalzati. Pentitevi del vostro peccato di idolatria, come di tutti gli altri vostri peccati, chiedendo perdono direttamente a Dio, e credete nel suo Figliuolo Gesù Cristo. Otterrete così la remissione dei vostri peccati e la vita eterna.
3. Come mai voi Protestanti, tranne alcune eccezioni, non battezzate i neonati?
La ragione per cui noi non battezziamo i neonati come fate invece voi, in ubbidienza al Magistero Romano, è semplicemente perché la Bibbia ci autorizza a ministrare il battesimo solo a coloro che hanno creduto nel Vangelo, il che esclude implicitamente i neonati dato che essi non hanno ancora la capacità di credere. Gesù Cristo quando apparve agli undici e disse loro di andare per tutto il mondo e predicare il Vangelo ad ogni creatura, disse pure loro: “Chi avrà creduto, e sarà stato battezzato sarà salvato” (Mar. 16:16), il che significa che il battesimo deve essere preceduto dall’atto del credere nel Vangelo, dalla sua accettazione nel proprio cuore. Come fa un neonato ad accettare il Vangelo?
Gli apostoli, per quel che troviamo scritto negli Atti, non battezzavano mai dei neonati ma solo persone in età adulta che accettavano il Vangelo, o comunque sempre persone che avevano chiaramente accettato il Vangelo perché ne avevano la capacità, quindi potevano esserci anche dei giovani tra i battezzati. Il giorno di Pentecoste per esempio furono circa tremila ad accettare il Vangelo e ad essere battezzati (cfr. Atti 2:41). Filippo, l’evangelista, in Samaria battezzò uomini e donne (cfr. Atti 8:12). E potrei prendere altri esempi biblici, ma ritengo che questi bastino.
Stando così le cose secondo la Scrittura, il cosiddetto pedobattesimo da voi ricevuto (come d’altronde quello ricevuto da quei Protestanti che lo praticano) non è il battesimo istituito da Cristo. Devo dire però a proposito del battesimo da voi ricevuto, che esso non corrisponde al battesimo istituito da Cristo non solo perché voi lo ministrate ai fanciulli, ma anche perché lo ministrate per aspersione (sia a bambini che ad adulti) mentre quello istituito da Cristo è per immersione, e perché gli attribuite il potere di rigenerare l’uomo e farlo diventare un figlio di Dio, in altre parole gli attribuite il potere di cancellare i peccati, cosa che non corrisponde affatto al vero perché il battesimo è solo un simbolo della nuova nascita che si è verificata mediante la fede in colui che viene battezzato; un simbolo della purificazione subita dalla sua coscienza da ogni peccato mediante il sangue di Gesù Cristo, sì perché è il sangue di Gesù che cancella i peccati e non l’acqua del battesimo.
Dunque quello che voi dovete fare, o Cattolici romani, è smettere di battezzare i vostri bambini; ma soprattutto voi dovete ravvedervi dei vostri peccati e credere nel Signore Gesù Cristo per ottenerne la remissione, e poi farvi battezzare in acqua per immersione da un ministro del Vangelo. Ovviamente questo significa uscire dalla Chiesa Cattolica Romana ed unirvi ad una Chiesa Evangelica che predica tutto il consiglio di Dio.
4. Come mai voi Evangelici non credete nei santi?
Perché dite che noi non crediamo nei santi? Noi crediamo nei santi. E’ necessario però che vi spieghi alcune cose a tale proposito al fine di farvi capire bene la nostra posizione sui santi.
La prima è che secondo la Scrittura tutti coloro che hanno creduto nel Signore Gesù Cristo sono dei santi e questo perché essi sono stati santificati da Dio mediante lo Spirito di Dio e mediante il corpo di Cristo (cfr. 2 Tess. 2:13; 1 Piet. 1:2; Ebr. 9:10). Dunque noi non accettiamo la canonizzazione papale tramite cui dopo un lungo e laborioso esame della vita e delle opere dell’interessato in questione, e soprattutto dopo che il morto ha compiuto almeno due miracoli, la persona morta in odore di santità viene, dopo essere stata proclamata beata, canonizzata santa e quindi iscritta nel catalogo dei santi che possono essere invocati universalmente da tutti. Questa cosiddetta canonizzazione è semplicemente una invenzione umana, una delle tante invenzioni umane presenti nella Chiesa cattolica romana. Altra cosa da dire è che quando noi parliamo dei santi oramai morti ci riferiamo solo a persone morte in Cristo, quindi che sono andate ad abitare in cielo con il Signore. Per cui non accettiamo tutti quei vostri santi che sulla terra erano dati all’idolatria, alle più svariate superstizioni, e che insegnavano che la salvezza si merita con le opere, che dopo morti c’è un purgatorio, che Maria è la madre di Dio ecc.; per esempio i vostri Carlo Borromeo e Alfonso Maria De Liguori. Tutti costoro non erano dei santi sulla terra, ma solo dei peccatori che quando sono morti sono andati all’inferno in attesa del giudizio del grande giorno. Altra cosa che voglio dire è che quando noi parliamo dei santi ci riferiamo in particolare modo agli apostoli, e a tutti quei discepoli antichi i cui nomi sono trascritti nel Nuovo Testamento, per cui quando diciamo che crediamo in essi vogliamo dire che essi sono esistiti, che hanno vissuto una vita degna del Vangelo e che sono morti nel Signore. Ovviamente nel caso degli apostoli vogliamo dire pure che crediamo in tutto quello che essi hanno insegnato da parte di Dio sia a voce che con una loro epistola.
Quello che però noi non crediamo a proposito dei santi che sono in cielo è che possano pregare per noi o proteggerci, o che ci possano ascoltare se li preghiamo. Perché non crediamo a ciò? Perchè la Scrittura afferma che c’è “un solo mediatore tra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo” (1 Tim. 2:5), per cui l’unica vera e reale intercessione per noi in cielo la compie solo Cristo, nessun altro. Lui prende le nostre preghiere che noi rivolgiamo al Padre nel suo nome e le porge al Padre suo; nessun altro all’infuori di lui o oltre a lui. Né Maria, né Pietro, né Paolo, né Giovanni e così via. Forse qualcuno potrebbe essere indotto a dire che sono necessari altri intercessori in cielo, oltre che Gesù, perché il Signore da solo non ce la può fare a prestare ascolto a tutte le preghiere rivolte nel suo nome!! A costui voglio dire che ciò è falso perché Gesù dopo che fu risorto disse che gli era stata data ogni potestà in cielo e in terra (cfr. Matt. 28:18), e nell’epistola agli Ebrei è scritto chiaramente che Gesù dato che dimora in eterno ha un sacerdozio che non si trasmette e “può anche salvar appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro” (Ebr. 7:25). Se dunque è scritto che Gesù ha ogni potestà anche in cielo e che può salvare appieno coloro che si accostano a Dio tramite lui, è inammissibile pensare o dire che egli abbia bisogno di una schiera di intercessori al suo fianco per aiutarlo nella sua opera di mediazione. E non solo inammissibile, ma anche ingiurioso nei suo confronti.
E poi occorre fare notare che se Pietro, Paolo, Giovanni e così via, potessero ascoltare le preghiere di tutti i Cristiani che sono sulla terra, e non solo, ma anche venire in loro soccorso dal cielo dove si trovano, ciò significherebbe che essi dopo morti sono diventati onnipotenti, onnipresenti e onniscienti (o quasi). Una cosa del genere è assurda pensarla. Dunque le preghiere i santi che sono in cielo non le ascoltano, e perciò è del tutto inutile rivolgersi a loro affinché ci raccomandino presso Dio. Come è inutile rivolgersi a loro affinché ci facciano questa o quell’altra grazia. Le grazie ce le fa solo Dio mediante Cristo; Paolo, Giovanni, Pietro, Giuseppe non possono fare proprio nulla in nostro favore; né proteggerci, né guarirci, né guidarci, né consolarci, né darci quello che il nostro cuore desidera. Dio è colui che ci protegge da ogni male, che ci guarda dal maligno sia di giorno che di notte, che ci libera da ogni nostra afflizione, che ci concede quello che il nostro cuore desidera, che ci guida nelle sue vie, che ci fortifica e ci consola, che ci guarisce tutte le nostre malattie, e che ci libera dall’ira a venire. Lui solo quindi noi invochiamo con fede, a Lui solo rendiamo note le nostre preghiere e nel nome del suo Figliuolo Gesù Cristo, e da Lui solo aspettiamo la risposta che sappiamo arriva sempre al momento opportuno e che arriva in virtù dell’intercessione del suo Figliuolo. Ed è perciò che noi solo a Dio rendiamo grazie in Cristo Gesù; perché Lui è Colui che esaudisce le nostre suppliche. A lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
Voi dunque, o Cattolici Romani, che ancora invocate Maria, Giuseppe, Paolo, Pietro, e così via, smettete di farlo, e mettetevi a invocare solo Dio Padre tramite Cristo. Invocatelo innanzi tutto affinché vi perdoni tutte le vostre iniquità, e poi una volta che Egli vi ha risposto uscite dalla Chiesa Cattolica Romana e unitevi ad una Chiesa Evangelica che annunzia tutto il consiglio di Dio. Una volta che Dio vi avrà perdonato capirete come solo Lui è degno di essere invocato, e imparerete a invocare solo Lui in tutte le vostre distrette smettendo quindi di invocare Maria, Giuseppe, e gli altri santi, pratica questa che agli occhi di Dio è idolatria.
5. Perché voi Evangelici non credete che Maria sia rimasta sempre vergine dopo avere partorito Gesù?
Non ci crediamo perché la Bibbia dice che Maria, la madre di Gesù, dopo avere dato alla luce Gesù, fu conosciuta da suo marito Giuseppe ed ebbe altri figli.
Matteo dice che Giuseppe “prese con sé sua moglie; e non la conobbe finch’ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito, e gli pose nome Gesù” (Matt. 1:24,25). Questo significa che Giuseppe, dopo che Maria partorì Gesù, conobbe sua moglie. Notate che non c’è scritto che lui non la conobbe mai, ma che non la conobbe solo fino ad un preciso tempo, e cioè fino a che non partorì Gesù. Per cui dopo il parto, Giuseppe conobbe sua moglie Maria. Ma vediamo adesso di dimostrarvi con le Scritture che Gesù non fu il solo figlio ad essere partorito da Maria perché ella concepì e partorì altri figli dopo Gesù.
- Luca dice che “ella diè alla luce il suo figliuolo primogenito” (Luca 2:7), perciò se Gesù fosse stato il suo unico figlio sarebbe stato chiamato il suo unigenito e non il suo primogenito.
- Marco dice: “Poi si partì di là e venne nel suo paese e i suoi discepoli lo seguitarono. E venuto il sabato, si mise ad insegnar nella sinagoga; e la maggior parte, udendolo, stupivano dicendo: Donde ha costui queste cose? e che sapienza è questa che gli é data? e che cosa sono cotali opere potenti fatte per mano sua? Non é costui il falegname, il figliuol di Maria, e il fratello di Giacomo e di Giosè, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?” (Mar. 6:1-3);
- Sempre Marco dice: “E giunsero sua madre ed i suoi fratelli; e fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare” (Mar. 3:31);
- Giovanni dice: “Neppure i suoi fratelli credevano in lui” (Giov. 7:5);
- Luca dice negli Atti: “Tutti costoro perseveravano di pari consentimento nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui” (Atti 1:14);
- Paolo dice ai Corinzi: “Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno con noi una moglie, sorella in fede, siccome fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?” (1 Cor. 9:5);
- Paolo dice ai Galati: “In capo a tre anni, salii a Gerusalemme per visitar Cefa, e stetti da lui quindici giorni; e non vidi alcun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il fratello del Signore” (Gal. 1:18,19).
- Nei Salmi è detto a proposito del Cristo: “Io son divenuto… un forestiero ai figliuoli di mia madre” (Sal. 69:8). La Scrittura aveva dunque persino preannunziato che la vergine che avrebbe concepito e partorito il Cristo di Dio non sarebbe rimasta vergine perché avrebbe avuto altri figli infatti lo Spirito di Cristo disse tramite Davide: “Sono divenuto un forestiero ai figliuoli di mia madre”.
Come potete vedere, o Cattolici romani, queste Scritture non lasciano spazio a nessuna verginità perpetua di Maria. Smettete quindi di credere a questa dottrina che non trova nessuna conferma nella Parola di Dio, anzi una chiara smentita.
6. Perché voi Evangelici non credete nell’immacolata concezione di Maria?
Non ci crediamo perché la Scrittura insegna che anche Maria, come qualunque altro essere umano eccetto Gesù Cristo, è nata nel peccato.
“Tutti hanno peccato” (Rom. 3:23), dice Paolo, e perciò tra quel tutti c’è anche Maria, e questo perché il peccato tramite Adamo è entrato nel mondo ed è passato su tutti gli uomini. Dice sempre Paolo: “…. con un sol fallo la condanna si è estesa a tutti gli uomini… ” (Rom. 5:18).
E che sia così, cioè che anche Maria non nacque esente dal peccato, lo confermò lei stessa quando nel suo cantico che innalzò a Dio in casa di Zaccaria riconobbe che Dio era il suo Salvatore dicendo: “L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio mio Salvatore” (Luca 1:46,47). Come avrebbe infatti potuto chiamare Dio il suo Salvatore se fosse nata senza peccato?
Ma c’è un’altra prova che depone nettamente a favore di quello che stiamo dicendo, ed è il sacrificio che Giuseppe e Maria offrirono nel tempio quando andarono a presentare il bambino Gesù (cfr. Luca 2:22-24); uno di quegli animali offerti in sacrificio infatti fu offerto per il peccato di Maria perché secondo la legge era in questa maniera che veniva espiata l’iniquità della donna che aveva partorito. Ecco cosa dice infatti la legge a proposito di quello che doveva offrire la donna che aveva partorito un figlio o una figlia, quando i giorni della sua purificazione sarebbero stati compiuti: “E quando i giorni della sua purificazione, per un figliuolo o per una figliuola, saranno compiuti, porterà al sacerdote, all’ingresso della tenda di convegno, un agnello d’un anno come olocausto, e un giovine piccione o una tortora come sacrifizio per il peccato; e il sacerdote li offrirà davanti all’Eterno e farà l’espiazione per lei; ed ella sarà purificata del flusso del suo sangue. Questa è la legge relativa alla donna che partorisce un maschio o una femmina. E se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due giovani piccioni: uno per l’olocausto, e l’altro per il sacrifizio per il peccato. Il sacerdote farà l’espiazione per lei, ed ella sarà pura” (Lev. 12:6-8). Nel caso di Maria dato che era di basso stato furono offerti due tortore o due giovani piccioni. Ora, noi domandiamo: ‘Se Maria fosse stata senza peccato che bisogno c’era che offrisse quel sacrificio per il peccato?’
7. Non pensate voi Evangelici di peccare di presunzione nell’affermare che voi siete salvati e che quando morirete andrete subito in paradiso?
No, non crediamo affatto di essere dei presuntuosi nell’affermare queste cose. Queste nostre affermazioni infatti le facciamo basandoci su quello che afferma la Scrittura che ci dice: “Poiché gli è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non vien da voi; è il dono di Dio” (Ef. 2:8), ed ancora: “Io v’ho scritto queste cose affinché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figliuol di Dio” (1 Giov. 5:13). Come potete vedere dunque gli apostoli ci hanno lasciato scritto che noi che abbiamo creduto nel Signore siamo stati salvati e abbiamo la vita eterna. Come fate quindi ad accusarci di essere dei presuntuosi perché vi diciamo semplicemente quello che ci dice la Bibbia? E non solo quello che ci dice la Bibbia ma anche quello che ci attesta lo Spirito di Dio che è in noi il quale attesta con il nostro spirito che siamo figliuoli di Dio e quindi eredi di Dio e coeredi di Cristo (cfr. Rom. 8:16-17). Noi che abbiamo creduto nel Signore abbiamo in noi la testimonianza di Dio che è la seguente: “Iddio ci ha data la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo” (1 Giov. 5:11). Noi abbiamo in noi lo stesso spirito di fede che è in quella parola della Scrittura: Ho creduto perciò ho parlato (cfr. 2 Cor. 4:13), e perciò dato che abbiamo creduto nel Signore, pure parliamo di ciò che Lui ha fatto per noi nella sua misericordia, e di quello che farà ancora per noi perché noi siamo certi che come Lui ha risuscitato il Signore Gesù così in quel giorno risusciterà pure noi mediante la sua potenza e ci farà comparire davanti a lui. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
Di presunzione semmai peccate voi, o Cattolici romani, nel dire e ribadire che la vita eterna ce la si deve guadagnare e che state facendo del vostro meglio per meritarvela, infatti se la Bibbia dice che la vita eterna è il dono di Dio (cfr. Rom. 6:23) e che si viene giustificati gratuitamente mediante la sola fede in Cristo per la grazia di Dio (cfr. Rom. 3:24), è evidente che affermare il contrario non può che essere sfacciata presunzione. Voi parlate come se Dio avesse messo la vita eterna in vendita, come se la desse all’uomo in contraccambio di qualche opera buona o di qualche sacrificio umano, quando invece non è affatto così. Se così fosse Cristo sarebbe morto inutilmente e la sua grazia sarebbe annullata. Quindi riflettete seriamente a questo vostro parlare presuntuoso, pentitevi di esso e credete nel Signore Gesù per ottenere da lui la salvezza dal peccato e la vita eterna. Altrimenti quando morirete andrete in perdizione.
8. Giovanni Paolo II vi ha chiesto perdono a voi Protestanti per le persecuzioni compiute dai Cattolici nel passato contro i vostri predecessori; che ne dite di questo suo atteggiamento?
Diciamo semplicemente che quello che ha fatto è assurdo. Perché? Perché non ha nessun senso chiedere perdono per peccati, compiuti da terze persone, a persone verso cui non sono stati compiuti questi peccati.
Vi faccio un esempio con la mia persona per spiegarvi l’assurdità di questo chiedere perdono di Giovanni Paolo II. Mettiamo il caso che un mio vicino abbia un nonno oramai morto a cui un mio bisnonno, durante una lite che ebbero in vita, diede un pugno, ed io un giorno vada a chiedere perdono a questo mio vicino di casa per il pugno ricevuto da suo nonno oramai morto per mano del mio bisnonno, non sarebbe assurdo questo mio comportamento? Certo che lo sarebbe. Non pensate che doveva essere il mio bisnonno ad andare a chiedere perdono al nonno di questo mio vicino? Che centro io? Ma invertiamo le posizioni nell’esempio per far capire quanto sia assurdo l’eventuale perdono concesso da chi torti non ha ricevuti a chi torti non gliene ha fatti. Se un giorno viene a me qualcuno che mi dice che mi chiede perdono per un pugno che mio nonno ha ricevuto dal suo bisnonno, come dovrei comportarmi verso costui? Dovrei accettarlo il suo chiedere perdono? E come farei? Dovrei accettare ‘le scuse’ per un misfatto da me non ricevuto per bocca di qualcuno che per altro non lo ha compiuto! Ma non è evidente che compirei pure io un atto assurdo se accettassi il suo perdono?
Come fa dunque Giovanni Paolo II a chiedere perdono ai Protestanti di oggi in nome di coloro che inquisirono e torturarono e misero a morte i Protestanti del sedicesimo secolo o di qualche altro secolo del passato? Noi capiremmo il suo gesto, se egli chiedesse perdono ad un Protestante o a dei Protestanti ancora in vita per qualche suo personale misfatto perpetrato nei confronti di esso/i; ma non riusciamo proprio a capire quest’altro suo chiedere perdono.
Naturalmente nel dire che Giovanni Paolo II ha agito in maniera assurda si vuole implicitamente affermare che quello che ha fatto non ha nessuna, e ripeto nessuna, base biblica come conferma. E che sia così – cioè che il suo gesto non ha nessuna conferma nella Bibbia – lo riconosce pure la curia romana infatti nel documento Memoria e Riconciliazione dopo che vengono trascritti alcuni esempi di confessioni di peccati fatte a Dio tratte dall’Antico Testamento viene detto: ‘Sorge la questione sul perché gli scrittori biblici non abbiano sentito il bisogno di richieste di perdono rivolte a interlocutori presenti riguardo a colpe commesse dai padri, nonostante il loro forte senso della solidarietà fra le generazioni nel bene e nel male…’ (‘Memoria e Riconciliazione’, 2:1; in Il Regno-documenti, 5/2000, pag. 141). Ovviamente vengono avanzate delle ipotesi; rimane il fatto però che nell’Antico Testamento non ci sono esempi che confermano questo gesto. E le cose non cambiano con il Nuovo Testamento infatti non c’è un solo esempio, e ripeto uno solo, in cui un cristiano abbia chiesto perdono al suo prossimo per un misfatto fatto nel passato da un suo predecessore ad un predecessore del suo prossimo. Ed anche in questo caso la curia romana è costretta a riconoscerlo infatti afferma: ‘Non c’è però alcun esplicito richiamo indirizzato ai primi cristiani a confessare delle colpe del passato…’ (Ibid., 2:2; in Il Regno-documenti, 5/2000, pag. 143). Se quindi manca una base biblica come possiamo noi accettare per vero e utile il gesto di Giovanni Paolo II nei confronti di noi Protestanti? Noi non possiamo. Tuttavia riscontriamo ancora una volta, senza meravigliarci peraltro, che la curia romana anche in assenza di basi bibliche riesce a fare apparire o presentare questo atteggiamento assurdo e sbagliato di Giovanni Paolo II come giusto e biblico. Ho detto poco fa che questo non ci meraviglia perché di cose assurde e false che la curia romana fa apparire come giuste e bibliche ce ne sono una marea. Vedi il caso delle preghiere per i morti, delle preghiere dei morti per i vivi, del purgatorio (una delle più grandi truffe religiose perpetrate a danno dell’umanità), vedi il caso del primato del papa, della ripetizione del sacrificio di Cristo nella messa, solo per citarne alcune. Quindi, siamo sempre punto da capo, perché il papa e la curia romana dimostrano di non tenere in nessuna considerazione la Parola di Dio.
Ma cosa dice la Parola di Dio a riguardo del chiedere perdono? Ecco quello che ha insegnato Gesù Cristo. “Badate a voi stessi! Se il tuo fratello pecca, riprendilo; e se si pente, perdonagli. E se ha peccato contro te sette volte al giorno, e sette volte torna a te e ti dice: Mi pento, perdonagli” (Luca 17:3-4). Quindi chi riceve il torto deve innanzi tutto riprendere chi gli ha fatto il torto, e poi se questo riconosce il suo proprio misfatto e si pente e gli chiede perdono ossia di rimettergli questo suo debito, allora la persona offesa deve perdonare l’offensore. Quand’anche ciò avvenisse sette volte al giorno, per sette volte occorre perdonare chi si pente del suo peccato. Le cose sono molto chiare; deve essere la persona che pecca a pentirsi e a chiedere perdono (e non qualcuno per lui dopo che questo muore), a chi ha ricevuto il torto e non a qualcuno che è parente di chi ha ricevuto il torto.
Va poi detta un’altra cosa, a riguardo di questo ‘mea culpa’ sottoscritto da Giovanni Paolo II, e cioè che alla fine la Chiesa Cattolica Romana ne esce sempre immacolata, santa e irreprensibile, nel senso che non gli viene per nulla imputata la persecuzione dei Protestanti (come neppure quella degli Ebrei), perché la responsabilità viene fatta cadere su alcuni ‘figli disubbidienti’ della Chiesa Cattolica Romana e non sulla loro madre. Insomma la madre non ha mai sbagliato, mentre alcuni suoi figli sì hanno sbagliato. Ecco per esempio alcuni passaggi significativi tratti da Memoria e Riconciliazione: ‘La Chiesa è santa perché, santificata da Cristo, che l’ha acquistata consegnandosi alla morte per lei, è mantenuta nella santità dallo Spirito Santo, che la pervade incessantemente (….) Essa, perciò, pur essendo santa per la sua incorporazione a Cristo, non si stanca di fare penitenza; e riconosce sempre come propri, davanti a Dio e agli uomini, i figli peccatori, quelli di oggi, come quelli di ieri (…) Perciò, la Chiesa santa avverte il dovere ‘di rammaricarsi profondamente per le debolezze di tanti suoi figli, che ne hanno deturpato il volto, impedendole di riflettere pienamente l’immagine del suo Signore crocifisso, testimone insuperabile di amore paziente e di umile mitezza’ (Ibid., 3:2,3,4). Quindi questo chiedere perdono oltre che essere assurdo è ammantato di falsità e di doppiezza e di ipocrisia; perché la storia, che non è un opinione, ci dice chiaramente che furono i capi della Chiesa Cattolica Romana, cioè i papi, i cardinali, i vescovi a perseguitare a tutto potere i Protestanti, e tutte le pecore gli andavano dietro ciecamente. Fu insomma la madre con i suoi figli a perseguitare i Protestanti, quella madre prostituta che con i suoi figli, frutto delle sue innumerevoli prostituzioni, si scagliarono con veemenza contro coloro che si separavano da essa per amore della verità. Ovviamente la ragione per cui Giovanni Paolo II non può e non vuole riconoscere che fu tutta la Chiesa Cattolica Romana a compiere quei misfatti è perché egli in questa maniera screditerebbe la Chiesa Cattolica Romana agli occhi di tutto il mondo. Essa non sarebbe più Santa, perché qualche misfatto lo avrebbe pure commesso lei. La Chiesa Cattolica Romana quindi da questo ennesimo ‘mea culpa’ ne esce abbastanza bene. Direi meglio, purtroppo, agli occhi di tanti che non conoscono la Parola di Dio e la storia, perché con questo atto di ‘umiltà’ essa ha acquisito maggiore credibilità!! Che sia così si legge in Memoria e Riconciliazione dove si dice: ‘I passi compiuti da Giovanni Paolo II per chiedere perdono di colpe del passato sono stati compresi in moltissimi ambienti, ecclesiali e non, come segni di vitalità e di autenticità della Chiesa, tali da rafforzare la sua credibilità’ (Ibid., 1:4; in Il Regno-documenti, 5/2000, pag. 140).
Dunque nell’insieme l’atteggiamento di Giovanni Paolo II, studiato accuratamente nelle camere segrete del Vaticano nei suoi minimi particolari, non è da accettare per i sopracitati motivi.
E poi dico che quand’anche arrivasse il giorno in cui un papa dicesse che fu la madre a peccare e a perseguitare i protestanti e non semplicemente alcuni dei suoi figli peccatori, dico quand’anche arrivasse quel giorno, e per questi misfatti chiedesse perdono in nome della Chiesa Cattolica romana il suo gesto rimarrebbe pur sempre assurdo, non biblico. E i Protestanti non dovrebbero in nessun caso accettare la richiesta di perdono e perdonare, perché essi biblicamente non possono concedere il perdono in vece di qualcuno che è morto secoli fa. Se lo facessero compirebbero un gesto assurdo anche loro perché rimetterebbero un debito che chi gli chiede perdono non ha mai contratto nei loro confronti.
Per concludere voglio dire questo: noi diffidiamo della Chiesa Cattolica Romana quando apre la bocca e ci sorride; in realtà essa non apre la bocca per sorriderci ma per ingoiarci come farebbe un coccodrillo dopo che ha spalancato la sua enorme bocca. Come dice la Sapienza: “Labbra ardenti e un cuor malvagio son come schiuma d’argento spalmata sopra un vaso di terra. Chi odia, parla con dissimulazione; ma, dentro, cova la frode. Quando parla con voce graziosa, non te ne fidare, perché ha sette abominazioni in cuore. L’odio suo si nasconde sotto la finzione, ma la sua malvagità si rivelerà nell’assemblea” (Prov. 26:23-26). Chi ha orecchi da udire, oda.
9. Come mai voi Evangelici non riconoscete nel papa il Capo della Chiesa universale quale successore dell’apostolo Pietro?
Perché l’apostolo Pietro non fu affatto costituito capo della Chiesa da Gesù Cristo e quindi Egli non potè trasmettere a nessun successore questo incarico.
Se si leggono attentamente gli Scritti del Nuovo Testamento si vedrà che il capo della Chiesa è uno solo, e cioè Gesù Cristo che ora è alla destra di Dio Padre. Questo concetto è qualcosa che viene attestato da Paolo. Ecco le sue dichiarazioni in merito.
Egli dice agli Efesini che Dio ha risuscitato il suo Figliuolo e lo ha fatto sedere alla sua destra al di sopra di ogni principato e autorità e potestà e signoria, e d’ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello a venire e che Egli “gli ha posta ogni cosa sotto ai piedi, e l’ha dato per capo supremo alla Chiesa, che é il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti” (Ef. 1:22,23); ed anche: “Seguitando verità in carità, noi cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo” (Ef. 4:15), e: “Cristo è capo della Chiesa, egli, che è il Salvatore del corpo” (Ef. 5:23). Quindi, come il capo della moglie è uno solo e cioè suo marito, così il capo della Chiesa (che è la moglie dell’Agnello) è uno solo e cioè Cristo, il suo sposo, e nessun altro.
Ai Colossesi Paolo dice: “Ed egli é avanti ogni cosa, e tutte le cose sussistono in lui. Ed egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa; egli che é il principio, il primogenito dai morti, onde in ogni cosa abbia il primato” (Col. 1:17,18). Perciò la Chiesa di Dio non ha due capi, di cui uno é in cielo e l’altro é sulla terra; o uno invisibile e l’altro visibile, ma uno solo ed Egli è in cielo alla destra di Dio e mediante la fede nel cuore di tutti coloro che lo hanno ricevuto come loro personale Signore e Salvatore.
Colui dunque che voi chiamate papa, pecca di presunzione proclamandosi Capo della Chiesa, non avendo ricevuto da Dio questo titolo così eccelso. Quello di ‘Capo della Chiesa’ è un titolo che l’attuale papa ha ereditato dal suo predecessore che a sua volta lo aveva ereditato dal suo predecessore e così via.
Il primo presunto successore di Pietro che si arrogò questo titolo o comunque la carica di pastore di tutte le chiese fu Leone I detto Magno (440-461) – che molti chiamano il primo ‘papa’ – il quale sosteneva apertamente e con grande forza che Gesù concesse a Pietro il primato della dignità apostolica, che passò poi al vescovo di Roma al quale compete la cura di tutte le chiese. Questo titolo si rafforzò notevolmente nel settimo secolo quando l’imperatore Foca, nel 607, per contraccambiare l’amicizia e le adulazioni che gli rivolgeva il vescovo di Roma riconobbe la supremazia della ‘sede apostolica di Pietro su tutte le chiese’ (caput omnium ecclesiarum) e vietò al patriarca di Costantinopoli di usare il titolo di ‘universale’ (difatti questo patriarca si era arrogato questo titolo) che da quel momento doveva essere riservato solo al vescovo di Roma, che allora era Bonifacio III e che a differenza di Gregorio Magno (il predecessore di Bonifacio III), e dimenticando quello che il suo predecessore aveva dichiarato a tale proposito (Gregorio Magno aveva detto che il vescovo che si arrogava il titolo di ‘vescovo universale’ era precursore dell’anticristo e che nessun cristiano deve prendere questo nome di bestemmia), non rifiutò affatto di farsi chiamare ‘vescovo universale’. Questo riconoscimento Foca lo concesse perché si trovava in polemica con il patriarca bizantino Ciriaco e volle in questa maniera screditarlo presso Roma, e dato che era odiato a Bisanzio cercava di farsi amare a Roma. Era tenuto in così grande onore Foca dai Romani che questi nel 608 elevarono ai piedi del Campidoglio una colonna sormontata da una statua di Foca in bronzo dorato, recante sulla base un’iscrizione in onore del ‘clementissimo e piissimo imperatore, trionfatore perpetuo, incoronato da Dio sempre Augusto’.
10. Io devo rinascere di nuovo, e fin qui è chiaro, ma che cosa intendi per battesimo, un nuovo battesimo? …
10. Io devo rinascere di nuovo, e fin qui è chiaro, ma che cosa intendi per battesimo? Un nuovo battesimo? Sono stato battezzato, comunicato e cresimato, ma ciò è stato fatto per costume e usanza…
Risposta
Quando parlo di battesimo intendo il battesimo in acqua per immersione di cui parla la Bibbia, che come ho appena accennato è per immersione perché così ha insegnato Gesù a ministrarlo. Se tu leggi per esempio ATTI 8:26-39, la storia della conversione dell’eunuco, vedrai che l’eunuco chiese a Filippo di battezzarlo quando giunsero ad una certa acqua, e che Filippo lo battezzò immergendolo nell’acqua infatti viene detto che scesero ambedue nell’acqua, Filippo lo battezzò. E quando furono saliti fuori dall’acqua…. E poi tieni presente che Gesù Cristo stesso fu battezzato da Giovanni nel fiume Giordano infatti è scritto che appena Gesù fu battezzato salì fuori dall’acqua (cfr. Matt. 3:16). Quindi il battesimo per aspersione che tu come tanti altri avete ricevuto da infanti è nullo, ma non solo perché la forma non è quella biblica, ma anche perché prima di ricevere il battesimo in acqua è indispensabile avere creduto infatti Gesù disse: “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato” (Marc. 16:16). Nota che il credere deve precedere il battesimo. Come fa un neonato a credere? Se tu leggi il libro degli Atti degli Apostoli noterai che il battesimo veniva sempre ministrato a persone adulte che avevano creduto. Così il giorno della Pentecoste quando si convertirono circa 3000 anime (cfr. Atti 2:41), così a Samaria (Atti 8:12), e così anche a Corinto (cfr. Atti 18:8), e così anche ad Efeso (cfr. Atti 19:5). E’ implicito quindi che dato che la fede precede il battesimo e mediante la fede si ottiene la remissione dei peccati (cfr. Atti 10:43) che il battesimo che segue l’atto del credere non rimette i peccati (come a torto dicono invece i preti).
Leggi il mio libro confutatorio sulla Chiesa Cattolica, dove parlo dei sacramenti.
Per ciò che mi riguarda io sono stato battezzato a Locarno (Ticino, Svizzera Italiana) nel Lago Maggiore da degli anziani di chiesa (noi non abbiamo preti) all’età di circa 20 anni. Fu un bel giorno perché in quel giorno con il battesimo confessai di avere creduto con il mio cuore nel Signore Gesù Cristo. Anche mio fratello fu battezzato assieme a me.
11. Perché mai voi Evangelici avete tolto dal canone della Bibbia i libri apocrifi?
Noi non abbiamo affatto tolto questi libri dal canone della Bibbia, ma sono stati i vostri predecessori ad aggiungerli. Questo infatti è quello che hanno fatto nel 1546 nel Concilio di Trento i cardinali e i vescovi e il papa di allora. La verità dunque è che i vostri predecessori hanno adulterato il canone delle Scritture aggiungendovi i libri che hanno voluto e voi ci accusate ingiustamente di averli tolti.
Le ragioni per cui noi non riconosciamo i libri apocrifi come canonici, cioè come parte del canone delle Scritture, sono le seguenti.
Essi sono pieni di contraddizioni e di errori, e di ciò ci sono le seguenti prove
• Nel libro di Ester è scritto a proposito di quando Ester si presentò dopo il digiuno al re: “Il re era assiso sul trono reale nella casa reale, di faccia alla porta della casa. E come il re ebbe veduta la regina Ester in piedi nel cortile, ella si guadagnò la sua grazia; e il re stese verso Ester lo scettro d’oro che teneva in mano; ed Ester s’appressò, e toccò la punta dello scettro. Allora il re le disse: Che hai regina Ester? che domandi? Quand’anche tu chiedessi la metà del regno, ti sarà data” (Est. 5:1-3). Nelle aggiunte fatte a questo libro troviamo scritto a proposito dello stesso episodio queste parole: ‘Varcate tutte le porte, si presentò davanti al re, che stava assiso sul suo trono, rivestito di tutti gli ornamenti della sua maestà, fulgente d’oro e di pietre preziose: il suo aspetto era imponente. Or, appena egli ebbe alzato il capo scintillante di splendore, e lanciato uno sguardo ardente di collera, la regina cambiò colore, svenne e si appoggiò sulla spalla della damigella che l’accompagnava’ (Ed. Paoline. 1971, Ester 15: 9-10). Come potete vedere la descrizione fatta nell’aggiunta contrasta quella autentica del libro ispirato, perché nella prima è detto che Ester si guadagnò il favore del re mentre nella seconda è detto che il re lanciò uno sguardo di collera verso Ester e che ella per giunta svenne.
• Nel libro di Tobia, che è pieno di favole, riscontriamo una menzogna che lo scrittore fa dire a un angelo di Dio di nome Rafael. Prima troviamo scritto che Tobia uscì in cerca di un uomo pratico della strada, che lo accompagnasse nella Media, e appena uscito, si vide davanti Rafael, l’angelo, ma non sapeva che era un angelo di Dio, poi quando Tobit, suo padre, gli chiese: Fratello, potresti dirmi di qual famiglia e di qual tribù tu sei?, questi gli rispose: ‘Io sono Azaria, figlio di Anania il grande, uno dei tuoi fratelli’ (ibid., cfr. Tobia 5:4-13). Gli angeli di Dio sono santi e non si mettono a mentire quando parlano perché essi fanno e dicono tutto ciò che Dio vuole. Se l’angelo si chiamava Rafael avrebbe dovuto rispondere che si chiamava Rafael; come mai allora disse di essere Anania? Sempre in questo libro riscontriamo anche la superstizione insegnata niente di meno che da un angelo di Dio! E’ scritto infatti in esso che una notte Tobia scese verso il fiume Tigri per lavarsi i piedi, ed ad un tratto un grosso pesce balzò fuori dall’acqua per divorare il piede del ragazzo che si mise a gridare. L’angelo allora gli disse di afferrare il pesce e di trargli fuori il fiele, il cuore e il fegato che possono essere utili come farmaci, e di buttare via gli intestini. Dopo che Tobia ebbe arrostito una parte del pesce e l’ebbe mangiata, si misero in cammino e durante il cammino il giovane domandò all’angelo che farmaco ci può essere nel cuore e nel fegato e nel fiele del pesce. L’angelo allora gli rispose: ‘Quanto al cuore e al fegato del pesce, se ne fai salire il fumo davanti a un uomo o a una donna, che subiscono un attacco da parte di un demonio o di uno spirito malvagio, cesserà ogni attacco contro di loro e non ne resterà più traccia alcuna’ (Ed. Paoline 1990 (sesta ed.), Tobia 6:8). Ma come si può accettare per ispirato un libro dove gli angeli si mettono pure a insegnare la superstizione?
• Nel libro di Giuditta si fa risalire la storia di questa donna a poco dopo il rientro dei Giudei dalla cattività dei Babilonesi, e in un passo viene detto: ‘I figli d’Israele, che abitavano in Giudea, venuti a sapere quello che Oloferne, generale in capo di Nabucodonosor, re d’Assiria, aveva fatto a quei popoli, e come avesse spogliato i loro santuari e li avesse distrutti, temettero grandemente al vederselo davanti e si sentirono angosciati per Gerusalemme e per il tempio del Signore loro Dio, perché da poco avevano fatto ritorno dalla schiavitù ed era cosa recente la riunificazione di tutto il popolo della Giudea, la purificazione dei vasi sacri e del Tempio, che era stato profanato’ (Ed. 1971, Giuditta 4:1-3). In queste poche parole ci sono diverse menzogne perché quando i Giudei tornarono dalla cattività in Giudea non esisteva più il re Nebucodonosor, re di Babilonia, perché morto da molti anni, e sul regno dei Medi e dei Persiani in quel tempo regnava Ciro re di Persia il quale era stato lui a rimandare liberi gli esuli Ebrei affinché tornassero in Giudea a costruire il tempio di Dio.
• Lo scrittore del secondo libro dei Maccabei termina con queste parole: ‘Se la disposizione della materia è stata buona e come si conviene alla storia, é quello che ho desiderato. Se poi é mediocre e di scarso valore, é quanto ho potuto fare’ (ibid., 2 Maccabei 15:38). Uno scrittore ispirato da Dio non avrebbe mai scritto delle parole simili perché Dio non si può scusare con nessuno di non avere potuto fare del suo meglio, e perché nello Scritto ispirato tutto é buono e tutto ha valore perché ciò che vi é scritto é Parola di Dio. Sempre in questo libro troviamo una menzogna che consiste in questo: lo scrittore dice che il profeta Geremia se ne andò al monte dove Mosè era salito per vedere la terra promessa e presso questo monte in una caverna nascose il tabernacolo e l’arca e l’altare dei profumi, e poi che aveva detto ad alcuni che il luogo sarebbe rimasto ignoto fino a quando Dio avrebbe riunito nuovamente il suo popolo infatti in quel tempo Dio avrebbe rivelato dove erano quegli oggetti sacri (cfr. 2 Maccabei 2: 1-8). Ma le cose non possono essere vere perché nel libro del profeta Geremia è scritto che all’arca del patto dell’Eterno non vi si sarebbe più pensato quando Dio li avrebbe ricondotti in Sion infatti è scritto: “E vi ricondurrò a Sion; e vi darò dei pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con conoscenza e con intelligenza. E quando sarete moltiplicati e avrete fruttato nel paese, allora, dice l’Eterno, non si dirà più: ‘L’arca del patto dell’Eterno!’ non vi si penserà più, non la si menzionerà più, non la si rimpiangerà più, non se ne farà un’altra” (Ger. 3:14-16). Come potete vedere anche questa aperta contraddizione fa capire come questo libro non può essere ispirato da Dio. Altra contraddizione che fa dei libri dei Maccabei dei libri inaffidabili è la descrizione della morte di Antioco Epifane che è riportata in tre maniere completamente diverse l’una dall’altra. Difatti in un passo è scritto: ‘Al sentire tali notizie, il re restò abbattuto e, preso da profonda agitazione, si gettò sul letto, e s’ammalò per la gran tristezza, perché le cose non erano andate secondo i suoi desideri. Egli rimase così per molti giorni, e siccome la sua tristezza andava crescendo, si sentì vicino a morire’ (Ed. 1971, 1 Maccabei 6:8,9) (e più avanti si dice che morì); in un altro passo si dice che lo stesso re morì lapidato in Persia nel tempio della dea Nanea infatti troviamo scritto che i sacerdoti di Nanea ‘massacrarono il condottiero e i suoi compagni a sassate, tagliarono loro le membra e la testa’ (ibid., 2 Maccabei 1:16); ed infine in un altro passo troviamo scritto che morì roso dai vermi ad Ecbatana perché Dio lo colpì con una piaga (ibid., cfr. 2 Maccabei 9:1-28).
Abbiamo dimostrato alcuni dei numerosi errori che esistono in questi libri i quali ci fanno comprendere che gli scrittori che scrissero quelle cose non furono sospinti dallo Spirito Santo. Nei libri apocrifi ci sono anche delle storie che servono di base ad alcune dottrine perverse presenti nella chiesa romana. Per esempio nei Maccabei ci sono dei passi che parlano di preghiere per i morti e di un sacrificio espiatorio offerto per dei morti (cfr. 2 Maccabei 12:38-46) e di preghiere fatte da un sacerdote morto e dal profeta Geremia (morto anch’egli) per i vivi sulla terra (cfr. 2 Maccabei 15:11-16).
Sì, é vero dell’esistenza nei libri della Sapienza e dell’Ecclesiastico, per esempio, di alcune cose vere che non possono essere annullate, ma non per questo i libri apocrifi possono essere considerati canonici.
Lo Spirito della verità che dice la verità, non attesta per nulla in noi figliuoli di Dio che essi sono Parola di Dio perché ci fa sentire in maniera inequivocabile che essi non devono essere accettati come Parola di Dio
Le pecore del Signore conoscono la sua voce ed essa non può confondersi con un altra; e la voce con cui parlano questi libri non é quella del Pastore delle anime nostre.
Né Gesù Cristo e neppure gli apostoli fecero mai riferimento a questi libri apocrifi
Questo loro silenzio sta a dimostrare che essi non erano considerati da loro Parola di Dio. Una cosa possiamo dirla: che se gli Ebrei avessero tolto dai libri canonici quelli che secondo i teologi romani sono canonici, si sarebbero resi colpevoli anche di questa colpa davanti a Dio, e Gesù Cristo, Colui per mezzo del quale sono tutte le cose, non avrebbe mancato di riprenderli severamente anche per questo loro atto iniquo.
Gli Ebrei prima e poi anche i Cristiani dei primi secoli dopo Cristo non li riconobbero mai come canonici
Gli Ebrei, a cui (non lo dimentichiamo questo) “furono affidati gli oracoli di Dio” (Rom. 3:2) non riconobbero mai come canonici quei libri e quelle aggiunte ad Ester e a Daniele; è per questo infatti che nella Bibbia ebraica (che contiene solo i libri dell’Antico Patto) essi sono assenti. La Chiesa primitiva negò la canonicità di questi libri infatti non li mise mai allo stesso livello di quelli sacri. E dato che la curia romana si appoggia così tanto ai cosiddetti antichi padri vi facciamo presente, o Cattolici romani, che ci sono diverse testimonianze di alcuni di questi cosiddetti padri vissuti nei primi secoli dopo Cristo che dicono che quei libri ai loro giorni non venivano considerati canonici. Uno di questi, Girolamo, tenuto da voi in grandissima stima, affermò: ‘La Chiesa legge il libro di Tobia, di Giuditta, dei Maccabei, di Baruc, di Susanna, della Sapienza, dell’Ecclesiastico, l’inno dei tre giovani e le favole di Belo e del Dragone; ma essa non li riceve affatto nel novero delle Scritture autentiche’ (Girolamo, Prologo a Graziano). Oltre a Girolamo ci fanno sapere – con rammarico – i vostri teologi che anche Ilario di Poitiers e Origene non riconoscevano questi libri come ispirati. Il concilio di Trento dunque, riconoscendo per canonici gli apocrifi ha contrastato anche Girolamo che è l’autore della traduzione latina detta Vulgata che il concilio di Trento ha dichiarato dovere essere accettata come la sola autentica tra tutte le versioni.
Voglio concludere citando le seguenti Scritture che attestano che è vietato sia aggiungere che togliere alcunché alla Parola di Dio:
• “Ogni parola di Dio è affinata col fuoco… Non aggiunger nulla alle sue parole, ch’egli non t’abbia a riprendere, e tu non sia trovato bugiardo” (Prov. 30:5,6);
• “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando, e non ne toglierete nulla..” (Deut. 4:2);
• “Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole della profezia di questo libro: Se alcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in questo libro; e se alcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Iddio gli torrà la sua parte dell’albero della vita e della città santa, delle cose scritte in questo libro” (Ap. 22:18,19).
Quindi coloro che hanno fatto queste aggiunte alla Parola di Dio ne porteranno la pena per l’eternità, perché si sono permessi di fare passare alle moltitudini delle parole d’uomini e delle favole per Parola di Dio.
12. Come mai voi Evangelici non tributate nessuna forma di culto a Maria, ai santi che sono in cielo, e agli angeli?
Perché sia Maria, che i santi che gli angeli, non sono per nulla degni di ricevere una qualche forma di culto perché sono solo delle creature di Dio.
Gesù quando Satana lo invitò a prostrarsi davanti a lui e adorarlo gli rispose che è scritto: “Adora il Signore Iddio tuo, e a lui solo rendi il culto” (Matt. 4:10), quel ‘a lui solo’ esclude quindi la possibilità di rendere il culto anche ad altri oltre che Dio. Adorare una creatura di Dio, non importa se viva o morta, non importa se un essere umano o un angelo, è idolatria agli occhi di Dio, quindi è peccato. E gli idolatri non erediteranno il regno di Dio (cfr. 1 Cor. 6:9) ma saranno gettati nello stagno ardente di fuoco e di zolfo che è la morte seconda (cfr. Apoc. 21:8).
Dio ha in abominio coloro che adorano e servono la creatura invece del Creatore che è benedetto in eterno.
13. Come mai voi Evangelici non accettate la transustanziazione?
Perché credere nella transustanziazione significa credere che quando durante la cena del Signore il pane e il vino vengono benedetti essi mutano sostanza e diventano il vero corpo e il vero sangue di Cristo; ecco infatti quanto si legge in un Catechismo: ‘Dopo la consacrazione, l’ostia non è più pane; il pane è mutato nel vero Corpo di nostro Signore Gesù Cristo. (…)L’ostia sembra pane, o meglio sembra ostia; ma dell’ostia-pane non vi è più la sostanza ma solo le specie, le apparenze esterne; in realtà essa è il corpo di Gesù Cristo, vivo e vero. Nel calice prima della consacrazione si contiene vino con alcune gocce d’acqua (…) Dopo la consacrazione, nel calice non vi è più vino; invece, sotto le specie del vino, vi è il vero e reale Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Il vino si è convertito nel Sangue di Gesù Cristo (…) Perciò come al pronunziarsi della divina parola, nella creazione, le cose che prima non erano, furono; così al pronunziarsi delle parole della consacrazione, quello che era pane, diviene Corpo di Nostro Signore, e quello che era vino, suo Sangue’ (Giuseppe Perardi, Nuovo Manuale del Catechista per l’insegnamento del catechismo della dottrina cristiana, Pubblicato per ordine di Pio X, XVII edizione rinnovata e in gran parte rifatta, Torino 1939, pag. 483-484). E ciò è falso perché il pane e il vino non subiscono nessun cambiamento di sostanza durante la cena del Signore essendo solo degli elementi che rappresentano il corpo e il sangue di Cristo che rimangono a tutti gli effetti pane e vino anche dopo averli benedetti. Tanto è vero che Gesù dopo avere reso grazie per il calice disse: “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per la remissione dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio” (Matt. 26:28-29). Si noti come Gesù chiamò il contenuto del calice ‘questo frutto della vigna’.
(Per un approfondimento dell’argomento vedi il secondo capitolo del mio libro sulla Chiesa Cattolica Romana alla sezione ‘Eucarestia’)
14. Come mai voi Evangelici non accettate che l’eucarestia sia la ripetizione del sacrificio di Cristo?
Perché le Scritture dicono che Cristo ha offerto se stesso per i nostri peccati una volta per sempre per cui il suo sacrificio non è ripetibile o rinnovabile (cfr. Ebr. 10:10,12). Il suo sacrificio si può ricordare e annunciare, ma non ripetere.
La Cena del Signore, da voi chiamata santa Messa perché per voi è il sacrificio permanente del Nuovo Testamento, non è altro che un atto tramite cui si annuncia la morte del Signore finchè Egli venga (cfr. 1 Cor. 11:26). Per questo Gesù la istituì, affinché il suo sacrificio espiatorio fosse ricordato in questa maniera.
Per un approfondimento sull’argomento vedi il secondo capitolo del mio libro sulla Chiesa Cattolica Romana alla sezione ‘Eucarestia’, e la risposta alla domanda ‘Che cosa è la Cena del Signore e che significato ha?’
15. Cosa pensi della proliferazione di santi, beati, e vescovi che ha avuto luogo con questo papa?
Poche parole, penso che questa impressionante lista di beati e santi fatti da questo papa (Giovanni Paolo II infatti ha fatto più di 1300 beati e più di 400 santi di cui uno degli ultimi è Pio di Pietralcina, per la cui canonizzazione sono accorsi a Roma centinaia di migliaia di persone) che lo rende il papa che ha beatificato e canonizzato più persone di tutti i suoi predecessori, sia un ulteriore prova che egli costituisce un formidabile strumento nelle mani di Satana. Perché questo? Perché la beatificazione e la canonizzazione non sono altro che dei processi tramite i quali viene fortificata e aumentata l’idolatria, che è un opera del diavolo (che quindi il diavolo ha tutto l’interesse a diffondere) perché toglie il culto a Dio, il Creatore, e lo fa volgere a delle creature. Con la beatificazione infatti il beato può essere pregato, adorato e servito, a livello locale; mentre con la canonizzazione il suo culto diventa universale, cioè esteso a tutta la terra. Tutto ciò è un abominio agli occhi di Dio perché è scritto: “Adora il Signore Iddio tuo, ed a lui solo rendi il culto” (Matt. 4:10) ed anche: “Non avere altri dii nel mio cospetto” (Es. 20:3). Sì, perché checché ne dicano gli abili teologi papisti, che sanno come confondere la mente delle persone, questi santi e beati diventano degli dèi una volta che vengono beatificati e canonizzati. I nuovi santi poi diventeranno i ‘protettori’ o ‘patroni’ di paesi, di città, e di categorie di lavoratori, coloro che liberano da certe particolari distrette o malattie, e così via, e naturalmente nel giorno stabilito per questo o quell’altro ‘santo patrono’ i cattolici che sono sotto la ‘protezione’ di questo o quell’altro ‘santo’, o che sono devoti a questo o a quell’altro ‘santo’, faranno una festa per celebrare le virtù e cantare le lodi del loro dio, un dio però che non li può ascoltare e che non li può aiutare.
Per ciò che concerne l’aumento dei vescovi e dei cardinali, anche questo lo considero negativamente perché in questa maniera il potere del papa si è andato vieppiù fortificato nel mondo, si sa infatti che i vescovi e i cardinali fanno gli interessi religiosi, politici, e finanziari del papa dovunque si trovano e dato che fanno i suoi interessi, che sappiamo vanno contro la Parola di Dio, non si può non giudicare in maniera negativa anche l’aumento dei vescovi e dei cardinali per opera di questo papa. Uno di questi suoi interessi (uno dei principali) è la diffusione del culto a Maria infatti questo papa si è dimostrato attaccatissimo al culto di Maria e dovunque è andato nel mondo lo ha confermato e diffuso con molto vigore. E i vescovi e i cardinali devono seguire le sue orme naturalmente anche in questo. Ma di interessi il papa ne ha moltissimi altri che sono sotto gli occhi di tutti coloro che hanno occhi e vedono.
16. Cosa pensi del cammino neocatecumenale?
PREMESSA NECESSARIA PER COLORO CHE NON SANNO NULLA DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE
La storia del Cammino Neocatecumenale
Il Cammino Neocatecumenale ebbe inizio nel 1964 fra i baraccati di Palomeras Altas, a Madrid, per opera di Francisco (Kiko) Argüello e di Carmen Hernández, che dietro richiesta di quei poveri con i quali vivevano, cominciarono ad annunciare loro il Vangelo, naturalmente nella maniera in cui lo annuncia la Chiesa Cattolica Romana. E con il passare del tempo questa predicazione si trasformò in un itinerario catechetico fondato sulla Parola di Dio, la Liturgia e la Comunità, un ‘itinerario di riscoperta del Battesimo e di educazione permanente nella fede, proposto ai fedeli che desideravano ravvivare nella loro vita la ricchezza dell’iniziazione cristiana, percorrendo questo cammino di conversione e di catechesi’. Questa esperienza incontrò il favore dell’arcivescovo di Madrid che ne incoraggiò la diffusione nelle parrocchie che richiedessero questo Cammino. E così il Cammino si diffuse nell’arcidiocesi di Madrid e in altre diocesi spagnole. Nel 1968 i fondatori del Cammino giunsero a Roma e si stabilirono nel Borghetto Latino e con il permesso del Cardinale Angelo Dell’Acqua fu intrapreso il Cammino nella parrocchia di Nostra Signora del Santissimo Sacramento e Santi Martiri Canadesi. A partire da quella data il Cammino si è andato diffondendo in diocesi di tutto il mondo.
Il Cammino – il cui itinerario è vissuto nelle parrocchie, in piccole comunità costituite da persone di diversa età e condizione sociale – è al servizio dei vescovi e dei preti e ha lo scopo di far riscoprire ai Cattolici tiepidi e secolarizzati, cioè a quelli che si sono allontanati dalla loro Madre Chiesa, il valore del battesimo ricevuto da infanti, battesimo che come sappiamo è considerato dalla Chiesa Cattolica Romana un sacramento fondamentale e necessario per la salvezza assieme a quello della confessione. Ma il Cammino costituisce anche uno strumento per ‘l’iniziazione cristiana’ degli adulti che si preparano a ricevere il Battesimo.
Il Vaticano ha approvato lo Statuto del Cammino Neocatecumenale confermandone la prassi in oltre 105 nazioni per più di trenta anni. Il decreto di approvazione è stato consegnato solennemente, il 28 giugno 2002 agli iniziatori del cammino, Kiko Argüello e Carmen Hernández insieme al sacerdote Mario Pezzi, dal Cardinale Stafford, presidente del Pontificio Consiglio dei Laici, il Dicastero a cui Giovanni Paolo II ha affidato il compito di guidare l’elaborazione dello Statuto.
Paolo VI e Giovanni Paolo II in varie occasioni hanno elogiato il Cammino Neocatecumenale, ecco alcune delle loro dichiarazioni.
Paolo VI disse: ‘(…) Quanta gioia e quanta speranza ci date con la vostra presenza e con la vostra attività! Sappiamo che nelle vostre comunità voi vi adoperate insieme a comprendere e a sviluppare le ricchezze del vostro Battesimo e le conseguenze della vostra appartenenza a Cristo. (…) Vivere e promuovere questo risveglio è quanto voi chiamate una forma di “dopo Battesimo” che potrà rinnovare nelle odierne comunità cristiane quegli effetti di maturità e di approfondimento, che nella Chiesa primitiva erano realizzati dal periodo di preparazione al Battesimo. Voi lo portate dopo: il prima o dopo, direi, è secondario. II fatto è che voi mirate all’autenticità, alla pienezza, alla coerenza, alla sincerità della vita cristiana. E questo è merito grandissimo, ripeto, che ci consola enormemente e che ci suggerisce e ci ispira gli auguri, i voti e le benedizioni più copiose per voi, per quanti vi assistono’ (Paolo VI alle Comunità Neocatecumenali, Vaticano (udienza) 08/05/1974).
Giovanni Paolo II ha detto: ‘È bello anche il nome: neocatecumenale, comunità neocatecumenali. Perché quel nome ci fa pensare ai catecumeni che si preparavano una volta al Battesimo (…) Adesso questo ci manca in un certo senso perché i cristiani vengono battezzati piccoli (…) Manca un po’ quella istituzione della Chiesa primitiva, cioè quella della preparazione che ci impegna nel Battesimo. Il Battesimo diventa una cosa fatta ma non una cosa maturata. Allora i movimenti neocatecumenali cercano di completare, di compiere un po’ quello che ci manca’ (Visita di Giovanni Paolo II alla parrocchia di san Giovanni evangelista a Spinaceto, 18/11/1979), ed anche: ‘Voi avete fatto un cammino per scoprire la vostra fede, per scoprire il tesoro divino che portate in voi, nelle vostre anime. Ed avete fatto tale scoperta, scoprendo il mistero del Battesimo. È vero che sono molti i battezzati nel mondo. (…) Fra questi battezzati, non so quanti siano quelli che sono coscienti del loro Battesimo, non semplicemente del fatto di essere battezzati, ma di che cosa vuol dire essere battezzati, di che cosa vuol dire il Battesimo.(…) Ecco, scoprire la profonda dinamica della nostra fede è scoprire il pieno contenuto del nostro Battesimo. Se capisco bene, la vostra strada consiste essenzialmente in questo: scoprire il mistero del Battesimo, scoprire il suo pieno contenuto e così scoprire che cosa vuol dire essere cristiano, credente. (…) I Sacramenti fanno strada allo Spirito Santo che opera nelle nostre anime, nei nostri cuori, nella nostra umanità, nella nostra personalità, ci costruisce di nuovo, crea un uomo nuovo. Ecco, questo cammino, cammino della fede, cammino del Battesimo riscoperto, deve essere un cammino dell’uomo nuovo’ (Visita di Giovanni Paolo II alla parrocchia di Nostra Signora del SS. Sacramento e dei santi martiri canadesi (Roma) 02/11/1980
Obbiettivi e prassi
Ecco adesso alcune dichiarazioni tratte dallo Statuto del Cammino Neocatecumenale che chiariscono i suoi scopi e la sua prassi.
Articolo 5:
[Destinatari]
§ 1. Il Neocatecumenato è uno strumento al servizio dei Vescovi per la riscoperta dell’iniziazione cristiana degli adulti battezzati. Tra questi si possono distinguere:
1°. coloro che si sono allontanati dalla Chiesa;
2°. coloro che non sono stati sufficientemente evangelizzati e catechizzati;
3°. coloro che desiderano approfondire e maturare la loro fede;
4°. coloro che provengono da confessioni cristiane non in piena comunione con la Chiesa cattolica.
§ 2. I chierici e i religiosi che desiderano ravvivare il dono del Battesimo attraverso il Neocatecumenato, e così anche meglio servirlo, lo percorrono nel rispetto della vocazione e del carisma loro propri, e nell’adempimento dei compiti assegnati loro dal Vescovo diocesano o, nel caso di religiosi, dal Superiore. Per i religiosi inoltre si richiede il consenso del proprio Superiore.
Art. 6
[Il Neocatecumenato si attua nella parrocchia]
§ 1. Il Neocatecumenato, in quanto itinerario di riscoperta dell’iniziazione cristiana, è attuato di norma nella parrocchia, «ambito ordinario dove si nasce e si cresce nella fede», luogo privilegiato in cui la Chiesa, madre e maestra, genera nel fonte battesimale i figli di Dio e li “gesta” alla vita nuova.
§ 2. Poiché la pastorale di iniziazione cristiana è vitale per la parrocchia, il Parroco è al centro dell’attuazione del Cammino Neocatecumenale, esercitando, anche con la collaborazione di altri presbiteri, la cura pastorale di coloro che lo percorrono.
§ 3. Il Cammino Neocatecumenale mirerà a promuovere nei suoi destinatari un maturo senso di appartenenza alla parrocchia e a suscitare rapporti di profonda comunione e collabo-razione con tutti i fedeli e con le altre componenti della comunità parrocchiale.
Articolo 7
[Il Neocatecumenato si attua in piccola comunità]
§ 1. All’interno della parrocchia, il Neocatecumenato è vissuto in piccola comunità – denominata comunità neocatecumenale –, dato che la forma completa o comune dell’iniziazione cristiana degli adulti è quella comunitaria.
§ 2. Modello della comunità neocatecumenale è la Sacra Famiglia di Nazaret, luogo storico dove il Verbo di Dio, fatto Uomo, si fa adulto crescendo «in sapienza, età e grazia», stando sottomesso a Giuseppe e Maria. Nella comunità i neocatecumeni divengono adulti nella fede, crescendo in umiltà semplicità e lode, sottomessi alla Chiesa.
Art. 8
[Catechesi iniziali, itinerario neocatecumenale, “tripode” ed équipe di catechisti]
§ 1. Il Neocatecumenato consta delle catechesi iniziali (Cap. II) e dell’itinerario neocatecumenale, articolato secondo le tre fasi dell’iniziazione cristiana: precatecumenato, catecumenato ed elezione, divise in tappe, scandite da passaggi segnati da alcune celebrazioni (Cap. IV).
§ 2. Le catechesi iniziali e l’itinerario neocatecumenale si basano sui tre elementi fondamentali (“tripode”) della vita cristiana, messi in rilievo dal Concilio Vaticano II: Parola di Dio, Liturgia e Comunità (Cap. III).
§ 3. Al centro di tutto il percorso neocatecumenale vi è una sintesi tra predicazione kerigmatica, cambiamento della vita morale e liturgia.
§ 4. Il Neocatecumenato è guidato, in comunione con il Parroco e sotto la sua responsabilità pastorale, da un’équipe di catechisti (Titolo V), nel rispetto di quanto stabilito dall’art. 2.
§ 5. Detta équipe, con le catechesi iniziali, avvia un processo di gestazione alla fede in cui si formano le comunità e ritorna periodicamente, di norma una volta all’anno, per condurre i diversi passaggi dell’itinerario neocatecumenale e dare le indicazioni necessarie per lo svolgimento delle varie fasi e tappe.
Art. 9
[Kerigma e celebrazioni]
Il Neocatecumenato comincia nella parrocchia, su invito del Parroco, con delle catechesi kerigmatiche, chiamate catechesi iniziali, contenute nel Direttorio. Esse si svolgono nell’arco di due mesi, in quindici incontri serali, e si concludono con una convivenza di tre giorni. Al fine di sperimentare il Tripode: Parola, Liturgia, Comunità, su cui si basa la vita cristiana, le catechesi iniziali sono articolate in tre parti:
1ª. L’annuncio del kerigma che chiama a conversione: la buona notizia della morte e della risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo; «infatti… è piaciuto a Dio di salvare coloro che credono mediante la stoltezza del kerigma» (1 Cor 1,21). Questa «parola di salvezza» chiama alla conversione e alla fede, invita a riconoscersi peccatori, ad accogliere il perdono e l’amore gratuito di Dio e a mettersi in cammino verso la propria trasformazione in Cristo, per la potenza dello Spirito. La conversione è sigillata dalla celebrazione della Penitenza, secondo il rito della riconciliazione di più penitenti, con confessione e assoluzione individuale. Questo sacramento, celebrato periodicamente, sosterrà il cammino di conversione dei singoli e della comunità.
2ª. Il kerigma preparato da Dio attraverso la storia della salvezza (Abramo, Esodo, ecc.): si danno le chiavi ermeneutiche necessarie per l’ascolto e la comprensione della Sacra Scrittura: vedere in Gesù Cristo il compimento delle Scritture e mettere i fatti della propria storia sotto la luce della Parola. Quest’iniziazione alla Scrittura viene sigillata in una celebrazione della Parola, in cui i partecipanti ricevono la Bibbia dalle mani del Vescovo, garante della sua autentica interpretazione, come segno che la madre Chiesa d’ora innanzi lungo il Cammino li nutrirà settimanalmente a questa mensa, fonte viva della catechesi.
3ª. Il kerigma nei sacramenti e nella koinonia: le catechesi culminano nella convivenza con la celebrazione dell’Eucaristia. Detta celebrazione, preparata da opportune catechesi, aiuta a riscoprire lo splendore pasquale messo in risalto dal Concilio Vaticano II e a sperimentare la comunione tra i fratelli. Infatti «non è possibile che si formi una comunità cristiana se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra Eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità». La celebrazione dell’Eucaristia accompagnerà la comunità durante tutto l’itinerario.
Art. 10
[Nascita della comunità neocatecumenale]
§ 1. Nell’ultimo giorno della convivenza si proclama il Sermone della Montagna, disegno dell’uomo nuovo, e si presenta l’itinerario neocatecumenale come un cammino di gestazione, ad immagine della Santa Vergine Maria.
§ 2. Attraverso la predicazione e le celebrazioni fatte nelle catechesi iniziali, lo Spirito Santo invita uomini e donne di diversa età, mentalità, cultura e condizione sociale a intraprendere insieme un itinerario di conversione, fondato sulla riscoperta progressiva delle «immense e straordinarie ricchezze e responsabilità del Battesimo ricevuto», per operare in loro la graduale crescita e maturazione della fede e della vita cristiana. Alla fine della convivenza, con coloro che accolgono la chiamata a percorrere tale catecumenato post-battesimale viene formata la comunità neocatecumenale.
§ 3. La comunità neocatecumenale è affidata alla cura pastorale del Parroco e del presbitero da lui incaricato (cfr. art. 27). Inoltre la comunità indica, mediante votazione, un responsabile laico e alcuni corresponsabili, che vengono confermati dal Parroco e dall’équipe dei catechisti. Essi collaborano con il Presbitero per assicurare che la comunità percorra l’itinerario del Cammino Neocatecumenale, secondo quanto stabilito nello Statuto e nel Direttorio, e per curare gli aspetti organizzativi.
§ 4. L’équipe dei catechisti, concluse le catechesi iniziali, illustra al Presbitero, che presiede la comunità, e all’équipe dei responsabili le modalità tipiche del Cammino Neocatecumenale nella preparazione delle celebrazioni della Parola e dell’Eucaristia e nello svolgimento delle convivenze mensili, indicando i temi biblici di formazione per la celebrazione della Parola.
Art. 11
[Celebrazione settimanale della Parola]
§ 1. Ciascuna comunità neocatecumenale settimanalmente ha una celebrazione della Parola di Dio, di norma con quattro letture, secondo i temi indicati dal Direttorio catechetico del Cammino Neocatecumenale per ogni tappa.
§ 2. Nella celebrazione della Parola di Dio, prima dell’omelia, il presbitero invita chi lo desidera tra i presenti ad esprimere brevemente ciò che la Parola proclamata ha detto alla sua vita. Nell’omelia, che ha un posto privilegiato nell’istruzione del Neocatecumenato, il presbitero prolunga la proclamazione della Parola, interpretandola secondo il Magistero e attualizzandola nell’oggi del cammino di fede dei neocatecumeni.
§ 3. Ogni celebrazione della Parola è preparata accuratamente, a turno, da un gruppo della comunità, con l’aiuto, quando possibile, del presbitero. Il gruppo sceglie le letture e i canti, prepara le monizioni e dispone la sala e i segni liturgici per la celebrazione, curandone con zelo la dignità e la bellezza.
§ 4. Per approfondire la Scrittura «con l’intelligenza ed il cuore della Chiesa», i neocatecumeni si avvalgono soprattutto della lettura degli scritti dei Padri, dei documenti del Magistero, in particolare del Catechismo della Chiesa Cattolica, e di opere di autori spirituali.
Art. 12
[Veglia pasquale]
§ 1. Cardine e fonte della vita cristiana è il mistero pasquale, vissuto e celebrato in modo eminente nel Santo Triduo, il cui fulgore irradia di luce l’intero anno liturgico. Esso costituisce pertanto il fulcro del Neocatecumenato, in quanto riscoperta dell’iniziazione cristiana.
§ 2. «La veglia pasquale, centro della liturgia cristiana, e la sua spiritualità battesimale, sono ispirazione per tutta la catechesi». È per questo motivo che, durante l’itinerario, i neocatecumeni sono iniziati gradualmente ad una più perfetta partecipazione a tutto ciò che la santa notte significa, celebra e realizza.
§ 3. In questo modo il Neocatecumenato contribuisce a formare poco a poco un’assemblea parrocchiale che prepara e celebra la veglia pasquale nella notte santa, con tutta la ricchezza degli elementi e dei segni liturgici e sacramentali voluti dalla Chiesa.
Art. 13
[Eucaristia]
§ 1. L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità. L’Eucaristia infatti completa l’iniziazione cristiana.
§ 2. I neocatecumeni celebrano l’Eucaristia nella piccola comunità per essere iniziati gradualmente alla piena, consapevole e attiva partecipazione ai divini misteri, anche secondo l’esempio di Cristo, che nella moltiplicazione dei pani fece sedere gli uomini «in gruppi di cinquanta» (Lc 9,14). Tale consuetudine, consolidata nella prassi ultra trentennale del Cammino, è feconda di frutti.
§ 3. In considerazione anche «di specifiche esigenze formative e pastorali, tenendo conto del bene di singoli o di gruppi, e specialmente dei frutti che possono derivarne all’intera comunità cristiana», la piccola comunità neocatecumenale, con l’autorizzazione del Vescovo diocesano, celebra l’Eucaristia domenicale, aperta anche ad altri fedeli, dopo i primi vespri.
§ 4. Ogni celebrazione dell’Eucaristia è preparata, quando possibile sotto la guida del Presbitero, da un gruppo della comunità neocatecumenale, a turno, che prepara brevi monizioni alle letture, sceglie i canti, provvede il pane, il vino, i fiori, e cura il decoro e la dignità dei segni liturgici.
Art. 14
[Penitenza, preghiera, anno liturgico, pratiche di pietà]
§ 1. «Il sacramento della Penitenza contribuisce in massimo grado a sostenere la vita cristiana». Nel loro itinerario di conversione, i neocatecumeni lo celebrano periodicamente secondo il rito per la riconciliazione di più penitenti con confessione e assoluzione individuale. Sono educati inoltre ad accostarsi con assiduità al sacramento della Penitenza secondo il rito per la riconciliazione dei singoli penitenti.
§ 2. I neocatecumeni vengono gradualmente iniziati alla preghiera liturgica e all’orazione. I genitori sono istruiti a trasmettere la fede ai figli in una celebrazione domestica, fatta durante le Lodi della Domenica. I figli sono preparati alla Prima Comunione e alla Cresima nella parrocchia e dopo i 13 anni sono invitati a iniziare il Cammino Neocatecumenale.
§ 3. La Chiesa inizia progressivamente i neocatecumeni alle ricchezze spirituali e catechetiche dell’anno liturgico, in cui essa «celebra tutto il mistero di Cristo». A tal fine, prima dell’Avvento, della Quaresima e della Pasqua, i catechisti fanno un annunzio preparatorio.
§ 4. I neocatecumeni vengono inoltre gradualmente istruiti al culto eucaristico fuori della Messa, all’adorazione notturna, alla recita del santo Rosario e alle altre pratiche di pietà della tradizione cattolica.
Art. 15
[Dimensione comunitaria e convivenza]
§ 1. L’educazione alla vita comunitaria è uno dei compiti fondamentali dell’iniziazione cristiana. Il Neocatecumenato educa ad essa in modo graduale e costante mediante l’inserimento in una piccola comunità, quale corpo di Cristo risorto, aperta alla vita della comunità parrocchiale e di tutta la Chiesa.
§ 2. Momento particolare di tale educazione è la giornata mensile di convivenza di ogni comunità neocatecumenale. In essa, dopo la celebrazione delle Lodi, si comunica l’esperienza di ciò che la grazia di Dio sta compiendo nella propria vita e si manifestano le eventuali difficoltà, nel rispetto della libertà delle coscienze delle persone. Questo favorisce la conoscenza e l’illuminazione reciproca e il mutuo incoraggiamento, nel vedere l’operare di Dio nella storia di ciascuno.
§ 3. La comunità aiuta i neocatecumeni a scoprire il loro bisogno di conversione e di maturazione nella fede: la diversità, i difetti, le debolezze mettono in evidenza l’incapacità di amare l’altro così com’è, distruggono i falsi ideali di comunità e fanno sperimentare che la comunione (koinonia) è opera dello Spirito Santo.
Art. 16
[L’esperienza della koinonia e i frutti della comunità]
§ 1. Nella misura in cui i neocatecumeni crescono nella fede, cominciano a manifestarsi i segni della koinonia: il non giudicare, la non resistenza al malvagio, il perdono e l’amore al nemico. La koinonia si visibilizza anche nel soccorso ai bisognosi, nella sollecitudine per i malati, per i sofferenti e per gli anziani e nel sostegno, per quanto possibile, di coloro che sono in missione, secondo quanto indicato nel Direttorio. I neocatecumeni vengono gradualmente formati a un sempre più profondo spirito di comunione e di aiuto reciproco.
§ 2. Il Neocatecumenato forma così progressivamente nella parrocchia un insieme di comunità che rendono visibili i segni dell’amore nella dimensione della croce e della perfetta unità, e in tal modo chiamano alla fede i lontani e preparano i non cristiani a ricevere l’annuncio del Vangelo.
§ 3. Il Cammino Neocatecumenale è offerto quindi come strumento atto ad aiutare la parrocchia a compiere sempre più la missione ecclesiale di essere sale, luce e lievito del mondo, e a risplendere davanti agli uomini come Corpo visibile di Gesù Cristo risorto, sacramento universale di salvezza.
Art. 17
[Iniziazione alla missione]
§ 1. «La catechesi rende il cristiano idoneo a vivere in comunità e a partecipare attivamente alla vita e alla missione della Chiesa». I neocatecumeni sono iniziati a «essere presenti da cristiani nella società» e «a prestare la loro cooperazione nei differenti servizi ecclesiali, secondo la vocazione di ciascuno».
§ 2. I neocatecumeni collaborano «attivamente all’evangelizzazione e all’edificazione della Chiesa» innanzitutto essendo ciò che sono: il loro proposito di vivere in modo autentico la vocazione cristiana si traduce in una testimonianza efficace per gli altri, in uno stimolo alla riscoperta di valori cristiani che potrebbero altrimenti restare quasi nascosti.
§ 3. Dopo un certo tempo di Cammino, ogni comunità neocatecumenale indica mediante votazione alcuni fratelli perché svolgano il compito di catechisti. Questi, se accettano tale designazione, e previa approvazione da parte del Parroco e dei catechisti che guidano la comunità, costituiscono, insieme al presbitero e al responsabile della comunità, un’équipe di catechisti, per evangelizzare e guidare nuove comunità, sia nella propria che in altra parrocchia, o in altra diocesi, in cui i rispettivi parroci o Ordinari diocesani lo richiedono.
§ 4. I neocatecumeni collaborano all’azione missionaria e pastorale della parrocchia e della diocesi. Prima della “Redditio symboli”, tenuto conto della loro maturità di fede, coloro che lo desiderano offrono la propria cooperazione; dopo, come parte integrante dell’iniziazione cristiana, i neocatecumeni partecipano nei differenti servizi ecclesiali, secondo la vocazione di ciascuno.
Art. 18
[Iniziazione e formazione alla vocazione sacerdotale]
§ 1. Il Cammino Neocatecumenale, come ogni vero itinerario di catechesi, è anche un «mezzo per suscitare vocazioni sacerdotali e di particolare consacrazione a Dio nelle diverse forme di vita religiosa e apostolica e per accendere nel cuore dei singoli la vocazione speciale missionaria».
§ 2. Il Cammino Neocatecumenale è anche uno strumento che si offre al servizio dei Vescovi per la formazione cristiana dei candidati al presbiterato.
§ 3. I Seminari diocesani e missionari “Redemptoris Mater” sono eretti dai Vescovi diocesani, in accordo con l’Équipe Responsabile internazionale del Cammino, e si reggono secondo le norme vigenti per la formazione e l’incardinazione dei chierici diocesani e secondo statuti propri, in attuazione della Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis. In essi i candidati al sacerdozio trovano nella partecipazione al Cammino Neocatecumenale un elemento specifico e basilare dell’iter formativo e, al contempo, sono preparati alla «genuina scelta presbiterale di servizio all’intero Popolo di Dio, nella comunione fraterna del presbiterio».
§ 4. Spetta al Vescovo diocesano nominare, su presentazione dell’Équipe Responsabile internazionale del Cammino, il Rettore e gli altri superiori ed educatori dei Seminari diocesani e missionari “Redemptoris Mater”. Il Rettore, a nome del Vescovo e in stretto legame con lui, sovrintende agli studi dei seminaristi e al loro itinerario formativo, e accerta l’idoneità dei candidati al sacerdozio.
Art. 19
[1ª fase: precatecumenato post-battesimale]
§ 1. La prima fase del Neocatecumenato è il precatecumenato post-battesimale, che è un tempo di kenosi per imparare a camminare nell’umiltà. Essa è divisa in due tappe:
1ª. Nella prima tappa, che va dalle catechesi iniziali fino al primo scrutinio di passaggio al catecumenato post-battesimale, e che dura circa due anni, i neocatecumeni imparano il linguaggio biblico, celebrando settimanalmente la Parola di Dio, con temi semplici che percorrono tutta la Scrittura, come: acqua, roccia, agnello, ecc. La Parola di Dio, l’Eucaristia e la comunità aiutano gradualmente i neocatecumeni a svuotarsi dei falsi concetti di sé e di Dio ed a scendere alla loro realtà di peccatori, bisognosi di conversione, riscoprendo la gratuità dell’amore di Cristo, che li perdona e li ama. Nella celebrazione conclusiva del primo scrutinio di passaggio al catecumenato post-battesimale, dopo l’iscrizione del nome, chiedono alla Chiesa di essere aiutati a maturare nella fede per compiere le opere di vita eterna, e ricevono il segno della croce gloriosa di Cristo, che illumina il ruolo salvifico che ha la croce nella vita di ciascuno.
2ª. Nella seconda tappa, di analoga durata, i neocatecumeni celebrano le grandi tappe della storia della salvezza: Abramo, Esodo, Deserto, Terra promessa, ecc., e viene dato loro un tempo perché provino a se stessi la sincerità dell’intenzione di seguire Gesù Cristo, alla luce della sua Parola: «Non potete servire a Dio e al denaro» (Mt 6,24). Nella celebrazione conclusiva del secondo scrutinio di passaggio al catecumenato post-battesimale, rinnovano davanti alla Chiesa la rinuncia al demonio e manifestano la volontà di servire solo Dio. In seguito studiano e celebrano le principali figure bibliche: Adamo, Eva, Caino, Abele, Noè, ecc., alla luce di Cristo.
§ 2. Gli scrutini aiutano i neocatecumeni nel loro cammino di conversione, nel rispetto della coscienza e del foro interno, secondo la normativa canonica, l’OICA e il Direttorio catechetico del Cammino Neocatecumenale.
Art. 20
[2ª fase: catecumenato post-battesimale]
La seconda fase del Neocatecumenato è il catecumenato post-battesimale, che è un tempo di combattimento spirituale per acquistare la semplicità interiore dell’uomo nuovo che ama Dio come unico Signore, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze e il prossimo come se stesso. Sostenuti dalla Parola di Dio, dall’Eucaristia e dalla comunità, i neocatecumeni si addestrano nella lotta contro le tentazioni del demonio: la ricerca di sicurezze, lo scandalo della Croce e la seduzione degli idoli del mondo. La Chiesa viene in aiuto ai neocatecumeni consegnando loro le armi necessarie, in tre tappe:
1ª. «Il combattimento spirituale della vita nuova del cristiano è inseparabile dal combattimento della preghiera» che porta all’intimità con Dio. La Chiesa realizza una prima iniziazione dei neocatecumeni alla preghiera liturgica e personale, anche notturna, che culmina con le catechesi dei Vangeli sulla preghiera e con la celebrazione della consegna del libro della Liturgia delle Ore. Da allora essi iniziano il giorno con la preghiera individuale delle Lodi e dell’Ufficio delle Letture e imparano a fare un tempo di preghiera silenziosa e la preghiera del cuore. I neocatecumeni, scrutando i salmi in piccoli gruppi, sono iniziati alla pratica assidua della “lectio divina” o “scrutatio scripturæ”, «nella quale la Parola di Dio è letta e meditata per trasformarsi in preghiera». Infatti, «l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo».
2ª. La Chiesa consegna ai neocatecumeni il Credo (“Traditio Symboli”), «compendio della Scrittura e della fede», e li invia a predicarlo, a due a due, per le case della parrocchia. Essi studiano e celebrano articolo per articolo il Simbolo apostolico e lo restituiscono alla Chiesa (“Redditio Symboli”), confessando la loro fede e proclamando il Credo solennemente dinanzi ai fedeli, durante la Quaresima.
3ª. La Chiesa realizza una seconda iniziazione dei neocatecumeni alla preghiera liturgica e contemplativa, che culmina con le catechesi sulla preghiera del Signore e con la celebrazione della consegna del “Padre nostro”, «sintesi di tutto il Vangelo». Da allora, nelle ferie di Avvento e di Quaresima, essi cominciano a celebrare comunitariamente in parrocchia, prima di andare al lavoro, le Lodi e l’Ufficio delle Letture, con un tempo di preghiera contemplativa. I neocatecumeni sono iniziati a farsi piccoli e a vivere abbandonati filialmente alla paternità di Dio, protetti dalla maternità di Maria e della Chiesa, e nella fedeltà al Successore di Pietro e al Vescovo. A tal fine, prima della consegna del “Padre nostro”, i neocatecumeni fanno un pellegrinaggio ad un santuario mariano per accogliere la Vergine Maria come madre, professano la fede sulla tomba di S. Pietro e fanno un atto di adesione al Santo Padre. In questa tappa i neocatecumeni studiano sistematicamente le singole petizioni del “Padre nostro” e temi sulla Vergine Maria: Madre della Chiesa, Nuova Eva, Arca dell’alleanza, Immagine del cristiano, ecc.
Art. 21
[3ª fase: riscoperta dell’elezione]
§ 1. La terza fase del Neocatecumenato è la riscoperta dell’elezione, «cardine di tutto il catecumenato». È un tempo di illuminazione in cui la Chiesa insegna ai neocatecumeni a camminare nella lode, «inondati dalla luce della fede», cioè a discernere e compiere la volontà di Dio nella storia per fare della propria vita una liturgia di santità. Essi studiano e celebrano i singoli brani del Sermone della Montagna.
§ 2. Dopo aver mostrato con le opere che in essi si sta realizzando, pur nella debolezza, l’uomo nuovo descritto nel Sermone della Montagna, che, seguendo le orme di Gesù Cristo, non resiste al male e ama il nemico, i neocatecumeni rinnovano solennemente le promesse battesimali nella Veglia Pasquale, presieduta dal Vescovo. In questa liturgia essi indossano le vesti bianche in ricordo del loro battesimo.
§ 3. Poi, durante la cinquantina pasquale, celebrano ogni giorno l’eucaristia solennemente e fanno un pellegrinaggio in Terra Santa come segno delle nozze con il Signore, ripercorrendo i luoghi dove Cristo ha realizzato quanto loro hanno vissuto durante tutto l’itinerario neocatecumenale.
§ 4. Dopo l’elezione si conclude il neocatecumenato post-battesimale.
Art. 22
[Educazione permanente nella piccola comunità]
§ 1. La comunità neocatecumenale, dopo aver compiuto l’itinerario di riscoperta dell’iniziazione cristiana, entra nel processo di educazione permanente della fede: perseverando nella celebrazione settimanale della Parola e dell’Eucaristia domenicale e nella comunione fraterna, attivamente inseriti nella pastorale della comunità parrocchiale, per dare i segni dell’amore e dell’unità, che chiamano l’uomo contemporaneo alla fede: «L’educazione permanente della fede – afferma il Direttorio generale per la Catechesi – si rivolge non solo a ciascun cristiano, per accompagnarlo nel suo cammino verso la santità, ma anche alla comunità cristiana come tale, perché maturi tanto nella sua vita interiore di amore a Dio e ai fratelli, quanto nella sua apertura al mondo come comunità missionaria. Il desiderio e la preghiera di Gesù al Padre sono un appello incessante: “Perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). Avvicinarsi, a poco a poco, a questo ideale richiede, nella comunità, una fedeltà grande all’azione dello Spirito Santo, un costante alimentarsi del Corpo e Sangue del Signore e una permanente educazione della fede, nell’ascolto della Parola».
§ 2. Il Cammino Neocatecumenale è così uno strumento al servizio dei Vescovi per attuare il processo di educazione permanente della fede richiesto dalla Chiesa: l’iniziazione cristiana, come ribadisce il Direttorio generale per la Catechesi, «non è il punto finale nel processo permanente di conversione. La professione di fede battesimale si pone a fondamento di un edificio spirituale destinato a crescere»; «l’adesione a Gesù Cristo, infatti, avvia un processo di conversione permanente, che dura tutta la vita».
Art. 23
[Una via di rinnovamento nella parrocchia]
§ 1. In questo modo il Cammino Neocatecumenale contribuisce al rinnovamento parrocchiale auspicato dal Magistero della Chiesa di promuovere «nuovi metodi e nuove strutture», che evitino l’anonimato e la massificazione, e di considerare «la parrocchia come comunità di comunità», che «decentrano e articolano la comunità parrocchiale».
§ 2. L’Équipe di catechisti che ha guidato la comunità durante l’itinerario neocatecumenale, in modo analogo ai padrini del battesimo, rimane a disposizione per le necessità di evangelizzazione e di educazione permanente.
Art. 24
[Catecumeni]
§ 1. Il Cammino Neocatecumenale è uno strumento al servizio dei Vescovi anche per l’iniziazione cristiana dei non battezzati.
§ 2. La partecipazione alle catechesi iniziali e alla prima fase dell’itinerario neocatecumenale – secondo la condizione loro propria – di coloro che devono percorrere il catecumenato a norma del diritto, garantisce che venga realizzato adeguatamente quanto è ordinato dall’OICA. In particolare:
1°. L’iniziazione cristiana dei catecumeni è fatta «in seno alla comunità dei fedeli i quali, meditando insieme con i catecumeni sull’importanza del mistero pasquale e rinnovando la propria conversione, li incoraggiano con il loro esempio a corrispondere più generosamente alla grazia dello Spirito Santo».
2°. «Il popolo di Dio, rappresentato dalla Chiesa locale, dev’esser sempre convinto e deve mostrare concretamente che l’iniziazione degli adulti è compito suo e impegno di tutti i battezzati… Ogni discepolo di Cristo… deve perciò aiutare i candidati e i catecumeni in tutto il corso dell’iniziazione, dal precatecumenato al catecumenato, al tempo della mistagogia».
3°. «Non deve essere omesso… il tempo di quell’evangelizzazione», dalla quale «hanno origine la fede e la conversione iniziale», né «il tempo del precatecumenato» necessario «perché maturi la seria volontà di seguire Cristo e di chiedere il Battesimo».
4°. Prima dell’ammissione al catecumenato, occorre che i candidati «abbiano cominciato ad avere il senso della penitenza, a invocare Dio e a pregarlo, a fare la prima esperienza della comunità e della spiritualità cristiana».
5°. «I catecumeni, che la Madre Chiesa circonda del suo affetto e delle sue cure come già suoi figli e ad essa congiunti, appartengono alla famiglia di Cristo: infatti ricevono dalla Chiesa il nutrimento della Parola di Dio e sono sostenuti dall’aiuto della liturgia». «A loro utilità sono predisposte opportune celebrazioni della parola di Dio, anzi essi già possono insieme accedere con i fedeli alla liturgia della parola per meglio prepararsi alla futura partecipazione all’Eucaristia».
6°. «Quando partecipano all’assemblea dei fedeli, devono esser con gentilezza congedati prima dell’inizio della celebrazione eucaristica». Ciò viene fatto nel Cammino Neocatecumenale mediante una benedizione speciale, dopo la quale ricevono «una opportuna catechesi» preparata sulla base del Catechismo della Chiesa Cattolica, che «porta i catecumeni non solo a una conveniente conoscenza dei dogmi e dei precetti, ma anche all’intima conoscenza del mistero della salvezza».
7°. «I catecumeni imparino anche a collaborare attivamente alla evangelizzazione e all’edificazione della Chiesa».
§ 3. Per completare la preparazione al battesimo, e celebrarlo nella notte di Pasqua, di norma è conveniente attendere la conclusione del secondo scrutinio, 4 anni circa. La decisione viene presa dal Parroco, insieme all’équipe di catechisti.
Art. 25
[Neofiti]
§ 1. Terminato il periodo di preparazione, d’accordo con il Parroco e con l’opportuna comunicazione al Vescovo diocesano, i catecumeni ricevono i sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima, Eucaristia), e vengono così pienamente inseriti nella Chiesa.
§ 2. Coloro che lo desiderano continueranno a partecipare alla vita della comunità neocatecumenale con cui hanno camminato fino ad allora da catecumeni, e percorreranno le altre due fasi dell’itinerario neocatecumenale: «la comunità insieme con i neofiti prosegue il suo cammino nella meditazione del Vangelo, nella partecipazione all’Eucaristia e nell’esercizio della carità, cogliendo sempre meglio la profondità del mistero pasquale e traducendolo sempre più nella pratica di vita». Ciò costituisce un aiuto prezioso ai neofiti per superare le difficoltà inerenti ai primi anni di vita cristiana’.
IL MIO GIUDIZIO
Il Cammino Neocatecumenale è un cammino sbagliato che non conduce alla salvezza che è in Cristo Gesù. Questo te lo dico perché questo cammino non si propone altro che convertire al Cattolicesimo tutti quei Cattolici che hanno ricevuto il battesimo ma che vivono un Cattolicesimo abitudinario e che vivono immersi in un mondo secolarizzato. Potrei dire che questo cammino tende a fare diventare ferventi cattolici quelli che sono o tiepidi o freddi. E convertirsi al Cattolicesimo significa tra le altre cose convertirsi al culto a Maria, alla dea Maria, sì la chiamo così perché così è considerata nei fatti dai Cattolici Romani Maria la madre di Gesù, e quindi all’idolatria. Ecco cosa dice Arguello commentando le seguenti parole che Nicodemo disse a Gesù: “Come può un uomo nascere quand’è vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel seno di sua madre e nascere?” (Giov. 3:4): ‘Questa frase illustra lo spirito delle comunità neocatecumenali: tornare al seno della Chiesa, tornare a nostra Madre, alla Vergine, perché essa generi e faccia crescere in noi il seme del Battesimo che portiamo dentro. Questo tempo di gestazione e di crescita lo chiamiamo neocatecumenato’ (da un discorso di Kiko Arguello, fondatore del cammino neocatecumenale, tenuto all’assemblea plenaria della Sacra Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli nell’aprile del 1983). E l’articolo 20 del loro Statuto lo conferma in questi termini: ‘I neocatecumeni sono iniziati a farsi piccoli e a vivere abbandonati filialmente alla paternità di Dio, protetti dalla maternità di Maria e della Chiesa, e nella fedeltà al Successore di Pietro e al Vescovo. A tal fine, prima della consegna del “Padre nostro”, i neocatecumeni fanno un pellegrinaggio ad un santuario mariano per accogliere la Vergine Maria come madre, professano la fede sulla tomba di S. Pietro e fanno un atto di adesione al Santo Padre. In questa tappa i neocatecumeni studiano sistematicamente le singole petizioni del “Padre nostro” e temi sulla Vergine Maria: Madre della Chiesa, Nuova Eva, Arca dell’alleanza, Immagine del cristiano, ecc.’ Ancora un volta dunque con sfacciataggine Cristo e la sua opera sono oscurate e messe in un angolino dal culto a Maria, e da tutte le menzogne che vengono dette sul conto della madre di Gesù. Che spirito può dunque essere lo spirito che aleggia nelle comunità neocatecumenali, che muove e sospinge i neocatecumeni, se esso vuole fare andare le persone a Maria affinché Essa generi e faccia crescere in loro il seme del battesimo considerato sacramento di salvezza? Ma ti rendi conto di quello che ti viene o ti è stato insegnato o fatto credere? Che tu tramite un catecumenato post-battesimale, tappa per tappa, gradino per gradino, – ovviamente con l’aiuto dell’onnipresente Maria – possa arrivare a riscoprire il battesimo come indispensabile sacramento di salvezza. Ti vorrebbero in altre parole fare credere che tu quando fosti asperso di acqua da piccolo nascesti di nuovo, fosti fatto diventare dalla Chiesa un figlio di Dio, fosti salvato dai tuoi peccati, e che con questo cammino riscoprirai tutto ciò. Insomma ti vorrebbero fare credere delle menzogne che non hanno nulla a che fare con la verità. No, tu quando fosti asperso con la cosiddetta acqua benedetta, non ricevesti assolutamente nessuna purificazione dei tuoi peccati, non diventasti per niente un figlio di Dio. La purificazione dei peccati si ottiene quando si crede in Gesù Cristo, e così anche il potere di essere chiamati figli di Dio. Il magistero della Chiesa Cattolica Romana sbaglia grandemente perché non conosce le Scritture. Ma quella della dottrina della rigenerazione battesimale, non è la sola menzogna che ti vogliono fare riscoprire; altre menzogne, sono la confessione tramite cui ti vogliono far credere che il prete è in grado di assolverti dai tuoi peccati commessi contro Dio e riconciliarti con Dio, il che non è vero perché solo Dio può perdonare i peccati all’uomo tramite la fede in Cristo Gesù; e strettamente collegata alla confessione ti vogliono far riscoprire la menzogna secondo cui tu puoi essere perdonato e puoi ottenere la vita eterna mediante delle opere buone, cosa questa falsa perché si viene giustificati soltanto per fede senza le opere e perché la vita eterna è il dono di Dio in Cristo Gesù; ti vogliono far riscoprire la messa quale ripetizione del sacrificio di Cristo, cosa falsa perché il sacrificio di Cristo è stato compiuto una volta per sempre e non può essere assolutamente ripetuto ma solamente ricordato o annunciato; e poi, naturalmente ci sono le menzogne del primato del papa quale successore di Pietro; e tantissime altre che io ho confutato in maniera sistematica nel mio libro confutatorio sulla Chiesa Cattolica Romana che ti invito quindi a leggere. Ovviamente, anche nel caso chi segue questo cammino voglia essere ‘battezzato’ per la prima volta, le cose non cambiano perché anche in questo caso, le menzogne che egli verrà indotto a credere sono le medesime.
Ascolta, se tu vuoi conoscere il Signore Gesù Cristo, se tu vuoi conoscere la verità ed essere salvato dai tuoi peccati e dalla perdizione, devi NASCERE DI NUOVO, attenzione non ti sto dicendo che devi riscoprire la NUOVA NASCITA che hai ricevuto – secondo la dottrina cattolica – da neonato con l’aspersione di acqua fattati dal prete della tua parrocchia, no perché tu quel giorno non sperimentasti nessuna nuova nascita, ripeto nessuna. Con quell’aspersione di acqua per altro tu non ricevesti nessun battesimo perché il battesimo è per immersione e ministrato a persone che hanno creduto.
E per nascere di nuovo devi innanzi tutto riconoscerti un peccatore davanti a Dio, non importa quanti peccati hai, riconosciti un miserabile peccatore davanti a Dio; poi pentiti di essi e confessali al Signore (e non ad un prete) chiedendogli di perdonarti, e credi con tutto il cuore che Gesù Cristo è morto sulla croce per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione. Ti assicuro che nel momento che farai tutto ciò ti sentirai NASCERE DI NUOVO, ti sentirai perdonato appieno dal Signore, lavato appieno dai tuoi peccati con il suo sangue, ti sentirai salvato e certo di avere la vita eterna per cui sarai sicuro che quando morirai andrai direttamente in paradiso, e non in purgatorio ad espiare cosiddetti residui di colpa. E quando nascerai di nuovo, i tuoi occhi si apriranno e allora comincerai a vedere tante cose in maniera differente da come le vedi adesso. Il culto a Maria e ai santi lo considererai un abominio, come anche la messa perché pretende di essere la ripetizione del sacrificio di Cristo, comincerai a capire che il vero battesimo si riceve da adulti dopo avere creduto e che quello praticato dalla Chiesa cattolica romana è un falso battesimo; comincerai ad aborrire crocifissi, medaglie, statue e immagini, ecc. perché capirai che sono degli idoli da cui guardarsi. Comincerai a considerare il papa non più come il vicario di Cristo ma come un anticristo, un falso profeta che inganna le persone. Ma soprattutto capirai che la salvezza è per grazia e non per opere come invece insegna la Chiesa cattolica romana. Che ti rimarrà dunque di fare? Uscire dalla Chiesa cattolica romana per unirti ad una Chiesa Evangelica dove dovrai farti subito battezzare.
17. Cosa pensi della sacra Sindone di Torino? Che sia veramente – come viene detto da parte della curia romana – il lenzuolo in cui fu posto Gesù quando morì?
No, non credo affatto che questa reliquia sia autentica; per altro ce ne sono molte altre di sindoni che pretendono tutte di essere quella vera. Ma nella Chiesa Cattolica Romana tutto ciò è normale!! Ma perché non credo che essa sia vera? Perché dopo averla vista (la vidi a Torino molti anni fa quando non ero ancora convertito durante una gita organizzata da una Chiesa Evangelica) – in effetti però non è che vidi proprio la sindone ma in una stanzetta vidi sul muro la riproduzione fotografica della sindone per tutta la sua lunghezza (sono passati più di venti anni e se non ricordo male mi pare proprio che fosse una grossa fotografia) – e dopo avere letto quello che dicono Matteo, Marco, Luca e Giovanni, ho potuto riscontrare che quel lenzuolo o panno non può essere quello che ricevette il corpo di Gesù perché Matteo, Marco e Luca dicono che Giuseppe d’Arimatea prese un panno lino e vi involse il corpo di Gesù Cristo. Ecco le loro parole: “E Giuseppe, preso il corpo, lo involse in un panno lino netto, e lo pose nella propria tomba nuova, che aveva fatta scavar nella roccia, e dopo aver rotolata una gran pietra contro l’apertura del sepolcro, se ne andò” (Matt. 27:59-60); “E questi, comprato un panno lino e tratto Gesù giù di croce, l’involse nel panno e lo pose in una tomba scavata nella roccia, e rotolò una pietra contro l’apertura del sepolcro” (Mar. 15:46); “Venne a Pilato e chiese il corpo di Gesù. E trattolo giù di croce, lo involse in un panno lino e lo pose in una tomba scavata nella roccia, dove niuno era ancora stato posto” (Luca 23:51-53). Giovanni dice invece che Giuseppe e Nicodemo involsero il corpo di Gesù in pannilini con gli aromi come era usanza di seppellire presso i Giudei (cfr. Giov. 19:40).
Mentre quel lenzuolo che c’è a Torino ha impresso su di esso per lungo la figura di un uomo!! Quindi quell’uomo che fu posto in quel lenzuolo non fu involto, cioè il suo corpo non fu avvolto nel panno lino. A me dà l’impressione che il lenzuolo sia stato posto sopra il corpo di quell’uomo, non può essere altrimenti perché si vede chiaramente questa cosa. Quindi se Gesù fu involto in un panno lino, e quel panno lino fosse stato conservato esso non poteva in nessuna maniera apparire in quella maniera.
Butindaro Giacinto, Domande e Risposte (Volume 1). Roma 2006. Pagine 471. Vedi l’indice del libro