1. Che significato ha la parola Bibbia?
Il termine italiano Bibbia deriva dal greco Biblìa, plurale neutro, che significa ‘I libri’. La Parola Biblìa passò poi nel latino della Chiesa e divenne un femminile singolare cioè Bibbia. Si dice che il primo ad usare il termine Biblìa per indicare i libri sacri sia stato Giovanni Crisostomo (344-407), uno dei cosiddetti padri della Chiesa.
2. Ma nella Bibbia ho trovato delle contraddizioni; come mai questo?
No, nella Bibbia non ci sono contraddizioni. Semmai ci sono delle APPARENTI CONTRADDIZIONI che appaiono appunto contraddizioni a motivo della nostra limitata conoscenza. Non dobbiamo mai dimenticarci infatti che “noi conosciamo in parte” (1 Cor. 13:9), per cui ci sono delle cose scritte nella Bibbia che ci possono apparire in contraddizione tra loro. Sono pienamente persuaso che in quel giorno, quando la conoscenza sarà abolita (cfr. 1 Cor. 13:8), capiremo appieno perché certe espressioni e certi racconti presenti nella Bibbia ci apparivano in contraddizione tra di loro.
Tu allora mi dirai: ‘Ma come mai Dio ha voluto che nella Scrittura ci fossero queste apparenti contraddizioni?’ Ascolta, anch’io mi sono spesso domandato come mai Dio ha voluto che certe cose fossero scritte in maniera da apparire contraddittorie, ed ogni volta sono giunto alla stessa conclusione, e cioè che questo Dio ha voluto farlo per mettere alla prova i credenti per vedere se dinnanzi a tali APPARENTI CONTRADDIZIONI cominciano a mettere in dubbio o in discussione l’ispirazione della Scrittura. Prova che devo dire certi credenti non hanno superato perché hanno cominciato a dire che la Bibbia è un libro che ha degli errori! Per ciò che mi riguarda devo confessare che dopo che mi sono convertito ed ho cominciato ad investigare le Scritture, nel trovarmi davanti certi passaggi in contraddizione tra loro fui tentato di dire che nella Bibbia c’erano alcuni errori umani, ma considerando da vicino le cose alla luce di tutta la Scrittura giunsi alla conclusione che la Scrittura appunto perché Parola di Dio non poteva avere nessun errore e che quindi quelli che parevano degli errori erano ERRORI APPARENTI.
Ma sono anche persuaso che Dio ha voluto inserire queste apparenti contraddizioni nella sua Parola per fare inciampare gli increduli. Voglio fare a tale proposito due esempi.
Il primo è questo. Riguardo al Messia nel libro del profeta Isaia è scritto: “Poi un ramo uscirà dal tronco d’Isai, e un rampollo spunterà dalle sue radici. Lo spirito dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell’Eterno. Respirerà come profumo il timor dell’Eterno, non giudicherà dall’apparenza, non darà sentenze stando al sentito dire, ma giudicherà i poveri con giustizia, farà ragione con equità agli umili del paese. Colpirà il paese con la verga della sua bocca, e col soffio delle sue labbra farà morir l’empio. La giustizia sarà la cintura delle sue reni, e la fedeltà la cintura dei suoi fianchi. Il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo giacerà col capretto; il vitello, il giovin leone e il bestiame ingrassato staranno assieme, e un bambino li condurrà. La vacca pascolerà con l’orsa, i loro piccini giaceranno assieme, e il leone mangerà lo strame come il bue. Il lattante si trastullerà sul buco dell’aspide, e il divezzato stenderà la mano sul covo del basilisco. Non si farà né male né guasto su tutto il mio monte santo, poiché la terra sarà ripiena della conoscenza dell’Eterno, come il fondo del mare dall’acque che lo coprono” (Is. 11:1-9). Come si può vedere in queste parole del profeta alla venuta del Messia ci sarebbe stata una radicale trasformazione nella natura, i poveri avrebbero ricevuto giustizia, l’empio sarebbe stato da lui messo a morte, e la terra sarebbe stata ripiena della conoscenza di Dio. Secondo però altre parole dello stesso profeta il Messia alla sua venuta avrebbe patito la morte per gli empi (cfr. cap. 53). Questa è una apparente contraddizione IN CUI INCIAMPANO GLI EBREI infatti essi dicono che Gesù non può essere il Messia appunto perché alla sua venuta non sono avvenute quelle cose scritte dal profeta Isaia al capitolo 11. Per noi adesso la cosa è chiara, in quei versi del capitolo 11 sopra citati, nella seconda parte, si fa riferimento a quello che avverrà al ritorno del Messia. Per loro però la cosa non è affatto chiara. Non è che per questo gli Ebrei ortodossi negano l’ispirazione del profeta Isaia, ma certamente inciampano nelle sue parole.
Il secondo esempio è questo. Nella legge è scritto: “Ascolta, Israele: l’Eterno, l’Iddio nostro, è l’unico Eterno” (Deut. 6:4), e nei profeti: “Io sono l’Eterno, e non ve n’è alcun altro; fuori di me non v’è altro Dio!… “ (Is. 45:5). Negli scritti del Nuovo Testamento però in svariate maniere è detto che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è Dio; uno di questi passi è questo: “In verità, in verità vi dico: Prima che Abramo fosse nato, io sono” (Giov. 8:58), e un altro è il seguente: “Nel principio era la Parola, e la Parola era con Dio, e la Parola era Dio” (Giov. 1:1-2). Non è dunque in contraddizione la Scrittura? No, non lo è – anche se sembra il contrario – perché quando la Scrittura parla dell’unicità di Dio parla di una unicità composita, per cui la Scrittura non esclude la divinità di Cristo, come neppure quella dello Spirito Santo. Gli Ebrei disubbidienti però inciampano in questa apparente contraddizione per cui rifiutano nella maniera più categorica di riconoscere la divinità di Gesù Cristo. E assieme agli Ebrei ce ne sono molti altri di individui increduli che inciampano proprio in questa apparente contraddizione biblica; tra questi per esempio ci sono i Testimoni di Geova che a differenza degli Ebrei però riconoscono l’ispirazione degli Scritti del Nuovo Testamento. Come ben sappiamo però i Testimoni di Geova, o meglio una loro specifica Commissione, hanno manipolato parecchi passi del Nuovo Testamento che attestano la divinità di Cristo.
Considerando dunque questi esempi citati, noi dobbiamo stare attenti a non inciampare in certe APPARENTI CONTRADDIZIONI presenti sia nell’Antico Testamento che nel Nuovo Testamento (a cui non riusciamo ancora a dare una spiegazione). Dio non si è mai contraddetto e non può contraddirsi – quindi la sua Parola non può avere contraddizioni – perché Egli non può mentire e non è doppio nel parlare. Sia Egli riconosciuto verace, ma ogni uomo bugiardo (cfr. Rom. 3:4). Amen.
3. Ho sentito parlare di libri apocrifi (presenti nelle Bibbie cattoliche); di che si tratta?
Sono dei libri che la Chiesa Cattolica Romana ha aggiunto al canone della Bibbia (cioè a quell’insieme di libri riconosciuti sacri dalla Chiesa sin dall’inizio e di cui è composta la Bibbia). Essi sono: Tobia, Giuditta, Sapienza, Ecclesiastico, Baruc e 1 e 2 Maccabei. Oltre all’aggiunta di questi libri occorre dire che sono state fatte delle aggiunte al libro di Ester e a quello di Daniele. Sia i libri apocrifi che le aggiunte furono dichiarate SCRITTURA ISPIRATA DA DIO nella sessione del 8 Aprile 1546 del concilio di Trento.
Questo concilio ha lanciato un anatema contro chi non riconosce come sacri e canonici tutti i libri dichiarati tali da esso (per cui anche contro coloro che non riconoscono i libri apocrifi e le aggiunte come Parola di Dio); ecco l’anatema: ‘Se qualcuno, poi, non accetterà come sacri e canonici questi libri, interi con tutte le loro parti, come si é soliti leggerli nella chiesa cattolica e come si trovano nell’edizione antica della volgata latina e disprezzerà consapevolmente le predette tradizioni, sia anatema’ (Concilio di Trento, Sess. IV, primo decreto.). I libri apocrifi (da apokryphos, termine greco che significa ‘nascosto’) sono chiamati dalla chiesa romana ‘deuterocanonici’ ossia aggiunti al canone.
Noi non riconosciamo i libri apocrifi come Parola di Dio (e difatti nella nostra Bibbia non ci sono) per le seguenti ragioni:
1) Essi sono pieni di contraddizioni (reali e non apparenti) e di errori
2) Lo Spirito della verità che dice la verità, non attesta per nulla in noi figliuoli di Dio che essi sono Parola di Dio perché ci fa sentire in maniera inequivocabile che essi non devono essere accettati come Parola di Dio
3) Né Gesù Cristo e neppure gli apostoli fecero mai riferimento a questi libri apocrifi
4) Gli Ebrei prima e poi anche i Cristiani dei primi secoli dopo Cristo non li riconobbero mai come canonici.
4. Come si spiega il fatto che nei Proverbi prima è scritto: “Non rispondere allo stolto secondo la sua follia, che tu non gli abbia a somigliare” (Prov. 26:4) e subito dopo: “Rispondi allo stolto secondo la sua follia, perché non abbia a credersi savio”?
Si spiega in questa maniera. C’è un tempo in cui occorre seguire il primo precetto e un tempo in cui bisogna seguire il secondo precetto. E’ necessario dunque discernere quando sia il caso di non rispondere allo stolto secondo la sua follia, e quando invece sia il caso di rispondergli come merita secondo la sua follia. In questo secondo caso lo si fa per non fare illudere lo stolto che con i suoi discorsi folli si crede più saggio di sette uomini che danno risposte sensate (cfr. Prov. 26:16).
5. Quando Davide diceva nei Salmi: “Il tuo bastone e la tua verga sono quelli che mi consolano” (Sal. 23:4) cosa voleva dire?
Voleva dire che i castighi che Dio gli infliggeva alla fine risultavano a suo favore per cui erano ben accetti dalla mano di Dio. Questo concetto lo esprime in questa maniera lo scrittore del Salmo centodiciannove: “Prima che io fossi afflitto, andavo errando; ma ora osservo la tua parola …. È stato un bene per me l’essere afflitto, ond’io imparassi i tuoi statuti … Io so, o Eterno, che i tuoi giudizî son giusti, e che nella tua fedeltà m’hai afflitto” (67,71,75).
E lo conferma anche lo scrittore agli Ebrei quando dice: “Or ogni disciplina sembra, è vero, per il presente non esser causa d’allegrezza, ma di tristizia; però rende poi un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati per essa esercitati” (Ebr. 12:11). Va detto però anche che il bastone e la verga Dio li usa anche contro i nostri nemici quando ci deve fare giustizia, per cui anche in questo caso il suo bastone e la sua verga ci consolano, ossia quando noi vediamo o ci ricordiamo di qualche giudizio di Dio contro coloro che ci fanno male proviamo consolazione e ci sentiamo sollevati perché riconosciamo che la nostra causa sta davanti a Dio e che Lui è un Dio giusto. Diceva il salmista a Dio: “Io mi ricordo de’ tuoi giudizi antichi, o Eterno, e mi consolo” (Sal. 119:52). Amen.
6. Che cosa significa “Tutto è puro per quelli che sono puri” (Tito 1:15)?
Significa che tanto la mente che la coscienza di coloro che sono puri di cuore sono appunto pure; questo lo si capisce leggendo le parole successive che sono: “Ma per i contaminati ed increduli niente è puro; anzi, tanto la mente che la coscienza loro son contaminate. Fanno professione di conoscere Iddio; ma lo rinnegano con le loro opere, essendo abominevoli, e ribelli, e incapaci di qualsiasi opera buona” (Tito 1:15-16). Queste parole dunque non significano né che andare al mare o guardare la televisione o andare a ballare o fumare sono cose pure per i credenti, perché se così fosse vorrebbe dire che le concupiscenze mondane sono pure quando così non è tanto è vero che tramite di esse i credenti si contaminano. E non significano neppure che per coloro che sono puri di cuore ogni cibo è puro perché ci sono credenti che quantunque abbiano la loro coscienza purificata con il sangue di Gesù e abbiano un cuore puro dinnanzi a Dio, pure considerano un certo cibo impuro per una loro convinzione personale. Paolo dice che se un fratello “stima che una cosa è impura, per lui è impura” (Rom. 14:14). Se interpretassimo quelle parole di Paolo a Tito in questa maniera finiremmo con il dire che se un credente considera un cibo impuro ciò significa che lui non è puro e questo significherebbe giudicare il fratello.
7. Lettura da Genesi 10:31: “Costoro [furono] i figliuoli di Sem, secondo le loro famiglie [e] lingue, ne’ loro paesi, per le loro nazioni”. Questo versetto precede il capitolo dove si parla della torre di babele dove vennero confuse le lingue. Domanda: come mai parla di lingue, forse avevano già una lingua differente o il confondimento delle lingue fu solo per un popolo?
La risposta non è né la prima e neppure la seconda da te suggerita infatti nel racconto della costruzione della torre di Babele è detto che “tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole” (Gen. 11:1). Per cui prima che Dio confondesse il linguaggio degli uomini, tutti gli uomini parlavano la stessa lingua. Come si spiega allora il fatto che dei figli di Sem è detto nel versetto 31 del capitolo 10 – ma bada che la stessa cosa viene detta anche dei figli di Jafet, versetto 5; e dei figli di Cam, versetto 20 – che “questi sono i figliuoli di Sem, secondo le loro famiglie, secondo le loro lingue, nei loro paesi, secondo le loro nazioni”? Si spiega in questa maniera. Questi versetti citati prima del racconto della confusione del linguaggio operata da Dio, quantunque siano scritti prima del racconto della confusione del linguaggio si riferiscono a circostanze che si vennero a creare appunto dopo che Dio confuse il linguaggio degli uomini. Tu allora dirai: ‘Ma allora la Scrittura non racconta gli eventi in ordine cronologico?’ Non sempre. Per confermarti questo con un altro esempio biblico, cito Caino. Ora, di Caino, dopo che Dio lo maledisse e si partì dal cospetto di Dio, si dice che “Caino conobbe la sua moglie, la quale concepì e partorì Enoc” (Gen. 4:17). Dove prese questa donna Caino se prima di ciò da nessuna parte si parla di altre donne oltre a Eva? La risposta la troviamo dopo, quando la Scrittura dice che Adamo “generò figliuoli e figliuole” (Gen. 5:4). Quindi la donna che Caino prese per moglie era una delle figlie di Adamo, cioè una sorella di Caino. Nota bene però che delle figlie di Adamo si parla dopo che Caino ne prese in moglie una, eppure la nascita di queste donne fu anteriore al matrimonio di Caino con una di esse.
8. Chi ha scritto l’epistola agli Ebrei?
Non si sa, alcuni dicono Paolo, altri Apollo, e altri ancora Barnaba. A favore della sua redazione da parte di Paolo depone soprattutto il fatto che alla fine di essa l’autore dice: “La grazia sia con tutti voi” (Ebr. 13:25), che era l’espressione di saluto tipica dell’apostolo Paolo infatti alla fine di una delle sue epistole egli scrisse: “Il saluto è di mia propria mano; di me, Paolo; questo serve di segno in ogni mia epistola; scrivo così. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con tutti voi” (2 Tess. 3:17-18).
9. Dove sta scritta nella Bibbia la famosa frase ‘Aiutati, che Dio ti aiuta’?
Da nessuna parte. E’ una frase per altro che non corrisponde a verità perché Dio non dice all’uomo di aiutarsi per prima che poi lo aiuterà lui, ma di avere fede in Lui e invocarlo quando si trova nella distretta e Lui lo tirerà fuori. Dice infatti la Scrittura all’uomo: “Confidati nell’Eterno con tutto il cuore …” (Prov. 3:5), e: “Offri a Dio il sacrifizio della lode, e paga all’Altissimo i tuoi voti; e invocami nel giorno della distretta: io te ne trarrò fuori, e tu mi glorificherai” (Sal. 50:14-15). Sulle labbra di un Cristiano dunque questa frase non ci deve stare, ci deve semmai stare quest’altra frase: ‘Invoca Dio, cercalo con tutto il tuo cuore, e lui ti aiuterà qualunque sia il tuo problema’.
10. La tua idea è tutta basata e completamente dipendente dalle ‘sacre scritture’ chi dice che sono reali avvenimenti?…….
10. La tua idea è tutta basata e completamente dipendente dalle “sacre scritture”. Chi dice che sono reali avvenimenti?? Quali reali e sottolineo reali testimonianze?? E se fosse tutto fatto, scritto e tramandato dall’uomo per la sua indispensabile necessità di attribuire e dare una risposta a ciò che non si può conoscere? Ai misteri della vita??
Risposta
Vedi, io mi baso sulla Sacra Scrittura perché credo che essa sia tutta ispirata da Dio. E che la Scrittura sia di origine divina lo dimostra – tra le tante cose – anche il fatto che coloro che hanno deciso di credere con tutto il cuore nel Vangelo hanno ottenuto la remissione dei loro peccati, hanno ottenuto la pace e la gioia che avevano cercato nei piaceri del mondo o nelle varie filosofie senza trovarle. Io che ti scrivo ho sperimentato tutto ciò mediante la mia fede, per cui io costituisco una testimonianza vivente. Non mi credi? Perché non decidi anche tu di credere in Gesù Cristo e vedrai come Lui trasformerà la tua vita? Prega Dio, chiedigli di rivelarsi nella tua vita in maniera personale e di certo lo farà. Guarda, la Bibbia è stata attaccata nei secoli, anzi nei millenni, da tanti che hanno addotto le più svariate ragioni al suo successo ma nessuno è riuscito a scalfire la sua importanza, o meglio nessuno è riuscito ad annullare il suo potere perché questo libro – checché ne dicano molti – ha un potere che nessun altro libro ha. La ragione? Semplice, il libro è ispirato per cui verace. Gli stessi archeologi hanno dovuto riconoscere della veracità di tante storie bibliche che per tanto tempo erano state considerate delle favole o delle leggende. E poi, ti domando, come fai a mettere in discussione l’esistenza storica di Gesù Cristo? Non credi che sarebbe come mettere in discussione l’esistenza di Napoleone, o di Cesare, o di Nerone? Dovrai pur riconoscere che Gesù di Nazareth è esistito! Anzi ti dirò di più, Gesù Cristo è anche risuscitato ed è stato assunto in cielo, per cui Egli vive ancora. Ascolta, metti da parte i tuoi pregiudizi contro la Bibbia, e credi in Cristo e vedrai come egli ti si manifesterà. Gesù un giorno disse queste parole: “Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io l’amerò e mi manifesterò a lui” (Giov. 14:21). Prendilo in parola, non ti deluderà! Che Dio ti benedica e si manifesti nella tua vita.
11. Perchè ti fidi così ciecamente di quello che dice la Bibbia?….
11. Perchè ti fidi così ciecamente di quello che dice la Bibbia? E se fosse tutto falso? E se fosse l’ateismo o una qualsiasi altra religione ad essere nella verità o non quella di Gesù Cristo? E se niente o tutto è nel giusto? Perchè continui a dire che solo tu sei nel giusto, criticando chi non crede?
Risposta
Vedi, io mi fido di tutto quello che dice la Bibbia perché essa è ispirata da Dio e Dio non può mentire. Nessuna falsità è presente in essa. Perchè non ti metti a leggerla, cominciando dal Nuovo Testamento? La verità è solo in Gesù Cristo e questo perchè Lui è la verità. Lui è anche la sola via che mena a Dio, qualsiasi altra via che ti suggeriscono gli uomini è falsa. Io ho conosciuto la verità per cui esorto chi ancora non la conosce a conoscerla. Capisco perfettamente che il mio modo di parlare dà fastidio a molti perché pensano che io li giudichi ingiustamente, ma io so in chi ho creduto, e sono persuaso che Egli è potente a salvare sia coloro che mi ascoltano che coloro che leggono i miei messaggi di evangelizzazione. E tu, non ti sei mai domandata: ‘E se Gesù fosse veramente il Figlio di Dio? E se tutto quello che egli ha detto fosse vero per cui fuori da lui non c’è salvezza?’ Il mio desiderio è quello che tu sia salvata e venga alla conoscenza della verità che è in Cristo Gesù. Sappi che fedeli sono le ferite di chi ama, e frequenti i baci di chi odia. Se sul momento ti senti ferita dalle mie parole, sappi che sono ferite di vero amore. Cerca la verità con tutto il cuore, chiedi a Dio di rivelarti qual’è la verità e vedrai che lui si manifesterà personalmente nella tua vita.
12. ……Come fai a dire che tu solo hai conosciuto la verità? E chi ti dice che Dio non può mentire (sempre se esiste)?
12. Non mi sono sentita minimamente ferita dalle tue parole. Ognuno ha la propria opinione e non deve forzare il resto della gente a pensarla come lui. E’ vero, potresti avere ragione tu e torto io, ma finchè non ne sono convinta rimango della mia idea. Come fai a dire che tu solo hai conosciuto la verità? E chi ti dice che Dio non può mentire (sempre se esiste)?
Risposta
Innanzi tutto, ti dico che non mi considero il solo che ha conosciuto la verità, assieme a me ci sono tante e tante persone di tutti i popoli, le razze e le lingue, che l’hanno conosciuta. Anche tutte queste persone dunque possono dire di avere conosciuto la verità. Perché? Perché hanno conosciuto Colui che è la verità, cioè Gesù Cristo secondo che lui stesso ebbe a dire: “Io sono … la verità …” (Giov. 14:6). E che sia così lo attesta l’apostolo Giovanni che ci dice a noi che abbiamo creduto in Gesù Cristo: “Io vi ho scritto non perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete, e perché tutto quel ch’è menzogna non ha che fare colla verità” (1 Giov. 2:21). E questa fiducia ovviamente viene da Dio e non da noi, il quale ha mandato il suo Spirito Santo nei nostri cuori che ci attesta che le cose stanno così: “Lo Spirito è la verità” (1 Giov. 5:6), e ci attesta nei nostri cuori che noi siamo nella verità.
Comprendo bene che questo mio parlare può sembrarti incomprensibile o estremamente semplicistico ma le cose stanno così.
Chi mi dice che Dio non può mentire? Sempre la Bibbia infatti è scritto che Dio “non può mentire” (Tito 1:2), e che “Iddio non è un uomo perch’ei mentisca” (Num. 23:19). Ecco perché – sempre la Bibbia – afferma: “Sia Dio riconosciuto verace, ma ogni uomo bugiardo” (Rom. 3:4). E che le cose stiano proprio così ci sono innumerevoli prove. Una per tutte, chi decide di credere nel Figliuolo di Dio riceve la remissione dei peccati e la vita eterna, come dice appunto la Parola di Dio. Io stesso sono una prova vivente che Dio non ha mentito e non può mentire perché avendo creduto in Gesù Cristo ho ottenuto la purificazione dei miei peccati e la vita eterna. Ho poi sperimentato tante volte la veracità di Dio, il tempo verrebbe meno se mi dovessi mettere a raccontare quante volte ho potuto toccare con mano che Dio non può mentire.
13. Volevo chiederle l’interpretazione dei versetti di 1 Pietro 2:13-14, perché c’è in corso uno studio su questa epistola, e ci sono diverse interpretazioni
I passi in questione vogliono dire che noi Cristiani dobbiamo essere sottomessi ad ogni autorità creata dagli uomini che – bada bene – nonostante Pietro le chiami così è bene ricordare che non c’è autorità se non da Dio e che le autorità che esistono sono ordinate da Dio (Rom. 13:1), quindi quel ‘creata dagli uomini’ va intesa alla luce di queste altre parole scritte da Paolo. Ti spiego questo concetto con questo passo della legge. Dio disse ad Israele: ‘Stabilisciti de’ giudici e dei magistrati in tutte le città che l’Eterno, il tuo Dio, ti dà, tribù per tribù; ed essi giudicheranno il popolo con giusti giudizi’ (Deut. 16:18), quindi fu Dio ad ordinare che esistessero dei giudici e dei magistrati in mezzo al suo popolo, ma chi doveva stabilirli o crearli? Degli uomini infatti è detto ‘stabilisciti…’. Quindi quelle autorità furono da un lato ordinate da Dio e dall’altro create dagli uomini. Mi pare evidente la cosa.
Ti faccio adesso un esempio tratto dal Nuovo Testamento: Ponzio Pilato, il governatore della Giudea, fu costituito tale dall’imperatore di Roma, eppure quando lui disse a Gesù: ‘ Non mi parli? Non sai che ho potestà di liberarti e potestà di crocifiggerti? Gesù gli rispose: Tu non avresti potestà alcuna contro di me, se ciò non ti fosse stato dato da alto… ‘ (Giov. 19:10-11). Quindi Gesù riconobbe che il governatore romano Ponzio Pilato aveva quella potestà particolare verso di lui, ma quella potestà gli era stata data da Dio e non dagli uomini quantunque fossero stati degli uomini a costituirlo governatore con quei poteri.
Alla luce di tutto ciò quindi, non importa di che tipo sia l’autorità in una nazione, cioè se di tipo democratico, o dittatoriale; se di destra o di sinistra, ecc.; le autorità sono ordinate da Dio e anche quando non ci piacciono – umanamente parlando – per certo è sempre Dio che le ha costituite per delle ragioni. Considera che persino quel Faraone che fece maltrattare gli Israeliti e che inizialmente rifiutò di lasciare andare libero Israele, era stato stabilito da Dio secondo che è scritto: “Appunto per questo io t’ho suscitato …’ (Rom. 9:17).
Questa sottomissione la dobbiamo nutrire e mostrare nei confronti delle autorità per amore del nome del Signore; è evidente infatti che dato che noi dobbiamo onorare il nome del Signore e far sì che il suo nome sia glorificato in noi dobbiamo fare di tutto per evitare che le autorità biasimino il nome del Signore per colpa nostra e quindi attenerci al bene (che pure le autorità ordinano di fare).
Le autorità a cui dobbiamo stare sottomesse vanno dal re ai governatori (ovviamente oggi in questa nazione le autorità hanno un nome diverso). In merito ai governatori Pietro dice che sono mandati dal re per punire i malfattori o come dice Paolo in merito ai magistrati: “Per infliggere una giusta punizione contro colui che fa il male” (Rom. 13:4); e dare invece lode a quelli che fanno il bene, non dice forse Paolo: “Fà quel che è bene, e avrai lode da essa …” (Rom. 13:3)? Se dunque noi agiremo da malfattori saremo puniti come tutti gli altri malfattori, se invece agiremo in maniera onesta e giusta allora riceveremo lode dalle autorità.
Dobbiamo dunque fare il bene, e il bene soltanto per onorare il Signore dinnanzi alle autorità terrene. E in questa maniera, cioè facendo il bene, tureremo la bocca a tutti coloro che sparlano di noi dicendo che siamo dei malfattori (cfr. 1 Piet. 2:15). Ovviamente nel caso le autorità ci ordinano di fare qualche cosa che contrasta la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di noi, noi dobbiamo ubbidire a Dio anziché agli uomini (cfr. Atti 5:29; Dan.3:1-30; 6:1-28; Es. 1:15-21).
14. In che cosa consiste il mistero di Cristo di cui parla Paolo in Efesini 3:2-5?
Lo dice lo stesso Paolo poco dopo in questi termini: “Vale a dire, che i Gentili sono eredi con noi, membra con noi d’un medesimo corpo e con noi partecipi della promessa fatta in Cristo Gesù mediante l’Evangelo” (Ef. 3:6). In altre parole consiste nell’adempimento del disegno formato da Dio avanti i secoli, e preannunziato per mezzo degli antichi profeti (cfr. Is. 11:10: Os. 1:10), che consisteva nel fare entrare i Gentili nel suo popolo per mezzo della fede in Cristo Gesù, e quindi nel fare di due popoli (quello ebraico e quello gentile) un popolo solo che è la Chiesa dell’Iddio vivente. Questo mistero fu tenuto occulto da Dio “fin dai tempi più remoti” (Rom. 16:25) per essere rivelato a suo tempo mediante lo Spirito Santo ai santi apostoli e profeti di Dio (cfr. Ef. 3:5) e manifestato quindi tramite di essi a tutti i santi.
La ragione per cui noi Gentili, nonostante siamo incirconcisi nella carne, e fossimo in passato esclusi dalla cittadinanza di Israele ed estranei ai patti della promessa, ora abbiamo potuto entrare a fare parte del popolo di Dio mediante la fede in Cristo Gesù è perché Gesù con la sua morte, come dice Paolo a noi credenti di fra i Gentili, “dei due popoli ne ha fatto uno solo ed ha abbattuto il muro di separazione con l’abolire nella sua carne la causa dell’inimicizia, la legge fatta di comandamenti in forma di precetti, affin di creare in se stesso dei due un solo uomo nuovo facendo la pace; ed affin di riconciliarli ambedue in un corpo unico con Dio, mediante la sua croce, sulla quale fece morire l’inimicizia loro” (Ef. 2:14-16).
Dunque, come spiega sempre Paolo, noi Gentili in Cristo per mezzo di Cristo abbiamo assieme ai Giudei che sono in Cristo, accesso al Padre in un medesimo Spirito, e non siamo più né forestieri né avventizî; ma siamo concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, essendo stati edificati sul fondamento degli apostoli e de’ profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. Ed in lui noi pure entriamo a far parte dell’edificio, che ha da servire di dimora a Dio per lo Spirito (cfr. Ef. 2:18-22). Questa nostra entrata a fare parte del popolo di Dio è spiegata da Paolo con l’esempio dell’innesto, infatti egli dice ai santi di Roma che noi Gentili di nascita siamo stati tagliati dall’ulivo per sua natura selvatico e innestati contro natura nell’ulivo domestico (cfr. Rom. 11:24) dove abbiamo preso il posto di quei rami naturali troncati a motivo della loro incredulità, ossia i Giudei disubbidienti (cfr. Rom. 11:17,20), e dove sussistiamo per la nostra fede in Cristo Gesù. Il fatto dunque di essere dei rami per natura selvatici che sono stati innestati nell’ulivo domestico della cui radice e grassezza ora possiamo partecipare, deve portarci sempre a riflettere che non siamo noi a portare la radice ma la radice a portare noi e quindi a non insuperbirci contro i rami naturali troncati ossia gli Ebrei disubbidienti. E non solo, ma anche a temere Dio perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali ma li ha troncati dal loro stesso ulivo a motivo della loro incredulità, non risparmierà neppure noi se ci tiriamo indietro e gettiamo via la nostra franchezza.
A Dio che ha chiamato anche noi di fra i Gentili a fare parte del suo popolo, sia la gloria ora e in eterno, in Cristo Gesù. Amen.
15. …. Che significa dare in mano di Satana? Che significato ha questa espressione dell’apostolo Paolo? …
15. Vi voglio rivolgere una domanda che ieri sera [29 Novembre 2000: nota mia] mi è passata per la mente e continuo a non avere una risposta. Ieri sera, appunto, leggendo la prima epistola di Paolo a Timoteo mi sono soffermato sul versetto 20 del capitolo 1 “Imeneo e Alessandro che io ho dato in mano di Satana perchè imparino a non bestemmiare” e poi ho letto anche il riferimento riportato a fondo pagina e cioè I Corinzi capitolo 5 verso 5 “ho deciso che quel tale sia dato in man di Satana a perdizione della carne, affinchè lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù Cristo”. Che significa dare in mano di Satana? Che significato ha questa espressione dell’apostolo Paolo? Si può fare un esempio su avvenimenti simili ai giorni nostri? E quell’espressione “… a perdizione della carne, affinchè lo spirito sia salvo …” significa che la carne può peccare e lo spirito restare salvo? Non credo!
Risposta
L’espressione di Paolo ‘ho dato in mano di Satana’, usata sia nel caso di Imeneo e Alessandro che avendo fatto getto della buona coscienza avevano naufragato quanto alla fede, che nel caso di quel credente della Chiesa di Corinto che si teneva la moglie di suo padre, significa che l’apostolo Paolo nel nome del Signor Gesù e con la potestà del Signor nostro Gesù, decise nei confronti di questi tre credenti di allora di darli in potere di Satana o consegnarli a lui affinchè Satana li distruggesse con una grave malattia, quindi affinchè distruggesse la loro carne.
Noi sappiamo che Satana non può fare altro che distruggere un credente quando ciò gli viene permesso da Dio, ne abbiamo un esempio chiaro in Giobbe che fu colpito da Satana con il permesso di Dio (in questo caso però Dio consegnò Giobbe in man di Satana non perché egli avesse abbandonato la giustizia o si fosse reso colpevole di qualche particolare iniquità, ma solo per provarlo, la cosa quindi è un pò differente) con una ulcera maligna dalla pianta dei piedi al sommo del capo (cfr. Giob. 2:7), e Giobbe si ridusse ad una larva umana, ad un essere deformato nel corpo e distrutto tanto che lui ad un certo punto pensò di non avere più alcuna speranza di guarigione, che il sepolcro lo stava aspettando.
Ma veniamo allo scopo per cui Paolo diede quei credenti in mano di Satana; ho detto che fu affinchè Satana li distruggesse fisicamente, li umiliasse profondamente quindi. Ma ciò sempre in vista del loro bene, ossia in vista del loro ravvedimento, infatti nel primo caso Paolo dice che aveva dato Imeneo e Alessandro in mano di Satana affinchè essi imparassero a non bestemmiare; lo so che sembra strano e inverosimile che dei credenti si fossero messi a bestemmiare il nome santo di Dio, ma ciò è quello che era successo in quel caso. Ma Paolo con l’autorità divina li umiliò dandoli a Satana con la speranza che quella grave afflizione fisica li avrebbe indotti a rientrare in loro stessi e a pentirsi del loro peccato e smettere di proferire bestemmie. Nel secondo caso invece fu affinchè lo spirito fosse salvo nel giorno del Signor Gesù. Ora, in questo caso parrebbe che quel credente sarebbe stato automaticamente salvato dopo essere stato consegnato da Paolo in mano di Satana, ma è evidente che questa salvezza sarebbe stata possibile solo nel caso quel credente fosse rientrato in se stesso e si fosse pentito del suo peccato di fornicazione perché i fornicatori non erediteranno il regno di Dio (cfr. 1 Cor. 6:9-10). Quindi, anche in questo caso Paolo diede quel tale in mano di Satana affinchè sotto la pressione di quella grave malattia egli fosse indotto a ravvedersi ed essere così salvato.
Da questi due esempi di credenti dati in man di Satana, si evince che i servitori di Dio con l’autorità di Dio possono ‘usarsi’ di Satana al fine di indurre al ravvedimento certi credenti che si sono resi colpevoli di particolari iniquità. Ovviamente il diavolo è ben contento di colpire un credente con una grave malattia e di distruggerlo fisicamente, ma Dio è in grado di convertire il male che egli fa ad un credente in bene usandosi di quella sua malvagità per portare il credente traviato sulla retta via. O profondità della sapienza di Dio!
In questi casi appena visti, Dio si usa del diavolo al fine di porre fine a dei peccati, dando il ravvedimento ai diretti interessati. Ma ci sono dei casi in cui Dio si usa del diavolo per prevenire che un suo figliuolo cada in qualche peccato. Ne abbiamo un esempio in Paolo, a cui Dio, affinchè egli non si insuperbisse a motivo della eccellenza delle rivelazioni che aveva ricevuto dal Signore, pose un angelo di Satana per schiaffeggiarlo. In questa maniera, Paolo, umiliato fisicamente da Dio sarebbe stato impedito di inorgoglirsi. Dunque Dio si usa del diavolo e dei suoi angeli malvagi, sia per curare il male (uso questa espressione per farmi capire meglio) che per prevenirlo.
Ci sono casi oggi in cui dei servitori di Dio hanno dato dei credenti in mano di Satana a distruzione della loro carne in vista del loro ravvedimento? Io sono a conoscenza di un caso avendolo letto su un libro di un missionario che era stato in un paese orientale e che diceva di avere dato in man di Satana un credente che si era dato alla fornicazione.
16. Potrei ricevere un approfondimento del Salmo 1:1-6?
Salmo 1
Beato l’uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi, che non si ferma nella via de’ peccatori, né si siede sul banco degli schernitori; ma il cui diletto è nella legge dell’Eterno, e su quella legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato presso a rivi d’acqua, il quale dà il suo frutto nella sua stagione, e la cui fronda non appassisce; e tutto quello che fa, prospererà. Non così gli empi; anzi son come pula che il vento porta via. Perciò gli empi non reggeranno dinanzi al giudizio, né i peccatori nella raunanza dei giusti. Poiché l’Eterno conosce la via dei giusti, ma la via degli empi mena alla rovina.
L’uomo che non cammina seguendo i suggerimenti della gente senza pietà, che non prende piacere a frequentare i peccatori per macchinare ed eseguire il male contro il suo prossimo, e che non prende piacere nello schernire come fanno tanti, cioè nel beffarsi del suo prossimo, ma piuttosto prende piacere nel meditare del continuo la Parola di Dio e ovviamente anche nel metterla in pratica perché la meditazione della Parola di Dio non è qualcosa fine a se stessa ma deve essere sempre compiuta per mettere in pratica i comandamenti di Dio che sono giustizia e verità, è dichiarato beato ossia felice. Qualcuno dirà: ‘Sarà vero?’ Sì, è vero, io ho sperimentato e sperimento tuttora questa beatitudine. E con me ci sono tanti e tanti altri che hanno costatato e costatano la veracità di queste parole. Oggi invece – stando a quanto il mondo fa vedere – pare proprio che la felicità si trovi nel camminare secondo il consiglio degli empi, nell’associarsi con i peccatori per fare il male, nel prendere in giro tutto e tutti. E’ una vana apparenza, per questa gente non c’è alcuna felicità e nessuna pace. Dice bene il profeta Isaia: “Non v’è pace per gli empi” (Is. 57:21), e quindi nessuna beatitudine per loro. Si rifiutano di ascoltare Dio che è la fonte di ogni beatitudine, come possono essere felici? Nessuno quindi si faccia ingannare dai sorrisi, dalle ricchezze, dalla fama, degli empi dei peccatori e degli schernitori, perché essi non sono affatto felici ma sono pieni di guai, di paure, e di un vuoto interno terribile.
Il giusto è paragonato ad un albero, ma non a un albero qualsiasi piantato in un luogo qualsiasi, ma ad un albero piantato presso a rivi d’acqua, quindi che si rifornisce del continuo di acqua. La fonte di sapienza è un rivo che scorre perenne (cfr. Prov. 18:4), e il giusto si trova del continuo presso questo rivo a rifornirsi di essa. E questo gli permette di acquisire sempre nuove forze, anche in mezzo alle afflizioni più profonde (cfr. Sal. 84:7); e di splendere come un luminario in mezzo a questa generazione storta e perversa. La sua fronda non appassisce veramente mai, ma si mantiene sempre verde. Ed è un piacere vedere un albero che non appassisce mai a motivo della calura perché si trova piantato proprio presso l’acqua. E non solo, ma il giusto porta del frutto alla gloria del suo Dio, e lo porta a suo tempo, cioè nel tempo voluto da Dio esattamente come fa un albero fruttifero che porta il suo frutto nella sua stagione. E poi, tutto quello che egli fa prospererà, ovviamente tutto quello che rientra nel volere di Dio verso lui, tutto ciò che è nel Signore. Il buon successo appartiene alla Sapienza (cfr. Prov. 8:14), e questo successo il giusto lo sperimenta perché dà ascolto alla Sapienza.
Ma mentre il giusto è paragonato ad un albero piantato presso i rivi di acqua, gli empi sono paragonati a della pula, quindi a qualcosa che dinnanzi ad un colpo di vento sparisce, svanisce. Il profeta Isaia ha paragonato gli empi al mare agitato infatti dice: “Ma gli empi sono come il mare agitato, quando non si può calmare e le sue acque caccian fuori fango e pantano” (Is. 57:20), per spiegare che non hanno pace in loro essendo agitati da varie paure, e per spiegare che da loro fuoriescono follia e perversione e non frutti di giustizia come nel caso del giusto. Ma torniamo all’immagine della pula, è evidente che la pula non regge dinnanzi al vento, e così anche gli empi non reggeranno dinnanzi al giudizio di Dio perché saranno condannati e scaraventati nel fuoco eterno dove saranno tormentati per l’eternità, come anche gli empi non potranno stare assieme ai giusti perché la loro destinazione sarà il fuoco eterno mentre quella dei giusti sarà la Nuova Gerusalemme, la città celeste. Fuori (da questa città) i cani, fuori gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri, e chiunque ama e pratica la menzogna, dice Dio (cfr. Apoc. 22:15).
Non può essere altrimenti, perché la via degli empi mena alla rovina eterna, ad una infamia eterna, mentre la via dei giusti alla gloria eterna.
A Dio che ci ha chiamati alla sua eterna gloria in Cristo Gesù, sia la lode e l’onore in eterno. Amen.
17. L’espressione ‘Dio mi ha messo in cuore o gli ha messo in cuore questa o quell’altra cosa’ è un espressione biblica o per lo meno che trova una conferma nella Bibbia?
Sì, è un espressione biblica infatti Nehemia scrisse: “Così giunsi a Gerusalemme; e quando v’ebbi passato tre giorni, mi levai di notte, presi meco pochi uomini, e non dissi nulla ad alcuno di quello che Dio m’avea messo in cuore di fare per Gerusalemme; non avevo meco altro giumento che quello ch’io cavalcavo” (Neh. 2:11-12) ed anche: “E il mio Dio mi mise in cuore di radunare i notabili, i magistrati e il popolo, per farne il censimento. E trovai il registro genealogico di quelli ch’eran tornati dall’esilio la prima volta, e vi trovai scritto quanto segue” (Neh. 7:5). E Paolo dice a proposito di Tito, che era un suo fedele collaboratore: “Or ringraziato sia Iddio che ha messo in cuore a Tito lo stesso zelo per voi; poiché non solo egli ha accettata la nostra esortazione, ma mosso da zelo anche maggiore si è spontaneamente posto in cammino per venire da voi” (2 Cor. 8:16-17).
Quando Dio mette in cuore a qualcuno di fare qualcosa questo sente un forte desiderio di fare quella cosa, una forte inclinazione verso quella cosa per cui si sentirà del continuo spinto da Dio verso quella determinata cosa che rientra nel volere di Dio per lui.
18. In che modo è stato stabilito nella Bibbia che Noè visse 950 anni se ancora a quel tempo non si conosceva il calendario? Un anno era formato effettivamente da 12 mesi?
Alla luce delle Scritture io ti posso dire che già al tempo di Noè gli uomini erano in grado di stabilire quando iniziavano e terminavano non solo i giorni, ma anche i mesi e gli anni e questo lo facevano osservando il sole e la luna e le stelle. Questi luminari infatti (la luna anche se non ha luminosità propria perché riflette quella del sole è pur sempre un luminare che illumina la terra) furono creati da Dio oltre che per separare il giorno dalla notte anche per essere dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni. Ecco cosa dice la Scrittura: “Poi Dio disse: ‘Sianvi de’ luminari nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; e siano dei segni e per le stagioni e per i giorni e per gli anni; e servano da luminari nella distesa dei cieli per dar luce alla terra’. E così fu. E Dio fece i due grandi luminari: il luminare maggiore, per presiedere al giorno, e il luminare minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. E Dio li mise nella distesa dei cieli per dar luce alla terra, per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che questo era buono. Così fu sera, poi fu mattina: e fu il quarto giorno” (Gen. 1:14-19).
L’uomo dunque fu in grado sin dall’inizio di stabilire quando iniziava e quando terminava un giorno; egli fu in grado di stabilire anche quando iniziava e terminava un mese (a tal proposito era la luna nuova che annunciava l’inizio di un nuovo mese), e quando iniziava e terminava un anno.
Io sono persuaso che se Dio diede all’uomo che aveva creato la capacità e l’intelligenza necessaria per dare il nome a tutto il bestiame, agli uccelli dei cieli e ad ogni animale dei campi (cfr. Gen. 2:20), gli dette pure l’intelligenza per contare gli anni suoi e quelli degli altri.
Non vedo proprio perché ai giorni di Adamo, come anche in seguito ai giorni di Noè, gli uomini con l’intelligenza datagli da Dio non dovevano essere capaci di contare e discernere oltre i giorni, anche i mesi e gli anni, in sostanza non capisco proprio perché non dovessero avere anche loro un calendario quando oltre tutto in cielo essi avevano tutto ciò che era loro necessario per farselo.
Mi domandi poi se effettivamente ai giorni di Noè un anno fosse formato da 12 mesi; la mia risposta è affermativa ed esibisco queste prove a favore della mia risposta.
Il settimo mese, il diciassettesimo giorno del mese, da che era iniziato il diluvio, l’arca di Noè si fermò sulle montagne di Ararat (cfr. Gen. 8:4). Esattamente dopo 5 mesi quindi (cfr. Gen. 7:11), o 150 giorni perché è detto che le acque “alla fine di centocinquanta giorni cominciarono a scemare” (Gen. 8:3).
Il decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le vette dei monti (cfr. Gen. 8:5).
Dopo quaranta giorni Noè mandò fuori la colomba che tornò (cfr. Gen. 8:6-9); dopo altri sette giorni mandò di nuovo la colomba che tornò verso sera con nel becco una foglia di ulivo (cfr. Gen. 8:10-11); e dopo altri sette giorni egli mandò di nuovo fuori la colomba che non tornò più da lui (cfr. Gen. 8:12).
L’anno seicentesimoprimo di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque erano asciugate sulla terra (cfr. Gen. 8:13), e Noè scoperchiò l’arca ed ecco che vide che la superficie del suolo era asciutta.
Ora, considerando che Noè in due occasioni aspettò 7 giorni prima di rimandare fuori la colomba, io ritengo che scoperchiò l’arca sette giorni dopo l’ultima colomba, per cui due mesi dopo che erano apparse le vette dei monti (erano apparse il decimo mese, il primo giorno) infatti 40 giorni + 7 + 7 + 7 fa 61 giorni. E la data corrisponde all’anno 601, primo mese e primo giorno del mese. Aggiungendo dunque al decimo mese altri due mesi abbiamo un totale di 12 mesi.
19. … se Dio nel secondo comandamento vieta la fabbricazione di immagini di tutte le cose in cielo e in terra, come mai sulla cortina del luogo santissimo sono rappresentati due cherubini? ….
19. Se Dio nel secondo comandamento vieta la fabbricazione di immagini di tutte le cose in cielo e in terra, come mai sulla cortina del luogo santissimo sono rappresentati due cherubini? Si sa che quelle immagini non venivano adorate, sarebbe allora pure giustificata la falsa risposta dei cattolici facendo la famigerata sottigliezza tra adorazione e venerazione rivolta ai santi. ai morti e alla madonna? E sarebbe pure ulteriormente giustificata da parte cattolica la produzione di immagini e sculture poste, poi, in casa e nei luoghi adibiti al culto come l’esempio del luogo santissimo?
Risposta
Rispondo a queste tue domande, facendoti notare innanzi tutto tre sostanziali ma fondamentali differenze tra le sculture dei due cherubini fatte sull’arca santa e le sculture fatte dai Cattolici romani dei loro santi, di Maria, ecc. La prima differenza è che mentre i cherubini presenti nel luogo santissimo, erano delle sculture ordinate da Dio, quelle che fanno i Cattolici romani non sono per nulla ordinate da Dio. Quando infatti Dio ordinò a Mosè di dire ai figli di Israele di costruirgli un santuario gli disse tra le altre cose: “E farai due cherubini d’oro; li farai lavorati al martello, alle due estremità del propiziatorio; fa’ un cherubino a una delle estremità, e un cherubino all’altra; farete che questi cherubini escano dal propiziatorio alle due estremità. E i cherubini avranno le ali spiegate in alto, in modo da coprire il propiziatorio con le loro ali; avranno la faccia vòlta l’uno verso l’altro; le facce dei cherubini saranno vòlte verso il propiziatorio. E metterai il propiziatorio in alto, sopra l’arca; e nell’arca metterai la testimonianza che ti darò. Quivi io m’incontrerò teco; e di sul propiziatorio, di fra i due cherubini che sono sull’arca della testimonianza, ti comunicherò tutti gli ordini che avrò da darti per i figliuoli d’Israele” (Es. 25:18-22). C’è un ordine divino quindi, Mosè udì quelle parole e ubbidì di conseguenza. La seconda differenza è che i due cherubini fatti costruire da Dio non furono costruiti per essere messi in un posto pubblico, aperto a tutti, dove chiunque avrebbe potuto vederli ed essere indotto a prostrarsi davanti ad essi per adorarli. Difatti i due cherubini furono posti sopra il propiziatorio dell’arca santa la quale fu posta nel luogo santissimo dove poteva e doveva entrare solo il sommo sacerdote una volta all’anno per compiere l’aspersione del sangue degli animali offerti per i peccati dei sacerdoti e del popolo (cfr. Lev. 16:14-15). Le statue e le immagini della Chiesa Cattolica Romana vengono invece messe dappertutto per ricevere il saluto, la venerazione e l’adorazione dei Cattolici romani. La terza differenza infine è che i cherubini ordinati da Dio non furono da lui ordinati affinché il popolo li servisse e gli rendesse una qualche forma di culto, mentre le immagini e le sculture ordinate dalla teologia cattolica, sono fatte per rendergli un vero e proprio culto; che non importa come viene chiamato, rimane un culto e perciò una cosa in abominio a Dio.
Per quanto riguarda invece i due cherubini rappresentati sulla cortina che divideva il luogo santo da quello santissimo (cfr. Es. 26:31-33), va detto che oltre ad essere stati ordinati da Dio come nel caso delle sculture, erano visti solo dal sommo sacerdote quando entrava sia nel luogo santissimo che nel luogo santo per compiere gli atti del culto che Dio gli aveva ordinato di compiere, e dai sacerdoti quando entravano nel luogo santo anche loro per compiervi gli atti del culto. Il popolo quindi, dato che non poteva entrare né nel luogo santo né in quello santissimo non poteva vederli ed essere indotto a prestargli una qualche forma di culto. Dio fece quindi sì che al popolo fosse negata la vista anche dei due cherubini sulla cortina che divideva il luogo santo da quello santissimo. Che Dio pensò bene di negare al popolo la vista di questi due cherubini artisticamente lavorati è confermato dal fatto che la portiera dell’ingresso della tenda Dio ordinò di farla “di filo violaceo, porporino, scarlatto e di lino fino ritorto, in lavoro di ricamo” (Es. 26:36), ma senza i due cherubini artisticamente lavorati come nel caso del velo divisorio tra il luogo santo e quello santissimo (cfr. Es. 36:35 con Es. 36:37). E questa portiera dell’ingresso era ben visibile a chi tra il popolo veniva dai sacerdoti per offrire un oblazione, o un sacrificio di azioni di grazie o un olocausto o un sacrificio per il peccato; perché queste offerte dovevano essere portate all’ingresso della tenda di convegno.
Inoltre sempre a conferma di ciò, ti faccio notare che anche sulla portiera per l’ingresso del cortile, che era di filo violaceo, porporino scarlatto e di lino fino ritorto (cfr. Es. 38:18 e 27:16), Dio non ordinò di porre dei cherubini, e come tu sai questa portiera era sotto gli occhi di tutto il popolo che stava accampato secondo la sua tribù di appartenenza attorno al tabernacolo.
E potrei proseguire dicendoti che anche sui paramenti del sommo sacerdote e dei sacerdoti, Dio non ordinò di ricamare i cherubini (cfr. Es. 28:1-43)
Tutte queste differenze esistenti tra le sculture e le immagini dei due cherubini, e quelle della tradizione papista, mi portano quindi a ribadire che le statue e le immagini papiste sono vietate da Dio, sono un abominazione nel suo cospetto, e che coloro che si prostrano davanti ad esse e gli rendono una qualsiasi forma di culto sono degli idolatri che non erediteranno il regno di Dio. Non si possono in nessuna maniera giustificare le statue e le immagini della Chiesa Cattolica Romana con le sculture e le rappresentazioni dei cherubini ordinate da Dio.
Ma per quale ragione quest’ultime furono ordinate da Dio? Se consideriamo che è scritto che Dio “siede sui cherubini” (Sal. 99:1; cfr. Is. 37:16 e Ez. 10:1-22), ritengo che fu per ricordare ai suoi sacerdoti dove fosse il suo trono in cielo, cioè sopra i cherubini.
20. Ho letto l’affermazione di un cattolico che per giustificare la ‘tradizione’ cita Ianne e Iambrè in 2 Timoteo 3:8. Mi guardo bene dal cadere nel tranello della tradizione, ma se sai qualcosa di più di queste due figure citate da Paolo mi farebbe piacere saperlo, per poter sapere come rispondere nel caso in cui qualche cattolico mi facesse questa domanda di persona. ……
20. Ho letto l’affermazione di un cattolico che per giustificare la “tradizione” cita Iannè e Iambrè in 2 Timoteo 3:8. Mi guardo bene dal cadere nel tranello della tradizione, ma se sai qualcosa di più di queste due figure citate da Paolo mi farebbe piacere saperlo, per poter sapere come rispondere nel caso in cui qualche cattolico mi facesse questa domanda di persona. Grazie. Riguardo a quella domanda su Iannè e Iambrè ho fatto qualche ricerca e ho visto che su internet molti cattolici sui loro siti ne fanno un punto di forza per giustificare la tradizione. Non mi convincono i risultati, comunque, a titolo informativo, secondo quanto essi scrivono, queste due persone erano due maghi egizi che si opposero a Mosè. Questo sarebbe scritto in un libro non canonico (Haggadah, che “forma la parte non legale del Talmud”). E si parla anche del resoconto dell’arcangelo Michele che disputò per il corpo di Mosè (in Giuda); farebbe riferimento a quanto scritto in un libro apocrifo, il “libro di Enoch”. Non mi spiego perchè Paolo e Giuda abbiano attinto a quelle tradizioni, comunque non avendo risposte su questo argomento potresti consigliarmi come dovrei rispondere se qualche cattolico mi dovesse presentare questa domanda?
Risposta
Ascolta, innanzi tutto scusa per non averti risposto subito su Jannè e Jambrè, me ne sono proprio dimenticato!! Comunque la risposta che ti avrei dato su questi due personaggi è quella che hai trovato con la tua ricerca. Si tratta di due maghi egizi che contrastarono a Mosè e di cui parla la tradizione ebraica. Il fatto però che Paolo li citi non può in nessuna maniera giustificare o legittimare la tradizione della chiesa papista perchè? Semplice, perché Paolo non li cita per introdurre una pratica o una dottrina contraria al sano insegnamento della Scrittura (come invece la Chiesa cattolica romana fa spesso con la tradizione ‘cristiana’ per annullare la Parola di Dio) ma solo per fare un paragone tra questi due antichi contrastatori della verità e coloro che contrastavano la verità ai suoi giorni infatti Paolo dice: “E come Jannè e Iambrè contrastarono a Mosè, così anche costoro contrastano alla verità: uomini corrotti di mente, riprovati quanto alla fede. Ma non andranno più oltre, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti, come fu quella di quegli uomini” (2 Timoteo 3:8-9). In altre parole Paolo li cita per fare un esempio di uomini antichi che contrastarono alla Parola di Dio. Ricordati che Paolo era un Ebreo secondo la carne, e precisamente un Fariseo, e queste cose le conosceva perchè lui conosceva la tradizione dei padri. Tradizione ebraica però che ti ricordo conteneva (e contiene tuttora) molti precetti d’uomini ed anche storie che voltano le spalle alla verità. Gesù infatti riprese gli scribi e i Farisei proprio perchè a cagione della loro tradizione avevano annullato la Parola di Dio, ecco quello che egli disse loro: “Voi, lasciato il comandamento di Dio, state attaccati alla tradizione degli uomini. E diceva loro ancora: Come ben sapete annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra! Mosè infatti ha detto: Onora tuo padre e tua madre; e: Chi maledice padre o madre sia punito di morte; voi, invece, se uno dice a suo padre od a sua madre: Quello con cui potrei assisterti è Corban, (vale a dire, offerta a Dio), non gli permettete più di far cosa alcuna a pro di suo padre o di sua madre; annullando così la parola di Dio con la tradizione che voi vi siete tramandata. E di cose consimili ne fate tante!” (Marco 7:8-13) Quindi, attenzione alla tradizione, non importa se è quella ebraica o quella cattolica romana. A proposito di quest’ultima, io ho ampiamente dimostrato nel mio libro confutatorio sulla Chiesa Cattolica Romana che la tradizione della chiesa cattolica romana annulla in molte parti la Sacra Scrittura per cui non si può mettere sullo stesso livello della Scrittura come invece la chiesa cattolica romana vorrebbe che noi facessimo. Certo, non tutto quello che la tradizione cattolica romana dice è sbagliato, io ho letto tanto degli scritti dei cosiddetti padri della Chiesa e posso dire che diverse cose che insegnavano erano giuste, ma occorre stare molto attenti perchè spesso in mezzo alla verità ci sono delle menzogne e delle superstizioni. La stessa cosa ti posso dire per la tradizione ebraica,
ho letto sia parti dell’Haggadah che dell’Halakah (la parte legislativa della tradizione) e ti posso dire che ci sono dei precetti e delle storie che confermano la legge e i profeti ma anche tante storie e tanti precetti che l’annullano, cioè contrastano sia la legge che i profeti. Favole giudaiche ce ne sono tante, veramente tante. Precetti umani che annullano la Parola di Dio altrettanto. Ci sono però anche delle parabole o dei precetti che confermano sia la legge che i profeti. Quindi, quando si legge la tradizione ebraica o cattolica romana che sia, l’atteggiamento da tenere è questo, mai pensare che essa sia di origine divina, ma comunque se ci sono delle notizie utili che confermano la Parola di Dio, si possono pure accettare. Ma a livello informativo e basta, come fa l’apostolo Paolo con Jannè e Jambrè. La storia della contesa dell’arcangelo Michele con Satana circa il corpo di Mosè è scritta in un libro apocrifo che non è ispirato, ma se Giuda lo ha citato vuole dire che esso è un racconto fedele e non una favola. E la stessa cosa vale per altri libri apocrifi, non sono ispirati, è vero, ma possono esserci notizie storiche utili o racconti utili che anche se non furono scritti da uomini ispirati da Dio possono essere ugualmente veri (vedi per esempio i libri dei Maccabei dove vengono raccontate le lotte dei Maccabei contro Antioco Epifane e altri fatti storici). Quindi, fratello, quando si parla della tradizione, non importa se è quella ebraica o quella cattolica romana, bisogna tenere presente queste cose che ti ho detto.
Non ti preoccupare, se nel Nuovo Testamento sono presenti queste cose: tu rimani attaccato alla fedele Parola di Dio così come è scritta e ne avrai sempre del bene.
A proposito, dato che sto parlando di queste cose, ricordati che Paolo in una sua predicazione tenuta ad Atene ha citato persino un poeta greco per confermare la Parola di Dio ecco le sue parole: “Difatti, in lui viviamo, ci moviamo, e siamo, come anche alcuni de’ vostri poeti han detto: ‘Poiché siamo anche sua progenie’. Essendo dunque progenie di Dio, non dobbiam credere che la Divinità sia simile ad oro, ad argento, o a pietra scolpiti dall’arte e dall’immaginazione umana” (Atti 17:28-29). Lo vedi? Paolo cita dei poeti pagani antichi; lui conosceva quella citazione poetica e considerandola conforme a verità la citò in quella circostanza in cui lo ascoltavano dei greci, e in quel suo discorso, per confermare che noi siamo progenie di Dio.
Ma questo non significa che Paolo accettava tutto quello che dicevano gli antichi poeti greci, è ovvio questo. E’ come, insomma, se io in un mio discorso citassi un passo della cosiddetta Divina Commedia per confermare un qualche cosa di vero; non per questo ciò significherebbe che io accetto tutto quello che scrisse Dante Alighieri!! So bene che quel poeta credeva nel purgatorio e in tante altre menzogne.
Spero che tu abbia capito come rispondere a coloro che cercheranno di farti passare TUTTA la loro tradizione per vera solo perchè in essa ci sono o ci possono essere dei discorsi o dei racconti veraci.
21. Fratello Giacinto, pace. Stavo leggendo uno studio sull’epistola di Giacomo, e mi ha interessato l’interpretazione che veniva data sul versetto di Giacomo 4:5 ….
21. Fratello Giacinto, pace. Stavo leggendo uno studio sull’epistola di Giacomo, e mi ha interessato l’interpretazione che veniva data sul versetto di Giacomo 4:5. Ho sempre preso questo verso per buono, così come lo leggo nella Nuova Riveduta, Luzzi, e Nuova Diodati, ossia con “Spirito” inteso come Spirito di Dio. Invece l’autore dello studio ne dà l’interpretazione come “spirito” inteso come spirito dell’uomo. Quindi, anziché santa gelosia da parte dello Spirito di Dio, gelosia da parte dello spirito dell’uomo (in senso di carnalità, desiderio di camminare secondo il proprio spirito). L’autore cita anche il verso tradotto letteralmente dall’originale greco, che sono andato a controllare, ed effettivamente si parla di uno “spirito” (pneuma) senza riferirsi specificamente a Dio o all’uomo, e dice “lo spirito che è abitato in noi”, non “lo Spirito che Dio ha fatto abitare in noi”. Non convinto, ho preso la Riveduta e ho letto il versetto: porta Spirito con la S maiuscola. Ma le note al versetto citano Gen. 6:5, 8:21; Prov. 12:10, che mi sembrano propendere per l’interpretazione dello spirito dell’uomo. Ho controllato nel commentario di Matthew Henry, e lì “spirito” è con la minuscola, e la spiegazione è senza mezzi termini che si tratta dello spirito dell’uomo e della sua voglia di camminare per la carne. Contrariamente a quanto pensavo all’inizio, tutte le indicazioni sembrano portare in questa direzione. Tu cosa ne pensi?
Risposta
Io penso che lo spirito di cui parla Giacomo sia lo Spirito di Dio che Dio ha mandato nei nostri cuori, ma non perchè nella Riveduta spirito è con la ‘s’ maiuscola (anche nella New King James Version – la Nuova Versione di Re Giacomo, che considero una buona revisione della famosa King James Version lo spirito è con la s maiuscola) ma perchè è il contesto che mi fa propendere nettamente verso questa interpretazione. Se tu infatti leggi attentamente le parole che Giacomo dice poco prima vedrai che è come ti dico io.
Nota bene, prima Giacomo rimprovera i credenti chiamandoli ‘gente adultera’ (Giac. 4:4) e dicendogli che l’amicizia del mondo è inimicizia contro Dio, e poi a conferma di ciò dice che non è invano che la Scrittura dica che lo Spirito (in greco ‘pneuma’ che bada bene è la stessa parola che è usata in riferimento allo spirito dell’uomo) che egli ha fatto abitare in noi (o che abita in noi) ci brama fino alla gelosia. Dunque, il fatto che poco prima di quelle parole Giacomo abbia fatto chiaramente capire ai credenti che essi hanno compiuto adulterio spirituale con il mondo cominciando ad amare le sue concupiscenze, mi fa pensare senza ombra di dubbio che lo spirito che ci brama fino alla gelosia è lo Spirito di Dio. Io so che Dio Padre è geloso e si chiama ‘il Geloso’ (Esodo 20:5) perchè è geloso di noi infatti ci vuole interamente consacrati a lui per cui anche il suo Spirito è geloso e ci brama fino alla gelosia. Ecco perchè ‘lo spirito’ di cui parla Giacomo è lo Spirito di Dio.
Spero che tu abbia chiaro il concetto che ti ho esposto. Attenzione alle note che ci sono nelle Bibbie, perchè alcune sono fuorvianti, purtroppo. Nella Diodati che ho io, la nota di riferimento manda a Proverbi 21:10 ma con un punto di domanda, quindi senza la certezza che sia quello il passo della Scrittura a cui Giacomo si riferisce.
22. Una domanda riguardo al fatto che la donna non deve lavorare ….
22. Una domanda riguardo al fatto che la donna non deve lavorare, perché l´ho letto anche nel sito; però in Proverbi 31:10-27 viene menzionata una donna che lavora e che veste lino finissimo. Vorrei se possibile un chiarimento su questo.
Risposta
Nel mio scritto ‘una parola d’esortazione alle donne’ quando parlo di questo argomento ne parlo in relazione alla voglia di emanciparsi di molte donne e della voglia di molte mogli di andare a lavorare non per bisogno ma solo per rendersi indipendenti dal proprio marito, quindi per orgoglio. Certamente la propria moglie deve essere data ai lavori domestici e far sì che sia il marito a sostenere la propria famiglia, certo però che se la donna rimane vedova ed ha bisogno di sostenere i propri figli o magari la propria madre, allora non c’è niente di strano che lavori in un azienda etc., sempre comunque che sia un lavoro onesto che si addice ad un cristiano. La donna virtuosa e forte dei Proverbi è una donna che lavora sodo per la propria famiglia ma nell’ambito della propria famiglia, e poi è una donna che teme Dio, certamente non assomiglia a quelle mogli così orgogliose ed ‘emancipate’ di oggi. Per ciò che riguarda la tua osservazione sulle vesti di lino finissimo, dato che la cosa concerne l’adornamento della donna, ricordati che per ciò che riguarda l’adornamento delle donne occorre attenersi alle parole degli apostoli secondo cui la donna non si deve adornare di vesti sontuose, quindi qualsiasi veste sontuosa deve essere evitata da una figliuola di Dio. Quindi quando tu vedi che una veste è sontuosa allora devi capire che non si addice ad una donna che fa professione di pietà. Spero che le cose ti siano chiare.
23. Fratello Giacinto, pace. Volevo chiederti un chiarimento su dei versetti: quando nella Parola si parla dell’abito da nozze (Matteo 22:12) ho imparato che ci si riferisce alla giustizia di Cristo imputata per fede al credente. Mi chiedevo però se il verso di Apocalisse 19:8, dove si parla di abiti di lino fino, che sono opere giuste, è ricollegabile a questo. Oppure se sono due versi complementari ma che riguardano aspetti diversi dell’abito della Sposa. Grazie.
E’ la seconda la risposta, ricordati infatti che noi credenti abbiamo la giustizia di Dio mediante la fede in Cristo (mediante la quale siamo stati giustificati e riconciliati con Dio), ma anche una giusti-zia nostra (cf. Matteo 5:20 – se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei voi non entrerete punto nel regno dei cieli) che è costituita dalle opere giuste che sono la conseguenza della nostra fede o meglio i nostri frutti che confermano la nostra professione di fede. Spesso nelle Scritture si parla di opere buone in relazione alla fede, d’altronde noi siamo stati riscattati da Cristo per essere zelanti nelle opere buone, per cui non ci si deve sorprendere di tutto ciò.
24. Caro Giacinto ti scrivo per chiederti brevemente che cosa voleva dire Gesù quando diceva che la lampada del corpo è l’occhio e se il tuo occhio è puro è puro tutto il tuo corpo. Cosa intendeva dire con questo esempio?
Gesù con quelle parole ha voluto dire che se noi ci mettiamo a guardare delle cose indecenti (riviste pornografiche, o film pornografici, od anche scene sensuali dal vivo, etc.) per certo il nostro corpo si corromperà e contaminerà e ci spingerà a peccare. L’occhio in questo caso si vizia e il corpo va nelle tenebre. Nella sostanza l’occhio trascina tutto il corpo nelle tenebre, appunto perché ne è la lampada e se si spegne è evidente che il corpo non può più essere nella luce bensì nelle tenebre. Al fine dunque di mantenere questa lampada accesa e di conseguenza il nostro corpo illuminato è indispensabile evitare di mettersi a guardare ciò che la nostra coscienza ci dice chiaramente che è peccato guardare perchè ci contamina.
25. …. loro obbiettano che nell’elenco mancano 2 tribù e questo significa, sempre per loro, che si sta parlando d’Israele spirituale e non in senso letterale. La domanda, dove sono le altre due tribù?
25. Ti ho scritto perchè ho letto la tua confutazione per quanto riguarda i Testimoni di Geova. Adesso ci troviamo ad Afragola (NA) in questa piccola cittadina ci sono 5 congregazioni e quindi ho avuto modo di parlare con diversi di loro. Ho letto molto intorno alla loro organizzazione e alla loro dottrina. Una domanda che mi è stata rivolta e alla quale non sono riuscito a dare una risposta appropriata è riguardo ai 144.000. In Apocalisse 7 si parla di questi che sono stati segnati e si parla che son di tutte le tribù dei figliuoli d’Israele, chiaro che per me questi sono Israeliti veri, ma loro obbiettano che nell’elenco mancano 2 tribù e questo significa, sempre per loro, che si sta parlando d’Israele spirituale e non in senso letterale. La domanda dove sono le altre due tribù?
Risposta
La mia risposta è che non so per quale ragione manchi Dan; il nome di Efraim invece manca perchè è sottinteso in Giuseppe (perchè come tu sai Efraim era uno dei figli di Giuseppe). Comunque, non ti preoccupare, d’altronde come tu sai esistono delle cose occulte che appartengono a Dio, che comunque un giorno conosceremo. Stai molto attento, perchè i testimoni di Geova sono molto furbi.
26. Parlando con un fratello, lui ha sollevato un interrogativo sull’anima e lo spirito: si chiedeva come mai si parla dello spirito dell’uomo solo in qualche libro dell’AT e nel NT, mentre nel verso di Genesi è scritto solo che Dio fece l’uomo come ‘anima vivente’ …..
26. Parlando con un fratello, lui ha sollevato un interrogativo sull’anima e lo spirito: si chiedeva come mai si parla dello spirito dell’uomo solo in qualche libro dell’AT e nel NT, mentre nel verso di Genesi è scritto solo che Dio fece l’uomo come “anima vivente”. Lui, pur avendo tanti anni di fede alle spalle, sosteneva che forse lo spirito è un’astrazione elaborata dagli uomini, poiché nella Genesi trova solo che Dio creò l’anima dell’uomo, ma non parla dello spirito. …..lui vorrebbe una prova scritturale del fatto che fin dall’inizio Dio diede all’uomo anima e spirito, mentre invece trova solo che all’inizio si parla di anima, e solo più tardi si fa riferimento allo spirito.
Risposta
Nel libro della Genesi ci sono due chiari riferimenti allo spirito dell’uomo che sono i seguenti: “La mattina, lo spirito di Faraone fu conturbato; ed egli mandò a chiamare tutti i magi e tutti i savi d’Egitto, e raccontò loro i suoi sogni; ma non ci fu alcuno che li potesse interpretare a Faraone” (Gen. 41:8), ed ancora: ‘Essi gli ripeterono tutte le parole che Giuseppe avea dette loro; ed egli vide i carri che Giuseppe avea mandato per condurlo via; allora lo spirito di Giacobbe loro padre si ravvivò” (Gen. 45:27). Dunque, l’uomo sin dall’inizio era dotato di uno spirito che secondo la Scrittura alla morte torna a Dio che l’ha dato (cfr. Eccl. 12:9). Anche per quanto riguarda l’esistenza dell’anima nel corpo umano ci sono dei chiari riferimenti nella Genesi di cui quello che a me pare il più significativo è il seguente: “E Giacobbe chiamò Bethel il luogo dove Dio gli avea parlato. Poi partirono da Bethel; e c’era ancora qualche distanza per arrivare ad Efrata, quando Rachele partorì. Essa ebbe un duro parto; e mentre penava a partorire, la levatrice le disse: ‘Non temere, perché eccoti un altro figliuolo’. E com’ella stava per render l’anima (perché morì), pose nome al bimbo Ben-Oni; ma il padre lo chiamò Beniamino. E Rachele morì, e fu sepolta sulla via di Efrata; cioè di Bethlehem” (Gen. 35:15-19). Come puoi vedere Rachele rese la sua anima quando morì.
Per cui l’essere umano sin dalla Genesi oltre ad avere un corpo fatto di carne e ossa destinato a tornare nella polvere da cui è stato tratto, aveva anche sia un anima che uno spirito. Dunque, sulla costituzione tripartitica dell’essere umano, già nella Genesi troviamo ampia conferma. Spero che questo fratello rimanga persuaso.
27. Recentemente ho sentito un sermone di un pastore che indicava che il significato di charis è fascino, e non grazia come lo traducono le lingue latine.
Ti torna ciò?
Per quanto riguarda il significato della parola greca ‘charis’ nel Dizionario greco del Nuovo Testamento (presente nella famosa Strong’s Exaustive Concordance of the Bible, New York 1973) alla parola greca CHARIS si trova scritto quanto segue: ‘Graciousness (as gratifying), of manner or act (abstr. or concr.; lit., fig. or spiritual; espec. the divine influence upon the heart, and its reflection in the life; including gratitude): – acceptable, benefit, favour, gift, grace (-ious), joy, liberality, pleasure, thank (-s, -worthy). Come puoi vedere tra tutti i significati manca quello di fascino che in inglese si dice ‘charm’ o ‘fascination’. Quindi hanno fatto bene i traduttori del Nuovo Testamento a tradurre ‘charis’ con grazia.
28. . …. un fratello mi ha dato un cd rom con alcuni testi, e in mezzo a quelli c’era la Didachè. Non avevo mai sentito parlare di questo testo, gli ho dato uno sguardo e sembra richiamare da vicino le parole del Nuovo Testamento. Ho letto che alcuni dicono che fu scritto dagli Apostoli nel 50 d.C., mentre altri dicono che sia un falso che fu creato partendo da due documenti non cristiani, e infarcito di parole copiate dalla Bibbia per farlo passare come cristiano. Tu sai dirmi qualcosa in proposito?
Fratello, ho letto la Didachè e posso dirti che non è opera degli apostoli del Signore perché in essa ci sono delle cose non conformi a verità.
La Didachè dice: ‘Non odierai alcun uomo, ma riprenderai gli uni; per altri, invece, pregherai; altri li amerai più dell’anima tua’ (II,7). Dove mai nella Scrittura è scritto che bisogna amare il prossimo più di noi stessi? Essa dice: “amerai il prossimo tuo come te stesso’ (Lev. 19:18) e non ‘più di te stesso’.
La Didachè dice: ‘Se grazie al lavoro delle tue mani possiedi (qualche cosa), donerai in espiazione dei tuoi peccati’ (IV, 6). Fare l’elemosina per compiere l’espiazione dei propri peccati è una eresia perché la propiziazione dei nostri peccati è Cristo, e quindi non ci sono opere buone che noi possiamo fare per espiare i nostri peccati. I nostri peccati li ha espiati Cristo con il suo sacrificio, e quindi se noi Cristiani pecchiamo, abbiamo fiducia che pentendoci da essi e confessandoli al Signore otterremo la loro remissione in virtù del suo sacrificio espiatorio compiuto una volta per sempre appunto per espiare i nostri peccati. E’ il sangue di Cristo che ci purifica da ogni peccato, quindi è mediante la fede nel suo sangue che noi possiamo ottenere la remissione dei nostri peccati. Elemosine, digiuni, e quant’altro, non possono in nessuna maniera cancellare i nostri debiti.
La Didachè dice a proposito del battesimo: ‘Riguardo al battesimo, battezzate così: avendo in precedenza esposto tutti questi precetti, battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in acqua viva. Se non hai acqua viva, battezza in altra acqua; se non puoi nella fredda, battezza nella calda. Se poi ti mancano entrambe, versa sul capo tre volte l’acqua in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E prima del battesimo digiunino il battezzante, il battezzando e, se possono, alcuni altri. Prescriverai però che il battezzando digiuni sin da uno o due giorni prima’ (VII, 1-4). Il battesimo deve essere ministrato per immersione, questa è l’unica maniera in cui vanno battezzati gli uomini. Quindi non è lecito battezzarli buttandogli sulla testa un po’ d’acqua non importa se una, due o tre volte o mille volte. E poi, la Scrittura non insegna affatto che chi si deve fare battezzare e chi lo deve battezzare devono digiunare prima del battesimo. L’eunuco e Filippo non digiunarono, ma Filippo lo battezzò subito. Paolo e il carceriere di Filippi non digiunarono, ma Paolo lo battezzò subito. La stessa cosa dicasi per Cornelio e quelli di casa sua e quelli che li battezzarono per ordine di Pietro.
La Didachè dice: “Ogni apostolo che venga presso di voi sia accolto come il Signore. Però dovrà trattenersi un giorno solo; se ve ne fosse bisogno anche un secondo; ma se si fermasse tre giorni, egli è un falso profeta’ (XI, 4). Stando dunque così le cose, in base a ciò che dice la Didachè dovremmo dire che Paolo era un falso profeta perché la Scrittura dice che egli dimorò in casa dell’evangelista Filippo per molti giorni (Atti 21:10) e stette a casa di Pietro quindici giorni (Gal. 1:18). Ma ti rendi conto quanto sia falsa questa dichiarazione della Didachè?
La Didachè dice che i profeti sono i nostri ‘Sommi Sacerdoti’ (XIII, 3). Ciò non è vero, perché noi abbiamo un solo Sommo Sacerdote che è Cristo Gesù; i profeti sono solo dei ministri di Dio preposti a fare i profeti.
La Didachè dice: “Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati, affinché il vostro sacrificio sia puro’ (XIV, 1). Cosa si intende per sacrificio? La Cena del Signore? Pare proprio di sì infatti viene citato a conferma lo stesso passo di Malachia (XIV, 3) che prendono i preti tuttora per sostenere che la messa è l’oblazione di cui parla il profeta Malachia (2:11). Siamo dinnanzi all’eresia papista che fa passare la cena del Signore per la ripetizione del sacrificio di Cristo.
Potrei citarti altre falsità insegnate dalla Didachè, ma mi fermo qui, credo di averti dimostrato che questo documento è un falso attribuito agli apostoli. Eppure, ci sono credenti che lo prendono come autentico e lo citano a sostegno di alcune loro false dottrine. Mi è capitato personalmente questa cosa, quindi stai attento fratello. Sii avveduto.
29. Caro fratello Butindaro, ….. Volevo farti una domanda, visto che sai tutto sulla Bibbia. Sono sorte delle discussioni tra amici su Marco 5:2-13: SE GLI EBREI NON SOLO NON MANGIAVANO CARNE DI MAIALE, ma non potevano neppure toccarla, come si spiega che fossero presenti dei branchi di maiali così numerosi? Marco parla di DUEMILA MAIALI (non cinghiali). Grazie, se puoi darmi una risposta da teologo che conosce la Sacra Scrittura.
Innanzi tutto voglio dirti che io non so tutto sulla Bibbia perché anch’io conosco in parte. Ma vengo subito alla tua domanda. Il fatto che ci fossero delle persone che pascolassero un branco di porci sul territorio di Israele si spiega in questa maniera. Anche anticamente, precisamente ai giorni di Gesù, in Israele c’erano dei Giudei che allevavano maiali e ne mangiavano la carne, o che allevavano maiali per venderne la carne ai Gentili. Perché ho detto ‘anche anticamente’? Perché tuttora in Israele ci sono dei Giudei a cui non importa proprio niente se la Legge di Mosè dice di non toccare i maiali e di non mangiarne la carne infatti la trasgrediscono allevando maiali e mangiandone pure la carne. Sì Giudei, proprio Giudei. E questa cosa naturalmente fa indignare non poco quei Giudei osservanti che detestano la carne di maiale, mi riferisco in particolare modo agli Ebrei ortodossi che sono quegli Ebrei che più di altri sono attaccati alla legge e alla tradizione ebraica. Vedi, quando si parla degli Ebrei dei giorni di Gesù che vivevano in Israele non bisogna pensare che tutti si attenevano alla legge di Mosè astenendosi dalle cose vietate dalla legge. C’erano infatti Ebrei che rubavano, uccidevano, truffavano, commettevano adulterio, amavano il denaro, trasgredivano il sabato, e così via, come anche c’erano Ebrei omosessuali, e donne Ebree che si prostituivano e così via. E bada bene che la stessa cosa va detta degli Ebrei di oggi. Pensa che oggi ci sono persino degli Ebrei che non credono nell’esistenza di Dio ed Ebrei che dicono che Dio è morto; e altri ancora che non considerano la legge di Mosè come Parola ispirata da Dio, ti dico questo per farti capire che non tutti gli Ebrei si sforzano di attenersi alla legge. Quindi non ci si deve meravigliare se sul territorio d’Israele ci fossero anche Ebrei che allevavano maiali. Alcuni sostengono che quelli che allevavano quei maiali fossero Gentili e quindi non Ebrei, non mi sento di escluderlo, ma comunque nel caso fossero Gentili il mio discorso non cambia perché sono pienamente convinto che anche ai giorni di Gesù tra quegli Ebrei che si erano gettati la legge alle loro spalle c’erano pure quelli che allevavano maiali o mangiavano la carne di maiale.
30. Nel N.T. è scritto che persino i vestiti e l’ombra degli apostoli guarivano le persone, e ci viene detto di “odiare anche le vesti contaminate dal peccato”; questi passaggi sembrano quasi suggerire che il peccato o la santità si “attaccano” alle vesti, forse è da qui che è venuto fuori il culto delle reliquie? Mi chiedevo il motivo di questi passaggi (penso che oggi nelle nostre comunità nessuno metterebbe in pratica queste cose).
Ascolta, le parole di Giuda “degli altri abbiate pietà mista a timore, odiando perfino la veste macchiata dalla carne” (Giuda 23) vogliono dire che noi di alcuni dobbiamo avere misericordia ma questa misericordia deve essere accompagnata dal timore quindi dall’odio verso il male, perché “il timore dell’Eterno è odiare il male” (Proverbi 8:13), e dobbiamo arrivare ad odiare qualsiasi contaminazione della carne. La veste di cui parla Giuda è la veste spirituale che noi abbiamo ricevuto da Cristo e che noi dobbiamo studiarci di conservare pulita secondo che è scritto: “Siano le tue vesti bianche in ogni tempo” (Ecclesiaste 9:8). Per cui non dobbiamo accettare che questa veste sia macchiata o contaminata dalle concupiscenze carnali che guerreggiano contro l’anima nostra. Io ho inteso così queste parole scritte da Giuda.
31. Pace fratello, vorrei chiederti un chiarimento: i versetti di Matteo 7:24-27 sono tra i più conosciuti nella Chiesa, ma io mi pongo un quesito, e precisamente, cosa si intende per CASA? Grazie per la disponibilità.
Sorella nel Signore, per capire bene le parole di Gesù sull’uomo avveduto e sull’uomo stolto occorre leggere quello che lui disse poco prima cioè queste parole: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno de’ cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è ne’ cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiam noi profetizzato in nome tuo, e in nome tuo cacciato demonî, e fatte in nome tuo molte opere potenti? E allora dichiarerò loro: Io non vi conobbi mai; dipartitevi da me, voi tutti operatori d’iniquità” (Matt. 7:21-23), e questo perché in quelle parole, Gesù spiegò che non tutti quelli che dicono ‘Signore, Signore’ entreranno nel regno dei cieli perché alcuni di coloro che lo chiamano Signore non fanno ciò che egli dice, ossia ascoltano la sua Parola ma non l’osservano, il che equivale a non fare la volontà di Dio. Che fine faranno tutti costoro che hanno rifiutato di mettere in pratica la Parola di Dio? Saranno respinti dalla presenza del Signore perché considerati degli operatori d’iniquità. Quindi la via che costoro battono mena alla rovina, una grande rovina perché se ne andranno in perdizione, nel fuoco eterno per esservi tormentati per l’eternità. E a questo punto, Gesù, per spiegare la differenza tra chi fa la volontà del Padre suo e chi non fa la volontà del Padre suo, ossia tra chi ascolta le sue parole e le mette in pratica e chi le ascolta e non le mette in pratica, usa due similitudini. La prima è quella dell’uomo avveduto o saggio che rappresenta chi ascolta e pratica la Parola di Dio; quest’uomo savio manifesta la sua saggezza costruendo la sua casa sopra la roccia quindi sopra un fondamento solido, saggezza che impedirà che la sua casa quando cadrà la pioggia e quando il vento soffierà contro di essa e quando i torrenti la investiranno, cada e perciò che tutta la sua fatica risulti vana e che la sua vita stessa sia messa in pericolo perché in quella casa egli evidentemente vi abiterà. La seconda è quella dell’uomo stolto che invece è quello che ascolta le parole di Gesù ma non le osserva, e manifesta la sua follia o stoltezza mettendosi a costruire la sua casa sopra la sabbia, quindi sopra un fondamento fragilissimo che non sarà in grado di reggere quando cadrà la pioggia, quando soffieranno i venti e i torrenti investiranno la casa, e perciò farà crollare la casa, quindi la fine di questa casa sarà la rovina.
Gesù quindi con queste due similitudini ha voluto rappresentare la saggezza e la stoltezza, facendo chiaramente capire che chi ascolta le sue parole e le mette in pratica non ha nulla da temere a proposito del suo futuro perché entrerà nel regno dei cieli, egli dimorerà in eterno nella gloria, mentre chi le sue parole se le getta alle spalle andrà incontro alla rovina, alla perdizione eterna. Io quindi non mi preoccuperei di cosa si intende per CASA come non mi preoccuperei di cosa si intende per pioggia, torrenti e venti, o per roccia o per rena del mare, perché è chiaro che se bisogna dare un significato alla casa, bisogna dare un significato anche alle altre cose menzionate da Gesù Cristo.
Quello su cui bisogna mettere enfasi è la saggezza del primo uomo e la stoltezza del secondo, e la sorte diversa che aspetta l’uno e l’altro. So perfettamente che molti pastori nel caso dell’uomo avveduto per CASA intendono la propria vita, e per roccia la Parola di Dio, ma so anche che per pioggia, vento e torrenti, essi intendono i problemi della vita o le distrette da affrontare, e nel caso dell’uomo stolto per sabbia intendono le filosofie umane o le varie religioni. Il fatto è però che Gesù con queste due similitudini non ha voluto spiegare la maniera differente di affrontare la vita, i suoi problemi, e le varie distrette in cui ci si trova, che c’è tra il savio e lo stolto, ma la fine a cui mena la via del savio e quella dello stolto, ripeto infatti che Gesù ha usato queste similitudini per indicare che mentre il savio entrerà nel regno dei cieli perché fa la volontà di Dio, lo stolto non v’entrerà ma se ne andrà in perdizione perchè il suo cuore stolto lo ha ingannato facendogli credere che sarebbe entrato nel Regno dei cieli anche senza mettere in pratica la Parola del Signore. Quel “perciò” del versetto 24 che viene immediatamente dopo la frase che il Signore dirà in quel giorno agli operatori d’iniquità che reclameranno davanti al Signore di avere profetizzato in nome suo, di avere cacciato molti demoni e di avere fatto molte opere potenti nel nome suo, STA LI’ a dimostrarlo in maniera evidente.
32. Che cosa significa: “Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”?
Per capire il significato di queste parole dette da Gesù ai suoi discepoli è necessario vedere in che circostanza egli le proferì. Nel Vangelo scritto da Matteo leggiamo: “Allora Gesù venne con loro in un podere detto Getsemani, e disse ai discepoli: Sedete qui finché io sia andato là ed abbia orato. E presi seco Pietro e i due figliuoli di Zebedeo, cominciò ad esser contristato ed angosciato. Allora disse loro: L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate meco. E andato un poco innanzi, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi. Poi venne a’ discepoli, e li trovò che dormivano, e disse a Pietro: Così, non siete stati capaci di vegliar meco un’ora sola? Vegliate ed orate, affinché non cadiate in tentazione; ben è lo spirito pronto, ma la carne è debole” (Matt. 26:36-41).
Come puoi quindi vedere, Gesù aveva ordinato ai suoi discepoli di vegliare assieme a lui ed era andato a pregare, ma dopo un ora era tornato e li aveva trovati che dormivano. Quindi i discepoli del Signore in quella notte non furono capaci di vegliare neppure per un’ora. Fu allora che Gesù disse loro di vegliare e di pregare affinché non cadessero in tentazione e quindi nel peccato, cosa questa molto facile che avvenga perché la nostra carne è debole, ossia la nostra natura umana è fragile, facilmente si lascia trascinare al peccato, a differenza dello spirito che invece ha un’altra attitudine perché è pronto a fare ciò che Dio ordina di fare. La maniera quindi in cui noi possiamo sovvenire alla debolezza della carne e non cadere in tentazione è quella di vegliare e pregare.
33. Mi spieghi Ebrei 7:4-10?
Il testo dice: “Or considerate quanto grande fosse colui al quale Abramo, il patriarca, dette la decima del meglio della preda. Or quelli d’infra i figliuoli di Levi che ricevono il sacerdozio, hanno bensì ordine, secondo la legge, di prender le decime dal popolo, cioè dai loro fratelli, benché questi siano usciti dai lombi d’Abramo; quello, invece, che non è della loro stirpe, prese la decima da Abramo e benedisse colui che avea le promesse! Ora, senza contraddizione, l’inferiore è benedetto dal superiore; e poi, qui, quelli che prendon le decime son degli uomini mortali; ma là le prende uno di cui si attesta che vive. E, per così dire, nella persona d’Abramo, Levi stesso, che prende le decime, fu sottoposto alla decima; perch’egli era ancora ne’ lombi di suo padre, quando Melchisedec incontrò Abramo” (Ebr. 7:4-10).
Ora, lo scrittore agli Ebrei scrisse queste parole dopo avere detto più volte che Gesù Cristo è stato costituito da Dio sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec e dopo avere detto che questo Melchisedec che era sacerdote di Dio e re della città di Salem benedisse Abramo e ricevette da Abramo la decima del meglio della preda al suo ritorno dalla sconfitta dei re.
Con queste parole quindi lo scrittore vuole spiegare che Melchisedec è superiore ad Aaronne perché nella persona di Abramo, Levi che al tempo di Abramo era nei lombi di Abramo e che secondo la legge era incaricato di ricevere dal popolo le decime, fu lui stesso sottoposto alla decima, perché la dette a Melchisedec.
Ma perché lo scrittore ha voluto sottolineare la superiorità di Melchisedec su Aaronne? Per fare capire a noi credenti che il sommo sacerdote della nostra professione di fede, cioè Gesù Cristo, essendo secondo l’ordine di Melchisedec, è di un ordine superiore a quello dei sommi sacerdoti dell’Antico Patto che erano secondo l’ordine di Aaronne i quali Dio aveva stabilito a pro degli uomini nelle cose concernenti Dio affinché offrissero doni e sacrifici per i peccati. Questa spiegazione ovviamente aveva lo scopo nei confronti di quei credenti che erano Ebrei di nascita di distoglierli dal proposito di tornare ai vecchi sacrifici dell’Antico Patto, ossia di tornare ad appoggiarsi sulla mediazione dei sommi sacerdoti dell’Antico Patto. Infatti era proprio questo il problema, quei credenti erano tentati di tornare ai sacrifici espiatori dell’Antico Patto, cosa che avrebbe equivalso a calpestare il Figlio di Dio e a profanare il sangue del patto con il quale erano stati santificati e a crocifiggere di nuovo il Figliuol di Dio. E allora con parole persuasive di sapienza divina, lo scrittore spiega loro come Gesù Cristo, il sommo sacerdote della nostra professione di fede, è superiore ai sommi sacerdoti secondo l’ordine di Aaronne, perché di un ordine più eccellente. E poi spiega che Gesù Cristo ha un sacerdozio eterno perché egli non muore più, a differenza dei sacerdoti levitici che siccome a motivo della morte erano impediti di durare trasmettevano il loro sacerdozio ai loro figli; e poi spiega pure che Gesù è stato costituito sommo sacerdote con giuramento a differenza di quelli levitici che furono fatti sommi sacerdoti senza giuramento. E per rendere completa la sua spiegazione lo scrittore spiega come mentre i sacerdoti secondo l’ordine di Aaronne dovevano offrire dei sacrifici per i loro peccati e per quelli del popolo, e nonostante ciò il sangue di quei sacrifici non poteva togliere i peccati, Gesù Cristo ha offerto se stesso una volta per sempre per i nostri peccati e il suo sangue rende perfetto, quanto alla coscienza, colui che viene cosparso di esso, cioè cancella i peccati di colui che crede in Gesù Cristo.
34. Vorrei che mi spiegassi Romani 10:6-8
Il testo dice: “Ma la giustizia che vien dalla fede dice così: Non dire in cuor tuo: Chi salirà in cielo? (questo è un farne scendere Cristo) né: Chi scenderà nell’abisso? (questo è un far risalire Cristo d’infra i morti). Ma che dice ella? La parola è presso di te, nella tua bocca e nel tuo cuore; questa è la parola della fede che noi predichiamo” (Rom. 10:6-8).
Paolo sta spiegando la differenza che c’è tra la giustizia che viene dalla legge che dice: “L’uomo che farà quelle cose, vivrà per esse” (Rom. 10:5), e la giustizia che viene dalla fede che si ottiene mediante la fede in Cristo perché “il termine della legge è Cristo, per esser giustizia ad ognuno che crede” (Rom. 10:4). Ora, che cosa dice la giustizia che viene dalla fede? Ella dice, non dire in cuore tuo: ‘Chi salirà in cielo?’, in altre parole non dire: ‘Chi salirà in cielo per farmi udire la Parola della fede?’ perché questo significherebbe farne scendere Cristo che invece è già sceso in terra e ci ha dato la parola della fede, e neppure: ‘Chi scenderà nell’abisso per farmi sentire la parola della fede?’ perché questo equivarrebbe a far risalire Cristo d’infra i morti cosa che invece è già accaduta e dopo la quale egli confermò ai suoi discepoli la parola della fede. Ma che dice allora la giustizia che viene dalla fede? Ella dice che la parola è presso di te, nella tua bocca e nel tuo cuore (e non in cielo o nell’abisso) perché questa è la parola della fede che noi predichiamo: “Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore, e avrai creduto col cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti col cuore si crede per ottener la giustizia e con la bocca si fa confessione per esser salvati” (Rom. 10:9-10). Quindi per ottenere la giustizia che viene dalla fede è sufficiente confessare con la bocca Gesù come Signore e credere con il cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti. Questa è la parola della fede, una parola da confessare con la bocca e da credere con il proprio cuore.
35. Gentilissimo Butindaro, lei afferma che la TNM è stata falsificata in Geremia 32:18 dove dice: “…il [vero] Dio, il Grande, il Potente, il cui nome è Geova…”. La Luzzi dice: “…tu sei l’Iddio grande, potente, il cui nome è l’Eterno…”. Che differenze ci sono in questo passo nelle diverse versioni da poter affermare che la TNM è falsificata? Io non vedo una così gran differenza e inoltre questa è la prima volta che vedo accusato questo passo di falsificazione. C’è una vera e propria differenza da poter cambiare il senso alla frase? Mi faccia sapere. Grazie.
La King James Version (Versione del re Giacomo) del 1611, che è la versione biblica in lingua inglese più famosa nel mondo e quella che è considerata ancora la migliore tra le versioni in lingua inglese, traduce così: “The Great, the Mighty God, the LORD of hosts, is his name” ossia ‘il suo nome è il Grande, il Dio Potente, il Signore degli Eserciti”.
La New International Version (Nuova Versione Internazionale) del 1983 traduce così: “O great and powerful God, whose name is the LORD Almighty ….” ossia “O grande e potente Dio, il cui nome è il Signore Onnipotente”.
La Diodati traduce così: “Iddio grande, potente, il cui Nome è ‘Il Signore degli eserciti’.
La Nuova Diodati traduce così: “Dio grande e potente, il cui nome è l’Eterno degli eserciti”.
La Nuova Riveduta ha: “Tu sei Dio grande, potente, il cui nome è: SIGNORE degli eserciti”.
Come puoi vedere da te stesso c’è una differenza con la traduzione del Nuovo Mondo perché in tutte le versioni da me prese si parla dell’Iddio Potente e non de ‘il Potente’ (anche se questo è lo stesso un nome con cui è chiamato Dio nella Scrittura (cfr. Giob. 34:17). E che questo lieve cambiamento è stato concepito con lo scopo di non fare abbinare l’Iddio potente di questo passo con l’Iddio potente del passo di Isaia che chiama il Figlio di Dio “Dio potente” (Is. 9:5; la Diodati ha ‘L’Iddio forte”) si evince anche dal fatto che poco prima la Traduzione del Nuovo Mondo mette tra parentesi ‘vero’ e questo per chi conosce la tattica dei Testimoni di Geova sta ad indicare la preoccupazione dei Testimoni di Geova che il lettore nel leggere quelle parole (anche se leggermente modificate) possa pensare che il Figliuolo sia Dio ossia il Potente Dio (o il Potente come hanno messo loro in quel caso).
Ma d’altronde, fratello, la falsificazione non è sempre sfacciata e manifesta nella Bibbia dei Testimoni di Geova, talvolta è fine, ma c’è. E’ un po’ come nel passo delle parole che Gesù disse al ladrone sulla croce (cfr. Luca 23:43), in effetti leggendole nella loro Bibbia uno pensa giustamente che Gesù non disse a quell’uomo che in quel giorno stesso egli sarebbe andato in paradiso con Gesù. Eppure che hanno fatto? Hanno cambiato solo la punteggiatura e la posizione della parola ‘Oggi’. Sì, è vero che nei manoscritti più antichi la punteggiatura non esisteva, ma è evidente – come ho ampiamente spiegato nel mio libro – che il significato di quelle parole e l’impostazione di quelle parole non possono essere quelle che gli hanno dato i traduttori della loro Bibbia. Quindi ATTENZIONE.
36. Volevo chiederle un chiarimento di indole abbastanza generale: chi e su quali basi ha deciso che i libri ispirati costituenti la Bibbia sono proprio quelli? La risposta ovvia è che nell’AT lo ha deciso il Popolo dell’Alleanza (senza precisare di più) e nel NT la Assemblea dei “santi”. Ma allora l’Assemblea è superiore alla Scrittura, visto che decide su di essa? A me la posizione della Chiesa Romana a riguardo sembra abbastanza logica e coerente, anche se non penso siate d’accordo.
Ascolta, io non penso affatto che la Chiesa quando proclamò nei primi secoli dopo Cristo quali libri dovessero comporre il canone si mostrò superiore ai Libri Sacri, e la ragione è perché la decisione che prese la Chiesa fu semplicemente quella di stilare la lista di quei libri che erano ispirati non includendo quindi nella lista tutti quei libri, scritti sia prima della venuta di Cristo che dopo, i quali non erano ispirati.
Per ciò che concerne il canone del Nuovo Testamento, c’erano diversi Vangeli apocrifi (attribuiti a Pietro, a Tommaso, a Mattia ed altri ancora), poi gli Atti di Andrea, di Giovanni e degli altri apostoli, tutti libri che era manifesto che non erano autentici perché contenevano cose assurde e false dottrine (cfr. Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, III, 25). E’ vero che per quanto riguarda il riconoscimento di alcuni libri sacri alcuni all’inizio li misero in discussione (vedi per esempio l’epistola di Giacomo, quella di Giuda, la seconda di Pietro e la seconda e la terza di Giovanni, come anche l’Apocalisse e la lettera agli Ebrei), ma alla fine si decise di includerli nel Canone perché i più riconobbero in essi dei libri ispirati.
Per quanto riguarda invece il canone dell’Antico Testamento si accettarono come ispirati solo quei libri che gli Ebrei avevano già accettato come tali, e furono esclusi tutti quei libri apocrifi dell’Antico Testamento che pure gli stessi Ebrei non avevano incluso nel loro canone biblico e che i Cristiani sin dall’inizio non riconobbero mai come Scrittura ossia come Parola di Dio. La Chiesa nel IV secolo (Concilio di Cartagine del 397 dopo Cristo) ne prese alcuni e li incluse nel canone sacro, questo avvenne sotto l’influenza di alcuni dei cosiddetti Padri della Chiesa che li consideravano canonici, tra cui c’era Agostino di Ippona. La stessa cosa farà purtroppo la Chiesa Cattolica Romana in seguito nel sedicesimo secolo infatti essa ne prese alcuni e li incluse nel canone lanciando l’anatema contro tutti coloro che non li riconosceranno sacri. Facendo questo quindi la Chiesa Cattolica romana è andata contro il parere dei primi Cristiani che non accettarono quei libri come sacri. Persino Girolamo il traduttore della Vulgata non riconosceva come sacri i libri apocrifi che la Chiesa Cattolica Romana ha incluso nel canone; come anche Atanasio, ma Girolamo e Atanasio in questo caso non vengono ascoltati dalla Chiesa Cattolica Romana.
Vorrei quindi dire che la Chiesa Cattolica Romana con l’aver aggiunto i libri apocrifi (che sono pieni di favole, contraddizioni e falsità) al canone, ha dimostrato ancora una volta di essere contro la Parola di Dio e non a favore di essa. Questa è la vera posizione della Chiesa Cattolica nei confronti della Scrittura; essa è una acerrima nemica della Parola di Dio e lo ha dimostrato nel corso dei secoli arrivando persino a vietarne la lettura al popolo. Potrà pure la Chiesa Romana reputarsi superiore alla Sacra Scrittura, cosa che fa perché ritiene che la scrittura trae l’autorità dalla Chiesa, ma essa sbaglia grandemente e a noi Cristiani non importa proprio nulla. Noi dal canto nostro come Cristiani non ci reputiamo superiori alla Scrittura perché essa è la Parola di Dio da cui la Chiesa trae l’autorità, e siamo sicuri che pure gli antichi Cristiani avevano questo sentimento.
Concludo dicendo questo; la Chiesa Romana includendo i libri apocrifi nel Canone ha chiaramente dimostrato di non avere discernimento spirituale, che non è in grado neppure di riconoscere un libro ispirato da uno non ispirato. In altre parole è come quello che non riesce a distinguere un cavallo da un mulo. E’ del tutto inaffidabile quindi: ma d’altronde che cosa ci si poteva aspettare di buono da una Chiesa che aveva già accettato nel corso dei secoli tante pratiche e tante dottrine contrarie alla sana dottrina, quali il battesimo degli infanti, la rigenerazione battesimale, la confessione al prete, la messa come ripetizione del sacrificio di Cristo, il culto delle statue e delle immagini, il purgatorio, il culto di Maria, dei santi e degli angeli? Niente, tranne che ancora falsità, ed ecco aggiunti quindi i libri apocrifi al canone. Io ho letto gran parte di questi libri ed in effetti nel leggerli si capisce subito che ci si trova davanti a libri non ispirati, lo Spirito in me lo attesta subito, e questo avveniva anche ai primi Cristiani che quindi agirono di conseguenza. Non ti appoggiare quindi al Magistero della Chiesa Romana, perchè esso ti induce all’errore.
37. Perché nell’epistola agli Ebrei si parla di dottrina di battesimi? Non è forse scritto che c’è “un solo battesimo” (Ef. 4:5)?
Lo scrittore agli Ebrei parla della “dottrina dei battesimi” (Ebr. 6:2), includendo questa dottrina nel fondamento, perché esistono più battesimi.
C’è il battesimo in acqua che ordinò Gesù Cristo e che tutti coloro che hanno creduto devono ricevere per immersione nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo (cfr. Mat. 28:19 e Mar. 16:16); c’è il battesimo con lo Spirito Santo di cui parlò Gesù ai suoi discepoli prima di essere assunto in cielo e che i suoi discepoli ricevettero il giorno della Pentecoste e che è un battesimo ministrato da Gesù Cristo a coloro che hanno creduto (cfr. Matteo 3:19; Atti 1:5; 2:1-4), e c’è pure il battesimo dello Spirito Santo che compie lo Spirito Santo quando un essere umano nasce di nuovo ed entra a far parte del Corpo di Cristo (cfr. 1 Cor. 12:13).
In base a delle parole di Gesù c’è anche un altro battesimo che sperimentano però solo alcuni Cristiani ossia coloro che muoiono uccisi a motivo della Parola di Dio. Gesù un giorno infatti disse: “Ma v’è un battesimo del quale ho da esser battezzato; e come sono angustiato finché non sia compiuto!” (Luca 12:50), e ai suoi discepoli Giacomo e Giovanni che gli chiesero di concedergli di farli sedere uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra nella sua gloria, rispose: “Voi certo berrete il calice ch’io bevo e sarete battezzati del battesimo del quale io sono battezzato; ma quant’è al sedermi a destra o a sinistra, non sta a me il darlo, ma è per quelli cui è stato preparato” (Mar. 10:39-40) facendo intendere che con questo battesimo intendeva una morte da martire.
Questi sono dunque i battesimi che ci riguardano più da vicino; ci sono però altri due battesimi di cui si parla nella Scrittura. Uno è quello di Giovanni Battista che era un battesimo di ravvedimento (cfr. Mar. 1:4), e l’altro quello che sperimentarono gli Israeliti dopo che uscirono dall’Egitto secondo che è scritto: “Perché, fratelli, non voglio che ignoriate che i nostri padri furon tutti sotto la nuvola, e tutti passarono attraverso il mare, e tutti furon battezzati, nella nuvola e nel mare, per esser di Mosè” (1 Cor. 10:1-2).
Ma allora perché Paolo parla agli Efesini di un solo battesimo (cfr. Ef. 4:5)? Perché in quel caso egli si riferisce al battesimo in acqua, in sostanza è come se avesse detto che per noi c’è un solo battesimo in acqua e questo è vero, perché noi figliuoli di Dio siamo stati seppelliti nella morte di Cristo mediante un solo battesimo, che è quello istituito da Cristo prima di ascendere in cielo.
38. Genesi 4:17: “Ora Caino conobbe sua moglie ……….”. Da chi é nata la moglie di Caino? Quale é il suo nome? Potrebbe essere figlia di Eva e dei figli di DIO di Genesi 6:2? Perché appaiono solo i tre figli maschi?
La donna che Caino prese in moglie si suppone che sia una delle figliuole che generò Adamo secondo che è scritto che “generò figliuoli e figliuole” (Gen. 5:4). Il nome di questa donna ci è sconosciuto perché la Scrittura non lo menziona. Dicendo che la moglie di Caino era una delle sue sorelle, escludo quindi che sia nata dall’unione di Eva con i figli di Dio, unione che non penso sia mai avvenuta. Penso sì che dei figli di Dio, cioè degli angeli di Dio, si unirono con le figlie degli uomini (cfr. Gen. 6:1-3), ma tra le figlie degli uomini non c’era Eva perché Eva non era figlia degli uomini, essendo stata formata da Dio con una costola di Adamo (cfr. Gen. 2:21-23). Eva, in altre parole, non poteva essere una di quelle figlie degli uomini perché non venne all’esistenza come le altre donne, cioè dall’unione tra uomo e donna, ma in un’altra maniera.
Perché appaiono solo i tre figli maschi di Adamo? Ora, fermo restando che Adamo non generò solo tre figli maschi, cioè Caino, Abele e Seth, perché generò altri figli maschi, come anche generò delle figlie, non lo so perché Dio ha voluto che fossero menzionati solo i nomi di questi tre figli di Adamo.
39. Che cosa rappresenta secondo te l’olio di cui si parla nella parabola delle dieci vergini raccontata da Gesù?
Non lo so, e devo pure dirti che al significato dell’olio non dò molta importanza perché quello che è importante di questa parabola è l’insegnamento generale e finale, e qual è questo insegnamento? Che alla venuta del Figliuol dell’uomo ci saranno credenti pronti che andranno con lui e credenti non pronti che saranno respinti dalla sua presenza perché non trovati pronti, da qui l’ordine finale dato da Gesù subito dopo avere raccontato questa parabola, cioè: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora” (Matt. 25:13). Quindi la ragione per cui Gesù insegnò questa parabola ai suoi discepoli fu affinché essi vegliassero e non si facessero trovare impreparati alla sua venuta.
Che cosa poi rappresentano le lampade e l’olio sono tutte cose estremamente marginali a cui per altro occorre stare attenti a dare un significato perché occorre tenere presente anche altri particolari della parabola. Ti spiego questo concetto in questa maniera: ammettiamo per un momento che l’olio è lo Spirito Santo, che cosa si intende per Spirito Santo? Lo Spirito Santo che si riceve in una certa misura quando si crede, o lo Spirito Santo che si riceve in misura maggiore dopo che si crede? Se diciamo che si tratta dello Spirito Santo che si riceve in una certa misura quando si crede, non si può dire che le vergini stolte sono degli increduli perché gli increduli non avendo creduto non hanno lo Spirito Santo, come possono degli increduli aspettare il ritorno del Signore? Se diciamo invece che si tratta dello Spirito Santo che si riceve dopo avere creduto sorge questa difficoltà, e cioè che bisogna spiegare come mai anche le vergini che avevano l’olio si addormentarono e divennero sonnacchiose nell’attesa dello sposo nella stessa maniera delle vergini stolte che con le lampade non avevano preso dell’olio. E poi, il battesimo con lo Spirito Santo diventerebbe un qualcosa di indispensabile per poter andare con il Signore alla sua venuta, cosa che non è vera. Ma c’è un’altra difficoltà che si presenta nel dare all’olio il significato di Spirito Santo, non importa che cosa si intenda per Spirito Santo (cioè non importa se lo Spirito Santo è quello che si riceve in una certa misura quando si crede, o quello che si riceve in misura maggiore dopo che si crede), ed è questa, cioè che quando ci fu il grido che c’era lo sposo e bisognava andargli incontro le vergini savie dissero a quelle stolte di andare dai venditori a comprare dell’olio e che queste fecero così, ma mentre quelle andavano a comprarne arrivò lo sposo e le avvedute entrarono nella sala delle nozze. All’ultimo vennero anche le altre vergini, evidentemente con le loro lampade e l’olio, ma furono respinte e non poterono entrare nella sala delle nozze. Chi sono quindi quei venditori di olio? E come mai dopo avere comprato dell’olio non poterono entrare egualmente quelle vergini?
Ecco dunque perché io personalmente quando parlo di questa parabola sorvolo sui particolari e mi concentro sul significato finale e sullo scopo per cui Gesù la insegnò.
Ma c’è un’altra cosa che vorrei dire a proposito di questa parabola, colgo l’occasione per dirtela, la cosa è questa, e cioè che molti di coloro che spiegano questa parabola e che si concentrano molto sul significato delle lampade e dell’olio e alla fine fanno giustamente notare che se non si è pronti alla venuta del Signore non si andrà con lui, in maniera paradossale e veramente assurda quando parlano del ritorno del Signore dicono o fanno capire che se un credente non sarà trovato pronto (loro dicono al rapimento) avrà tempo di essere salvato ugualmente durante il regno dell’anticristo (la grande tribolazione) che inizierà dopo che la Chiesa sarà rapita. Cosa significa tutto ciò? Che per costoro nella pratica anche le vergini stolte alla fine entreranno nella sala delle nozze. Non c’entreranno però quando verrà lo sposo, ma tempo dopo!!! Tu capisci come questa parabola del Signore, se si ammette una simile possibilità di salvezza per tutti quei credenti che non saranno pronti ad incontrare il Signore al suo ritorno finisce con l’essere annullata! Tanta cura per spiegare il significato delle lampade e dell’olio, e poi tanta stoltezza perché annullano la parabola. E quindi a che serve dire ai credenti di vegliare perché non si sa quando il Signore tornerà? Che significato hanno tutte le parabole del Signore che esortano a vegliare per non farsi trovare impreparati al suo ritorno? Ma allora anche quel servitore malvagio che comincia a dire “il mio padrone tarda a venire; e comincia a battere i suoi conservi, e a mangiare e bere con gli ubriaconi” (Matt. 24:48-49), anche se non sarà trovato pronto avrà ugualmente un periodo di tempo in cui emendare le sue vie, esattamente durante il regno dell’anticristo!!? E così anche lui alla fine potrà andare con il Signore ed eredare la vita eterna!!!? No, non è così, quel malvagio servitore sarà lacerato a colpi di flagello e gli sarà assegnata la sorte degli ipocriti, quivi sarà il pianto e lo stridore dei denti (cfr. Matt. 24:51). Ma quale seconda opportunità per gli stolti? Ma chi ha inventato queste diavolerie che fanno illudere tanti credenti che vivono una vita indegna? Si levi la voce per esortare i credenti a vivere santamente, e si dica loro molto chiaramente che a coloro che si conducono in maniera ingiusta e iniqua al ritorno del Signore sarà assegnata la sorte degli ipocriti per cui non saranno rapiti sulle nuvole ma puniti come meritano e nella sala delle nozze non c’entreranno mai!!!
40. Perché abbiamo i libri del Vecchio Testamento nella nostra Bibbia e non solo quelli del Nuovo Testamento?
Perché anche i libri dell’Antico Testamento sono parte della Sacra Scrittura ed “ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona” (2 Tim. 3:16-17).
Per capire quello che ti sto dicendo è sufficiente che tu legga sia pur superficialmente i libri di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, e ti soffermi sugli insegnamenti di Gesù Cristo. Vedrai che Gesù ha spesso fatto riferimento a parole scritte nei libri dell’Antico Testamento o anche a storie dell’Antico Testamento per confermare le sue parole. Anche quando Gesù fu tentato dal diavolo, egli citò parole scritte nell’Antico Testamento, precisamente nella legge (cfr. Mat. 4:1-11), il che conferma quanto autorevole fosse per il Signore la legge di Mosè, e se lo era per lui che era il Figlio di Dio come può non esserlo per noi? Ma gli stessi Matteo, Marco, Luca e Giovanni, per spiegare certe cose concernenti la vita o l’insegnamento di Gesù, hanno citato gli Scritti dell’Antico Testamento, soprattutto quando hanno detto il perché avvennero certe cose poiché dissero che fu affinché fosse adempiuto quello che era scritto o che era stato detto da questo o da quell’altro profeta.
Se poi passiamo agli Atti degli apostoli, alle epistole di Paolo, a quelle di Pietro, a quella di Giacomo, all’epistola agli Ebrei, noterai che anche qui ci sono tanti passi dell’Antico Testamento o riferimenti a storie dell’Antico Patto prese per sostenere dottrine o concetti.
In tutto, nel Nuovo Testamento ci sono centinaia di scritture dell’Antico Patto che vengono menzionate.
Dunque, se questi Scritti dell’Antico Patto non furono ignorati né da Gesù e neppure dagli apostoli, ma anzi considerati Parola di Dio come potremmo noi non includere quei libri nella Bibbia? Certo, essi fanno parte dell’Antico Testamento, ma tu devi tenere ben presente che il Nuovo Testamento non si può capire se non si capisce prima l’Antico; non si può per esempio capire perché il Nuovo Testamento è migliore dell’Antico se non si conosce prima quest’ultimo. Non puoi capire il perché Gesù Cristo ha detto o fatto molte cose, o perché gli apostoli dissero certe cose, se tu non conosci prima l’Antico Testamento.
E poi leggendo le storie dell’Antico Patto, vedi per esempio la storia di Giuseppe o quella di Davide per citarne solo alcune, si è grandemente consolati ed incoraggiati; leggendo la storia di Israele nel deserto si viene ammoniti; e che dire della lettura dei Salmi o quella dei libri dei Profeti? Non è forse vero che l’anima nostra trae forza e coraggio dalla loro lettura?
Io leggo sia l’Antico che il Nuovo Patto e devo dire che non importa quale parte leggo io mi sento sempre edificato. Naturalmente sono pienamente conscio che molte cose dell’Antico Patto sono passate perché sono state adempiute dal Nuovo Testamento, ma rimane il fatto che anche dalla lettura di quelle cose sorpassate traggo insegnamento.
41. La Bibbia può essere capita da tutti?
No, la Bibbia non può essere capita da tutti coloro che la leggono perché molti di coloro che la leggono hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono. Mi riferisco a quelli che sono sulla via della perdizione, agli increduli secondo che è scritto: “E se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che son sulla via della perdizione, per gl’increduli, dei quali l’iddio di questo secolo ha accecato le menti, affinché la luce dell’evangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio, non risplenda loro” (2 Cor. 4:3-4). Costoro leggono, leggono ma non riescono mai a capire il messaggio principale della Bibbia; alcuni non solo leggono la Bibbia ma la studiano pure, ma anche per costoro il messaggio principale della Bibbia rimane nascosto. La mente di costoro è una mente ottusa, accecata, e affinché essi comprendano quello che leggono c’è bisogno che il Signore apra loro la mente per intendere le Scritture, insomma c’è bisogno che il Signore faccia loro quello che fece ai suoi discepoli dopo che risuscitò (cfr. Luca 24:45). E’ vero che in quel caso si trattò delle Scritture dell’Antico Patto, ma io mi sono accorto che la stessa cosa vale per le Scritture del Nuovo Patto. Molti le leggono ma non le capiscono, sembra incredibile ma è così. La via della salvezza è così chiaramente indicata ma essi non la vedono. Come gli Ebrei nel leggere ancora oggi l’Antico Patto un velo rimane steso sul cuore loro (cfr. 2 Cor. 3:15), così molti Ebrei e Gentili nel leggere il Nuovo Patto non lo intendono perché lo stesso velo rimane steso sul cuore loro senz’essere rimosso perché è solo in Cristo che esso viene abolito (cfr. 2 Cor. 3:16), ossia questo velo viene rimosso dal cuore dell’uomo solo quando egli si converte a Cristo. E non è forse così? Io stesso ho cominciato a capire quello che leggevo nella Bibbia solo dopo essermi convertito a Cristo. E assieme a me possono dire la stessa cosa milioni di altre persone. E’ veramente così, se prima non ci si converte a Cristo quello che si legge nella Bibbia non lo si capisce. Certo si può capire che non si deve uccidere o rubare, ma il messaggio principale su cui si basa tutta la Bibbia cioè la salvezza che è in Cristo Gesù rimane qualcosa di nascosto. Gli uomini che leggono il Vangelo senza capirlo sono come i discepoli del Signore quando questi gli disse che il Figliuol dell’uomo stava per essere dato nelle mani degli uomini (cfr. Luca 9:44), ma essi non capivano quel detto che era per loro coperto da un velo per modo che non lo intendevano (cfr. Luca 9:45).
Essi leggono Giovanni 3:16: “Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (molto chiaro vero?), eppure non lo intendono!!! Niente da fare, c’è un velo che copre quelle parole. Ma nel momento in cui il Signore apre loro la mente allora diventa chiaro.
42. Nella lettera di Paolo ai Romani al cap. 13 versetti da 8-10 si parla dell’amore del prossimo, “……perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge…..l’amore quindi è l’adempimento della legge”; in Galati 5:13,14 “……poiché tutta la legge è adempiuta in quest’unica parola: ama il tuo prossimo come te stesso”; Giacomo 2:8-11 “certo, se adempite la legge regale, come dice la scrittura: ama il tuo prossimo come te stesso,……v. 10 chiunque infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole su tutti i punti…….” ecc. Allora mi chiedo: siccome noi non siamo in grado di adempiere tutta la legge, vuol dire che non siamo in grado di amare, o il nostro amore è solo ipocrisia? Poiché per quanto ci sforziamo ad amare il nostro prossimo finiremmo sempre per metterci sotto una legge la quale non potremmo adempiere appieno.
Fratello ascolta, innanzi tutto è doveroso fare una premessa importante che è la seguente. Sia la lettera ai Romani che quella ai Galati sono state scritte a dei Gentili in Cristo Gesù, mentre quella di Giacomo a dei Giudei in Cristo Gesù infatti all’inizio di quest’ultima lettera si legge: “Giacomo, servitore di Dio e del Signor Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella dispersione, salute” (Giac. 1:1).
Questa differenza è fondamentale per capire come mai Giacomo parla in quella maniera a quei credenti che pur avendo creduto in Gesù Cristo osservavano la legge di Mosè, in altre parole che erano come quelle migliaia di Giudei di Gerusalemme che avevano creduto ed erano zelanti per la legge di Mosè (cfr. Atti 21:20). Attenzione però a non fraintendere, quei Giudei credenti non osservavano la legge per essere giustificati mediante la legge ma solo perché essendo Giudei di nascita avevano anche dopo avere creduto continuato a comportarsi da Giudei quindi osservando il sabato, la Pasqua, ecc. la stessa cosa d’altronde che fece anche l’apostolo Paolo il quale con i Giudei si fece Giudeo per guadagnare i Giudei (cfr. 1 Cor. 9:19) e con quelli che erano sotto la legge si fece come uno sotto la legge per guadagnare quelli che erano sotto la legge (cfr. 1 Cor. 9:20). Dato quindi che quei Giudei erano zelanti per la legge, Giacomo volle dimostrargli che essi avendo dei riguardi personali commettevano un peccato perché trasgredivano la legge, quella stessa legge di cui andavano fieri essendo Giudei di nascita. Ma leggiamo tutto il discorso di Giacomo a tale riguardo: “Fratelli miei, la vostra fede nel nostro Signor Gesù Cristo, il Signor della gloria, sia scevra da riguardi personali. Perché, se nella vostra raunanza entra un uomo con l’anello d’oro, vestito splendidamente, e v’entra pure un povero vestito malamente, e voi avete riguardo a quello che veste splendidamente e gli dite: Tu, siedi qui in un posto onorevole; e al povero dite: Tu, stattene là in piè, o siedi appiè del mio sgabello, non fate voi una differenza nella vostra mente, e non diventate giudici dai pensieri malvagi? Ascoltate, fratelli miei diletti: Iddio non ha egli scelto quei che sono poveri secondo il mondo perché siano ricchi in fede ed eredi del Regno che ha promesso a coloro che l’amano? Ma voi avete disprezzato il povero! Non son forse i ricchi quelli che vi opprimono e che vi traggono ai tribunali? Non sono essi quelli che bestemmiano il buon nome che è stato invocato su di voi? Certo, se adempite la legge reale, secondo che dice la Scrittura: Ama il tuo prossimo come te stesso, fate bene; ma se avete de’ riguardi personali, voi commettete un peccato essendo dalla legge convinti quali trasgressori. Poiché chiunque avrà osservato tutta la legge, e avrà fallito in un sol punto, si rende colpevole su tutti i punti. Poiché Colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche: Non uccidere. Ora, se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei diventato trasgressore della legge. Parlate e operate come dovendo esser giudicati da una legge di libertà. Perché il giudicio è senza misericordia per colui che non ha usato misericordia: la misericordia trionfa del giudicio” (Giac. 2:1-13). Come puoi vedere dunque da te stesso, tutto il discorso di Giacomo tende a dimostrare a quegli Ebrei di nascita che con il loro comportamento ingiusto verso i poveri si dimostravano dei trasgressori della legge e non degli osservatori; anche solo con quel comportamento perché la legge ordinava pure di non avere riguardi personali. Ma noi Gentili in Cristo Gesù non siamo zelanti per la legge come lo erano quei Giudei di nascita, cioè non siamo degli osservatori della legge come lo erano loro (circoncidevano i loro bambini, si riposavano il sabato, festeggiavano le feste, si astenevano dai cibi impuri della legge), quindi le parole “Poiché chiunque avrà osservato tutta la legge, e avrà fallito in un sol punto, si rende colpevole su tutti i punti” Giac. 2:10) non sono dirette a noi nella stessa maniera che lo erano per quei Giudei di nascita. Quelle parole comunque rimangono un severo monito per noi perché nel caso noi diventassimo zelanti per la legge (qui però per un altro scopo e cioè per essere giustificati dalla legge) allora non osservando un solo precetto della legge saremmo dichiarati colpevoli di avere trasgredito tutta la legge perché è scritto: “Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica!” Ma in questo caso noi ricadremmo sotto la legge scadremmo dalla grazia e Cristo non ci gioverebbe a nulla. Vedi, fratello, il discorso di Giacomo a quei Giudei di nascita secondo cui chi osserva tutta la legge e si rende colpevole su un sol punto si rende colpevole su tutti i punti, lo ha fatto pure Paolo ma all’inverso nella sua lettera ai Galati che volevano farsi circoncidere secondo il rito di Mosè, infatti Paolo dice loro in maniera molto chiara: “E da capo protesto ad ogni uomo che si fa circoncidere, ch’egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge” (Gal. 5:3). Paolo è come se avesse detto: ‘La legge non dice solo di farsi circoncidere ma dice pure di osservare le feste, i noviluni, i sabati, di non mangiare certi cibi, ecc. ecc., quindi non potete pensare di osservare la legge solo facendovi circoncidere!’ Ma questo discorso era rivolto a dei Gentili che erano tentati a mettersi sotto il giogo pesante della legge!!
Ecco perché Paolo mette in guardia noi Gentili dal farci circoncidere nella carne, perché se accettiamo la circoncisione dobbiamo per forza di cose accettare pure tutti gli altri precetti mosaici. E in questa maniera rinunzieremmo a Cristo perché penseremmo di poter essere giustificati per le opere della legge il che è impossibile poiché l’uomo è giustificato soltanto per la fede senza le opere della legge e per le opere della legge nessuna carne sarà giustificata nel suo cospetto. Ma che dice Paolo a noi Gentili in Cristo Gesù per tenerci lontano dal giogo della legge? Che tutta la legge è adempiuta in questa unica parola: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Cosa per altro che confermò prima di lui il Signore Gesù Cristo che quando un giorno gli fu domandato quale fosse nella legge il grande comandamento, rispose che era questo: “Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua” (Matt. 22:37) ma subito dopo citò anche questo e cioè: “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Matt. 22:39) e per finire la sua risposta disse che da questi due comandamenti dipendono tutta la legge ed i profeti. Amare il prossimo come se stessi dunque, è più di tutti i sacrifici e gli olocausti, è più dei sabati, è più delle feste, dei noviluni, dei cibi impuri e così via, chi dunque osserva questo comandamento ha adempiuto la legge perché la legge quello che vuole far fare all’uomo è questo, fargli amare Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima, con tutto il suo spirito e con tutte le sue forze e con tutta la sua mente, e fargli amare il suo prossimo come sé stesso. Quindi l’uomo se nei suoi rapporti con gli altri uomini ama il suo prossimo come se stesso ha adempiuto la legge.
E qui vorrei fare una doverosa puntualizzazione; non è che perché noi non osserviamo tutta la legge ciò vuol dire che noi non siamo in grado di amare o che il nostro amore è solo ipocrisia, no perché allora questo significherebbe che noi per amare il nostro prossimo come noi stessi dovremmo ricadere sotto il giogo della legge, dovremmo metterci a servire i deboli e poveri elementi del mondo, abbandonare la realtà per andare dietro alle ombre. Ma noi siamo sotto la grazia e non più sotto la legge, e sotto la grazia dobbiamo rimanere. Noi siamo stati liberati dalla legge essendo morti ad essa mediante il corpo di Cristo, per cui non possiamo e non dobbiamo ritornare sotto la schiavitù della legge. Dobbiamo rimanere sotto la grazia con tutti i nostri difetti e le nostre mancanze, e i nostri sbagli, studiandoci di amare il nostro prossimo come noi stessi. Certo che talvolta verso il nostro prossimo non ci comportiamo come dovremmo, ma è altresì vero che noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo il Giusto, che è la propiziazione dei nostri peccati. Voglio dire che sotto la grazia c’è una fonte di perdono continuamente aperta presso cui noi possiamo sempre andare. Guai se non fosse così!! Non c’insegna questo il Nuovo Testamento? Giacomo esorta i credenti che facevano dei torti ad altri fratelli ad abbandonare i loro peccati, umiliarsi davanti a Dio e Lui li avrebbe innalzati! Il Signore Gesù esortò l’angelo della chiesa di Laodicea a ravvedersi della sua tiepidezza, e potrei proseguire. Dunque noi ci dobbiamo sforzare di amare il nostro prossimo come noi stessi, ma questo senza per nulla ricadere sotto la legge, ma rimanendo liberi da essa perché altrimenti rinunceremmo a Cristo. Ed infine ti dico questo, noi che siamo in Cristo Gesù nell’ubbidire all’ordine “ama il tuo prossimo come te stesso” non ci mettiamo per nulla sotto la legge anche se questo comandamento è nella legge, come non ci mettiamo sotto la legge nel volere osservare il primo e grande comandamento della legge che dice: “Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua”. Questi sono ordini infatti che se osservati da chi è sotto la grazia non gli aprono per nulla la strada alla schiavitù della legge essendo gli ordini fondamentali da cui dipendono tutta la legge ed i profeti e che vanno osservati anche sotto la grazia. Non è forse vero infatti che anche sotto la grazia Dio va amato con tutto noi stessi? O che dobbiamo amare il nostro fratello come Cristo ci ha amati e quindi non gli dobbiamo fare torto alcuno? Ripeto, è vero che talvolta veniamo meno e Dio lo sa perché Lui sa tutto e ci conosce a fondo, ma il giusto cade sette volte e si rialza, dice la Sapienza (Prov. 24:16), e Giovanni dice che se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità (cfr. 1 Giov. 1:9).
Noi siamo come Paolo che con la mente serviva alla legge di Dio, ma con la carne alla legge del peccato (cfr. Rom. 7:25), perché spesso non faceva quello che voleva ma quello che odiava riconoscendo in questa maniera che il peccato dimorava in lui. Ma siamo pure persuasi che ora non v’è dunque alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù ci ha affrancati dalla legge del peccato e della morte (cfr. Rom. 8:1-2). La condanna invece c’è per coloro che ancora sono schiavi della legge, che pensano di essere giustificati osservando la legge, che si basano quindi sulle opere della legge perché come abbiamo visto prima chi non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge è MALEDETTO. Noi invece siamo stati liberati dalla maledizione della legge essendo che Cristo è diventato maledizione per noi. Noi in Cristo siamo stati benedetti d’ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti, che diremo dunque a queste cose? Diremo: Grazie siano rese a Dio in Cristo Gesù.
Per concludere ti dico questo: continuiamo a non fare male alcuno al nostro prossimo perché l’amore non fa male al prossimo, senza per nulla pensare che se sbagliamo il nostro amore è falso. Ma soprattutto senza pensare che dato che noi non mettiamo in pratica tutta la legge di Mosè non siamo in grado di amare, perché noi non siamo sotto la legge ma sotto la grazia e siamo quindi liberi dalla legge, non obbligati cioè a farci circoncidere, ad osservare il sabato ecc. Noi siamo sotto la legge di Cristo e non più sotto quella di Mosè. Chi ama ha adempiuto la legge, senza per questo mettersi sotto la legge.
43. Potresti spiegarmi qual è la dottrina che se uno viene a noi e non ce la reca non lo dobbiamo ricevere in casa e non lo dobbiamo salutare (cfr. 2 Giov. 10)?
La dottrina in questione è quella che insegna che Gesù Cristo è venuto in carne, infatti Giovanni prima di dare questa istruzione ha detto: “Poiché molti seduttori sono usciti per il mondo i quali non confessano Gesù Cristo esser venuto in carne. Quello è il seduttore e l’anticristo. Badate a voi stessi affinché non perdiate il frutto delle opere compiute, ma riceviate piena ricompensa. Chi passa oltre e non dimora nella dottrina di Cristo, non ha Iddio. Chi dimora nella dottrina, ha il Padre e il Figliuolo” (2 Giov. 7-9). Come puoi vedere non si tratta di una qualsiasi dottrina biblica ma della dottrina che afferma che Gesù Cristo era un vero uomo fatto di carne ed ossa, quella che insomma attesta l’incarnazione del Figliuol di Dio secondo che è scritto: “E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiam contemplata la sua gloria, gloria come quella dell’Unigenito venuto da presso al Padre” (Giov. 1:14) ed anche: “Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù; il quale, essendo in forma di Dio non riputò rapina l’essere uguale a Dio, ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; ed essendo trovato nell’esteriore come un uomo, abbassò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della croce” (Fil. 2:5-8); e quindi la dottrina che attesta la perfetta umanità di Gesù Cristo. Questa dottrina cardine del Cristianesimo era già negata ai giorni degli apostoli, dico già negata perché ancora oggi ci sono molti che negano che Gesù Cristo fosse un vero uomo dicendo che in realtà il Cristo era uno spirito o un fantasma. Io chiamo questa dottrina ‘dottrina cardine del Cristianesimo’ perché è proprio in virtù del fatto che il Figliuol di Dio partecipò del sangue e della carne (cfr. Ebr. 2:14) che egli poté morire sulla croce per i nostri peccati. Come avrebbe potuto infatti uno spirito morire sulla croce per noi? Non avrebbe potuto. Quindi negare l’umanità di Cristo o che il suo corpo fosse un vero corpo di carne e ossa in cui scorreva del sangue porta inevitabilmente a negare la sua morte espiatoria, il suo sacrificio. E naturalmente questa diabolica dottrina oltre che la morte porta a negare anche la sua resurrezione e quindi porta a negare l’evento occorso nella vita di Gesù per la nostra giustificazione e difatti se Cristo non fosse risuscitato noi saremmo ancora nei nostri peccati (cfr. 1 Cor. 15:17) e la nostra fede sarebbe vana.
Ecco dunque perché questa eresia che afferma che Gesù Cristo non è venuto in carne è particolarmente grave e Giovanni ci mette severamente in guardia da coloro che la professano, cosa che egli fa anche nella sua prima epistola secondo che è scritto: “Diletti, non crediate ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se son da Dio; perché molti falsi profeti sono usciti fuori nel mondo. Da questo conoscete lo Spirito di Dio: ogni spirito che confessa Gesù Cristo venuto in carne, è da Dio; e ogni spirito che non confessa Gesù Cristo venuto in carne, non è da Dio; e quello è lo spirito dell’anticristo, del quale avete udito che deve venire; ed ora è già nel mondo. Voi siete da Dio, figliuoletti, e li avete vinti; perché Colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo. Costoro sono del mondo; perciò parlano come chi è del mondo, e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio; chi conosce Iddio ci ascolta; chi non è da Dio non ci ascolta. Da questo conosciamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore” (1 Giov. 4:1-6).
44. Chi sono le dignità di cui Pietro dice che i falsi dottori non hanno orrore di dire male?
Sono Satana, i suoi principati, le potestà, i dominatori di questo mondo di tenebre e le forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti. Questo lo si capisce leggendo quello che dice Giuda nella sua breve epistola dove parla degli empi che si sono introdotti in mezzo alla Chiesa di Dio; Giuda infatti di costoro dice: “E ciò nonostante, anche costoro, nello stesso modo, trasognati, mentre contaminano la carne, disprezzano l’autorità e dicon male della dignità. Invece, l’arcangelo Michele quando, contendendo col diavolo, disputava circa il corpo di Mosè, non ardì lanciare contro a lui un giudizio ingiurioso, ma disse: Ti sgridi il Signore!” (Giuda 8-9).
Quel ‘invece’ sta ad indicare che mentre gli empi lanciano giudizi ingiuriosi verso il diavolo, l’arcangelo Michele che pure è più potente del diavolo, quando si trovò a contendere con il diavolo non ardì mettersi a offenderlo ma lo sgridò da parte di Dio, e naturalmente l’arcangelo Michele tuttora si mostra rispettoso verso il principe di questo mondo, perché così è chiamato il diavolo. E non è solo l’arcangelo Michele a tenere questo comportamento rispettoso verso il diavolo, ma anche tutti gli angeli del Signore si comportano così, infatti l’apostolo Pietro dice: “Mentre gli angeli, benché maggiori di loro per forza e potenza, non portano contro ad esse, dinanzi al Signore, alcun giudizio maldicente” (2 Piet. 2:11). Dunque, se l’arcangelo Michele e gli angeli del Signore, che sono maggiori in forza e potenza del diavolo e di tutti i suoi ministri invisibili, non ardiscono mettersi ad offendere queste dignità, neppure noi dobbiamo metterci a lanciare giudizi ingiuriosi contro le dignità.
45. Perché Paolo dice a Timoteo che Gesù ha distrutto la morte (cfr. 2 Tim. 1:10), mentre ai Corinzi dice che l’ultimo nemico che sarà distrutto sarà la morte (cfr. 1 Cor. 15:26), facendo intendere in questo secondo caso che questa distruzione deve ancora avvenire e non è già avvenuta?
La ragione è perché Gesù Cristo quando risuscitò dai morti distrusse la morte fisica nella sua vita ma non la morte fisica che hanno sperimentato i santi. Non è forse vero infatti che i santi che sono morti nel passato e quelli che muoiono al presente non sono ancora risuscitati? Non è forse vero che i loro corpi ora sono in uno stato di putrefazione o sono già del tutto putrefatti e ridotti in cenere, e che attendono la resurrezione? Certo che le cose stanno così. Dunque, se da un lato è vero che Gesù ha distrutto la morte, dall’altro è anche vero che Egli deve ancora distruggerla poiché Egli deve ancora risuscitare tutti i santi che dormono. Solo quando tutti i santi risorgeranno (e i santi viventi saranno mutati) si potrà dire che la morte è stata sommersa nella vittoria, secondo che è scritto: “In un momento, in un batter d’occhio, al suon dell’ultima tromba. Perché la tromba sonerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo mutati. Poiché bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità, e che questo mortale rivesta immortalità. E quando questo corruttibile avrà rivestito incorruttibilità, e questo mortale avrà rivestito immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: La morte è stata sommersa nella vittoria. O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo dardo?” (1 Cor. 15:52-55), non prima di quel giorno. Prima di quel giorno infatti la morte continuerà a colpire anche i santi. Ma noi abbiamo la fiducia che essa in quel giorno sarà posta sotto i piedi del Signore assieme a tutti gli altri nemici che non vediamo ancora gli sono sottoposti. Dobbiamo quindi riconoscere che benché sta scritto che Iddio ha posto ogni cosa sotto i piedi di Gesù Cristo “al presente non vediamo ancora che tutte le cose gli siano sottoposte” (Ebr. 2:8). Dio è fedele e porterà a compimento l’opera che ha iniziato, non la lascerà incompiuta. Il suo piano sussisterà, Egli metterà ad effetto tutta la sua volontà, e nessuno glielo potrà impedire. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.
46. Ieri in comunità è venuto uno che sosteneva che Elia deve ancora venire per restaurare ma non è vero …. e poi esaltava un profeta di cui ora non ricordo il nome. Ma secondo la Bibbia non deve venire Elia … non so. Perché ognuno interpreta le Scritture a modo suo???
Ascolta, Elia certo deve ancora venire perchè lo ha detto Gesù, ascolta quello che il Signore ebbe a dire ai suoi discepoli: “Certo, Elia deve venire e ristabilire ogni cosa” (Mat. 17:11). Quindi Giovanni Battista non era Elia, dico questo perchè so che alcuni dicono che Giovanni Battista era Elia, anche perchè quando a Giovanni domandarono “Sei Elia?” lui rispose chiaramente “Non lo sono” (Giov. 1:21). Giovanni non poteva essere Elia per altro per la semplice ragione che il profeta Elia era stato rapito in cielo e quindi non aveva visto la morte (cfr 2 Re 2:1-18), e quindi se fosse apparso ai giorni di Gesù non avrebbe potuto nascere come gli altri uomini, come invece Giovanni Battista nacque, ma avrebbe dovuto scendere dal cielo dov’era da secoli.
Ma stai attenta perchè alcuni appoggiandosi sulle parole di Gesù sulla venuta di Elia prima del ritorno del Signore, si spacciano per Elia o comunque per il messaggero che deve ristabilire ogni cosa per ordine di Dio. Tra questi c’è stato William Marrion Branham, un predicatore americano vissuto nello scorso secolo, che si definiva il messaggero dotato dello spirito d’Elia che doveva ristabilire ogni cosa; e secondo alcuni suoi seguaci è l’Elia che doveva venire. Ora, io non so se il profeta che costui, che è venuto nella vostra comunità, esaltava sia Branham, ma ti posso dire che nel caso lo fosse (cioè se costui diceva che Branham è il profeta dotato dello spirito d’Elia che doveva ristabilire ogni cosa) tu devi rigettare questa sua idea perchè Branham non ha ristabilito proprio niente, anzi ha predicato parecchie eresie. Dei seguaci di Branham ce ne sono anche in Calabria, quindi non mi meraviglierei se qualcuno di questi si fosse presentato a voi esaltando Branham, perchè questa è la loro missione, diffondere il messaggio di questo William Branham che ti ripeto contiene parecchie FALSE DOTTRINE. Stai attenta quindi a costui, e avverti tutti i fratelli e le sorelle che conosci. Leggi il mio libro contro i Branhamiti che è sul sito (nella sezione delle confutazioni, prima serie) in cui confuto le eresie di questo predicatore o profeta.
Stai tranquilla, perchè quando apparirà Elia lo riconosceremo tutti; egli infatti è uno dei due testimoni di cui si parla nell’Apocalisse al capitolo 11. Non potremo sbagliare. Nel frattempo però è inevitabile che alcuni se ne approfittano e si spacciano per Elia o per un messaggero divino dotato dello spirito d’Elia come faceva William Branham. Da costoro (e dai loro seguaci) occorre guardarsi: sono dei cianciatori e dei seduttori di menti.
Stai salda nella fede. Non ti fare sedurre da vani ragionamenti.
47. In base all’insegnamento della Sacra Scrittura è giusto credere al destino?
Se credere al destino significa credere che ogni evento, piccolo o grande che sia, che si verifica in questo mondo è predeterminato da Dio, il Creatore e Governatore dell’Universo, ossia il Padre del nostro Signore Gesù, che lo fa accadere nel modo e nel tempo da Lui prestabiliti per ragioni che non possono essere altro che giuste perché Egli è giusto e che se anche Lui non ci rivela per certo un giorno ce le farà conoscere, E’ GIUSTO CREDERE AL DESTINO.
Ora, per confermarti mediante le Scritture che è giusto credere al destino, ti parlerò di alcuni eventi verificatisi nella vita di Gesù Cristo. Cominciamo dall’inizio, cioè dalla sua nascita. Gesù nacque da una vergine di nome Maria, quindi non nacque come tutti gli altri uomini, perché avvenne questo? Perché lo aveva prestabilito Dio ab eterno e rivelato per mezzo del profeta Isaia alcuni secoli prima che l’evento si verificasse. Chi può negare questo? Quindi quando giunse il tempo stabilito da Dio, quella giovane vergine rimase incinta per virtù dello Spirito Santo e diede alla luce dopo nove mesi il Figliuolo di Dio. E lo diede alla luce non nella sua città, cioè Nazaret (perché Maria era di Nazaret), ma in un’altra città e cioè in Betleem. Questo evento si verificò in quel luogo perché Dio aveva prestabilito che accadesse in quel luogo e aveva rivelato la cosa per mezzo del profeta Michea. Ma come mai Maria si trovava a Betleem quando partorì Gesù? Perché vi era andata con Giuseppe suo marito a farsi registrare per via di un censimento che era uscito per tutto l’impero romano da parte di Cesare Augusto e dato che Giuseppe era della città e della casa di Davide dovette recarvisi. E’ evidente dunque che chi mise in cuore all’imperatore di fare in quel preciso periodo quel censimento fu Dio. Ma chi avrebbe mai potuto dire in quei giorni che quella decisione imperiale era stata prestabilita da Dio? Certo, noi ora leggiamo il Vangelo ed è cosa facile capire il perché di quel censimento (altre ragioni ci sono sconosciute ma non per questo non esistono), ma quando quel censimento uscì chi poteva dire che sarebbe servito a far nascere il Messia nella città di Davide? Non fu dunque un caso che Gesù nacque a Betleem, ma il destino. Come non fu un caso che Giuseppe prese il fanciullino e sua madre e scese in Egitto per dimorarvi fino alla morte di Erode, e questo perché ciò avvenne affinché si adempiesse quello che era stato detto da Dio tramite il profeta Osea. E non fu un caso neppure che Erode quando vide che i Magi non tornarono a lui a dirgli dove era il fanciullino Gesù mandò ad uccidere tutti i maschi che erano in Betleem e in tutto il suo territorio dall’età di due anni in giù, infatti quel tragico evento avvenne perché anch’esso era stato prestabilito da Dio. Fu destino quindi che avvenisse quella strage di piccoli bambini. E che dire poi del fatto che Giuseppe tornato in Israele, per ordine di Dio, andò ad abitare non in Giudea (dove inizialmente aveva pensato di andare) ma in Galilea e precisamente a Nazaret? Non fu anch’esso prestabilito da Dio? Certo, infatti avvenne così perché Gesù doveva essere chiamato Nazareno.
Non fu un caso neppure che Gesù lasciò Nazaret per andare a Capernaum perché anche questo era stato prestabilito da Dio e rivelato tramite il profeta Isaia. Il fatto poi che Satana mise in cuore a Giuda Iscariota, uno dei dodici, di tradire Gesù, fu anch’esso un evento prestabilito da Dio e che era stato preannunciato anch’esso sotto l’antico Patto. E proseguiamo col parlare dell’odio dei Giudei nei confronti di Gesù, perché anch’esso era stato prestabilito da Dio che accadesse. E così anche il fatto che egli morì crocifisso, anch’esso era stato prestabilito da Dio; Gesù non poteva morire lapidato come per esempio il profeta Zaccaria, ma doveva morire crocifisso. Tutto questo era stato predetto da Dio secoli prima. Ma che ne sapevano i soldati romani che nel crocifiggere Gesù avrebbero compiuto qualcosa preordinato da Dio? Niente. Come nemmeno i Giudei si resero conto che condannando a morte Gesù non avevano fatto altro che adempiere quello che Dio aveva prestabilito e preannunciato.
E poi che dire del soldato che quando vide Gesù già morto sulla croce gli forò il costato con una lancia, invece di fiaccargli le gambe come avevano chiesto di fare i Giudei? Non fu anche quell’evento prestabilito da Dio? Certo, perché Gesù non poteva avere nessun osso fiaccato, quindi Gesù sulla croce morì prima degli altri che erano stati crocifissi con lui per indurre quel soldato a non fiaccargli le gambe come agli altri. E poi c’è pure la spartizione delle vesti di Gesù e il tiraggio a sorte sulla sua tunica, che fecero i soldati presso la croce, che sono anch’essi eventi che erano stati prestabiliti e preannunciati da Dio. In verità possiamo dire che non avvenne nulla nella vita di Gesù che Dio non aveva prestabilito che avvenisse. Come potremmo attribuire al caso tutti quegli eventi sopra descritti? Sarebbe da stolti farlo! Come si fa a non credere nel destino nella vita di Gesù Cristo? Non era destino che egli morisse crocifisso? Non era destino che egli fosse odiato e condannato a morte? Come si possono spiegare queste cose se non attribuendo il loro accadimento alla potenza e alla sapienza di Dio? Non è forse quello che fecero gli antichi discepoli del Signore come per esempio quando dissero a Dio: “E invero in questa città, contro al tuo santo Servitore Gesù che tu hai unto, si son raunati Erode e Ponzio Pilato, insiem coi Gentili e con tutto il popolo d’Israele, per far tutte le cose che la tua mano e il tuo consiglio aveano innanzi determinato che avvenissero” (Atti 4:27-28)? E Pietro non disse forse ai Giudei: “Uomini israeliti, udite queste parole: Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra voi mediante opere potenti e prodigî e segni che Dio fece per mezzo di lui fra voi, come voi stessi ben sapete, quest’uomo, allorché vi fu dato nelle mani, per il determinato consiglio e per la prescienza di Dio, voi, per man d’iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste” (Atti 2:22-23)?
Naturalmente qualcuno dirà che nel caso di Gesù è scritto che tutte quelle cose avvennero per il determinato consiglio di Dio, ma chi ci dice a noi che anche nella nostra vita tutte le cose avvengono per il determinato consiglio di Dio? La Scrittura, infatti essa dice che ci sono molti disegni nel cuore dell’uomo ma il piano dell’Eterno è quello che sussiste (cfr. Prov. 19:21), che il cuore dell’uomo medita la sua via ma l’Eterno dirige i suoi passi (cfr. Prov. 16:9), e che non è in potere dell’uomo che cammina il dirigere i suoi passi (cfr. Ger. 10:23). Come si fa a dire dinnanzi a queste parole che le cose che ci accadono nella nostra vita sono frutto del caso e non sono state prestabilite? Ma non è forse vero che Gesù ha detto che persino i capelli del nostro capo sono tutti contati (cfr. Mat. 10:30)? Se i nostri capelli sono contati come si fa a pensare che le cose che ci succedono non sono state previste e prestabilite da Dio? E non è forse vero che Gesù ha detto che non cade a terra un solo passero senza il volere del Padre nostro (cfr. Mat. 10:29)? Se dunque un passero non cade a terra senza il volere di Dio, come si fa a credere che un aereo cade senza il volere di Dio, o che un treno deraglia senza il volere di Dio, e così via? Non si può, non si può. Eppure molti non la pensano così, per loro il susseguirsi degli eventi sia buoni che cattivi, è frutto solo della volontà degli uomini e in alcune circostanze del semplice caso, e non è qualcosa imposto da Dio mediante la sua sapienza e la sua potenza!! Ma che ci direbbe Giuseppe, figlio di Giacobbe, da Governatore d’Egitto, se fosse vivo e noi gli chiedessimo da suoi sudditi a che cosa o a chi attribuisce l’odio dei suoi fratelli verso di lui nella terra di Canaan, odio che li spinse a venderlo, e poi a chi attribuisce il comportamento ingiusto della moglie di Potifar nei suoi confronti, e i torti che fecero a Faraone sia il capo dei coppieri che il capo dei panettieri per i quali furono messi in prigione nella sua stessa prigione? Io dico che egli ci direbbe che tutto ciò che gli era avvenuto era stato prestabilito e voluto da Dio affinché lui potesse salvare Giacobbe e il suo parentado dalla morte. Ma si consideri per un solo momento che Giuseppe quando si diede a conoscere ai suoi fratelli disse loro: “Io son Giuseppe, vostro fratello, che voi vendeste perché fosse menato in Egitto. Ma ora non vi contristate, né vi dolga d’avermi venduto perch’io fossi menato qua; poiché Iddio m’ha mandato innanzi a voi per conservarvi in vita. Infatti, sono due anni che la carestia è nel paese; e ce ne saranno altri cinque, durante i quali non ci sarà né aratura né mèsse. Ma Dio mi ha mandato dinanzi a voi, perché sia conservato di voi un resto sulla terra, e per salvarvi la vita con una grande liberazione. Non siete dunque voi che m’avete mandato qua, ma è Dio; egli m’ha stabilito come padre di Faraone, signore di tutta la sua casa, e governatore di tutto il paese d’Egitto” (Gen. 45:4-8), e si vedrà come Giuseppe aveva il senso delle cose di Dio. Lui aveva capito che tutte quelle cose era stato Dio a farle accadere per una precisa ragione. Certo, questo lo capì a posteriori e non mentre gli accadevano tutte quelle sventure, ma lo capì. E così anche noi talvolta non riusciamo proprio a capire il perché di un determinato fatto che accade ma dobbiamo essere sicuri che Dio lo fa avvenire per una precisa ragione, non importa se questa ragione egli ce la farà conoscere o meno, la ragione c’è.
Alcuni esempi inventati dalla vita di tutti i giorni
Ti faccio alcuni esempi per farti capire tutto ciò.
Un giorno mentre sto correndo per una certa strada per arrivare puntuale ad un appuntamento di lavoro, una pattuglia della polizia mi ferma e mi arresta. Sono sospettato ed accusato di avere ucciso un uomo pochi minuti prima in quel quartiere. Una persona anziana che ha assistito al misfatto ha raccontato subito alla polizia che l’omicida assomigliava molto a me. Una volta che vengo arrestato, quella persona anziana conferma che io sono l’omicida, non ha dubbi. Non è una sventura che all’improvviso mi piomba addosso senza nessuna apparente ragione? Certo che sì. Vengo messo in prigione, vengo interrogato, nego qualsiasi addebito perché non ho commesso quel misfatto. Ma pare che tutto sia contro di me e finisco con l’essere processato e condannato all’ergastolo! Ma ecco che una volta in carcere ho l’opportunità di annunciare la Parola di Dio a molti e si convertono a centinaia: Dio mi apre una porta per la Parola in carcere che non avrei mai immaginato. Dunque è Dio che mi ha mandato in carcere. Dopo qualche anno vengo finalmente riconosciuto innocente perché il colpevole di quell’omicidio si costituisce alla polizia perché preso dal senso di colpa. Sono libero, ma intanto ho speso ingiustamente alcuni anni della mia vita in prigione.
Un uomo molto ricco mentre un giorno sta camminando in un parco perde cinquanta Euro che gli cadono di tasca. Evento funesto di cui purtroppo si accorge solo dopo molte ore. Un credente dopo circa tre ore si trova in quel medesimo posto per caso perché la strada da cui doveva passare era completamente sbarrata per una frana e allora decide di passare a piedi il parco che si trova a fianco della strada per fare il giro e arrivare al posto dove era diretto e scorge quella banconota, la raccoglie, aspetta qualche minuto per vedere se viene qualcuno in cerca proprio di quella banconota per restituirgliela, ma non arriva proprio nessuno. Allora ringrazia Dio, il giorno prima aveva pregato Dio affinché gli desse proprio cinquanta Euro perché ne aveva urgentemente bisogno. Dio aveva tolto al ricco per dare al povero bisognoso. E aveva fatto cadere la frana sulla strada da cui doveva passare.
Un giorno mentre un credente si trova in ufficio a compiere il suo consueto lavoro, lavora per una agenzia immobiliare, arriva il capo e gli dice che dal giorno dopo non potrà più lavorare per quell’agenzia a motivo di grosse difficoltà economiche dell’agenzia: licenziato. Il credente ha famiglia, moglie e due piccoli bambini. Quando lascia l’ufficio ha le lacrime agli occhi, non capisce perché gli accade tutto ciò. Il giorno dopo, alle dieci di mattina, l’intero palazzo in cui era situato l’ufficio in cui aveva lavorato sino al giorno prima, in seguito ad un attentato terroristico cade tutto quanto, tutti gli inquilini di quel palazzo compresi i suoi colleghi rimangono uccisi. Sentita la notizia, se da un lato si rammarica per la sorte dei suoi colleghi e degli inquilini del palazzo, dall’altro si sente in dovere di ringraziare Dio perché il giorno prima lo aveva fatto licenziare. Adesso egli è contento.
Alcuni credenti nel giorno da loro prestabilito si devono riunire alle 7 e mezzo di sera nel locale di culto (situato ai piedi di una montagna in un luogo piuttosto isolato dal paese) per provare la corale. Ma per le seguenti ragioni quella sera tutti arrivano con alcuni minuti di ritardo, il pastore e sua moglie arrivano in ritardo perché durante il tragitto da casa loro al locale la macchina subisce un guasto; un fratello aveva dovuto accompagnare alla stazione all’ultimo momento una donna anziana che gli aveva chiesto di accompagnarla; una sorella aveva dovuto pulire la sua piccola bambina che poco prima di partire da casa si era sporcata con della vernice mentre giocava; un’altra sorella aveva dovuto recarsi d’urgenza al pronto soccorso per farsi dare alcuni punti alla testa a motivo di un taglio fattosi mentre lavorava in cucina. Quando arrivano al locale di culto, lo trovano seppellito da una frana: un pezzo della montagna si era staccato e aveva investito la casa dove c’era il loro locale di culto, il disastro secondo dei testimoni che per caso si trovavano a passare per una strada lì vicino si era verificato proprio alle 7 e mezzo. Tutti gli inquilini che abitavano in quell’edificio sono morti: miracolosamente quei credenti sono vivi perché Dio aveva fatto accadere delle cose per impedire a tutti loro di essere alle 7 e mezzo nel locale di culto.
Un credente ferroviere abita con sua moglie e i suoi tre piccoli bambini in una casetta posta proprio lungo la ferrovia. E’ sabato, il giorno dopo alle 10 e mezzo di mattina c’è il culto in casa del pastore della Chiesa che abita nella stessa città. La sera di sabato gli arriva una telefonata, è il pastore che gli dice che la riunione domenicale è posticipata alle 4 del pomeriggio per dare modo a dei credenti provenienti dallo Zambia e che avevano deciso all’ultimo momento di passare dalla loro città e di visitarli prima di recarsi all’altra città dov’erano diretti, e che dovrebbero arrivare domenica a mezzogiorno, di partecipare anche loro al culto. Non era mai successo fino ad allora che il culto fosse posticipato al pomeriggio. Alle 4 del pomeriggio del giorno successivo, mentre tutti si trovano al culto, avviene un grave incidente ferroviario, un treno deraglia e si va a infrangere contro la casa di quel fratello distruggendola completamente. A quell’ora del pomeriggio solitamente lui riposava assieme alla sua famiglia. Al ritorno dal culto, egli non può che riconoscere che Dio li ha preservati da morte certa.
Un credente prega da anni a Dio di provvedergli una moglie. Una domenica (in cui per altro aveva deciso di andare a trovare dei fratelli in un’altra città ma all’ultimo momento gli si era rotta la macchina), nella sua comunità entra una sorella, e la prima volta che lui la vede. Quella sorella viene da un’altra città, e doveva recarsi nel locale di culto della Chiesa Evangelica sito in una piccola strada chiamata Via delle more, ma mentre parlava al telefono con la sorella di quella comunità che le stava dando l’indirizzo (sorella che aveva conosciuto per caso ad un convegno giovanile un anno prima) capisce Via dell’amore, e quindi si reca in Via dell’amore dove guarda caso c’è un altro locale di culto di una Chiesa Evangelica. Si siede, convinta di essere nel locale di culto frequentato da quella sorella, anche se durante il culto non riesce a scorgerla non si perde d’animo, rimane e attende la riunione. Durante la riunione il fratello sente una voce udibile che gli indica in quella sorella la moglie che Dio gli ha destinato: “Questa è tua moglie”. E i due si sposano. Meditando su quei fatti non possono non riconoscere che Dio aveva prestabilito tutti quei fatti e li aveva mandati ad effetto per unirli in matrimonio.
Una mattina esco di casa per andare a prendere il bus per una certa località situata in cima ad un monte. Il bus parte alle otto. Ma mi accade un imprevisto che mi impedisce di prendere quel bus, l’imprevisto è che mentre cammino scivolo su una sbuccia di banana di cui non mi ero accorto perché soprapensiero e cado rompendomi la gamba destra. Impossibile prendere il bus quella mattina, vengo aiutato e portato a casa da dei passanti. Nel pomeriggio mi arriva la notizia che quello stesso bus che io avrei dovuto prendere quella mattina mentre si trovava su un ponte molto alto cade a precipizio perché il ponte all’improvviso è caduto a motivo di un cedimento strutturale del ponte che era stato costruito male. Tutti i viaggiatori muoiono; io avrei dovuto essere tra i viaggiatori morti. Mi rammarico per la morte di quei viaggiatori, ma mi rallegro pure nel Signore riconoscendo che quello che mi è accaduto mi è accaduto per volere di Dio, perché lui ha voluto scamparmi dalla morte.
Come puoi vedere da te stesso, in tutti questi eventi la mano di Dio ha agito in maniera tale da fare accadere determinate cose per qualche ragione. Puoi parlare di caso? Puoi dire che non è stato Dio a fare accadere quelle cose indipendentemente dalla volontà dell’uomo? Certo, in tutti questi esempi da me fatti la ragione di un certo evento funesto o di un errore lo si capisce subito o comunque poco tempo dopo, ma ci sono tantissimi altri casi in cui ciò avviene solo dopo molto tempo o mai.
La nostra esistenza è composta da un enorme numero di eventi, che neppure noi riusciamo a tenere a mente tutti, tanto sono numerosi e vari. E tutti sono collegati fra di loro in una maniera o nell’altra perché fanno parte di quel piano di Dio verso la nostra vita da lui prestabilito e che si va realizzando pian piano. E’ come un puzzle che prende via via forma, man mano che si uniscono i suoi pezzi; è come un quadro che tocco dopo tocco prende l’aspetto che ha deciso di dargli il pittore. E così nella nostra vita la mano di Dio è all’opera per realizzare il disegno benevolo che Dio ha formato per noi. Sì, benevolo perché alla fin fine Lui ci farà sempre del bene anche se di esso fanno parte dei brutti eventi che però abbiamo la certezza che lui convertirà in bene come nella storia di Giuseppe il figlio di Giacobbe.
Le cose nella vita ci accadono per volere di Dio; quando alcune cose non ci accadono è perché non sono nella sua volontà verso noi perché Lui impedisce che accadono. Non ci preoccupiamo quindi anche quando ci succedono le cose più ingiuste e strane; perseveriamo nel timore di Dio, cercando sempre di non fare male alcuno al prossimo, vegliamo e preghiamo, e accettiamo dalla mano di Dio sia il bene che il male che Lui ci ha destinato.
Altri esempi biblici che confermano il destino
Ho citato prima l’esempio di Gesù e quello di Giuseppe per spiegare come Dio fa accadere gli eventi per mandare ad effetto i suoi disegni. Ma di esempi biblici se ne possono fare molti altri. Eccone alcuni tratti sempre dalla Sacra Scrittura, che hanno il solo scopo di fare capire questo concetto.
Isacco nacque da Abrahamo e Sara perché così Dio aveva preannunciato ad Abrahamo infatti è scritto: “E Dio disse ad Abrahamo: ‘Quanto a Sarai tua moglie, non la chiamar più Sarai; il suo nome sarà, invece Sara. E io la benedirò, ed anche ti darò di lei un figliuolo; io la benedirò, ed essa diverrà nazioni; re di popoli usciranno da lei’. Allora Abrahamo si prostrò con la faccia in terra e rise; e disse in cuor suo: ‘Nascerà egli un figliuolo a un uomo di cent’anni? e Sara, che ha novant’anni, partorirà ella?’ E Abrahamo disse a Dio: ‘Di grazia, viva Ismaele nel tuo cospetto!’ E Dio rispose: ‘No, ma Sara tua moglie ti partorirà un figliuolo, e tu gli porrai nome Isacco; e io fermerò il mio patto con lui, un patto perpetuo per la sua progenie dopo di lui. Quanto a Ismaele, io t’ho esaudito. Ecco, io l’ho benedetto, e farò che moltiplichi e s’accresca grandissimamente. Egli genererà dodici principi, e io farò di lui una grande nazione. Ma fermerò il mio patto con Isacco che Sara ti partorirà in questo tempo, l’anno venturo” (Gen. 17:15-21).
Isacco si sposò Rebecca perché questa era la donna destinatagli da Dio. Ecco come andarono le cose: “Or Abrahamo era vecchio e d’età avanzata; e l’Eterno avea benedetto Abrahamo in ogni cosa. E Abrahamo disse al più antico servo di casa sua, che aveva il governo di tutti i suoi beni: ‘Deh, metti la tua mano sotto la mia coscia; e io ti farò giurare per l’Eterno, l’Iddio dei cieli e l’Iddio della terra, che tu non prenderai per moglie al mio figliuolo alcuna delle figliuole de’ Cananei, fra i quali dimoro; ma andrai al mio paese e al mio parentado, e vi prenderai una moglie per il mio figliuolo, per Isacco’. Il servo gli rispose: ‘Forse quella donna non vorrà seguirmi in questo paese; dovrò io allora ricondurre il tuo figliuolo nel paese donde tu sei uscito?’ E Abrahamo gli disse: ‘Guardati dal ricondurre colà il mio figliuolo! L’Eterno, l’Iddio dei cieli, che mi trasse dalla casa di mio padre e dal mio paese natale e mi parlò e mi giurò dicendo: – Io darò alla tua progenie questo paese, – egli stesso manderà il suo angelo davanti a te, e tu prenderai di là una moglie per il mio figliuolo. E se la donna non vorrà seguirti, allora sarai sciolto da questo giuramento che ti faccio fare; soltanto, non ricondurre colà il mio figliuolo’. E il servo pose la mano sotto la coscia d’Abrahamo suo signore, e gli giurò di fare com’egli chiedeva. Poi il servo prese dieci cammelli fra i cammelli del suo signore, e si partì, avendo a sua disposizione tutti i beni del suo signore; e, messosi in viaggio, andò in Mesopotamia, alla città di Nahor. E, fatti riposare sulle ginocchia i cammelli fuori della città presso a un pozzo d’acqua, verso sera, all’ora in cui le donne escono ad attinger acqua, disse: ‘O Eterno, Dio del mio signore Abrahamo, deh, fammi fare quest’oggi un felice incontro, e usa benignità verso Abrahamo mio signore! Ecco, io sto qui presso a questa sorgente; e le figlie degli abitanti della città usciranno ad attinger acqua. Fa’ che la fanciulla alla quale dirò: – Deh, abbassa la tua brocca perch’io beva – e che mi risponderà – Bevi, e darò da bere anche ai tuoi cammelli, – sia quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco. E da questo comprenderò che tu hai usato benignità verso il mio signore’. Non aveva ancora finito di parlare, quand’ecco uscire con la sua brocca sulla spalla, Rebecca, figliuola di Bethuel figlio di Milca, moglie di Nahor fratello d’Abrahamo. La fanciulla era molto bella d’aspetto, vergine, e uomo alcuno non l’avea conosciuta. Ella scese alla sorgente, empì la brocca, e risalì. E il servo le corse incontro, e le disse: ‘Deh, dammi a bere un po’ d’acqua della tua brocca’. Ed ella rispose: ‘Bevi, signor mio’; e s’affrettò a calarsi la brocca sulla mano, e gli diè da bere. E quand’ebbe finito di dargli da bere, disse: ‘Io ne attingerò anche per i tuoi cammelli finché abbian bevuto a sufficienza’. E presto vuotò la sua brocca nell’abbeveratoio, corse di nuovo al pozzo ad attingere acqua, e ne attinse per tutti i cammelli di lui. E quell’uomo la contemplava in silenzio, per sapere se l’Eterno avesse o no fatto prosperare il suo viaggio. E quando i cammelli ebbero finito di bere, l’uomo prese un anello d’oro del peso di mezzo siclo, e due braccialetti del peso di dieci sicli d’oro, per i polsi di lei, e disse: ‘Di chi sei figliuola? deh, dimmelo. V’è posto in casa di tuo padre per albergarci?’ Ed ella rispose: ‘Son figliuola di Bethuel figliuolo di Milca, ch’ella partorì a Nahor’. E aggiunse: ‘C’è da noi strame e foraggio assai, e anche posto da albergare’. E l’uomo s’inchinò, adorò l’Eterno, e disse: ‘Benedetto l’Eterno, l’Iddio d’Abrahamo mio signore, che non ha cessato d’esser benigno e fedele verso il mio signore! Quanto a me, l’Eterno mi ha messo sulla via della casa dei fratelli del mio signore’. E la fanciulla corse a raccontare queste cose a casa di sua madre. Or Rebecca aveva un fratello chiamato Labano. E Labano corse fuori da quell’uomo alla sorgente. Com’ebbe veduto l’anello e i braccialetti ai polsi di sua sorella ed ebbe udite le parole di Rebecca sua sorella che diceva: ‘Quell’uomo m’ha parlato così’, venne a quell’uomo, ed ecco ch’egli se ne stava presso ai cammelli, vicino alla sorgente. E disse: ‘Entra, benedetto dall’Eterno! perché stai fuori? Io ho preparato la casa e un luogo per i cammelli’. L’uomo entrò in casa, e Labano scaricò i cammelli, diede strame e foraggio ai cammelli, e portò acqua per lavare i piedi a lui e a quelli ch’eran con lui. Poi gli fu posto davanti da mangiare; ma egli disse: ‘Non mangerò finché non abbia fatto la mia ambasciata’. E l’altro disse: ‘Parla’. E quegli: ‘Io sono servo d’Abrahamo. L’Eterno ha benedetto abbondantemente il mio signore, ch’è divenuto grande; gli ha dato pecore e buoi, argento e oro, servi e serve, cammelli e asini. Or Sara, moglie del mio signore, ha partorito nella sua vecchiaia un figliuolo al mio padrone, che gli ha dato tutto quel che possiede. E il mio signore m’ha fatto giurare, dicendo: – Non prenderai come moglie per il mio figliuolo alcuna delle figlie de’ Cananei, nel paese de’ quali dimoro; ma andrai alla casa di mio padre e al mio parentado e vi prenderai una moglie per il mio figliuolo. – E io dissi al mio padrone: – Forse quella donna non mi vorrà seguire. – Ed egli rispose: – L’Eterno, nel cospetto del quale ho camminato, manderà il suo angelo teco e farà prosperare il tuo viaggio, e tu prenderai al mio figliuolo una moglie del mio parentado e della casa di mio padre. Sarai sciolto dal giuramento che ti fo fare, quando sarai andato dal mio parentado; e, se non vorranno dartela, allora sarai sciolto dal giuramento che mi fai. – Oggi sono arrivato alla sorgente, e ho detto: – O Eterno, Dio del mio signore Abrahamo, se pur ti piace far prosperare il viaggio che ho intrapreso, ecco, io mi fermo presso questa sorgente; fa’ che la fanciulla che uscirà ad attinger acqua, alla quale dirò: – Deh, dammi da bere un po’ d’acqua della tua brocca, – e che mi dirà: – Bevi pure, e ne attingerò anche per i tuoi cammelli, – sia la moglie che l’Eterno ha destinata al figliuolo del mio signore. E avanti che avessi finito di parlare in cuor mio, ecco uscir fuori Rebecca con la sua brocca sulla spalla, scendere alla sorgente e attinger l’acqua. Allora io le ho detto: – Deh, dammi da bere! – Ed ella s’è affrettata a calare la brocca dalla spalla, e m’ha risposto: – Bevi! e darò da bere anche ai tuoi cammelli. – Così ho bevuto io ed ella ha abbeverato anche i cammelli. Poi l’ho interrogata, e le ho detto: – Di chi sei figliuola? – Ed ella ha risposto: – Son figliuola di Bethuel figlio di Nahor, che Milca gli partorì. – Allora io le ho messo l’anello al naso e i braccialetti ai polsi. E mi sono inchinato, ho adorato l’Eterno e ho benedetto l’Eterno, l’Iddio d’Abrahamo mio signore, che m’ha condotto per la retta via a prendere per il figliuolo di lui la figliuola del fratello del mio signore. E ora, se volete usare benignità e fedeltà verso il mio signore, ditemelo; e se no, ditemelo lo stesso, e io mi volgerò a destra o a sinistra’. Allora Labano e Bethuel risposero e dissero: ‘La cosa procede dall’Eterno; noi non possiam dirti né male né bene. Ecco, Rebecca ti sta dinanzi, prendila, va’, e sia ella moglie del figliuolo del tuo signore, come l’Eterno ha detto’. E quando il servo d’Abrahamo ebbe udito le loro parole, si prostrò a terra dinanzi all’Eterno. Il servo trasse poi fuori oggetti d’argento e oggetti d’oro, e vesti, e li dette a Rebecca; e donò anche delle cose preziose al fratello e alla madre di lei. Poi mangiarono e bevvero, egli e gli uomini ch’eran con lui, e passaron quivi la notte. La mattina, quando si furono levati, il servo disse: ‘Lasciatemi tornare al mio signore’. E il fratello e la madre di Rebecca dissero: ‘Rimanga la fanciulla ancora alcuni giorni con noi, almeno una diecina; poi se ne andrà’. Ma egli rispose loro: ‘Non mi trattenete, giacché l’Eterno ha fatto prosperare il mio viaggio; lasciatemi partire, affinché io me ne torni al mio signore’. Allora dissero: ‘Chiamiamo la fanciulla e sentiamo lei stessa’. Chiamarono Rebecca, e le dissero: ‘Vuoi tu andare con quest’uomo?’ Ed ella rispose: ‘Sì, andrò’. Così lasciarono andare Rebecca loro sorella e la sua balia col servo d’Abrahamo e la sua gente. E benedissero Rebecca e le dissero: ‘Sorella nostra, possa tu esser madre di migliaia di miriadi, e possa la tua progenie possedere la porta de’ suoi nemici!’ E Rebecca si levò con le sue serve e montarono sui cammelli e seguirono quell’uomo. E il servo prese Rebecca e se ne andò. Or Isacco era tornato dal pozzo di Lachai-Roï, ed abitava nel paese del mezzodì. Isacco era uscito, sul far della sera, per meditare nella campagna; e, alzati gli occhi, guardò, ed ecco venir de’ cammelli. E Rebecca, alzati anch’ella gli occhi, vide Isacco, saltò giù dal cammello, e disse al servo: ‘Chi è quell’uomo che viene pel campo incontro a noi?’ Il servo rispose: ‘È il mio signore’. Ed ella, preso il suo velo, se ne coprì. E il servo raccontò a Isacco tutto quello che avea fatto. E Isacco menò Rebecca nella tenda di Sara sua madre, se la prese, ed ella divenne sua moglie, ed egli l’amò. Così Isacco fu consolato dopo la morte di sua madre” (Gen. 24:1-67).
Giacobbe fu servito da suo fratello Esaù perché così Dio aveva detto a Rebecca loro madre (prima che i due fratelli nascessero) che sarebbe avvenuto, infatti è scritto: “Isacco pregò istantemente l’Eterno per sua moglie, perch’ella era sterile. L’Eterno l’esaudì, e Rebecca, sua moglie, concepì. E i bambini si urtavano nel suo seno; ed ella disse: ‘Se così è, perché vivo?’ E andò a consultare l’Eterno. E l’Eterno le disse: ‘Due nazioni sono nel tuo seno, e due popoli separati usciranno dalle tue viscere. Uno dei due popoli sarà più forte dell’altro, e il maggiore servirà il minore” (Gen. 25:21-23).
Il popolo d’Israele rimase schiavo in Egitto per 400 anni perché così Dio aveva prestabilito e preannunciato ad Abrahamo: “E l’Eterno disse ad Abramo: ‘Sappi per certo che i tuoi discendenti dimoreranno come stranieri in un paese che non sarà loro, e vi saranno schiavi, e saranno oppressi per quattrocento anni; ma io giudicherò la gente di cui saranno stati servi; e, dopo questo, se ne partiranno con grandi ricchezze. E tu te n’andrai in pace ai tuoi padri, e sarai sepolto dopo una prospera vecchiezza. E alla quarta generazione essi torneranno qua; perché l’iniquità degli Amorei non è giunta finora al colmo” (Gen. 15:13-16).
Faraone, re d’Egitto, non lasciò partire subito Israele quando Mosè e Aaronne si presentarono al suo cospetto perché Dio gli indurò il cuore, induramento che aveva preannunciato a Mosè in questi termini: “L’Eterno disse a Mosè: ‘Vedi, io ti ho stabilito come Dio per Faraone, e Aaronne tuo fratello sarà il tuo profeta. Tu dirai tutto quello che t’ordinerò, e Aaronne tuo fratello parlerà a Faraone, perché lasci partire i figliuoli d’Israele dal suo paese. E io indurerò il cuore di Faraone, e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d’Egitto. E Faraone non vi darà ascolto; e io metterò la mia mano sull’Egitto, e farò uscire dal paese d’Egitto le mie schiere, il mio popolo, i figliuoli d’Israele, mediante grandi giudizi. E gli Egiziani conosceranno che io sono l’Eterno, quando avrò steso la mia mano sull’Egitto e avrò tratto di mezzo a loro i figliuoli d’Israele” (Es. 7:1-5).
Sansone nacque da Manoah e sua moglie, e fu un Nazireo fin dal seno di sua madre, perché così Dio aveva prestabilito e preannunciato alla moglie di Manoah prima e poi confermò ai due: “E i figliuoli d’Israele continuarono a fare quel ch’era male agli occhi dell’Eterno, e l’Eterno li diede nelle mani de’ Filistei per quarant’anni. Or v’era un uomo di Tsorea, della famiglia dei Daniti, per nome Manoah; sua moglie era sterile e non avea figliuoli. E l’angelo dell’Eterno apparve a questa donna, e le disse: ‘Ecco, tu sei sterile e non hai figliuoli; ma concepirai e partorirai un figliuolo. Or dunque, guardati bene dal bere vino o bevanda alcoolica, e dal mangiare alcun che d’impuro. Poiché ecco, tu concepirai e partorirai un figliuolo, sulla testa del quale non passerà rasoio, giacché il fanciullo sarà un Nazireo, consacrato a Dio dal seno di sua madre, e sarà lui che comincerà a liberare Israele dalle mani de’ Filistei’. E la donna andò a dire a suo marito: ‘Un uomo di Dio è venuto da me; avea il sembiante d’un angelo di Dio: un sembiante terribile fuor di modo. Io non gli ho domandato donde fosse, ed egli non m’ha detto il suo nome; ma mi ha detto: Ecco, tu concepirai e partorirai un figliuolo; or dunque non bere vino né bevanda alcoolica, e non mangiare alcun che d’impuro, giacché il fanciullo sarà un Nazireo, consacrato a Dio dal seno di sua madre e fino al giorno della sua morte’. Allora Manoah supplicò l’Eterno, e disse: ‘O Signore, ti prego che l’uomo di Dio mandato da te torni di nuovo a noi e c’insegni quello che dobbiam fare per il bambino che nascerà’. E Dio esaudì la preghiera di Manoah; e l’angelo di Dio tornò ancora dalla donna, che stava sedendo nel campo; ma Manoah, suo marito, non era con lei. La donna corse in fretta a informar suo marito del fatto, e gli disse: ‘Ecco, quell’uomo che venne da me l’altro giorno, m’è apparito’. Manoah s’alzò, andò dietro a sua moglie, e, giunto a quell’uomo, gli disse: ‘Sei tu che parlasti a questa donna?’ E quegli rispose: ‘Son io’. E Manoah: ‘Quando la tua parola si sarà verificata, qual norma s’avrà da seguire per il bambino? e che si dovrà fare per lui?’ L’angelo dell’Eterno rispose a Manoah: ‘Si astenga la donna da tutto quello che le ho detto. Non mangi di alcun prodotto della vigna, né beva vino o bevanda alcoolica, e non mangi alcun che d’impuro; osservi tutto quello che le ho comandato” (Giud. 13:1-14).
I figli di Eli, Hofni e Fineas, morirono nello stesso giorno a motivo delle loro inique opere, fu Dio che li volle far morire e per questo impedì che essi dessero ascolto alla riprensione di loro padre. “Or i figliuoli di Eli erano uomini scellerati; non conoscevano l’Eterno. Ed ecco qual era il modo d’agire di questi sacerdoti riguardo al popolo: quando qualcuno offriva un sacrifizio, il servo del sacerdote veniva, nel momento in cui si faceva cuocere la carne, avendo in mano una forchetta a tre punte; la piantava nella caldaia o nel paiuolo o nella pentola o nella marmitta; e tutto quello che la forchetta tirava su, il sacerdote lo pigliava per sé. Così facevano a tutti gl’Israeliti, che andavano là, a Sciloh. E anche prima che si fosse fatto fumare il grasso, il servo del sacerdote veniva, e diceva all’uomo che faceva il sacrifizio: ‘Dammi della carne da fare arrostire, per il sacerdote; giacché egli non accetterà da te carne cotta, ma cruda’. E se quell’uomo gli diceva: ‘Si faccia, prima di tutto, fumare il grasso; poi prenderai quel che vorrai’, egli rispondeva: ‘No, me la devi dare ora; altrimenti la prenderò per forza!’ Il peccato dunque di que’ giovani era grande oltremodo agli occhi dell’Eterno, perché la gente sprezzava le offerte fatte all’Eterno. Ma Samuele faceva il servizio nel cospetto dell’Eterno; era giovinetto, e cinto d’un efod di lino. Sua madre gli faceva ogni anno una piccola tonaca, e gliela portava quando saliva con suo marito ad offrire il sacrifizio annuale. Eli benedisse Elkana e sua moglie, dicendo: ‘L’Eterno ti dia prole da questa donna, in luogo del dono ch’ella ha fatto all’Eterno!’ E se ne tornarono a casa loro. E l’Eterno visitò Anna, la quale concepì e partorì tre figliuoli e due figliuole. E il giovinetto Samuele cresceva presso l’Eterno. Or Eli era molto vecchio e udì tutto quello che i suoi figliuoli facevano a tutto Israele, e come si giacevano con le donne che eran di servizio all’ingresso della tenda di convegno. E disse loro: ‘Perché fate tali cose? poiché odo tutto il popolo parlare delle vostre malvage azioni. Non fate così, figliuoli miei, poiché quel che odo di voi non è buono; voi inducete a trasgressione il popolo di Dio. Se un uomo pecca contro un altr’uomo, Iddio lo giudica; ma, se pecca contro l’Eterno, chi intercederà per lui?’ Quelli però non diedero ascolto alla voce del padre loro, perché l’Eterno li volea far morire. Intanto, il giovinetto Samuele continuava a crescere, ed era gradito così all’Eterno come agli uomini. Or un uomo di Dio venne da Eli e gli disse: ‘Così parla l’Eterno: Non mi sono io forse rivelato alla casa di tuo padre, quand’essi erano in Egitto al servizio di Faraone? Non lo scelsi io forse, fra tutte le tribù d’Israele, perché fosse mio sacerdote, salisse al mio altare, bruciasse il profumo e portasse l’efod in mia presenza? E non diedi io forse alla casa di tuo padre tutti i sacrifizi dei figliuoli d’Israele, fatti mediante il fuoco? E allora perché calpestate i miei sacrifizi e le mie oblazioni che ho comandato mi siano offerti nella mia dimora? E come mai onori i tuoi figliuoli più di me, e v’ingrassate col meglio di tutte le oblazioni d’Israele, mio popolo? Perciò, così dice l’Eterno, l’Iddio d’Israele: Io avevo dichiarato che la tua casa e la casa di tuo padre sarebbero al mio servizio, in perpetuo; ma ora l’Eterno dice: Lungi da me tal cosa! Poiché io onoro quelli che m’onorano, e quelli che mi sprezzano saranno avviliti. Ecco, i giorni vengono, quand’io troncherò il tuo braccio e il braccio della casa di tuo padre, in guisa che non vi sarà in casa tua alcun vecchio. E vedrai lo squallore nella mia dimora, mentre Israele sarà ricolmo di beni, e non vi sarà più mai alcun vecchio nella tua casa. E quello de’ tuoi che lascerò sussistere presso il mio altare, rimarrà per consumarti gli occhi e illanguidirti il cuore; e tutti i nati e cresciuti in casa tua morranno nel fior degli anni. E ti servirà di segno quello che accadrà ai tuoi figliuoli, Hofni e Fineas: ambedue morranno in uno stesso giorno. Io mi susciterò un sacerdote fedele, che agirà secondo il mio cuore e secondo l’anima mia; io gli edificherò una casa stabile, ed egli sarà al servizio del mio unto per sempre. E chiunque rimarrà della tua casa verrà a prostrarsi davanti a lui per avere una moneta d’argento e un tozzo di pane, e dirà: – Ammettimi, ti prego, a fare alcuno de’ servigi del sacerdozio perch’io abbia un boccon di pane da mangiare” (1 Sam. 12:12-36).
Saul diventò re d’Israele per volere di Dio. Quando era un giovane Dio lo mandò da Samuele per essere unto re d’Israele. Dio aveva preannunciato a Samuele il giorno prima che il giorno dopo, ad una certa ora, gli avrebbe mandato un uomo proveniente dalla tribù di Beniamino che lui avrebbe dovuto ungere come re d’Israele. Saul non sapeva nulla di tutto ciò, ma andò da Samuele perché le asine di suo padre si erano smarrite e suo padre lo aveva mandato con un suo servo a cercarle, e dopo averle cercate invano e mentre erano sul punto di tornare a casa, il servo suggerì a Saul di recarsi da un profeta, appunto Samuele, che certamente gli avrebbe indicato la via da seguire. Saul accettò e i due si recarono da Samuele che quando vide venirgli incontro Saul ricevette da Dio la conferma che quello era l’uomo di cui gli aveva parlato. “Or v’era un uomo di Beniamino, per nome Kis, figliuolo d’Abiel, figliuolo di Tseror, figliuolo di Becorath, figliuolo d’Afiac, figliuolo d’un Beniaminita. Era un uomo forte e valoroso; aveva un figliuolo per nome Saul, giovine e bello; non ve n’era tra i figliuoli d’Israele uno più bello di lui: era più alto di tutta la gente dalle spalle in su. Or le asine di Kis, padre di Saul, s’erano smarrite; e Kis disse a Saul, suo figliuolo: ‘Prendi teco uno dei servi, lèvati e va’ in cerca delle asine’. Egli passò per la contrada montuosa di Efraim e attraversò il paese di Shalisha, senza trovarle; poi passarono per il paese di Shaalim, ma non vi erano; attraversarono il paese dei Beniaminiti, ma non le trovarono. Quando furon giunti nel paese di Tsuf, Saul disse al servo che era con lui: ‘Vieni, torniamocene, ché altrimenti mio padre cesserebbe dal pensare alle asine e sarebbe in pena per noi’. Il servo gli disse: ‘Ecco, v’è in questa città un uomo di Dio, ch’è tenuto in grande onore; tutto quello ch’egli dice, succede sicuramente; andiamoci; forse egli c’indicherà la via che dobbiamo seguire’. E Saul disse al suo servo: ‘Ma, ecco, se v’andiamo, che porteremo noi all’uomo di Dio? Poiché non ci son più provvisioni nei nostri sacchi, e non abbiamo alcun presente da offrire all’uomo di Dio. Che abbiamo con noi?’ Il servo replicò a Saul, dicendo: ‘Ecco, io mi trovo in possesso del quarto d’un siclo d’argento; lo darò all’uomo di Dio, ed egli c’indicherà la via’. (Anticamente, in Israele, quand’uno andava a consultare Iddio, diceva: ‘Venite, andiamo dal Veggente!’ poiché colui che oggi si chiama Profeta, anticamente si chiamava Veggente). E Saul disse al suo servo: ‘Dici bene; vieni, andiamo’. E andarono alla città dove stava l’uomo di Dio. Mentre facevano la salita che mena alla città, trovarono delle fanciulle che uscivano ad attingere acqua, e chiesero loro: ‘È qui il veggente?’ Quelle risposer loro, dicendo: ‘Sì, c’è; è là dove sei diretto; ma va’ presto, giacché è venuto oggi in città, perché oggi il popolo fa un sacrifizio sull’alto luogo. Quando sarete entrati in città, lo troverete di certo, prima ch’egli salga all’alto luogo a mangiare. Il popolo non mangerà prima ch’egli sia giunto, perché è lui che deve benedire il sacrifizio; dopo di che, i convitati mangeranno. Or dunque salite, perché proprio ora lo troverete’. Ed essi salirono alla città; e, come vi furono entrati, ecco Samuele che usciva loro incontro per salire all’alto luogo. Or un giorno prima dell’arrivo di Saul, l’Eterno aveva avvertito Samuele, dicendo: ‘Domani, a quest’ora, ti manderò un uomo del paese di Beniamino, e tu l’ungerai come capo del mio popolo d’Israele. Egli salverà il mio popolo dalle mani dei Filistei; poiché io ho rivolto lo sguardo verso il mio popolo, perché il suo grido è giunto fino a me’. E quando Samuele vide Saul, l’Eterno gli disse: ‘Ecco l’uomo di cui t’ho parlato; egli è colui che signoreggerà sul mio popolo’. Saul s’avvicinò a Samuele entro la porta della città, e gli disse: ‘Indicami, ti prego, dove sia la casa del veggente’. E Samuele rispose a Saul: ‘Sono io il veggente. Sali davanti a me all’alto luogo, e mangerete oggi con me; poi domattina ti lascerò partire, e ti dirò tutto quello che hai nel cuore. E quanto alle asine smarrite tre giorni fa, non dartene pensiero, perché son trovate. E per chi è tutto quello che v’è di desiderabile in Israele? Non è esso per te e per tutta la casa di tuo padre?’ Saul, rispondendo, disse: ‘Non son io un Beniaminita? di una delle più piccole tribù d’Israele? La mia famiglia non è essa la più piccola fra tutte le famiglie della tribù di Beniamino? Perché dunque mi parli a questo modo?’ Samuele prese Saul e il suo servo, li introdusse nella sala e li fe’ sedere in capo di tavola fra i convitati, ch’eran circa trenta persone. E Samuele disse al cuoco: ‘Porta qua la porzione che t’ho data, e della quale t’ho detto: Tienla in serbo presso di te’. Il cuoco allora prese la coscia e ciò che v’aderiva, e la mise davanti a Saul. E Samuele disse: ‘Ecco ciò ch’è stato tenuto in serbo; mettitelo dinanzi e mangia, poiché è stato serbato apposta per te quand’ho invitato il popolo’. Così Saul, quel giorno, mangiò con Samuele. Poi scesero dall’alto luogo in città, e Samuele s’intrattenne con Saul sul terrazzo. L’indomani si alzarono presto; allo spuntar dell’alba, Samuele chiamò Saul sul terrazzo, e gli disse: ‘Vieni, ch’io ti lasci partire’. Saul s’alzò, e uscirono fuori ambedue, egli e Samuele. Quando furon discesi all’estremità della città, Samuele disse a Saul: ‘Di’ al servo che passi, e vada innanzi a noi (e il servo passò); ma tu adesso fermati, ed io ti farò udire la parola di Dio’. Allora Samuele prese un vasetto d’olio, lo versò sul capo di lui, baciò Saul e disse: ‘L’Eterno non t’ha egli unto perché tu sia il capo della sua eredità?” (1 Sam. 9:1-27; 10:1).
Davide diventò re d’Israele perché così Dio aveva preannunciato a Samuele: “L’Eterno disse a Samuele: ‘Fino a quando farai tu cordoglio per Saul, mentre io l’ho rigettato perché non regni più sopra Israele? Empi d’olio il tuo corno, e va’; io ti manderò da Isai di Bethlehem, perché mi son provveduto di un re tra i suoi figliuoli’. E Samuele rispose: ‘Come andrò io? Saul lo verrà a sapere, e mi ucciderà’. L’Eterno disse: ‘Prenderai teco una giovenca, e dirai: – Son venuto ad offrire un sacrifizio all’Eterno. -Inviterai Isai al sacrifizio; io ti farò sapere quello che dovrai fare, e mi ungerai colui che ti dirò’. Samuele dunque fece quello che l’Eterno gli avea detto; si recò a Bethlehem, e gli anziani della città gli si fecero incontro tutti turbati, e gli dissero: ‘Porti tu pace?’ Ed egli rispose: ‘Porto pace; vengo ad offrire un sacrifizio all’Eterno; purificatevi, e venite meco al sacrifizio’. Fece anche purificare Isai e i suoi figliuoli, e li invitò al sacrifizio. Mentre entravano, egli scòrse Eliab, e disse: ‘Certo, ecco l’unto dell’Eterno davanti a lui’. Ma l’Eterno disse a Samuele: ‘Non badare al suo aspetto né all’altezza della sua statura, perché io l’ho scartato; giacché l’Eterno non guarda a quello a cui guarda l’uomo: l’uomo riguarda all’apparenza, ma l’Eterno riguarda al cuore’. Allora Isai chiamò Abinadab, e lo fece passare davanti a Samuele; ma Samuele disse: ‘L’Eterno non s’è scelto neppur questo’. Isai fece passare Shamma, ma Samuele disse: ‘L’Eterno non s’è scelto neppur questo’. Isai fece passar così sette de’ suoi figliuoli davanti a Samuele; ma Samuele disse ad Isai: ‘L’Eterno non s’è scelto questi’. Poi Samuele disse ad Isai: ‘Sono questi tutti i tuoi figli?’. Isai rispose: ‘Resta ancora il più giovane, ma è a pascere le pecore’. E Samuele disse ad Isai: ‘Mandalo a cercare, perché non ci metteremo a tavola prima che sia arrivato qua’. Isai dunque lo mandò a cercare, e lo fece venire. Or egli era biondo, avea de’ begli occhi e un bell’aspetto. E l’Eterno disse a Samuele: ‘Lèvati, ungilo, perch’egli è desso’. Allora Samuele prese il corno dell’olio, e l’unse in mezzo ai suoi fratelli; e, da quel giorno in poi, lo spirito dell’Eterno investì Davide. E Samuele si levò e se ne andò a Rama” (1 Sam. 16:1-13).
Salomone succedette al trono a suo padre Davide, e fu lui a costruire la casa a Dio, perché così Dio aveva decretato e preannunciato a Davide: “Or Davide convocò a Gerusalemme tutti i capi d’Israele, i capi delle tribù, i capi delle divisioni al servizio del re, i capi di migliaia, i capi di centinaia, gli amministratori di tutti i beni e del bestiame appartenente al re ed ai suoi figliuoli, insieme con gli ufficiali di corte, cogli uomini prodi e tutti i valorosi. Poi Davide, alzatosi e stando in piedi, disse: ‘Ascoltatemi, fratelli miei e popolo mio! Io avevo in cuore di edificare una casa di riposo per l’arca del patto dell’Eterno e per lo sgabello de’ piedi del nostro Dio, e avevo fatto dei preparativi per la fabbrica. Ma Dio mi disse: – Tu non edificherai una casa al mio nome, perché sei uomo di guerra e hai sparso del sangue. – L’Eterno, l’Iddio d’Israele, ha scelto me, in tutta la casa di mio padre, perché io fossi re d’Israele in perpetuo; poich’egli ha scelto Giuda, come principe; e, nella casa di Giuda, la casa di mio padre; e tra i figliuoli di mio padre gli è piaciuto di far me re di tutto Israele; e fra tutti i miei figliuoli – giacché l’Eterno mi ha dati molti figliuoli – egli ha scelto il figliuol mio Salomone, perché segga sul trono dell’Eterno, che regna sopra Israele. Egli m’ha detto: – Salomone, tuo figliuolo, sarà quegli che edificherà la mia casa e i miei cortili; poiché io l’ho scelto per mio figliuolo, ed io gli sarò padre. E stabilirò saldamente il suo regno in perpetuo, s’egli sarà perseverante nella pratica de’ miei comandamenti e de’ miei precetti, com’è oggi” (1 Cron. 28:1-7).
Il regno di Roboamo, figlio di Salomone, fu diviso in due per volere di Dio perché questa fu la punizione che Dio inflisse a Salomone per essersi sviato da Lui, e così dieci tribù furono date a Geroboamo e le altre due rimasero a Roboamo. Dio aveva preannunciato tutto ciò a Geroboamo tramite il profeta Ahija di Scilo: “In quel tempo avvenne che Geroboamo, essendo uscito di Gerusalemme, s’imbatté per istrada nel profeta Ahija di Scilo, che portava un mantello nuovo; ed erano loro due soli nella campagna. Ahija prese il mantello nuovo che aveva addosso, lo stracciò in dodici pezzi, e disse a Geroboamo: ‘Prendine per te dieci pezzi, perché l’Eterno, l’Iddio d’Israele, dice così: – Ecco, io strappo questo regno dalle mani di Salomone, e te ne darò dieci tribù, ma gli resterà una tribù per amor di Davide mio servo, e per amor di Gerusalemme, della città che ho scelta fra tutte le tribù d’Israele. E ciò, perché i figliuoli d’Israele m’hanno abbandonato, si sono prostrati davanti ad Astarte, divinità dei Sidonî, davanti a Kemosh, dio di Moab e davanti a Milcom, dio dei figliuoli d’Ammon, e non han camminato nelle mie vie per fare ciò ch’è giusto agli occhi miei e per osservare le mie leggi e i miei precetti, come fece Davide, padre di Salomone. Nondimeno non torrò dalle mani di lui tutto il regno, ma lo manterrò principe tutto il tempo della sua vita, per amor di Davide, mio servo, che io scelsi, e che osservò i miei comandamenti e le mie leggi; ma torrò il regno dalle mani del suo figliuolo, e te ne darò dieci tribù; e al suo figliuolo lascerò una tribù, affinché Davide, mio servo, abbia sempre una lampada davanti a me in Gerusalemme, nella città che ho scelta per mettervi il mio nome. Io prenderò dunque te, e tu regnerai su tutto quello che l’anima tua desidererà, e sarai re sopra Israele. E se tu ubbidisci a tutto quello che ti comanderò, e cammini nelle mie vie, e fai ciò ch’è giusto agli occhi miei, osservando le mie leggi e i miei comandamenti, come fece Davide mio servo, io sarò con te, ti edificherò una casa stabile, come ne edificai una a Davide, e ti darò Israele; e umilierò così la progenie di Davide, ma non per sempre” (1 Re 11:29-39). Il fatto dunque che Roboamo quando diventò re, non volle dare retta al popolo perché dette retta al consiglio dei giovani anziché a quello degli anziani, cosa questa che provocò l’ira del popolo d’Israele che elesse re sopra di esso Geroboamo e si divise da Giuda, fu una cosa diretta da Dio. “Roboamo andò a Sichem, perché tutto Israele era venuto a Sichem per farlo re. Quando Geroboamo, figliuolo di Nebat, ebbe di ciò notizia, si trovava ancora in Egitto, dov’era fuggito per scampare dal re Salomone; stava in Egitto, e quivi lo mandarono a chiamare. Allora Geroboamo e tutta la raunanza d’Israele vennero a parlare a Roboamo, e gli dissero: ‘Tuo padre ha reso duro il nostro giogo; ora rendi tu più lieve la dura servitù e il giogo pesante che tuo padre ci ha imposti, e noi ti serviremo’. Ed egli rispose loro: ‘Andatevene, e tornate da me fra tre giorni’. E il popolo se ne andò. Il re Roboamo si consigliò coi vecchi ch’erano stati al servizio del re Salomone suo padre mentre era vivo, e disse: ‘Che mi consigliate voi di rispondere a questo popolo?’ E quelli gli parlarono così: ‘Se oggi tu ti fai servo di questo popolo, se tu gli cedi, se gli rispondi e gli parli con bontà, ti sarà servo per sempre’. Ma Roboamo abbandonò il consiglio datogli dai vecchi, e si consigliò coi giovani ch’eran cresciuti con lui ed erano al suo servizio, e disse loro: ‘Come consigliate voi che rispondiamo a questo popolo che m’ha parlato dicendo: – Allevia il giogo che tuo padre ci ha imposto?’ E i giovani ch’erano cresciuti con lui, gli parlarono così: ‘Ecco quel che dirai a questo popolo che s’è rivolto a te dicendo: – Tuo padre ha reso pesante il nostro giogo, e tu ce lo allevia! – Gli risponderai così: – Il mio dito mignolo è più grosso del corpo di mio padre; ora, mio padre vi ha caricati d’un giogo pesante, ma io lo renderò più pesante ancora; mio padre vi ha castigati con la frusta, e io vi castigherò coi flagelli a punte’. Tre giorni dopo, Geroboamo e tutto il popolo vennero da Roboamo, come aveva ordinato il re dicendo: ‘Tornate da me fra tre giorni’. E il re rispose aspramente, abbandonando il consiglio che i vecchi gli aveano dato; e parlò al popolo secondo il consiglio dei giovani, dicendo: ‘Mio padre ha reso pesante il vostro giogo, ma io lo renderò più pesante ancora; mio padre vi ha castigati con la frusta, e io vi castigherò coi flagelli a punte’. Così il re non diede ascolto al popolo; perché questa cosa era diretta dall’Eterno, affinché si adempisse la parola da lui detta per mezzo di Ahija di Scilo a Geroboamo, figliuolo di Nebat. E quando tutto il popolo d’Israele vide che il re non gli dava ascolto, rispose al re, dicendo: ‘Che abbiam noi da fare con Davide? Noi non abbiam nulla di comune col figliuolo d’Isai! Alle tue tende, o Israele! Provvedi ora tu alla tua casa, o Davide!’ E Israele se ne andò alle sue tende. Ma sui figliuoli d’Israele che abitavano nelle città di Giuda, regnò Roboamo. E il re Roboamo mandò loro Adoram, preposto alle comandate; ma tutto Israele lo lapidò, ed egli morì. E il re Roboamo salì in fretta sopra un carro per fuggire a Gerusalemme. Così Israele si ribellò alla casa di Davide, ed è rimasto ribelle fino al dì d’oggi. E quando tutto Israele ebbe udito che Geroboamo era tornato, lo mandò a chiamare perché venisse nella raunanza, e lo fece re su tutto Israele. Nessuno seguitò la casa di Davide, tranne la sola tribù di Giuda. E Roboamo, giunto che fu a Gerusalemme, radunò tutta la casa di Giuda e la tribù di Beniamino, centottantamila uomini, guerrieri scelti, per combattere contro la casa d’Israele e restituire il regno a Roboamo, figliuolo di Salomone. Ma la parola di Dio fu così rivolta a Scemaia, uomo di Dio: ‘Parla a Roboamo, figliuolo di Salomone, re di Giuda, a tutta la casa di Giuda e di Beniamino e al resto del popolo, e di’ loro: – Così parla l’Eterno: Non salite a combattere contro i vostri fratelli, i figliuoli d’Israele! Ognuno se ne torni a casa sua; perché questo è avvenuto per voler mio’. Quelli ubbidirono alla parola dell’Eterno, e se ne tornaron via secondo la parola dell’Eterno” (1 Re 12:1-24).
Izebel, la moglie di Achab, quando morì fu divorata dai cani perché Dio aveva predetto e decretato ciò: “Anche riguardo a Izebel l’Eterno parla e dice: I cani divoreranno Izebel sotto le mura d’Izreel …. Poi Jehu giunse ad Izreel. Izebel, che lo seppe, si diede il belletto agli occhi, si acconciò il capo, e si mise alla finestra a guardare. E come Jehu entrava per la porta di città, ella gli disse: ‘Rechi pace, novello Zimri, uccisore del tuo signore?’ Jehu alzò gli occhi verso la finestra, e disse: ‘Chi è per me? chi?’ E due o tre eunuchi, affacciatisi, volsero lo sguardo verso di lui. Egli disse: ‘Buttatela giù!’ Quelli la buttarono; e il suo sangue schizzò contro il muro e contro i cavalli. Jehu le passò sopra, calpestandola; poi entrò, mangiò e bevve, quindi disse: ‘Andate a vedere di quella maledetta donna e sotterratela, giacché è figliuola di re’. Andaron dunque per sotterrarla, ma non trovarono di lei altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani. E tornarono a riferir la cosa a Jehu, il quale disse: ‘Questa è la parola dell’Eterno pronunziata per mezzo del suo servo Elia il Tishbita, quando disse: ‘I cani divoreranno la carne di Izebel nel campo d’Izreel; e il cadavere di Izebel sarà, nel campo d’Izreel, come letame sulla superficie del suolo, in guisa che non si potrà dire: – Questa è Izebel” (1 Re 21:23; 9:30-37).
Achab, re d’Israele, morì in battaglia perché così Dio aveva predetto a Achab tramite il profeta Micaiah: “E Micaiah disse: ‘Se tu ritorni sano e salvo, non sarà l’Eterno quegli che avrà parlato per bocca mia’. E aggiunse: ‘Udite questo, o voi, popoli tutti!’ (1 Re 22:28). La sua morte fu causata da un freccia scoccata a caso da qualcuno (cfr. 1 Re 22:34). Ovviamente fu Dio a farlo colpire mortalmente da quella freccia.
Geremia diventò profeta perché a questo ufficio era stato destinato da Dio ancora prima che egli nascesse: “La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: ‘Prima ch’io ti avessi formato nel seno di tua madre, io t’ho conosciuto; e prima che tu uscissi dal suo seno, io t’ho consacrato e t’ho costituito profeta delle nazioni” (Ger. 1:4-5).
Gli Israeliti tornarono da Babilonia in Israele dopo 70 anni di cattività perché così aveva prestabilito Dio dover avvenire, e per fare accadere questo ritorno Dio destò lo spirito del re Ciro. La predizione: “E tutto questo paese sarà ridotto in una solitudine e in una desolazione, e queste nazioni serviranno il re di Babilonia per settant’anni. Ma quando saran compiuti i settant’anni, io punirò il re di Babilonia e quella nazione, dice l’Eterno, a motivo della loro iniquità, e punirò il paese de’ Caldei, e lo ridurrò in una desolazione perpetua. E farò venire su quel paese tutte le cose che ho annunziate contro di lui, tutto ciò ch’è scritto in questo libro, ciò che Geremia ha profetizzato contro tutte le nazioni. Infatti, nazioni numerose e re potenti ridurranno in servitù i Caldei stessi; io li retribuirò secondo le loro azioni, secondo l’opera delle loro mani” (Ger. 25:11-14). L’adempimento: “Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché s’adempisse la parola dell’Eterno pronunziata per bocca di Geremia, l’Eterno destò lo spirito di Ciro, re di Persia, il quale, a voce e per iscritto, fece pubblicare per tutto il suo regno quest’editto: ‘Così dice Ciro, re di Persia: L’Eterno, l’Iddio de’ cieli, m’ha dato tutti i regni della terra, ed egli m’ha comandato di edificargli una casa a Gerusalemme, ch’è in Giuda. Chiunque tra voi è del suo popolo, sia il suo Dio con lui, e salga a Gerusalemme, ch’è in Giuda, ed edifichi la casa dell’Eterno, dell’Iddio d’Israele, dell’Iddio ch’è a Gerusalemme. Tutti quelli che rimangono ancora del popolo dell’Eterno, in qualunque luogo dimorino, la gente del luogo li assista con argento, con oro, con doni in natura, bestiame, aggiungendovi offerte volontarie per la casa dell’Iddio ch’è a Gerusalemme” (Esd. 1:1-4).
I seguenti regni; regno di Media e Persia, regno di Grecia e Impero Romano sorsero perché fu Dio a volerlo. Egli rivelò al profeta Daniele che sarebbero sorti quei regni molto tempo prima che sorgessero (cfr. Dan. 2:29-45; 7:1-7; 8:1-25).
Le guerre tra il re del settentrione e il re del mezzogiorno che seguirono la caduta del regno di Grecia, erano state predette nei particolari da Dio a Daniele (cfr. Dan. 11:2-45). In relazione ad esse va detto che queste guerre erano scritte nel libro della verità (un libro celeste) e furono rivelate da Dio a Daniele (cfr. Dan. 10:21).
Giovanni Battista nacque affinchè si adempissero le seguenti parole pronunciate da Dio tramite il profeta Malachia: “Ecco, io vi mando il mio messaggero; egli preparerà la via davanti a me” (Mal. 3:1; cfr. Mat. 11:10).
Saulo da Tarso da persecutore della Chiesa diventò apostolo e dottore dei Gentili perché Dio lo aveva destinato a quest’ufficio quand’era ancora nel seno di sua madre: “Difatti voi avete udito quale sia stata la mia condotta nel passato, quando ero nel giudaismo; come perseguitavo a tutto potere la Chiesa di Dio e la devastavo, e mi segnalavo nel giudaismo più di molti della mia età fra i miei connazionali, essendo estremamente zelante delle tradizioni dei miei padri. Ma quando Iddio, che m’aveva appartato fin dal seno di mia madre e m’ha chiamato mediante la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il suo Figliuolo perch’io lo annunziassi fra i Gentili, io non mi consigliai con carne e sangue, e non salii a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di me, ma subito me ne andai in Arabia; quindi tornai di nuovo a Damasco” (Gal. 1:13-17). E Dio lo chiamò mentre egli se ne andava a Damasco a perseguitare i santi, tramite una visione in cui gli apparve Gesù Cristo che gli parlò. Quando Anania si recò da Saulo gli disse: “L’Iddio de’ nostri padri ti ha destinato a conoscer la sua volontà, e a vedere il Giusto, e a udire una voce dalla sua bocca” (Atti 22:14).
Paolo a Gerusalemme fu preso dai Giudei e messo nelle mani dei Romani perché così Dio aveva predetto tramite il profeta Agabo: “Eravamo quivi da molti giorni, quando scese dalla Giudea un certo profeta, di nome Agabo, il quale, venuto da noi, prese la cintura di Paolo, se ne legò i piedi e le mani, e disse: Questo dice lo Spirito Santo: Così legheranno i Giudei a Gerusalemme l’uomo di cui è questa cintura, e lo metteranno nelle mani dei Gentili. Quando udimmo queste cose, tanto noi che quei del luogo lo pregavamo di non salire a Gerusalemme. Paolo allora rispose: Che fate voi, piangendo e spezzandomi il cuore? Poiché io son pronto non solo ad esser legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signor Gesù. E non lasciandosi egli persuadere, ci acquetammo, dicendo: Sia fatta la volontà del Signore” (Atti 21:10-14).
Gerusalemme fu distrutta nel 70 dopo Cristo, e molti dei suoi abitanti uccisi e portati in cattività, perché si doveva adempiere sia ciò che era stato scritto dai profeti, e sia quello che poi Gesù Cristo confermò: “Quando vedrete Gerusalemme circondata d’eserciti, sappiate allora che la sua desolazione è vicina. Allora quelli che sono in Giudea, fuggano a’ monti; e quelli che sono nella città, se ne partano; e quelli che sono per la campagna, non entrino in lei. Perché quelli son giorni di vendetta, affinché tutte le cose che sono scritte, siano adempite” (Luca 21:10-14).
La bestia che non è, e deve salire dall’abisso, deve andare in perdizione: “La bestia che hai veduta era, e non è, e deve salire dall’abisso e andare in perdizione” (Apoc. 17:8), e così avverrà. Quindi la bestia è destinata alla perdizione.
Il destino a proposito della salvezza
Quando si parla del destino naturalmente non si può non parlare della salvezza che abbiamo ottenuto per la grazia di Dio mediante la fede in Cristo; perché? Perché noi siamo stati destinati da Dio ad ottenerla, o meglio predestinati da Dio ad ottenerla. E’ stato per la sua volontà che noi siamo stati salvati dunque, non in virtù di una volontà umana. Paolo dice ai Romani: “Perché quelli che Egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati ad esser conformi all’immagine del suo Figliuolo, ond’egli sia il primogenito fra molti fratelli; e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati” (Rom. 8:29-30), e agli Efesini: “Benedetto sia l’Iddio e Padre del nostro Signor Gesù Cristo, il quale ci ha benedetti d’ogni benedizione spirituale ne’ luoghi celesti in Cristo, siccome in lui ci ha eletti, prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi ed irreprensibili dinanzi a lui nell’amore, avendoci predestinati ad essere adottati, per mezzo di Gesù Cristo, come suoi figliuoli, secondo il beneplacito della sua volontà: a lode della gloria della sua grazia, la quale Egli ci ha largita nell’amato suo” (Ef. 1:3-6) e ancora ai Romani: “Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia” (Rom. 9:16). Tu forse dirai: Ma non sono io che ho creduto? Sì, certo tu hai creduto, ma chi ti ha messo in grado di credere? Non è forse stato Dio? La fede non è il dono di Dio? O forse puoi dimostrarmi che la fede è qualcosa che viene dall’uomo? La Scrittura mi insegna che a noi è stato dato di credere in Cristo (cfr. Fil. 1:29) e che è il Padre che ci ha messo in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce (cfr. Col. 1:12), ecco perché dobbiamo rendere del continuo grazie a Dio, perché a Lui è piaciuto eleggerci a salvezza, a Lui è piaciuto farci misericordia. Noi eravamo perduti, lontani da Dio, con la mente ottenebrata, schiavi di ogni peccato, incapaci da noi stessi di andare a Cristo per ottenere da Lui il perdono dei nostri peccati e la pace. Se non fosse stato per Dio che ci ha attratti a Cristo, noi non avremmo mai potuto credere in Cristo. Gesù lo disse: “Per questo v’ho detto che niuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre” (Giov. 6:65). Sì, noi siamo andati a Cristo, ma perché attratti a Lui da Dio. L’attrazione verso Cristo quindi che noi abbiamo sperimentato a suo tempo l’abbiamo sperimentata perché Dio ce la diede. In altre parole perché siamo stati predestinati a sperimentarla per ottenere la salvezza; l’ottenimento della salvezza è quindi parte del nostro destino, parte del piano di Dio verso di noi. Come non si può parlare di destino anche per ciò che riguarda la nostra salvezza, quando la Scrittura dice che Dio ci ha predestinati ad essere adottati come suoi figliuoli? Quando la Scrittura dice che Egli ci ha generati di sua volontà mediante la Parola di verità affinché noi fossimo in certo modo le primizie delle sue creature (cfr. Giac. 1:18)? Chi ha preso l’iniziativa affinché noi credessimo? Dio. Chi fece sì che il nostro cuore si aprisse all’amore della verità? Dio. Chi ci aprì la mente per intendere le Scritture? Dio. E’ per la sua volontà quindi che noi siamo nati di nuovo; sì per la sua volontà. E’ Lui che ha deciso di farci rinascere e noi abbiamo sperimentato la nuova nascita. Ma dimmi un po’: ‘Ma chi ha deciso di farci nascere la prima volta? Chi ha fatto sì che nostra madre rimanesse incinta e ci partorisse dopo nove mesi? Non fu Dio? Non fu forse Lui che visitò nostra madre, che ci diede alla luce nel tempo e nel luogo fissati da Dio? O puoi dimostrarmi che siamo stati noi a decidere di nascere la prima volta? E così è della seconda nascita, cioè della nuova nascita, che abbiamo sperimentato; è stato per decreto di Dio che noi siamo nati di nuovo. Diamo dunque gloria a Dio perché a Lui è piaciuto farci rinascere: non togliamogli la gloria che gli spetta fino in fondo prendendocene una parte per noi. Ricordati che noi uomini siamo l’argilla e che Dio è il vasaio; e Lui ha il potere di trarre dalla stessa massa un vaso per uso nobile e un altro per uso ignobile. L’uomo non ha il potere di diventare da sé un vaso ad uso nobile. Quindi i peccatori che muoiono nei loro peccati sono stati destinati alla perdizione? Sì, proprio così. Dei Giudei che essendo disubbidienti intoppano nella Parola, Pietro dice che “a questo sono stati anche destinati” (1 Piet. 2:8). Paolo dice che ci sono dei vasi d’ira preparati per la perdizione (cfr. Rom. 9:22). A costoro Dio indura il cuore e acceca gli occhi affinché non vedano con gli occhi e non intendano col cuore e non si convertano (cfr. Giov. 12:40). Dio indura chi vuole Lui, ha le sue ragioni per farlo: chi siamo noi da potergli replicare?
48. Luca 16:19-31 è una storia realmente accaduta o una parabola?
E’ una storia: quello che mi fa propendere verso il racconto storico è il fatto che vengono menzionati due nomi di persone, cioè quello del patriarca Abramo e del povero Lazzaro, cosa questa che non viene fatta in nessuna parabola raccontata da Gesù. Leggi tutte le parabole di Gesù e constaterai questo.
L’altra cosa che mi fa propendere verso il racconto storico è che in queste parole di Gesù c’è un dialogo tra Abramo e un ricco occorso nel mondo ultraterreno, dialogo che è pieno di particolari; non esiste neppure una sola parabola dove c’è il racconto di qualcosa che è avvenuto nel mondo invisibile.
Ma c’è un’altra cosa che depone a favore del racconto storico anziché della parabola ed è che questo racconto era molto chiaro anche per coloro che erano di fuori, cioè era perfettamente comprensibile anche da parte di quelli che non erano discepoli del Signore; mentre le parabole di Gesù non erano comprensibili a quelli di fuori, in altre parole erano fatte in maniera tale da costituire un parlare oscuro per quelli di fuori, e come tu sai fu proprio affinché quelli di fuori non intendessero che Gesù parlò alle turbe in parabole (mentre in privato spiegava ogni cosa ai suoi discepoli) infatti un giorno quando i suoi discepoli gli domandarono perché parlasse alle turbe in parabole Gesù rispose loro: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli; ma a loro non è dato. Perché a chiunque ha, sarà dato, e sarà nell’abbondanza; ma a chiunque non ha, sarà tolto anche quello che ha. Perciò parlo loro in parabole, perché, vedendo, non vedono; e udendo, non odono e non intendono. E s’adempie in loro la profezia d’Isaia che dice: Udrete co’ vostri orecchi e non intenderete; guarderete co’ vostri occhi e non vedrete; perché il cuore di questo popolo s’è fatto insensibile, son divenuti duri d’orecchi ed hanno chiuso gli occhi, che talora non veggano con gli occhi e non odano con gli orecchi e non intendano col cuore e non si convertano, ed io non li guarisca” (Matt. 13:11-15).
Ma d’altronde Gesù in quell’occasione dovette per forza raccontare un fatto realmente avvenuto e quindi facilmente comprensibile (e non una parabola) perché questo fatto lui lo raccontò quando vide che i farisei che amavano il denaro udirono alcuni suoi insegnamenti e se ne fecero beffe (cfr. Luca 16:14) per cui Gesù doveva per forza spiegare loro in maniera chiara la fine che facevano tutti coloro che amavano il denaro affinché quei Farisei fossero severamente ammoniti. E la storia del ricco e di Lazzaro spiega in maniera molto chiara che fine attende quelli che amano il denaro: questo racconto non ha proprio bisogno di commenti e di spiegazioni perché si commenta e si spiega da sé tanto è chiaro.
49. Che versione della Bibbia mi consigli di usare?
Io personalmente ti consiglio di usare la Versione Riveduta Luzzi, che è quella che per altro uso io da che mi sono convertito. Ti consiglio però anche di usare la versione Diodati che è la versione Biblica da cui è stata fatta la Riveduta. Il suo linguaggio è piuttosto antico paragonato a quello odierno, e risulta di difficile comprensione in certi casi, ma è ottima come versione Biblica perché il traduttore (Giovanni Diodati) ha fatto una traduzione letterale sia dell’Antico che del Nuovo Testamento (le parole in corsivo che non erano nei manoscritti e che sono presenti nella Diodati hanno il solo fine di rendere più chiaro il discorso). Consultala spesso la Diodati, non la trascurare, cerca di fare sempre un raffronto tra la Riveduta e la Diodati, anche se magari userai per la lettura o la predicazione la Riveduta come faccio io.
50. Ho notato che la Bibbia insegna che il sole gira attorno alla terra, ma non è forse vero che è invece la terra che gira attorno al sole?
Ascolta, guarda che la Bibbia non insegna affatto che il sole gira attorno alla terra; ma come avrebbe mai potuto Dio, il Creatore di tutte le cose, far dire una cosa del genere a qualcuno? Tu pensi che Colui che ha creato il nostro sistema solare, che lo conosce nei suoi minimi dettagli meglio di qualsiasi scienziato moderno, abbia potuto insegnare una simile cosa che non corrisponde affatto al vero? No, non è come dici tu e come pensano molti in questo mondo, anche se apparentemente certi passaggi biblici sembra che depongano a favore di questa tesi. I passi biblici sono i seguenti: “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l’opera delle sue mani. Un giorno sgorga parole all’altro, una notte comunica conoscenza all’altra. Non hanno favella, né parole; la loro voce non s’ode. Ma il loro suono esce fuori per tutta la terra, e i loro accenti vanno fino all’estremità del mondo. Quivi Iddio ha posto una tenda per il sole, ed egli è simile a uno sposo ch’esce dalla sua camera nuziale; gioisce come un prode a correre l’arringo. La sua uscita è da una estremità de’ cieli, e il suo giro arriva fino all’altra estremità; e niente è nascosto al suo calore” (Sal. 19:1-6). Ora, come puoi vedere la descrizione che fa il salmista del corso del sole è semplicemente quella che ciascuno di noi vede con i propri occhi, o mi sbaglio? Non è forse vero che quello che noi vediamo sulla terra è il sole uscire da oriente, levarsi, girare sulle nostre teste fino a ponente dove tramonta e scompare dalla nostra vista? Quando dunque il salmista dice: “La sua uscita è da una estremità de’ cieli, e il suo giro arriva fino all’altra estremità; e niente è nascosto al suo calore” (Sal. 19:6), non ha per nulla detto una cosa falsa ma perfettamente verace.
Ma allora – tu dirai a questo punto – come mai se Dio sapeva che era la terra a girare attorno al sole, non ha fatto sì che fosse scritto? E io ti rispondo: ‘Perché Dio avrebbe dovuto farlo scrivere?’ A che pro? Per confondere la mente dei Giudei? Ma te lo immagini un Giudeo di quel tempo che leggeva che la terra girava attorno al sole che cosa avrebbe potuto pensare della sacra Scrittura? Dio non poteva far scrivere una simile cosa in questi termini perché sarebbe passato per bugiardo agli occhi degli Ebrei. Essi infatti non vedevano la terra girare ma la vedevano ferma (la stessa cosa per altro che vediamo noi), e vedevano il sole fare un giro da una estremità all’altra dei cieli (la stessa cosa che vediamo noi). Quindi Dio volle far trascrivere i movimenti del sole in base agli occhi degli uomini che si trovano sulla terra e lo ha fatto in maniera sublime senza per questo annullare la scoperta degli astronomi secondo cui è la terra a girare attorno al sole, e non solo gira attorno al sole ma gira pure su sé stessa, giro questo che produce l’alternarsi del giorno e della notte mentre il giro che la terra fa attorno al sole produce l’alternarsi delle quattro stagioni.
Anche a proposito del fatto che la terra gira su sè stessa, Dio lo sapeva, ma Dio ha voluto chiamare la terra “terra ferma” (Ezec. 27:29), cosa per altro che facciamo pure noi? Non è forse verso infatti che anche noi la chiamiamo ‘terra ferma’? Eppure essa si muove su sè stessa, gira ad un’altissima velocità. Ma pensa se Dio avesse dovuto spiegare agli antichi che la terra girava velocissimamente su sè stessa; ma cosa avrebbero potuto pensare e dire gli antichi? Che l’Iddio degli Ebrei era un bugiardo!! Quindi io giudico saggio (e come potrei definirlo altrimenti?) il comportamento di Dio nel non avere voluto fare scrivere certe cose nella Bibbia a proposito del nostro sistema solare. D’altronde Dio non intese mai fare scrivere un trattato di astronomia; avrebbe potuto farlo, e sicuramente sarebbe stato il trattato astronomico per eccellenza. Ma chi avrebbe capito e creduto alle cose da lui dette?
51. Potresti spiegarmi Romani 3:7: “Ma se per la mia menzogna la verità di Dio è abbondata a sua gloria, perché son io ancora giudicato come peccatore?”?
“Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? O qual è la utilità della circoncisione? Grande per ogni maniera; prima di tutto, perché a loro furono affidati gli oracoli di Dio. Poiché che vuol dire se alcuni sono stati increduli? Annullerà la loro incredulità la fedeltà di Dio? Così non sia; anzi, sia Dio riconosciuto verace, ma ogni uomo bugiardo, siccome è scritto: Affinché tu sia riconosciuto giusto nelle tue parole, e resti vincitore quando sei giudicato. Ma se la nostra ingiustizia fa risaltare la giustizia di Dio, che diremo noi? Iddio è egli ingiusto quando dà corso alla sua ira? (Io parlo umanamente). Così non sia; perché, altrimenti, come giudicherà egli il mondo? Ma se per la mia menzogna la verità di Dio è abbondata a sua gloria, perché son io ancora giudicato come peccatore? E perché (secondo la calunnia che ci è lanciata e la massima che taluni ci attribuiscono), perché non «facciamo il male affinché ne venga il bene?» La condanna di quei tali è giusta” (Romani 3:1-8).
Ora, Paolo poco prima ha detto che Dio è giusto nelle sue parole e resta vincitore quando viene giudicato, sì perché ci sono taluni che ardiscono persino giudicare Dio ma il loro giudizio risulta mendace perché giudicano le vie di Dio empiamente. In verità l’uomo non può averla vinta con Dio perché Dio non è un uomo che talvolta sbaglia e per questo può essere criticato e biasimato. Ma allora, partendo da questo presupposto, se io commetto un’ingiustizia non è forse Dio ingiusto nel punirmi dato che la mia ingiustizia alla fine ridonderà alla sua lode perché fa risaltare la sua eccelsa giustizia? Come dire insomma: ‘Dio non dovrebbe adirarsi con me perché la mia ingiustizia fa risaltare la sua giustizia!’ Sì, è vero che la nostra ingiustizia fa risaltare la giustizia di Dio, ma appunto perché Dio è giusto Egli si adira e ci punisce. Guai se non fosse così! Come potrebbe in quel giorno giudicare il mondo? Come potrebbe un Dio ingiusto giudicare con equità in quel giorno tutti gli uomini? Iddio dunque non è ingiusto quando punisce gli ingiusti, anche se l’ingiustizia di quest’ultimi fa risaltare la giustizia di Dio. Dunque, non per il fatto che l’ingiustizia dell’uomo mette in evidenza la giustizia di Dio, Dio non può dare corso alla sua ira verso gli ingiusti punendoli, altrimenti cesserebbe di essere in grado di giudicare il mondo in quel giorno.
Lo stesso discorso va fatto a proposito di coloro che mentono, non è che per il fatto che tramite le loro menzogne la verità di Dio viene glorificata, cioè che tramite le loro menzogne la verità di Dio è abbondata a sua gloria, essi non possono essere giudicati da Dio come peccatori, perché tali sono i bugiardi e quindi meritano anch’essi di essere puniti da Dio.
Paolo poi termina con una domanda che è la seguente: “E perché (secondo la calunnia che ci è lanciata e la massima che taluni ci attribuiscono), perché non ‘facciamo il male affinché ne venga il bene?”, in altre parole, se la nostra ingiustizia fa risaltare la giustizia di Dio e per la mia menzogna la verità di Dio è abbondata a sua gloria, perché non facciamo il male affinché ne venga del bene, una calunnia che ci viene lanciata e un detto che ci viene attribuito da taluni? La risposta è lapidaria “la condanna di quei tali è giusta”.
Quindi lungi da noi il consiglio degli empi che pensano, facendo il male, di procurare del bene a Dio, di fare qualcosa insomma per cui Dio li dovrebbe quasi ringraziare!!!! Gli empi se ne andranno al soggiorno dei morti, dove c’è il pianto e lo stridore dei denti; saranno condannati perché questo è quello che meritano da Dio, la condanna.
52. Che cosa vuole dire Paolo quando dice: “Quando sono debole, allora sono forte”?
Per capirlo occorre leggere tutto il contesto in cui lui dice queste parole. Ecco cosa dice Paolo: “Bisogna gloriarmi: non è cosa giovevole, ma pure, verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. Io conosco un uomo in Cristo, che quattordici anni fa (se fu col corpo non so, né so se fu senza il corpo; Iddio lo sa), fu rapito fino al terzo cielo. E so che quel tale (se fu col corpo o senza il corpo non so; Iddio lo sa) fu rapito in paradiso, e udì parole ineffabili che non è lecito all’uomo di proferire. Di quel tale io mi glorierò; ma di me stesso non mi glorierò se non nelle mie debolezze. Che se pur volessi gloriarmi, non sarei un pazzo, perché direi la verità; ma me ne astengo, perché nessuno mi stimi al di là di quel che mi vede essere, ovvero ode da me. E perché io non avessi ad insuperbire a motivo della eccellenza delle rivelazioni, m’è stata messa una scheggia nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi ond’io non insuperbisca. Tre volte ho pregato il Signore perché l’allontanasse da me; ed egli mi ha detto: La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza. Perciò molto volentieri mi glorierò piuttosto delle mie debolezze, onde la potenza di Cristo riposi su me. Per questo io mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando son debole, allora sono forte” (2 Cor. 12:1-10).
Ora, spieghiamo brevemente queste parole. Paolo si mette a gloriarsi delle visioni e delle rivelazioni avute dal Signore, e dice che quattordici anni prima fu rapito in paradiso e udì parole ineffabili che all’uomo non è lecito di proferire. Di quel tale Paolo si gloria, ma di lui si gloria solo nelle sue debolezze anche se lui dice che anche se volesse gloriarsi di quel tale non sarebbe un pazzo perché direbbe la verità, ma egli se ne astiene affinché nessuno si metta a stimarlo oltre misura cioè al di là di quello che gli sente dire. A questo punto l’apostolo dice che Dio gli ha messo una scheggia nella carne e un angelo di Satana per schiaffeggiarlo affinché lui non si insuperbisse a motivo della eccellenza delle rivelazioni ricevute; attenzione, non affinché non si gloriasse ma affinché non si insuperbisse che è differente. Paolo allora dice che ha pregato Dio chiedendogli di allontanargli quell’angelo di Satana, perché sicuramente gli cagionava grande dolore, ma il Signore gli disse che la sua grazia gli bastava perché la sua potenza si dimostrava perfetta nella sua debolezza, ecco perché Paolo dice che stando così le cose lui si sarebbe gloriato molto volentieri delle sue debolezze affinché la potenza di Cristo riposasse su di lui. Ma non solo Paolo si gloriava delle sue debolezze, ma si compiaceva in esse, e non solo in esse ma anche nelle ingiurie, nelle necessità, nelle persecuzioni e nelle angustie da lui patite per amore di Cristo, perché lui quando era debole allora era forte. In altre parole Paolo dice che la ragione di questo compiacimento in tutte queste cose era perché quando gli uomini lo abbassavano, lo contristavano, lo picchiavano, lo imprigionavano, lo calunniavano a cagione di Cristo, lui si sentiva particolarmente forte spiritualmente perché in lui si manifestava la potenza di Cristo in maniera gloriosa.
Dunque all’abbassamento da parte degli uomini corrispondeva l’innalzamento da parte di Cristo. E chi è che tra noi non ha sperimentato la stessa potenza di Cristo in mezzo a necessità, angustie, persecuzioni, ecc. a motivo di Cristo? Non è forse vero che quando noi ci troviamo nella distretta, nel bisogno e siamo perseguitati, noi manifestiamo più forza spirituale di quella che manifestiamo quando tutte le cose ci vanno ‘bene’? Per spiegarti questo con un esempio pratico ti farò l’esempio del digiuno. Io personalmente ho sperimentato che mentre si digiuna – non importa quanti giorni non si beve e non si mangia – si sperimenta una forza spirituale superiore a quando si mangia regolarmente. Certo, sopraggiunge la debolezza fisica, ma questa viene compensata da una forza spirituale particolare, il nostro uomo interno sperimenta una potenza particolare. Quindi se per esempio il digiuno è forzato a motivo di un imprigionamento o di una fuga a motivo di Cristo, si sarà contemporaneamente deboli fisicamente ma forti spiritualmente.
53. In che cosa consiste il digiuno biblico?
Il digiuno di cui parla in più posti la Bibbia consiste nell’astensione totale per un certo periodo di tempo (un giorno, tre giorni, sette giorni, quaranta giorni) dal mangiare e dal bere. Per esempio Mosè rimase sul monte Sinai per ben due volte quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare pane né bere acqua secondo che egli stesso disse: “Quand’io fui salito sul monte a prendere le tavole di pietra, le tavole del patto che l’Eterno avea fermato con voi, io rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane né bere acqua” (Deut. 9:9) e: “Poi mi prostrai davanti all’Eterno, come avevo fatto la prima volta, per quaranta giorni e per quaranta notti; non mangiai pane né bevvi acqua, a cagione del gran peccato che avevate commesso, facendo ciò ch’è male agli occhi dell’Eterno, per irritarlo” (Deut. 9:18).
Di Gesù viene detto che quando fu sospinto nel deserto per essere tentato dal diavolo rimase 40 giorni e 40 notti senza mangiare nulla (cfr. Matt. 4:1), il fatto che non ci sia scritto che non bevve nulla non significa che bevve qualcosa. Per esempio nel caso dei circa quaranta Giudei che in Gerusalemme fecero voto di non mangiare né bere finchè non avessero ucciso Paolo (cfr. Atti 23:11) viene detto che quando vennero ai capi sacerdoti e agli anziani dissero: “E vennero ai capi sacerdoti e agli anziani, e dissero: Noi abbiam fatto voto con imprecazione contro noi stessi, di non mangiare cosa alcuna, finché non abbiam ucciso Paolo” (Atti 23:14). Nota come quegli uomini non dissero che avevano fatto voto di non mangiare e di non bere ma solo di non mangiare, eppure Luca prima dice che avevano fatto voto di non mangiare e di non bere.
Saulo dopo che vide Gesù sulla via di Damasco, per tre giorni e tre notti “non mangiò né bevve” (Atti 9:9).
Nel caso di coloro che sono sposati, il digiuno naturalmente implica anche l’astensione dai normali rapporti sessuali con la propria moglie. Solitamente avviene però che ambedue digiunano e quindi decidono assieme di privarsi l’un dell’altro per un certo periodo. Questo lo si fa in ubbidienza all’ordine di Paolo che dice: “Non vi private l’un dell’altro, se non di comun consenso, per un tempo, affin di darvi alla preghiera e al digiuno; e poi ritornate assieme, onde Satana non vi tenti a motivo della vostra incontinenza” (1 Cor. 7:5 Diodati). Nel caso dunque chi digiuna è solo uno dei coniugi è bene che l’altro sia avvertito ed acconsenta.
Il digiuno è qualcosa di importante e di serio che se fatto per motivi puri cioè per umiliarsi davanti a Dio, confessare a lui i propri peccati, chiedergli aiuto e guida in particolari circostanze, o anche per passare un periodo di più intima comunione con il Signore ha una ricompensa da parte di Dio. E’ importante sottolineare a tale proposito che è bene che quando uno digiuna non faccia vedere che sta digiunando sfigurandosi la faccia, e la sola maniera per evitare che altri si accorgano del suo digiuno è quello di ungersi il capo con dell’olio e lavarsi la faccia spesso, questo infatti è l’ordine dato da Gesù: “E quando digiunate, non siate mesti d’aspetto come gl’ipocriti; poiché essi si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. Io vi dico in verità che cotesto è il premio che ne hanno. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, affinché non apparisca agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa” (Matt. 6:16-18).
54. L’imposizione delle mani è una pratica biblica?
Sì, l’imposizione delle mani è una pratica biblica.
La praticò Mosè quando dovette costituire Giosuè, figlio di Nun, quale suo successore. E’ scritto infatti: “E l’Eterno disse a Mosè: ‘Prenditi Giosuè, figliuolo di Nun, uomo in cui è lo spirito; poserai la tua mano su lui, lo farai comparire davanti al sacerdote Eleazar e davanti a tutta la raunanza, gli darai i tuoi ordini in loro presenza, e lo farai partecipe della tua autorità, affinché tutta la raunanza de’ figliuoli d’Israele gli obbedisca. Egli si presenterà davanti al sacerdote Eleazar, che consulterà per lui il giudizio dell’Urim davanti all’Eterno; egli e tutti i figliuoli d’Israele con lui e tutta la raunanza usciranno all’ordine di Eleazar ed entreranno all’ordine suo’. E Mosè fece come l’Eterno gli aveva ordinato; prese Giosuè e lo fece comparire davanti al sacerdote Eleazar e davanti a tutta la raunanza; posò su lui le sue mani e gli diede i suoi ordini, come l’Eterno aveva comandato per mezzo di Mosè” (Num. 27:18-23). La Scrittura dice a tale riguardo anche che “Giosuè, figliuolo di Nun, fu riempito dello spirito di sapienza, perché Mosè gli aveva imposto le mani; e i figliuoli d’Israele gli ubbidirono e fecero quello che l’Eterno avea comandato a Mosè” (Deut. 34:9).
La praticò Gesù Cristo nel guarire gli ammalati infatti è scritto: “E sul tramontar del sole, tutti quelli che aveano degli infermi di varie malattie, li menavano a lui; ed egli li guariva, imponendo le mani a ciascuno” (Luca 4:40). In quella circostanza dunque Gesù guarì gli ammalati imponendogli le mani, ma non sempre impose le mani sugli infermi per guarirli, alcune volte guarì gli ammalati senza imporgli le mani (come per esempio nel caso del servitore del centurione, o nel caso del paralitico che giaceva presso la vasca detta Betesda). Altri casi in cui Gesù guarì imponendo le mani furono quello della donna tutta curva da diciotto anni, secondo che è scritto che “pose le mani su lei, ed ella in quell’istante fu raddrizzata e glorificava Iddio” (Luca 13:13); quello del cieco di Betsaida a cui sputò negli occhi e gli impose le mani per due volte (cfr. Marco 8:22-26). A proposito dell’imposizione delle mani sugli infermi, Gesù prima di essere assunto in cielo disse ai suoi discepoli che uno dei segni che accompagneranno coloro che credono è che “imporranno le mani agli infermi ed essi guariranno” (Mar. 16:18).
I dodici apostoli praticarono l’imposizione delle mani quando gli furono presentati i sette che furono scelti dalla moltitudine per servire alle mense infatti è scritto: “E questo ragionamento piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia; e li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani” (Atti 6:5-6).
A Paolo e Barnaba, in Antiochia, dopo che lo Spirito Santo ordinò di metterli da parte per l’opera alla quale li aveva chiamati, furono imposte le mani (dopo digiuno e preghiera cfr. Atti 13:3).
Pietro e Giovanni imposero le mani sui credenti di Samaria affinché ricevessero lo Spirito Santo (cfr. Atti 8:14-17).
Anania, quel discepolo timorato di Dio che viveva in Damasco, impose le mani su Saulo affinché questi recuperasse la vista e fosse ripieno di Spirito Santo (cfr. Atti 9:10-18).
Paolo impose le mani sia per guarire che per far ricevere lo Spirito Santo. Quando andò a trovare il padre di Publio sull’isola di Malta, il quale giaceva malato di febbre e di dissenteria, Paolo dopo avere pregato “gl’impose le mani e lo guarì” (Atti 28:8). Quando egli incontrò ad Efeso quei circa dodici discepoli che non avevano neppure sentito dire che ci fosse lo Spirito Santo, gli impose le mani e lo Spirito Santo scese su loro e parlavano in altre lingue e profetizzavano (cfr. Atti 19:6). Anche Timoteo ricevette il dono dello Spirito Santo tramite l’imposizione delle sue mani (cfr. 2 Tim. 1:6).
Paolo ordina a Timoteo di non imporre con precipitazione le mani ad alcuno (cfr. 1 Tim. 5:22).
Il collegio degli anziani di una Chiesa impose le mani su Timoteo (non sappiamo però quale fu la circostanza) e questa imposizione delle mani fu accompagnata da una profezia con la quale Dio diede a Timoteo un dono (cfr. 1 Tim. 4:14). Quindi l’imposizione delle mani anticamente veniva esercitata per consacrare qualcuno ad un certo ministerio o opera, per guarire gli ammalati, e per conferire lo Spirito Santo ai credenti. Esercitarla dunque anche oggi per queste ragioni è giusto e lecito.
55. Caro fratello, vorrei sapere la tua opinione su questo argomento: Come si può conciliare 1Cor.13:13 dove leggiamo che la fede e la speranza durano (presuppongo in eterno insieme alla carità), con altre dichiarazioni da cui sembra che la fede e la speranza cesseranno (vedi Rom. 8:24,25; 2 Cor. 5:7; Ebr. 8:11)? Quando sarà arrivata la perfezione a cosa serviranno la fede e la speranza?
Ascolta, fratello, la mia opinione è questa, e cioè che quando la perfezione sarà giunta noi smetteremo di sperare nella redenzione del nostro corpo, e questo perché il nostro corpo sarà trasformato dalla potenza di Dio e reso conforme al corpo della gloria del nostro Signore Gesù Cristo. Finalmente vedremo quello che per tanto tempo abbiamo sperato di vedere, e se lo vedremo redento che bisogno ci sarà ancora di sperare di vederlo redento? Dice bene Paolo: “Poiché noi siamo stati salvati in isperanza. Or la speranza di quel che si vede, non è speranza; difatti, quello che uno vede, perché lo spererebbe egli ancora?” (Rom. 8:24). Si può sperare solo qualcosa che ancora non vediamo, quindi è evidente che fino a che non vedremo quello che noi aspettiamo con fede e pazienza la speranza sarà in noi, poi quando vedremo quello che abbiamo sperato allora quella speranza smetterà di essere tale. Potremo dire in quel giorno che quella era stata la nostra speranza per tanto tempo, ma certamente non potremo più dire di sperare ancora quella determinata cosa. E’ un po’ insomma come quando si prega Dio di provvedere ad una nostra particolare necessità; è evidente che fino a che Dio non ci darà quella cosa noi la spereremo, e poi smetteremo di sperare di riceverla una volta che l’avremo ricevuta. Se un genitore ha un figlio che vive lontano da Dio e prega Dio di salvarlo, egli può dire di avere la speranza di vedere un giorno suo figlio salvato dal Signore, ma è evidente che quando questo suo figlio sarà salvato non potrà continuare a sperare la stessa cosa perché quella speranza si è compiuta nel Signore, suo figlio è stato salvato perché mai dovrebbe ancora sperare che sia salvato? Per ciò che concerne la fede invece ritengo che le cose siano un po’ diverse perché anche dopo che sarà giunta la perfezione noi continueremo a credere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio morto per i nostri peccati e risorto per la nostra giustificazione, continueremo a credere che siamo stati salvati per grazia. Possiamo noi dire che quando la perfezione sarà venuta cesseremo di credere queste cose? Cesseremo di credere alla Parola di Dio? Io non me la sento di dire questo. Se lo dicessi dovrei pure dire che quando la perfezione sarà venuta i santi smetteranno di essere dei credenti perché la parola stessa ‘credenti’ indica il fatto che essi credono, che hanno la fede, e dato che essi non avrebbero più la fede cesserebbero di essere dei credenti. Ma come si può dire che un giorno i santi smetteranno di credere nel loro Salvatore e Signore? Cosa dire allora delle parole di Paolo: “Or dunque queste tre cose durano: fede, speranza, carità; ma la più grande di esse è la carità” (1 Cor. 13:13)? Io ritengo che quel “durano” si riferisca al tempo presente infatti Diodati ha tradotto così: “Or queste tre cose durano al presente”, e comunque tra queste tre cose la più grande è la carità.
Voglio dire pure questo; considerando che Paolo al versetto 2 parla di tutta la fede in modo da trasportare i monti, si può pure dire che quando la perfezione sarà venuta il dono della fede cesserà di esistere, questo dono infatti è uno dei doni spirituali menzionati da Paolo (cfr. 1 Cor. 12:9). Dono che permette di compiere segni prodigiosi, segni che naturalmente non ci sarà più bisogno di compiere quando la perfezione sarà venuta. Quindi sono pure d’accordo nel dire che la fede un giorno cesserà, ma la fede come dono dello Spirito Santo che mette in grado di fare miracoli, che è una fede speciale che non tutti i credenti hanno, come non tutti hanno il dono della diversità delle lingue, il dono di profezia, e così via. Quindi, in questo caso, intendendo per fede il dono spirituale della fede, va detto che tra le tre solo la carità non cesserà di esistere quando la perfezione sarà giunta.
56. Fratello Giacinto, ho un’altra domanda da farti: sul sito
www.laparola.net
ho letto la seguente descrizione del libro dei Proverbi: “Una raccolta di detti saggi, regole per la vita e esortazioni, scritti da Salomone ed altri saggi, per esempio Agur 30:1 e Lemuel 31:1”. Non mi sembra di aver mai sentito questi due nomi (Agur e Lemuel), a cosa si riferiscono? E cosa hanno a che fare con il libro dei Proverbi?
Si tratta di due uomini saggi vissuti anticamente, Lemuel era anche un re. Non si sa quasi nulla di loro perché vengono menzionati solo nel libro dei Proverbi al capitolo 30 e al capitolo 31, ma questo poco importa, le loro parole sono delle parole di saggezza divina che a giusta ragione sono state incluse nel libro dei Proverbi. D’altronde, Salomone non fu il solo savio del suo tempo, ce ne erano degli altri di saggi come per esempio Ethan l’Ezrahita, Heman, Calcol e Darda, figliuoli di Mahol (cfr. 1 Re 4:31), solo che Salomone in sapienza li superò tutti perché fu il più savio fra tutti. Quindi non ti preoccupare della presenza delle parole di Agur figlio di Jakè, e del re Lemuel; piuttosto preoccupati di meditare anche le loro parole e di depositarle nel cuore tuo perché Parola di Dio.
57. Salve, ho letto la vostra pagina faq dove rispondete alla domanda sugli apocrifi. Menzionate il prologo a Graziano di Girolamo dove Girolamo dice “‘La Chiesa legge il libro di Tobia, di Giuditta, dei Maccabei, di Baruc, di Susanna, della Sapienza, dell’Ecclesiastico, l’inno dei tre giovani e le favole di Belo e del Dragone; ma essa non li riceve affatto nel novero delle Scritture autentiche’ … potete darmi una referenza bibliografica per segnalare questa citazione?
Nel libro di G. L. Archer dal titolo La Parola del Signore. Introduzione all’Antico Testamento (Edizioni ‘Voce della Bibbia’, Modena, 1972) si legge quanto segue: ‘La citazione del Prologo Galeato così suona: ‘Questo prologo è come un elmo che difende (principium) le Sacre Scritture e può riferirsi a tutti i libri che sono stati tradotti dall’ebraico in latino, cosicché tutto ciò che ne è al di fuori va riconosciuto come appartenente agli apocrifi. Perciò la Sapienza detta comunemente di Salomone, il libro di Gesù figlio di Sirach, Giuditta, Tobia e il Pastore (probabilmente quello di Erma) non sono nel canone. Io scoprii il primo libro dei Maccabei in ebraico; il secondo è greco come può essere dimostrato dalla sua costruzione verbale’. Nella Prefazione ai libri di Salomone preparata dallo stesso Girolamo, egli afferma di avere trovato l’Ecclesiastico in ebraico, ma mostra la sua convinzione che la Sapienza di Salomone sia stata composta in greco anziché in ebraico, dal momento che mostra un tipo di eloquenza greco. ‘E così – egli continua – è vero che la chiesa legge Giuditta, Tobia e i Maccabei (nel culto pubblico), ma non li riceve come libri canonici delle Scritture; perciò leggiamo pure questi due scritti per edificazione ma non usiamone per stabilire autoritativamente le dottrine della chiesa’ (pag. 78).
Nell’Enciclopedia Cattolica alla voce ‘apocrifi’ leggiamo: ‘Fra i Padri solo s. Girolamo (Prologus galeatus, PL 28, 601) applica il termine apocrifi anche a quel piccolo gruppo di libri, sulla cui canonicità non tutti convenivano, …. Denominati oggi ‘deuterocanonici’. …. I Protestanti, seguendo in questo caso l’opinione di Girolamo del Prologus galeatus, usano la parola apocrifi per designare i deuterocanonici’ (vol. I, 1628).
Nota: PL sta per Patrologia Latina
58. Gentile sig. Butindaro, vorrei farle una domanda allo scopo di conoscere il pensiero dei Pentecostali sull’argomento: quando e come è nata la Bibbia? A me risulta che siano stati dei vescovi cattolici a stabilire, nel corso dei secoli III-IV, quali libri fossero ispirati e quali no, considerata la presenza di testi quali il Vangelo di Pietro e quello di Tommaso, falsi e non ispirati naturalmente. E lo stesso Giovanni Crisostomo, da lei stesso nominato come “padre della Chiesa” e come primo uomo a chiamare “Bibbia” l’insieme dei libri sacri, non era cattolico? La ringrazio anticipatamente della cortese attenzione, le porgo i più cordiali saluti.
Anche a me risulta che furono dei vescovi cattolici a proclamare ufficialmente quali fossero i libri ispirati e quelli non ispirati, cioè quelli che dovevano essere considerati Scrittura e quali non dovevano esserlo. E questo avvenne tra il terzo e il quarto secolo, in particolare la decisione finale fu presa al concilio di Cartagine del 397 dove fu dichiarato – per ciò che concerneva il Nuovo Testamento – che solo questi 27 libri dovevano essere accettati come canonici; Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Atti degli apostoli, Romani, Prima e seconda epistola ai Corinzi, Galati, Efesini, Filippesi, Colossesi, Prima e seconda epistola ai Tessalonicesi, prima e seconda epistola a Timoteo, Tito, Filemone, Ebrei, Giacomo, prima e seconda epistola a Pietro, prima e seconda e terza epistola di Giovanni, Giuda, Apocalisse.
Tra i cosiddetti padri della Chiesa, anche a me risulta che fu Giovanni Crisostomo ad usare il termine ‘Bibbia’ in riferimento ai libri ispirati. Ma quello che NON MI RISULTA AFFATTO dalla storia è che quei vescovi che presero quella decisione, fossero CATTOLICI ROMANI, e questo perché allora non esisteva il papato come lo intendiamo oggi. Allora al vescovo di Roma non era affatto riconosciuto il primato di giurisdizione sopra tutti gli altri vescovi, come invece avviene oggi. Il vescovo di Roma, per quanto godesse di prestigio perché vescovo di una delle chiese più antiche, non aveva per niente il potere che ha oggi. Quindi, possiamo dire che fu la Chiesa Cattolica o Universale (perchè questo significa il termine ‘cattolica’), a stabilire o meglio a riconoscere il canone del Nuovo Testamento, ma non la Chiesa Cattolica Romana, a quei tempi infatti la Chiesa Universale non aveva come capo il vescovo di Roma. E qui voglio dire un’altra cosa, non è che il Canone prese la sua autorità dai Concili della Chiesa Antica, affatto, perché la Chiesa possedeva già la Scrittura, essa riconosceva già la Scrittura Sacra. Quello che fecero i Concili fu di proclamare in maniera pubblica e solenne quello che la Chiesa per secoli aveva già accettato. E’ vero che taluni in quei secoli misero in discussione certi libri del Nuovo Testamento, ma non fu mai la maggioranza dei Cristiani a metterli in discussione ma solo una minoranza. Per cui alla fine anche quei libri ‘discutibili’ dovettero per forza essere accettati come parte del Canone Neotestamentario della Bibbia.
Per ciò che concerne invece i libri dell’Antico Testamento, occorre dire che lo stesso Concilio di Cartagine del 397 dopo Cristo, si espresse a favore della inclusione dei libri apocrifi nel Canone; e questo perché su quel Concilio esercitò una forte influenza Agostino di Ippona che li considerava canonici. Ma questo senza dubbio fu un errore, perché i libri apocrifi non sono ispirati come invece lo sono gli altri. E’ vero che Agostino nel confutare uno che faceva appello al secondo libro dei Maccabei, rispondeva che la sua causa doveva essere assai debole se doveva ricorrere per sua difesa a un libro che non apparteneva alla categoria dei libri sacri accolti e ritenuti tali dai Giudei; ma egli nel suo libro Istruzione Cristiana li enumera tra i libri sacri. Va tuttavia detto che la posizione di Agostino non era per nulla accettata dal suo contemporaneo Girolamo (347-420 dopo Cristo), che fu l’autore della Vulgata, che nel suo Prologus Galeatus riteneva quei libri apocrifi come non facenti parte del Canone. Non solo, egli dice pure che ‘la chiesa legge Giuditta, Tobia e i Maccabei (nel culto pubblico), ma non li riceve come libri canonici delle Scritture’, il che fa capire che in linea generale la Chiesa antica non li accettava come ispirati, e da questo si può dedurre che la decisione del Concilio di Cartagine andò contro il parere della maggioranza nella Chiesa. Anche un altro dei cosiddetti padri della Chiesa, anche questo molto autorevole ai suoi tempi, e cioè Atanasio (morto nel 365), non accettava come canonici i libri apocrifi, infatti nel paragrafo 4 della sua trentanovesima lettera egli dice che l’Antico Testamento risulta di 22 libri, che egli poi passa ad enumerare così come si trovano ora nel testo Masoretico e secondo l’ordine delle Chiese protestanti; nei paragrafi 6 e 7 dice che i libri che non sono inclusi in questo elenco, cioè i quattordici libri apocrifi, pur non essendo canonici, ‘meritano di essere letti’. Comunque, anche se vari concili inclusero quei libri apocrifi nel canone, come avevano fatto ancora prima i Settanta quando fecero la traduzione dell’Antico Testamento in greco, questo non significa che essi fossero da considerare parte del canone. Fu uno degli errori che fecero gli antichi. Ne fecero tanti: nulla di cui meravigliarsi.
Butindaro Giacinto, Domande e Risposte (Volume 1). Roma 2006. Pagine 471. Vedi l’indice del libro