Scrisse a Gaetano Salvemini

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Gaetano Salvemini (1873-1957) è stato uno storico e politico italiano, conosciuto soprattutto per le sue intense lotte a favore della libertà, della giustizia e della democrazia. Lo storico Pierpaolo Lauria ha detto di Salvemini: ‘Giustizia, libertà e democrazia sono le tre stelle polari del suo pensiero politico fin dalle origini: non è un caso che scegliesse “Tre Stelle” come uno dei suoi pseudonimi giornalistici [….] Profuse quindi il massimo dell’impegno nell’evitare l’ingerenza della Chiesa nello Stato, denunciandola ai sette venti ogni volta che ne fiutava i loschi tentavi; d’altro canto lo Stato doveva restare nel proprio orto, senza prevaricare in quelli altrui, ficcando il naso e intromettendosi nelle questioni della Chiesa: “Libera chiesa in libero stato”, dunque.’ (Pierpaolo Lauria, ‘Gaetano Salvemini: fino alla fine controcorrente’ in MicroMega, 7 febbraio 2012 – http://temi.repubblica.it/micromega-online/gaetano-salvemini-fino-alla-fine-controcorrente/).

Nato a Molfetta nel 1873, laureato in lettere, Gaetano Salvemini aderì quando era ancora molto giovane al Partito socialista. Nel 1911 uscì dal Psi e fondò con l’economista e politico Antonio De Viti de Marco (1858-1943) il settimanale «L’Unità». Nel 1919 fu eletto deputato e fin dai primi tempi si oppose al disegno politico di Mussolini. Nel 1925, insieme ai fratelli Rosselli, fondò «Non mollare», il primo giornale clandestino antifascista. Dopo un arresto da parte della polizia fascista, si rifugiò in Francia dove partecipò alla nascita del Movimento «Giustizia e libertà». Nel 1934 emigrò negli Stati Uniti dove insegnò nella prestigiosa Università di Harvard.

E mentre Salvemini si trovava negli Stati Uniti, Frank B. Gigliotti gli scrisse due volte (la corrispondenza tra i due è in lingua inglese).

Gigliotti scrisse una prima lettera a Salvemini il 18 luglio 1946, assieme alla quale gli mandò un assegno con una offerta per la scuola di Pisa – offerta che Gigliotti chiamò ‘l’obolo della vedova’ (widow’s mite). In questa lettera gli parla della libertà religiosa, come anche della persecuzione in atto in Italia contro i Pentecostali infatti gli dice: ‘Ora, se gli italiani devono essere liberi di pensare e di trovare la loro propria via, allora essi devono essere liberi di adorare. Non so se tu sei a conoscenza del fatto che recentemente un numero di nostri ministri di culto Protestanti sono stati molestati, ostacolati e persino gettati in prigione supponendo che essi stavano violando le leggi del concordato. In allegato c’è una copia della lettera che è appena arrivata recentemente dall’Italia ed anche la copia fotostatica di uno dei nostri ministri di culto imprigionato per avere semplicemente predicato il Vangelo di Cristo. L’accusa è lanciata contro i Pentecostali che essi sono così emozionalmente e mentalmente costituiti che disturbano la pace e l’equilibrio mentale delle persone con cui sono in contatto’. E poi Gigliotti gli spiega che secondo lui se è permesso ai Cattolici Romani nel Sud Italia – cosa che lui ha personalmente visto – camminare sulle loro ginocchia battendosi con bastoni di legno fino a sanguinare dalle loro schiene durante la funzione del venerdì santo, se è loro permesso di leccare il pavimento del luogo di culto dietro istigazione di qualche ardente prete o monaco della Chiesa Cattolica Romana, che diritto e ragione hanno le gerarchie della Chiesa Cattolica Romana ad affermare che i Pentecostali diventano ‘così emozionalmente disordinati che essi disturbano la pace pubblica’? E poi gli fa qualche altro esempio di comportamenti disordinati permessi ai Cattolici Romani nel Nuovo e nel Vecchio Messico e in molte parti della Spagna, e gli parla della commozione dei Napoletani quando succede ‘il miracolo di San Gennaro’ e ‘la liquefazione del suo sangue’, e gli dice: ‘Ora, se questo privilegio è concesso ad un gruppo di persone perchè dovrebbe essere proibito ad altri?’.

Il 25 Luglio Salvemini risponde a Gigliotti, innanzi tutto ringraziandolo dell’ «obolo della vedova» che lui dice ‘è molto più accetto a Dio dei miliardi di Rockefeller’, e poi gli dice: ‘Sono pienamente d’accordo con te sulle relazioni tra Stato e Chiesa in Italia, e intendo fare tutto quello che posso per svegliare l’opinione su quell’argomento in Italia’. Poi Salvemini si lamenta del fatto che in Italia i Comunisti, i Socialisti e i Repubblicani non osano disturbare il Vaticano, e che in America il presidente Roosevelt mette la politica del Dipartimento di Stato al servizio di Pio XII, per cui le radici del problema sono in America. Salvemini se la prende pure con i Protestanti Americani, che secondo lui sono opportunisti ed hanno paura del Comunismo, e dice che fino a che il Dipartimento di Stato Americano appoggerà il Vaticano, tutte le loro parole non saranno altro che parole, parole, parole. Poi Salvemini ringrazia molto Gigliotti per avergli mandato i documenti sui ‘Pentecostalisti’, e conclude dicendogli: ‘Scriverò ai miei amici in Italia e gli chiederò di sollevare delle proteste …’.

L’altra lettera che Gigliotti scrisse a Salvemini risale al 26 febbraio 1947, e quindi poche settimane prima che Gigliotti e Fama partissero per venire in Italia. In questa lettera Gigliotti comunica a Salvemini che si recherà assieme a Charles Fama a Roma attorno al 16 marzo per la questione della libertà religiosa ed anche per quella dei diritti umani. Poi gli chiede se ci sono dei consigli che lui possa dare a lui e Fama. A quanto pare, Gigliotti mandò assieme a quella lettera anche una copia del suo scritto ‘La libertà religiosa in Italia’ (questo si deduce da una nota scritta a mano sulla lettera dattiloscritta), che come abbiamo visto Gigliotti aveva mandato all’ambasciatore Tarchiani.

A questa lettera, Salvemini rispose da Cambridge, nello stato del Massachusetts (dove c’è la Harvard University), con una lettera datata 1 Marzo 1947 in cui gli dice tra le altre cose di chiedere ai Protestanti e ai non-clericali in Italia di fornirgli fatti precisi sull’arroganza della Chiesa Cattolica Romana, che si manifesta ‘grazie alla protezione del Governo Americano che a sua volta è governato dall’Arcivescovo Spellman. Poi quando avrai scoperto qual’è la reale situazione in Italia, tu devi persuadere i tuoi fratelli Protestanti in America ad essere più coraggiosi e coerenti’ [1].

Salvemini tornò in Italia nel luglio del 1947 e per dieci anni proseguì le sue battaglie politiche e civili a favore della laicità dello Stato.

Peraltro, in base a quello che dice l’avvocato Giacomo Rosapepe, uno dei legali delle ADI, il Salvemini si era proposto di fare una pubblicazione sull’intolleranza religiosa in Italia, e per questa ragione aveva chiesto il materiale probatorio al Rosapepe relativo agli atti di intolleranza religiosa in Italia, il che Rosapepe fu lieto di fornirgli, ma a motivo di una infermità il Salvemini non potè farla, e quindi restituì quel materiale al Rosapepe raccomandandogli di curare lui stesso la pubblicazione, il che lui fece poi pubblicando il libro Inquisizione Addomesticata.

Ecco quanto scrive Giacomo Rosapepe a tale riguardo: ‘Poche parole, infine, sulla genesi di questo libro. Rientrato in Italia dall’esilio, Gaetano Salvemini, sempre vigile difensore delle minoranze contro la prepotenza di chiunque – dal campo sociale a quello religioso – intendesse soffocare la libertà, volle incontrarmi e conoscere quale fosse la condizione degli evangelici nel nostro Paese. A Firenze, prima ed a Sorrento poi, ebbi così la possibilità di documentargli le continue intolleranze del potere esecutivo verso le minoranze religiose. Non dimenticherò mai una sua amara, paradossale battuta a proposito dei Pentecostali: «Se si nega ai tremolanti il diritto di tremolare, dove va a finire il mio diritto di non tremolare?». Egli la ripeteva spesso, e non mancava di criticare severamente il comportamento degli Americani nei confronti delle loro stesse missioni protestanti venute ad operare in Italia. Giudizi molto gravi egli dava sulla diplomazia degli Stati Uniti, che, diceva, è composta in gran parte dagli alunni dell’Università di Washington tenuta dai gesuiti. Con questa affermazione Salvemini cercava di spiegare la quasi totale assenza di reazioni delle sfere ufficiali statunitensi davanti agli atti che offendevano non solo la dignità del cittadino americano, ma la stessa sua cultura ed il suo patrimonio spirituale esprimentesi attraverso la propaganda protestante in Italia. Salvemini aveva ben visto il problema della continua crescente influenza dei cattolici in ogni campo della vita politica ed economica degli Stati Uniti, e riteneva che fosse necessario e urgente portare a conoscenza di quel mondo i sistemi usati dalle gerarchie ecclesiastiche cattoliche per impossessarsi delle leve di comando nei Paesi europei, ed in Italia in particolare. Quello di Salvemini era un grido appassionato e sincero, che venne sempre coperto in Italia dalla cortina di silenzio predisposta dalla Chiesa con il controllo delle più importanti fonti di informazioni. Ond’è che quando egli mi chiese – perchè voleva farne una pubblicazione – il materiale probatorio relativo agli atti di intolleranza religiosa in Italia, non esitai un momento a fargli avere quanto era in mio possesso sino al 1952. La sopraggiunta infermità non permise però a Salvemini di attendere personalmente al lavoro ed egli, dopo avermi restituito il materiale, mi raccomandò di curarne io stesso la pubblicazione. Egli sperava che alla pubblicazione fosse assicurata la massima diffusione possibile e soprattutto che attraverso di essa si potessero far conoscere al pubblico americano le violazioni alla libertà di coscienza perpetrate in Italia da un regime che si definisce democratico. Salvemini confidava sulla sensibilità del popolo protestante degli Stati Uniti verso questo problema e si augurava che la conoscenza di episodi di inciviltà e di intolleranza come quelli che andavano acquisendosi alla storia della giovane Repubblica italiana, avrebbe indotto il governo degli Stati Uniti e gli altri firmatari della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo a richiamare lo Stato italiano al rispetto di quella dichiarazione universale che, approvata il 10 dicembre 1948, avrebbe dovuto servire di guida a tutti gli Stati. E’ quindi anche per adempiere ad un voto fatto a Salvemini che ho atteso al presente lavoro …’ (Giacomo Rosapepe, Inquisizione addomesticata, pag. 13-15).

Inoltre, in base a quello che dice Francesco Toppi, ex presidente delle ADI, Gaetano Salvemini scrisse sul ‘Mondo’ del 9 agosto 1952 un articolo dal titolo: ‘I Protestanti in Italia’ (Francesco Toppi, E mi sarete testimoni, pag. 92), ovviamente a favore di quest’ultimi.

[1] La corrispondenza tra Gaetano Salvemini e Frank Bruno Gigliotti è depositata presso l’archivio dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana, e ringrazio il professore Luigi Pepe per avermi dato l’autorizzazione ad averne una copia.

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