La Chiesa Cattolica Romana – Indice > I sacramenti > Il matrimonio
Il matrimonio fu elevato da Cristo al rango di sacramento; esso dà ai coniugi la grazia di vivere santamente e di allevare cristianamente i figli. Non si può contrarre un vero matrimonio fuori dal sacramento. Il controllo delle nascite è ammesso, ma senza fare uso di contraccettivi. Il matrimonio è indissolubile, ma in alcuni casi la chiesa, in virtù di un potere divino, lo può sciogliere e dare la facoltà di passare a seconde nozze. La chiesa ammette i matrimoni misti a certe condizioni.
Secondo la dottrina della chiesa romana ‘il Matrimonio è il Sacramento che unisce l’uomo e la donna indissolubilmente, (come sono uniti Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa), e dà loro la grazia di santamente convivere e di educare cristianamente i figliuoli’.[1] Il matrimonio è un sacramento perché ‘Gesù Cristo lo elevò alla dignità di Sacramento che conferisce la grazia’.[2] Ma quando avvenne questa elevazione? Molti teologi non lo sanno dire; ma alcuni ritengono che questo avvenne alle nozze di Cana di Galilea dove Gesù mutò l’acqua in vino. A sostegno del matrimonio come sacramento i teologi papisti prendono le seguenti parole di Gesù: “Talché non son più due, ma una sola carne; quello dunque che Iddio ha congiunto, l’uomo nol separi”,[3] e quelle di Paolo: “Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, affin di santificarla, dopo averla purificata col lavacro dell’acqua mediante la Parola… Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e s’unirà a sua moglie, e i due diverranno una stessa carne. Questo mistero è grande; dico questo, riguardo a Cristo ed alla Chiesa”.[4] E per chi non lo accetta come sacramento c’è il seguente anatema tridentino: ‘Se qualcuno dirà che il matrimonio non è in senso vero e proprio uno dei sette sacramenti della legge evangelica, istituito da Cristo, ma che è stato inventato dagli uomini nella chiesa, e non conferisce la grazia, sia anatema’.[5]
Nel Nuovo Manuale del Catechista si legge: ‘Il Matrimonio, pei cristiani, è Sacramento di cui, se così possiamo esprimerci, è depositaria e amministratrice la Chiesa; per essi non c’è Matrimonio legittimo o vero fuori del Sacramento. Perciò i fedeli non possono contrarre vero Matrimonio fuori del Sacramento’.[6] Queste cose il Perardi le dice per affermare che dato che il matrimonio amministrato dalla chiesa cattolica è riconosciuto dallo Stato Italiano anche agli effetti civili, i Cattolici non devono né prima né dopo il matrimonio religioso andare a fare l’atto civile, perché il matrimonio religioso è completo, e un simile atto ‘sarebbe contrario alla Dottrina cristiana e grave irriverenza al Sacramento stesso e a Gesù Cristo che lo volle Sacramento e come tale lo affidò alla sua Chiesa’.[7] Ma proseguendo il Perardi afferma pure: ‘Più colpevoli ancora sarebbero quei cristiani che non si sposassero in chiesa, ma solo in municipio. In tale modo essi 1) Rinnegherebbero praticamente la Dottrina cristiana; – 2) Farebbero un Matrimonio nullo, per cui non sarebbero sposati e convivrebbero in istato di peccato e quindi non potrebbero neppure accostarsi ai Sacramenti, incapaci dell’assoluzione sinché non regolarizzano col Sacramento la loro condizione; – 3) Costituirebbero una famiglia sul peccato e la farebbero vivere nel peccato come su fondamento; – 4) In tali condizioni essi sarebbero pubblici peccatori ai quali, in caso di morte, dovrebbe essere negata anche la sepoltura religiosa’.[8]
La chiesa cattolica romana è a favore del controllo delle nascite (che essa chiama ‘paternità responsabile’). Ecco che cosa si legge nel libro Compendio della morale cattolica: ‘Durante un certo numero di giorni al mese, prima e dopo l’ovulazione femminile, è impossibile la fecondazione e dunque la finalità procreatrice non può esser realizzata. In questo lasso di tempo (la cui determinazione esatta è difficile da stabilire), la Chiesa ha ammesso che fosse del tutto legittimo ricercare la finalità propria dell’amore con rapporti sessuali di per sé infecondi (…) La Chiesa non è per la procreazione ad ogni costo: essa lascia interamente la decisione ai coniugi: Pio XII l’aveva ricordato in un celebre discorso del 1951: gli sposi possono essere dispensati ‘da quella prestazione positiva obbligatoria (quella di procreare), anche per lungo tempo, anzi per l’intera durata del matrimonio, per seri motivi, come quelli che si hanno non di rado nella cosiddetta ‘indicazione’ medica, eugenica, economica e sociale (…) La regola da seguire è allora questa: se gli sposi non vogliono figli (per ragioni serie), sono liberi di non averne, ma possono avere relazioni sessuali solo nei periodi di naturale non fecondità; devono invece astenersi durante il periodo fecondo, cioè nei giorni in cui avviene l’ovulazione (…) Al contrario sono dichiarati illeciti, gravemente proibiti, i mezzi contraccettivi che intervengono nello svolgimento del ciclo femminile’.[9] Dopo avere letto queste parole non dovrebbe sorprendere un gran che se in questa nazione così cattolica, così influenzata dai preti, la media di bambini per famiglia è così bassa perché i papi hanno decretato essere cosa legittima per le coppie di sposi non volere avere famiglie numerose. Il magistero in sostanza dice: Non volete avere molti figli? Non vi preoccupate, non commettete peccato, basta che vi appoggiate ai mezzi che vi suggeriamo noi e non fate ricorso ai contraccettivi, all’aborto ed altro. Si noti però che il magistero insegna pure che in certi casi la coppia può decidere di non avere per nulla dei figli.
Nel Codice di diritto canonico si legge: ‘Le proprietà essenziali del matrimonio sono l’unità e l’indissolubilità, che nel matrimonio cristiano conseguono una peculiare stabilità in ragione del sacramento’;[10] ed ancora: ‘Il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte’.[11] La chiesa romana dunque proclama la indissolubilità del matrimonio e difatti essa dice che nessuno dei coniugi ‘finché l’altro vive, può passare ad altre nozze’. Nemmeno in caso uno dei due commette adulterio, difatti in questo caso ammette la separazione perpetua tra i due ma non il passaggio a nuove nozze (c’è un anatema tridentino – Sess. XXIV, can. 7 – contro chi dirà che la chiesa sbaglia nell’insegnare che in caso di adulterio marito e moglie non possono contrarre un altro matrimonio finché l’altro vive).[12] Ma la chiesa romana afferma anche che ella può sciogliere il matrimonio in alcuni casi; e difatti la sede pontificia in diversi casi scioglie a suo piacimento i matrimoni. Ma vediamo di esaminare da vicino questa dottrina della chiesa romana. Nel libro a cura di Cappellini Ernesto Corso di Diritto Canonico II, (che possiede l’Imprimatur) del 1976 è scritto: ‘Lo scioglimento del vincolo, d’altra parte, è operato dalla Chiesa solo eccezionalmente in determinati casi, sulla linea di una dottrina che la stessa Chiesa ha sempre sostenuto. La Chiesa, infatti, ha sempre sostenuto l’indissolubilità intrinseca del matrimonio, cioè l’assoluta impossibilità che gli stessi coniugi sciolgano il loro matrimonio. Ritiene, invece, che la indissolubilità estrinseca, ossia quella derivante da autorità divina, non è di carattere assoluto e ammette eccezioni. In questo senso, quindi, lo scioglimento del matrimonio, operato dalla Chiesa in determinate circostanze, come vedremo, non corrisponde a potestà ‘propria’ in quanto pura società umana, ma a potestà ‘vicaria’, concretizzata in nome di Cristo, e che presuppone una speciale concessione divina’.[13] Come potete vedere, per quanto riguarda questa indissolubilità estrinseca essa non è assoluta; ci sono infatti delle eccezioni perché il papa in certe circostanze può sciogliere il matrimonio da parte di Dio. Qualcuno dirà: ‘Ma come può permettersi il papa di fare una tale cosa?’ La risposta è: ‘In virtù del potere di sciogliere e di legare che lui dice di avere ricevuto da Dio’! Quindi, quello che si dice il successore di Pietro può sciogliere, in certi casi, persino il matrimonio! Prima di proseguire e dire quali sono questi casi in cui la chiesa romana può sciogliere il matrimonio è bene fare presente che la legislazione canonica quando parla di divorzio non adopera il termine divorzio ma il termine ‘scioglimento del vincolo’; tutto questo, è evidente, per non fare apparire che la chiesa cattolica romana, in alcuni casi, è a favore del divorzio quindi contro l’indissolubilità del matrimonio.[14] Le circostanze in cui, secondo la legislazione canonica, la chiesa romana può sciogliere il vincolo matrimoniale sono chiamate impedimenti dirimenti ed annullano il matrimonio tra battezzati, il matrimonio di non battezzati e il matrimonio misto.
Esse sono le seguenti.
1) L’inconsumazione: ‘Il matrimonio non consumato fra battezzati o tra una parte battezzata e una non battezzata, per una giusta causa può essere sciolto dal Romano Pontefice, su richiesta di entrambi le parti o di una delle due, anche se l’altra fosse contraria’.[15] Le ragioni della inconsumazione possono essere diverse, tra cui anche quella di impotenza da parte di uno e di entrambi i coniugi perché, come dice il Codice di diritto canonico: ‘L’impotenza copulativa antecedente e perpetua, sia da parte dell’uomo sia da parte della donna, assoluta o relativa, per sua stessa natura rende nullo il matrimonio’.[16]
2) L’ordine sacro: ‘Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono costituiti nei sacri ordini’,[17] ciò significa che nel caso l’uomo diventi un prete, l’uso delle nozze già contratte diventa illecito e di conseguenza il matrimonio viene sciolto.
3) Il voto solenne: il Codice di diritto canonico afferma quanto segue: ‘Attentano invalidamente il matrimonio coloro che sono vincolati dal voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso’.[18] Quindi chi entra nei Francescani o nei Benedettini, per esempio, rende nullo il suo matrimonio.
4) Il privilegio della fede: ‘Il matrimonio celebrato tra due non battezzati, per il privilegio paolino si scioglie in favore della fede della parte che ha ricevuto il battesimo, per lo stesso fatto che questa contrae un nuovo matrimonio, purché si separi la parte non battezzata. § 2. Si ritiene che la parte non battezzata si separa se non vuole coabitare con la parte battezzata o non vuole coabitare pacificamente senza offesa al Creatore, eccetto che sia stata questa a darle, dopo il battesimo, una giusta causa per separarsi’.[19] Questo privilegio viene chiamato privilegio paolino perché la curia romana dice che è stato promulgato da Paolo quando ha detto: “Ma agli altri dico io, non il Signore: Se un fratello ha una moglie non credente ed ella è contenta di abitar con lui, non la lasci; e la donna che ha un marito non credente, s’egli consente ad abitar con lei, non lasci il marito; perché il marito non credente è santificato nella moglie, e la moglie non credente è santificata nel marito credente; altrimenti i vostri figliuoli sarebbero impuri, mentre ora sono santi. Però, se il non credente si separa, si separi pure; in tali casi, il fratello o la sorella non sono vincolati…”.[20] Secondo l’interpretazione data dai teologi papisti a queste parole, se uno dei coniugi (che si sono sposati da non battezzati) si ‘converte’ e si fa battezzare nella chiesa cattolica romana mentre l’altro non vuole ‘convertirsi’ né coabitare pacificamente, il loro matrimonio viene sciolto; e la parte cattolica, con la dispensa pontificia, può passare a nuove nozze con una parte cattolica.[21] Secondo la curia romana lo scopo della dispensa per privilegio paolino è quello di salvare e preservare la fede del coniuge convertito al cattolicesimo.
5) In favore della fede di uno dei coniugi; in questo caso, per gravi situazioni coniugali, la chiesa cattolica romana, per proteggere la fede del coniuge cattolico scioglie il matrimonio celebrato (con dispensa o meno dall’impedimento di disparità di culto) tra la parte cattolica e la parte non battezzata, ossia essa scioglie un matrimonio misto. Alcuni casi di scioglimento fra parte cattolica e parte non battezzata: Pio XII, 18 e 24 luglio 1947, 30 Gennaio 1950; Giovanni XXIII, 21 Febbraio e 1 Agosto 1959.[22] C’è un’altra situazione in cui il papa ritiene di potere sciogliere il matrimonio in favore della fede di uno dei due coniugi ed è quello del matrimonio celebrato tra una parte battezzata non cattolica e l’altra non battezzata. Alcuni casi di scioglimento fra parte battezzata non cattolica e parte non battezzata: Pio XI, 2 aprile, 10 luglio e 5 novembre 1924; Pio XII, 1 maggio 1950. La giustificazione che viene addotta a questo agire del papa è questa: ‘La competenza è giustificata non solo nel caso in cui la parte è cattolica ma anche nell’altro caso in cui la parte battezzata non è cattolica, in quanto la Chiesa considera sudditi tutti quelli che hanno ricevuto un battesimo valido in qualsiasi Chiesa cristiana, proprio in virtù della sua unità fondamentale voluta da Cristo nel momento in cui costituì una sola Chiesa; unità affidata da Cristo all’apostolo Pietro e ai successori. La Chiesa li considera sudditi, soprattutto per quanto riguarda la concessione di diritti e privilegi o grazie, benché escluda i battezzati non cattolici da determinati doveri’.[23] Ma c’è di più, il papa ritiene di avere la potestà di sciogliere anche dei matrimoni tra non battezzati senza previa conversione di nessuno dei due coniugi ma solo in favore della fede di terza persona. In altre parole può sciogliere pure il matrimonio tra Maomettani, tra Ebrei, ecc.[24]
6) Il ratto: ‘Non è possibile costituire un valido matrimonio tra l’uomo e la donna rapita o almeno trattenuta allo scopo di contrarre matrimonio con essa, se non dopo che la donna, separata dal rapitore e posta in un luogo sicuro e libero, scelga spontaneamente il matrimonio’.[25]
7) Il delitto: ‘Chi, allo scopo di celebrare il matrimonio con una determinata persona, uccide il coniuge di questa o il proprio, attenta invalidamente tale matrimonio’.[26]
Quindi, come potete vedere, la chiesa romana proclama sia la indissolubilità del matrimonio che la sua dissolubilità in alcuni casi; come mettere d’accordo le due cose? E’ impossibile farlo, ma come al solito i teologi cattolici romani con i loro sofismi riescono a fare apparire due cose apertamente contraddittorie tra di loro ambedue vere! E per chi rifiuta questi impedimenti dirimenti stabiliti dalla chiesa cattolica romana c’è il seguente anatema: ‘Se qualcuno dirà che la chiesa non poteva stabilire degli impedimenti dirimenti il matrimonio, o che stabilendoli ha errato, sia anatema’.[27]
La chiesa cattolica romana permette i matrimoni misti, cioè permette ai suoi fedeli di sposarsi quelli che essa chiama i Protestanti.[28] E questo anche perché li ritiene dei mezzi che possono contribuire ad avvicinare le Chiese evangeliche a quella cattolica ossia che possono giovare all’ecumenismo che è in corso. In un documento dal titolo Testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti sottoscritto il 16 Giugno 1997 si legge che ‘la coppia interconfessionale può contribuire ad avvicinare le comunità, creando occasioni di incontro, dialogo, scambio e, se possibile, momenti di comunione. Le comunità, a loro volta, possono aiutare le coppie interconfessionali promuovendo lo spirito ecumenico ciascuna al proprio interno e nei loro reciproci rapporti, e offrire occasione per rimuovere – per quanto possibile – impedimenti e ostacoli di varia natura (teologica, giuridica, psicologica) che rendono difficile, a coniugi di diversa confessione, vivere insieme la loro vocazione cristiana’.[29] Fino ad alcuni anni fa la chiesa cattolica se un Cattolico si voleva sposare con un Evangelico imponeva ad ambedue, per il rilascio della dispensa di disparità di culto (dato che la diversità di confessione religiosa era considerata un impedimento), delle condizioni contenute in un documento intitolato Cauzioni che debbono essere date da entrambi gli sposi per ottenere la dispensa dall’impedimento di mista religione o di disparità di culto, che gli sposi dovevano firmare; eccole.
– Per la parte cattolica:
Io sottoscritta di religione cattolica, prossima a contrarre matrimonio con… di religione… toccando il S. Vangelo dichiaro e giuro:
1) Farò battezzare ed educare nella religione cattolica tutti i figli e le figlie che avrò dalla mia unione con detto mio sposo;
2) Non mi presenterò né prima né poi per un simile atto di matrimonio dinanzi al ministro di culto non cattolico;
3) Esigerò piena libertà per me e per i miei figliuoli nel praticare la religione cattolica;
4) Procurerò per quanto potrò la conversione del mio sposo alla religione cattolica.
In fede di questa mia giurata promessa mi sottoscrivo….
– Per la parte non cattolica:
Io sottoscritto di religione…prossimo a contrarre matrimonio con… di religione cattolica, prometto con giuramento nel nome Santo di Dio:
1) di fare battezzare tutti i figli e tutte le figlie che avrò dalla mia unione con detta mia sposa.
2) di lasciare libera la mia sposa nella professione della sua fede cattolica;
3) di non presentarmi mai per questo mio matrimonio dinanzi al ministro di culto non cattolico.
Tanto prometto e giuro di osservare nel Nome Santo di Dio ed in fede di questa mia giurata promessa firmo il presente atto…[30].
Ma, ‘il nuovo Codice di diritto canonico ha tolto l’impedimento e, per quanto riguarda la coerenza religiosa e l’educazione dei figli, esige solo dalla parte cattolica l’impegno a comportarsi in conformità alla propria fede e il dovere di rendere noto tale impegno al proprio partner’.[31]
Ecco infatti quanto esso afferma a riguardo dei matrimoni misti: ‘Il matrimonio fra due persone battezzate, delle quali una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta dopo il battesimo e non separata dalla medesima con atto formale, l’altra invece sia iscritta a una Chiesa o comunità ecclesiale non in piena comunione con la Chiesa cattolica, non può essere celebrato senza espressa licenza della competente autorità’,[32] ed ancora: ‘L’Ordinario del luogo, se vi è una causa giusta e ragionevole, può concedere tale licenza; ma non la conceda se non dopo il compimento delle seguenti condizioni: 1° la parte cattolica si dichiari pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e prometta sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica; 2° di queste promesse che deve fare la parte cattolica, sia tempestivamente informata l’altra parte, così che consti che questa è realmente consapevole della promessa e dell’obbligo della parte cattolica; 3° entrambe le parti siano istruite sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio, che non devono essere escluse da nessuno dei due contraenti’.[33]
[1] Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 569↩
[2] Ibid., pag. 569↩
[3] Matt. 19:6↩
[4] Ef. 5:25,26,31,32↩
[5] Concilio di Trento, Sess. XXIV, can. 1↩
[6] Giuseppe Perardi, op. cit., pag. 578↩
[7] Ibid., pag. 578↩
[8] Ibid., pag. 578. Pio IX nel Sillabo condannò la seguente proposizione: ‘In virtù del contratto meramente civile, può aver luogo tra i cristiani il vero matrimonio; ed è falso che o il contratto di matrimonio tra i cristiani è sempre sacramento, ovvero che il contratto è nullo se si esclude il sacramento’ (LXXIII).↩
[9] Jean-Marie Aubert. Compendio della morale cattolica, Cinisello Balsamo 1989, pag. 354,355. Insegnando questo la chiesa cattolica romana contraddice Agostino il quale ebbe a dire: ‘Ci si domanda anche per solito se si deve parlare di matrimonio, quando un uomo e una donna, entrambi liberi da altri legami coniugali, si uniscono non per procreare figliuoli, ma solo per soddisfare la reciproca intemperanza ponendo però tra di loro la condizione che nessuno dei due abbia rapporti con altra persona. In un caso del genere forse parlare di matrimonio non sarebbe fuor di proposito, purché essi osservino vicendevolmente questa condizione fino alla morte di uno dei due o purché, anche non essendo uniti a questo scopo, tuttavia non abbiano escluso la prole, come avviene invece quando la nascita di figli non è desiderata o addirittura è evitata con qualche pratica riprovevole. Ma se mancano i due elementi della fedeltà e della prole, o anche uno solo di essi, non vedo in qual maniera potremo chiamare matrimonio simili unioni’ (Agostino, La dignità del matrimonio, Roma 1982, pag. 97). Anche se Agostino in questo caso fa riferimento ad un unione libera priva del vincolo matrimoniale, egli fa capire che secondo lui la prole in un matrimonio ci deve essere. Oltre a queste sue parole comunque si potrebbero citare altre sue parole in favore alla procreazione a tutti i costi. Quindi, lo ripeto, la chiesa cattolica romana essendo a favore della regolazione delle nascite contraddice il suo padre Agostino.↩
[10] Codice di diritto canonico, can. 1056↩
[11] Ibid., can. 1141↩
[12] Insegnando questo, la chiesa cattolica romana annulla la sua tradizione perché Tertulliano, Lattanzio, e Cirillo d’Alessandria affermavano che l’adulterio era causa di divorzio e permettevano un altro matrimonio. E si è messa contro la chiesa orientale che, rifacendosi sempre ai padri, ammette il divorzio in caso di adulterio e permette alla parte innocente di passare a nuove nozze.↩
[13] Cappellini Ernesto, Corso di Diritto Canonico II, Brescia 1976, pag. 161-162↩
[14] I teologi papisti per fare apparire che la chiesa cattolica romana è contro il divorzio citano quasi sempre il seguente fatto storico. Nel 1527 Enrico VIII re d’Inghilterra chiese all’allora papa Clemente VII la dispensa per potere divorziare da Caterina d’Aragona (il motivo era perché questa non gli aveva dato un figlio maschio) e sposarsi Anna Bolena. Ma a questa richiesta il papa non acconsentì. Ma si tenga ben presente questo: egli non acconsentì non perché fosse contro il divorzio (perché i papi di re ne hanno fatto divorziare e risposare nel corso del tempo), ma perché in quel tempo egli era sotto il controllo del potente imperatore Carlo V, nipote di Caterina, che da poco aveva fatto saccheggiare Roma ed aveva le sue truppe nei pressi di Roma, per cui il suo assenso alla richiesta di Enrico avrebbe dispiaciuto a Carlo V che si sarebbe vendicato del papa. Fu insomma la paura di una rappresaglia di Carlo V e non l’avversione al divorzio che indusse Clemente a rispondere di no al re d’Inghilterra.↩
[15] Codice di diritto canonico, can. 1142↩
[16] Ibid., can. 1084 – § 1. La sterilità della donna invece non dirime il matrimonio: ‘La sterilità né proibisce né dirime il matrimonio…’ (can. 1084 – § 3).↩
[17] Ibid., can. 1087↩
[18] Ibid., can. 1088↩
[19] Ibid., can. 1143↩
[20] 1 Cor. 7:12-15↩
[21] Cfr. can. 1146. In questa maniera, cioè permettendo alla parte cattolica di divorziare e di risposarsi, la chiesa cattolica romana si mette di nuovo apertamente contro il suo padre Agostino di Ippona, che lei reputa il più grande dei dottori, il quale non ammetteva che quando il coniuge credente veniva lasciato dal coniuge non credente, a motivo della sua fede, passasse a nuove nozze perché questo per lui significava commettere adulterio. Ed anche contro altri cosiddetti padri che erano a favore dell’indissolubilità del matrimonio assoluta, senza eccezioni, come Agostino.↩
[22] Cfr. Ernesto Cappellini, op. cit., pag. 175↩
[23] Ibid., pag. 176. Tradotto nella pratica significa che se un Protestante si sposa una Mussulmana e le cose arrivano a tal punto che lui decide di divorziare dalla moglie perché si vuole sposare una cattolica può recarsi dal papa che in virtù della sua autorità può sciogliere anche il suo matrimonio, e costui scioglierà il suo matrimonio per permettergli di sposare la cattolica. Insomma il papa crede di avere autorità su tutti i matrimoni di coloro che si dicono Cristiani e non solo su quelli dei Cattolici romani. Riconoscete dunque fratelli quanto arrogante sia quest’uomo.↩
[24] Alcuni esempi di questo tipo di scioglimento operato dal papa. Il 12 marzo del 1957 Pio XII sciolse il matrimonio di due Maomettani: la ragazza, avendo divorziato civilmente, ebbe in custodia il figlio; il marito si recò in Francia dove si risposò nell’Ufficio di Stato Civile, poiché la sposa era cattolica. Siccome desiderava convertirsi, il Sant’Uffizio sotto la guida del cardinale Ottaviani consigliò di applicare il ‘privilegio di San Pietro’ (chiamato così perché i teologi papisti dicono che Pietro ricevette la potestà di sciogliere i matrimoni) perché richiedeva meno tempo di quello ‘paolino’ e così il papa sciolse quel matrimonio. Paolo VI invece concesse il divorzio a due Ebrei di Chicago il 7 febbraio 1964. Il marito, dopo il divorzio dalla moglie, aveva sposato una cattolica; non aveva alcun desiderio di ‘convertirsi’ e l’aveva ammesso, voleva solo tranquillizzare la sua nuova moglie. Il papa ‘mosso a pietà’ concesse il divorzio affinché il loro matrimonio fosse regolarizzato.↩
[25] Codice di diritto canonico, can. 1089↩
[26] Ibid., can. 1090 – § 1. Oltre a questi enumerati ci sono altri impedimenti dirimenti che sono i seguenti: l’età: ‘L’uomo prima dei sedici anni compiuti, la donna prima dei quattordici pure compiuti, non possono celebrare un valido matrimonio’ (can. 1083 – § 1); il vincolo precedente: ‘Attenta invalidamente il matrimonio chi è legato dal vincolo di un matrimonio precedente, anche se non consumato’ (can. 1085 – § 1); la consanguineità: ‘Nella linea retta della consanguineità è nullo il matrimonio tra tutti gli ascendenti e i discendenti, sia legittimi che naturali’ (can. 1091 – § 1); l’affinità: ‘L’affinità nella linea retta rende nullo il matrimonio in qualunque grado’ (can. 1092); la pubblica onestà: ‘L’impedimento di pubblica onestà sorge dal matrimonio invalido in cui vi sia stata vita comune o da concubinato pubblico e notorio; e rende nulle le nozze nel primo grado della linea retta tra l’uomo e le consanguinee della donna, e viceversa’ (can. 1093); la parentela legale: ‘Non possono contrarre validamente il matrimonio tra loro nella linea retta o nel secondo grado della linea collaterale, quelli che sono uniti da parentela legale sorta dall’adozione’ (can. 1094); l’errore: ‘L’errore di persona rende invalido il matrimonio’ (can. 1097 – § 1); il dolo: ‘Chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell’altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale, contrae invalidamente’ (can. 1098); la mancanza di consenso: ‘Ma se una o entrambe le parti escludono con un positivo atto di volontà il matrimonio stesso, oppure un suo elemento essenziale o una sua proprietà essenziale, contraggono invalidamente’ (can. 1101 – § 2), questo significa che se un Cattolico riesce a dimostrare, anche dopo molti anni di matrimonio, che sposandosi aveva posto come condizione di non avere figli o di divorziare nel caso il matrimonio si fosse rivelato un insuccesso allora otterrà lo scioglimento del matrimonio. Un esempio di matrimonio sciolto adducendo il difetto di consenso fu quello di Napoleone Bonaparte con Giuseppina. Nel 1810 infatti le autorità ecclesiastiche cattoliche della Francia (con il permesso di Pio VII) glielo annullarono (nel suo caso addussero anche il difetto di forma) e gli permisero di risposarsi con la nipote di Maria Antonietta, Maria Luisa di Austria. La mancanza del parroco e di due testimoni: ‘Sono validi soltanto i matrimoni che si contraggono alla presenza dell’Ordinario del luogo o del parroco o del sacerdote oppure diacono delegato da uno di essi che sono assistenti, nonché alla presenza di due testimoni…’ (can. 1108 – § 1); la violenza: ‘E’ invalido il matrimonio celebrato per violenza o timore grave incusso dall’esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio’ (can. 1103).↩
[27] Concilio di Trento, Sess. XXIV, can. 4.↩
[28] E non solo con i Protestanti che adesso lei non ritiene più (apparentemente) dei settari eretici, ma anche con i non Cristiani come i Mussulmani, gli Ebrei, ecc. Infatti quantunque essa dica che ‘è invalido il matrimonio tra due persone, di cui una sia battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta e non separata dalla medesima con atto formale, e l’altra non battezzata’ (can. 1086 – § 1) perché per essa la disparità di culto è un impedimento dirimente pure lo permette dietro dispensa infatti afferma: ‘Non si dispensi da questo impedimento se non dopo che siano state adempiute le condizioni di cui ai cann. 1125 e 1126’ (can. 1086 – § 2). La chiesa cattolica romana quindi sui matrimoni misti (dato che permette il matrimonio fra i Cattolici – che lei naturalmente definisce Cristiani – e Mussulmani, Ebrei, ecc.) contraddice i cosiddetti padri i quali definivano ‘fornicazione’ o ‘adulterio’ il matrimonio di un cristiano con un non cristiano, e molti teologi papisti del passato, tra cui Pietro Lombardo il loro maestro di sentenze, i quali affermavano che i matrimoni misti sono nulli. Anche questo è un esempio di come la chiesa cattolica romana quando lo ritiene opportuno è pronta ad annullare anche la sua ‘venerabile’ tradizione.↩
[29] Il Regno-documenti 13/’97, pag. 430-431↩
[30] Citato da Nisbet Roberto in Ma il Vangelo non dice così, Torino 1969, pag. 135-136.↩
[31] Il Regno-documenti 13/’97, pag. 433↩
[32] Codice di diritto canonico, can. 1124↩
[33] Ibid., can. 1125↩