Il movimento carismatico cattolico – La dottrina e la prassi

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1) Il battesimo con lo Spirito Santo

‘Battesimo nello Spirito’ – Possiamo descriverlo come un’espe­rienza religiosa che dà una coscienza indubbiamente nuova della presenza e dell’azione di Dio nella vita di chi lo riceve: questa azione è in genere accompagnata da uno o più doni carisma­tici (…..) ‘I battezzati’ prendono coscienza di avere una forza nuova per vivere cristianamente e per testimoniare il Vangelo; inoltre, di possedere un dono che consente loro di pregare Dio e di servire il prossimo in maniera più agevole ed efficace. Questi due ordini di cambiamenti corrispondono esattamente alle due caratteristiche del rinnovamento: ‘pentecostale’ e ‘carismatico’. (…) Se è vero che Luca ha distinto il rito battesimale e la discesa dello Spirito come due atti o momenti distinti nell’iniziazione cristiana, nondimeno tutto quanto ha detto porta a congiungerli strettamente l’uno all’altro; manca un sostegno reale per affer­mare che il modo normale per i cristiani del Nuovo Testamento fosse di essere stati battezzati in acqua, rimanendo poi in attesa e in preghiera in vista d’una second blessing che avrebbe finalmente fatto di loro dei ‘cristiani pieni di Spirito’. La testimonianza di Paolo è ancora più radicale: egli non riconosce nessuno come cristiano se non ha ricevuto lo Spirito Santo e non ammette alcuna iniziazione cristiana indipendentemente dal dono dello Spirito. Quando i Cattolici cominciarono a condividere l’esperienza pente­costale, compresero di dovere spiegare chiaramente come tale esperienza non fosse affatto in contrasto con la dottrina catto­lica, secondo la quale lo Spirito Santo è già dato nell’inizia­zione cristiana. Dovevano evitare soprattutto di dare l’impres­sione di considerare il sacramento del battesimo come semplice ‘battesimo in acqua’ e che soltanto attraverso un’esperienza pentecostale si riceveva effettivamente lo Spirito. La soluzione più comunemente proposta nella letteratura del rinnovamento carismatico cattolico è stata di considerare i sacramenti unico ‘luogo’ del ‘dono’ o dell’effusione dello Spirito. In effetti, parlare d’una nuova effusione dello Spirito prescindendo dalla ricezione di un sacramento non sarebbe conforme alla teologia cattolica. Questa soluzione spiega il ‘battesimo nello Spirito’ pentecostale non già come un dono nuovo dello Spirito, bensì come una presa di coscienza vissuta della sua presenza preliminare o come una liberazione della sua forza, accordata di fatto nei sacramenti, ma non ancora sperimentata. Donde la distinzione tra ‘battesimo nello Spirito’ in senso teologico (dove lo Spirito è effettivamente donato, cioè nei sacramenti) ed esperienza vissuta (presa di coscienza della potenza dello Spirito già ricevuto)’.[1] Lo stesso Sullivan ha detto pure: ‘Quello che è chiamato ‘battesimo nello Spirito’ non è in alcun modo necessaria­mente legato alla glossolalia[2] 1). E’ chiaro che questo non è un rifiuto del dono delle lingue come una manifestazione dello Spirito, bensì un rifiuto di quello che è stato, e con ragione, chiamato ‘la legge delle lingue’ 2). Non è nemmeno un rifiuto dell’idea che ci dovrebbe essere qualche evidenza concreta per dimostrare che una persona è stata realmente ‘battezzata nello Spirito’. D’altronde i cattolici, a differenza dei pentecostali, accettano una varietà considerevole di segni, e non necessaria­mente le lingue, come evidenza che lo Spirito santo ha cominciato ad essere presente e a lavorare in una maniera nuova nella vita di una persona’.[3]

2) Il pregare e cantare in altra lingua

‘Ci sono senza dubbio molti pentecostali che spiegherebbero le ‘lingue’ come un’attitudine soprannaturale di parlare in qualche idioma reale ma sconosciuto. Nondimeno, oggi si ammette sempre più che si tratta piuttosto di una messa in moto di un’attitudine latente naturale a emettere spontanea­mente dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo. Né è limitata all’esperienza cristiana: il medesimo fenomeno è attestato in altre religioni. Lo si considera tuttavia un carisma,[4] quando si manifesta come un dono ordinato alla preghiera, particolarmente di lode. Il suo valore sembra consistere nel fatto che un tale dono libera le profondità dello spirito umano per esternare mediante la voce, in maniera udibile (cioè con il corpo come parte integrante del ‘io’) ciò che non può essere espresso in un linguaggio concettua­le (…) Possiamo accostare il dono delle lingue a quello delle lacrime (..) In entrambi i casi non si tratta di un dono che conferisca un’attitudine fisica dapprima inesistente; e come non tutti i modi di piangere possono assimilarsi al dono delle lacrime, così non si può rapportare al dono delle lingue ogni forma di glossolalia. Piangere è ‘dono delle lacrime’ quando significa e, insieme, intensifica l’atteggiamento interiore di contrizione, di compassione o di gioia (e quindi con una sorta di efficacia quasi sacramentale)…’.[5]

3) L’interpretazione delle lingue

‘Coloro che parlano in lingue per lo più fanno uso di questo dono nella preghiera di lode sia privata sia comunitaria. Ma a volte in un’assemblea, capita che, mentre gli altri tacciono, qualcuno parli per esprimere quello che sembra non tanto una preghiera in lingue quanto la trasmissione d’un messaggio. In genere, a questo segue un tempo di silenzio, dopo di che qualcuno nel gruppo può formulare ciò che in altre circostanze si definirebbe una ‘profe­zia’, ma che in questo caso è l’interpretazione del messaggio trasmesso in lingue. Qui non si può parlare di traduzione, come se il primo avesse usato una lingua straniera tradotta dal secon­do in linguaggio corrente; la migliore spiegazione sembra che il parlare in lingue è stato una specie di segnale dato al gruppo per richiamarne l’attenzione in attesa di una profezia imminente; in altri termini, che il ‘parlare in lingue’ e la successiva ‘interpretazione’ costituiscono due momenti di una medesima profezia’.[6] Sullivan conferma questo concetto anche in un altro suo scritto dicendo: ‘Il parlare in lingue è un segnale che il Signore ha una parola da dire al gruppo, e l’interpretazione è la parola che il Signore desidera che il gruppo senta. Essa è ricevuta e pronunciata nella stessa maniera che una profezia è ricevuta e pronunciata. Uno domanderà: se ‘l’interpretazione’ è realmente uguale alla profezia, per quale ragione ha bisogno di essere preceduta dal parlare in lingue? Secondo me, la ragione è che l’anteriore parlare in lingue crea un’atmosfera di intenso ascolto interno, di aspettativa per una parola dal Signore. Esso avverte quelli del gruppo che profetizzano ad essere pronti a ricevere un ispirazione per quello che il Signore vuole che il gruppo senta, ed avverte tutto il gruppo ad essere pronto ad ascoltarlo. Naturalmente, questa spiegazione delle lingue con l’interpretazione dà per scontato che non c’è fra il messaggio in lingue e il messaggio che segue il tipo di corrispondenza che ci sarebbe nel caso l’interpretazione delle lingue fosse veramente una traduzione’.[7]

4) La profezia

‘La profezia è intesa nel Rinnovamento come un messaggio del Signore al gruppo e non già come una comunicazione ritenuta buona da chi la trasmette; dunque come un messaggio scaturente da una sorta di ispirazione divina. Ciò implica prima di tutto che chi parla presenti al gruppo il suo dire come profezia solamente se è convinto che il messaggio viene realmente dal Signore e non dalle sue riflessioni personali, inoltre, implica che la sua convinzio­ne soggettiva sia controllata dal discernimento del gruppo’.[8]

5) La preghiera di guarigione

La preghiera di guarigione è praticata da tutte le assemblee di preghiera neo-pentecostali. Quel che è notevole in una preghiera di questo genere è la fede viva nella potenza che Dio ha di guarire tutti i nostri mali, sia fisici sia spirituali, ritenuti curabili normalmente o incurabili (…) La reiterata esperienza di guarigioni straordinarie di persone per le quali hanno pregato, ha indotto alcuni a considerarsi come dei chiamati da Dio in modo speciale a un ministero di preghiera per la guarigione. In certi casi, l’esercizio di questo ministero è contrassegnato dal feno­meno definito come ‘riposo nello Spirito’: la persona per la quale si prega cade a terra e vi resta per un pò in una specie di letargo’.[9] A proposito del ricorrere al Signore per ottenere la guarigione dalla malattia il Sullivan però, che pure afferma di credere che il Signore guarisce tuttora, afferma quanto segue: ‘E’ ovvio, quindi, che Dio vuole che noi ricorriamo a qualsiasi aiuto medico è disponibile quando noi siamo malati, e che sarebbe presuntuoso rifiutare tale aiuto sul fondamento che questo mostrerebbe una mancanza di fede nella potenza di Dio affinché ci guarisca. Noi non abbiamo alcuna maniera, in nessun particolare caso, di sapere se Dio intende operare un segno della sua potenza sopra la morte guarendoci senza l’aiuto medico. Il rifiuto dell’aiuto medico è veramente una maniera per cercare di forzare Dio a venire con un miracolo – e questa non è un’attitudine di una fede religiosa genuina, ma un tentativo di manipolare Dio’.[10]

Questa trascrizione particolareggiata di quello che insegnano quelli del Rinnovamento carismatico cattolico, forse ad alcuni è parsa troppo lunga o inutile ma noi abbiamo ritenuto necessario farla perché oggi molti, in seno alle Chiese, non sanno cosa in effetti insegnano quelli del movimento carismatico cattolico sul battesimo con lo Spirito Santo e su alcuni doni collegati al battesimo con lo Spirito Santo. Stanno al sentito dire; e così si fanno l’idea che insegnano in tutto e per tutto quello che viene insegnato nel nostro mezzo. Ma come voi stessi avete potuto constatare nel leggere le dichia­razioni di Sullivan, che è un’importante esponente del Rinnovamento carisma­tico, essi non insegnano affatto dirittamente attorno a diverse cose concernenti il battesimo con lo Spirito Santo e la manifestazione dello Spirito Santo. Passiamo quindi a dimostrare mediante le Scritture la falsità di certi insegnamenti trasmessi in seno a questo movimento cattolico.

 


[1] Francis A. Sullivan S. J in op. cit., pag. 4,5,6

[2] Il termine tecnico glossolalia deriva da glossais lalein, una frase greca usata nel Nuovo Testamento che significa letteralmente ‘parlare in lingue’ (1 Cor. 12:30). Il termine glossa significa ‘lingua’ e laleo è il verbo ‘parlare’.

[3] F. A. Sullivan,L’esperienza pentecostale nel Rinnovamento carismatico cattolico’ in Alleluja N° 2, 1977, pag. 7

[4] Questa parola deriva dal greco charisma che significa ‘dono’ che viene usato nel Nuovo Testamento per indicare i doni dello Spirito Santo. “Poiché desidero vivamente di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale (charisma)” (Rom. 1:11); “…in guisa che non difettate d’alcun dono (charisma)” (1 Cor. 1:7).

[5] Francis A. Sullivan in Alleluja N° 2, Marzo-Aprile 1985, pag. 2,3

[6] Ibid., pag. 3

[7] Francis A. Sullivan, Charisms and charismatic renewal (I carismi e il rinnovamento carismatico), Michigan 1982. pag. 149

[8] Francis A. Sullivan S. J in Alleluja N° 2, pag. 3

[9] F. Sullivan, Alleluja, N° 2, pag. 3

[10] F. Sullivan, Charisms and charismatic renewal, pag. 166-167