Il progetto ‘Unità attraverso la diversità’ di Oscar Culmann

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Oscar Culmann, eminente teologo luterano, ha scritto un libro dal titolo Unità attraverso la diversità. In questo libro parla di come secondo lui sia possibile avere comunione (in greco koinonia) con i Cattolici romani infatti afferma: ‘..abbiamo constatato la necessità di rispondere affermativamente alla questione di sapere se questa comunione è possibile in via di principio’.[1] In altre parole, per lui è possibile l’unità con la chiesa romana attraverso la diversità. Certo, lui riconosce nel suo libro che permangono delle divergenze dottrinali non indiffe­renti tra la chiesa cattolica romana e quella luterana (questo si può dire anche in relazione alle altre chiese ‘protestanti’) che impediscono ancora una unità visibile e specialmente strutturale, ma pure è convinto che questa unità nella diversità (come lui la chiama) è possibile e suggerisce nel capitolo secondo come attua­re praticamente questa unità da lui propugnata. Esamineremo i punti fondamentali di questo suo discorso per queste ragioni; innanzi tutto per dimostrare come dopo cinque secoli dalla Riforma che portò uno dei suoi protagonisti principali, ossia Lutero, con molti e molti altri a separarsi dalla chiesa cattolica romana a motivo della corruzione e della menzogna che essa perpetrava a danno degli uomini, ci siano oggi uomini, nella Chiesa cosiddetta luterana cioè a quella Chiesa che dice di rifarsi agli insegnamenti di Lutero (alcuni dei quali però sono errati) e che al tempo della Riforma fu scomunicata e perseguitata dalla chiesa romana perché affermava che la giustificazione si ottiene soltanto mediante la fede senza le opere, e non accettava il primato del ‘papa’, e il valore delle indulgenze, e l’invocazione di Maria e dei santi ed altre dottrine cattoliche, che oggi a differenza di Lutero, che un giorno affermò che loro si ritenevano ‘separati per l’eternità’ dalla chiesa cattolica romana, dicono che si può e si deve collaborare con i Cattolici romani (mantenendo questi tutti i loro insegnamenti falsi) perché sono anche loro dei Cristiani. Ma c’è un altro motivo per cui vogliamo esaminare e confutare questo discorso di Culmann; ed è quello di mettere in guardia i credenti che si trovano nelle diverse ‘denominazioni’ cristiane da simili discorsi vani. Occorre dire infatti che il discorso che fa Culmann lo fanno, con qualche variante, tanti altri teologi e non teologi anche in altre chiese protestanti; il che costituisce una spinta in verso questa cosiddetta unità nella diversità, come viene chiamata, che in effetti, in base all’inse­gnamento biblico, non è per nulla una unità vera, ma solo una trappola, una rete, un laccio, un qualcosa di malefico che ha come fine di fare dimenticare a molti credenti che la salvezza si ottiene soltanto credendo in Cristo Gesù e non facendo opere buone, cioè il messaggio principale da portare agli uomini, e di farli alleare con quelli che sono dei nemici dichiarati della giustificazione per sola fede, cioè con la chiesa romana. Siamo persuasi che questo nostro discorso, in questo tempo in cui si parla tanto di ecumenismo, scandalizzerà molti o li farà rimanere perplessi, ma non possiamo parlare altrimenti. I fatti parlano chiaro come parlavano altresì chiaramente cinque secoli fa in Europa; la chiesa cattolica romana è idolatra, fonda la sua esistenza sull’impostura, sulla superstizione, sulla menzogna e con essa i veri credenti non possono e non devono in nessuna forma e misura allearsi per non corrompersi anche loro e sviarsi dalla semplicità e dalla purità rispetto a Cristo. Ma veniamo ora alle parole di Oscar Culmann.

–  ‘L’unità nella diversità si può realizzare visibilmente in due modi: anzitutto grazie a una cooperazione ecumenica in certi ambiti particolari, senza che vi sia un’organizzazione della comunione delle chiese; secondariamente grazie a una struttura speciale (…) questa cooperazione dovrà essere continuamente inten­sificata e le manifestazioni individuali di solidarietà dovranno essere sempre più numerose’.[2] E tra le forme di questa solidarietà che devono essere intensificate Culmann ricorda i dialoghi teolo­gici ecumenici allo scopo di redigere testi comuni, ricerche bibliche comuni, liturgie e culti comuni, istituti comuni, atti­vità sociali comuni; ma si sofferma in particolare sui dialoghi teologici e le celebrazioni ecumeniche. Poi dice che ‘nel campo della teologia i maggiori progressi ecumenici sono stati compiuti nel campo della scienza biblica’ e ci sono ‘delle importanti collane di commenti pubblicate in comune. Le società scientifiche di studi dell’Antico e del Nuovo Testamento comprendono indiffe­rentemente esegeti delle tre confessioni cristiane. L’elaborazio­ne di traduzioni ecumeniche della Bibbia ha dato risultati molto positivi’,[3] e subito dopo parla della traduzione ecumenica della Bibbia, la TOB (Traduction oecuménique de la Bible, Paris 1975), di cui lui parla con soddisfazione.

Anche in questo caso, si deve constatare un errore di fondo che è comune a tutti questi teologi quando parlano dei Cattolici roma­ni, che è quello di considerarli fratelli in Cristo. A parte il fatto che secondo noi se uno, anche se dice di fare parte di una Chiesa evangelica, si mette a chiamare fratelli i Cattolici romani dati all’idolatria e alla superstizione che affermano che dire di avere la vita eterna è presunzione, deve lui stesso ancora nascere di nuovo, perché morto nei suoi falli e nelle sue trasgressioni, infatti ciò significa che anche lui è ancora un figlio della disubbidienza al pari dei Cattolici romani. Ma noi diciamo a costoro che parlano come parla Culmann: ‘Ma come mai al tempo della Riforma queste forme di solidarietà con la chiesa romana non erano per nulla ricercate dai riformatori? Come mai Lutero o qualcun altro riformatore non avrebbe mai pensato di instaurare un dialogo con i Cattolici romani per dopo redigere un testo comune e neppure mettersi a tradurre la Bibbia assieme ai Cattolici, o di studiare la Bibbia assieme ai Cattolici romani? Non è forse perché la chiesa romana li scomunicava e li insultava dichiarandoli eretici e figli della perdizione, e li paragonava alla peste? E perché avveniva questo? Perché i riformatori, con tutti i loro difetti e quantunque talvolta affermarono delle cose sbagliate, erano dati alla confutazione delle eresie cattoliche romane che stavano menando in perdizione le anime, e desideravano far avere al popolo delle traduzioni della Bibbia nella loro lingua, cosa che la chiesa romana non faceva e non voleva fare perché reputava la Bibbia molto pericolosa nelle mani del popolo da lei conside­rato ignorante. E il loro lavoro portò molto frutto, infatti molti, leggendo i libri di controversia di questi riformatori e la Bibbia in lingua volgare, si resero conto che la salvezza era per grazia e non bisognava fare nulla per meritarla, e che quindi la chiesa romana era nell’errore e seduceva le anime. Non esistevano i dialoghi ecumenici con la stesura di testi comuni come oggi; non esisteva e non veniva procacciata nessuna collaborazione con i Cattolici romani da parte protestante, e questo perché i rifor­matori erano affaticati nell’intento di strappare dalle fauci del papismo più anime possibili. Oggi invece, quantunque la chiesa cattolica romana è la stessa se non peggio di come era nel sedi­cesimo secolo, molti di coloro che hanno beneficiato dell’opera di quei coraggiosi riformatori che per la loro opera esposero la loro vita alla morte, si sono messi in testa che si deve cercare la maniera di unirsi in qualche maniera alla chiesa cattolica romana. Quindi, il messaggio di costoro ai Cattolici romani non è più quello antico, e cioè: ‘Convertitevi dagli idoli all’Iddio vivente e uscite da essa’, ma: ‘Fratelli, le nostre chiese si devono unire perché siamo fratelli’; quindi rimanete dove siete, perché siete al sicuro. Ecco, a quale punto sono giunti le cose oggi; ma io dico: ‘Ma se Lutero o Calvino ed altri fossero vivi oggi, cambierebbero il loro messaggio nei confronti della chiesa roma­na? Non credo affatto. E così la Riforma dopo secoli, rimane per molti solo un evento storico che alla fin fine non insegna proprio nulla; i riformatori sono solo delle persone il cui messaggio contro la chiesa romana oggi non è più valido! Il messaggio da portare ai Cattolici, per molti Protestanti, è un altro oggi! E’ triste constatare tutto questo, quando ci si ricorda delle sofferenze e dei sacrifici che hanno dovuto compiere tanti uomini nei secoli passati qui in Europa per porta­re l’Evangelo ai Cattolici romani! Eppure, e questo lo voglio ribadire con forza, la chiesa cattolica romana, è la stessa di allora!! Eppure, gli anatemi del concilio di Trento contro tutti coloro che non accetteranno i loro sacramenti, i libri apocrifi come canonici, la loro tradizione come rivelazione di Dio, e tante altre imposture vengono ancora citati dai teologi romani per sostenere le loro dottrine!! Eppure, se si leggono i libri di teologia di Bellarmino che combatté molto contro i riformatori, e i libri dei moderni teologi non c’è alcuna differenza (quanto alla sostanza ben inteso perché il linguaggio si è mitigato)!! Ma allora cosa c’è che non va? C’è che molti di quelli che si dicono Protestanti o Evangelici sono ancora morti nei loro falli, e non hanno mai sperimentato la nuova nascita, non si sono mai convertiti a Cristo come i Cattolici romani e perciò stanno bene assieme. Si sa d’altronde che i perduti stanno bene assieme!

–  ‘Quanto ai culti comuni, quelli che sono incentrati sulla predi­cazione non fanno problema al fine di manifestare la comunione delle chiese. E’ con questo spirito che papa Giovanni Paolo II ha predicato a fianco del pastore luterano nella piccola chiesa luterana di Roma. Attualmente esiste uno scambio di predicatori tra numerose comunità. Occorre certamente vegliare, a questo riguardo, perché la predicazione proclami le verità cristiane fondamentali che uniscono tutti i cristiani ed eviti di offendere gli uni o gli altri’,[4] prosegue Culmann.

Che vergogna, che follia! noi diciamo. Ma qualcuno dirà: questo accade solo tra i Luterani. No, non è vero che lo scambio di predicatori c’è solo tra loro. Io poco dopo essermi convertito ho partecipato ad un congresso del ‘pieno Evangelo’ a Lugano organizzato dall’associazione Uomini Nuovi, dove fu invitato a predicare un prete cattolico romano. La ragione della sua presenza era da ricercarsi nell’abbondanza di carismatici cattolici romani presenti a quel congresso i quali dovevano anche loro avere un loro rappresentante e non sentirsi a loro disagio. Ci sono inoltre diverse Chiese evangeliche che permettono ai preti e ai vescovi di parlare nei loro locali di culto anche in questa nazione. Quello che una volta era scandalo oggi per molti non lo è; e naturalmente questo scambio di predi­catori può avvenire solo perché la parte non cattolica ha rinun­ciato a denunciare le false dottrine della chiesa romana. ‘Sono più le cose che ci uniscono, che quelle che ci dividono’, si sente sovente ripetergli. ‘No, semmai è il contrario’ rispondiamo noi. E poi, in effet­ti, che cosa unisce costoro? Che cosa c’è alla base di questa alleanza? L’amore del denaro; ecco la colla che li unisce. Certa­mente non è l’amore della verità o della giustizia, perché chi ama la verità e la giustizia non può allearsi con un prete o un vescovo o con un cardinale o con il cosiddetto papa.

–  Culmann, facendo poi notare come ancora, dato che permangono divergenze dottrinali sul significato della cena del Signore con la chiesa romana, non è possibile celebrare l’eucaristia assieme a loro dice: ‘Dal momento che oggi non è possibile un’intercomu­nione generale, vorrei tornare su un suggerimento da me già altra volta avanzato: quello di riprendere un uso della chiesa antica reintroducendo, a fianco della celebrazione dell’eucaristia, l’antica celebrazione delle ‘agapi’ alle quali possono partecipa­re le chiese separate (…) Queste agapi dovrebbero svolgersi nelle sale parrocchiali, o meglio ancora, possibilmente in case private e a turno tra cattolici e protestanti’.[5]

E quindi, secondo costui, noi credenti dovremmo organizzare delle agapi con i Cattolici romani perché essi sono nostri fratelli. Non abbiamo nulla contro l’agape in se stessa, ma noi non ci sentiamo di invitare i Cattolici romani che adorano statue e immagini ad un agape perché Paolo dice: “Quel che v’ho scritto è di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un … idolatra (…) con un tale non dovete neppur mangiare”.[6] Altra cosa invece è l’invitare un Cattolico romano a mangiare perché è nel bisogno, con lo scopo naturalmente di guadagnarlo a Cristo.

–  Passando poi ad esaminare la questione se ‘una comunione degna di questo nome è possibile senza un minimo di struttura’,[7] Culmann afferma: ‘..la comunità di chiese che progettiamo, benché non sia a sua volta una chiesa, dovrebbe essere dotata di una soprastrut­tura, più o meno flessibile, rispettosa delle strutture partico­lari delle chiese accolte nel suo seno. Anche qui: unità nella diversità’.[8] Ma c’è un problema, ed è quello del papa che si ritiene il garante dell’unità delle chiese cristiane perché secondo i Cattolici Dio ha costituito il successore di Pietro, ossia il vescovo d Roma, ‘perpetuo e visibile principio e fonda­mento dell’unità’. Come risolvere questa questione molto compli­cata? In altre parole Culmann domanda: ‘In che modo la chiesa cattolica, senza abbandonare la sua pretesa di possedere già nel ministero petrino la garanzia dell’unità, può trovare il posto che le compete in seno a una comunità nella quale le chiese membri ricercano insieme una unità?’[9] Ed egli dà pure la risposta: ‘A meno di rinunciare definitivamente ad accogliere la più grande delle chiese cristiane, non è possibile nessuna struttura comune senza una concessione reciproca: da una parte la concessione delle chiese non cattoliche nella forma di una accettazione limitata di certi elementi costitutivi della chiesa cattolica per la creazione di una soprastruttura, alla condizione che ciò non sia in contrasto con la loro fede; dall’altra parte la concessio­ne della chiesa cattolica sotto la forma di un riconoscimento di questa limitazione, senza abbandono dei propri dogmi’.[10]

E’ chiaro dunque il progetto di Culmann; cercare di formare una superstrut­tura facendo delle concessioni, cioè riconoscendo in un certo limite il papa, e da parte cattolica fare la concessione di accettare questa limitazione! E tutto questo per quale motivo? Per non perdere la più grande delle chiese cristiane! Errore, grave errore quello di Culmann nel definire Chiesa cristiana la chiesa cattolica romana. Questo significa che lui ha dimenticato che cosa è il cristianesimo e che cosa fa cristiana una chiesa, e non solo, egli ha pure dimenticato che la chiesa cattolica romana nel definire il suo papa segno visibile dell’unità e principio e fondamento dell’unità, non fa altro che dire, o riconoscete il papa e vi sottomettete a lui perché costituito da Dio per mante­nere unita la Chiesa di Cristo, o altrimenti non avrete mai l’unità delle chiese. Insomma, senza il papa, l’unità non è possibile, il suo servizio è indispensabile!! Ma, a prescindere che il cosiddetto successore di Pietro, è un impostore, da quando in qua nella Scrittura si legge che Pietro fosse il prin­cipio e il fondamento dell’unità, come se fosse Pietro che teneva unita la Chiesa intera al suo tempo? E’ l’amore e non il papa che tiene legati i credenti l’uno all’altro infatti Paolo pregando per i Colossesi dice: “affinché siano confortati nei loro cuori essendo stretti insieme dall’amore…”.[11] Quindi non c’è proprio bisogno di questo cosiddetto servizio petrino per rimanere uniti ai credenti delle altre chiese; basta amarli come Cristo ci ha comandato di fare. Sì, i fratelli quando mediante l’amore servono gli uni gli altri si mantengono uniti, e non hanno bisogno di Giovanni Paolo II e neppure dei suoi prossimi successori. E poi, i papi hanno sempre cercato il loro interesse; la storia ce lo insegna; sono avidi di potere dal primo all’ultimo; ma che servizio possono giammai rendere alla Chiesa di Dio? Semmai, cercano di distrug­gerla, ma non cercano proprio di edificarla! Questo ancora oggi, nel ventesimo secolo. Molti Protestanti oggi nei loro discorsi ecumenici dicono: ‘Con Pietro, ma non sotto Pietro’; volendo così dire che sono disposti a collaborare assieme al cosiddetto successore di Pietro ma non a riconoscere in lui il capo della Chiesa per un suo particolare diritto divino accordatogli da Dio. Noi riteniamo che in base all’insegnamento biblico, questa volpe non debba essere fatta entrare nella vigna di Dio perché con la sua astuzia e il suo potere la guasterebbe; è uno di quelli di fuori. Il suo posto non è in mezzo al popolo di Dio riscattato con il sangue di Cristo, ma in mezzo agli idolatri, ai superstiziosi, ai figli della disubbidienza come lui. Si ravveda, e creda nel Vangelo, ed esca dalla chiesa romana abbandonando la sua posizione, allora, e solo allora lo potremo accogliere come un nostro fratello, ma non prima. Qualcuno dirà: ‘Ma che dici? Guarda che il papa vuole il bene della Chiesa’. No, lui non vuole il nostro bene, come non lo hanno voluto i suoi predecessori. Da che cosa si comprende questo? Dal fatto che lui nell’ovile delle pecore cerca di en­trarci non per la porta ma da un’altra parte. E Gesù ha detto: “In verità, in verità io vi dico che chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, esso è un ladro e un brigante”.[12] E chi è la porta? Cristo. Ma lui questa porta la ignora; egli ha un’altra porta ed è Maria, la ‘porta del cielo’. Seguendo lei però, nella maniera in cui prescrive la chiesa romana, non si entra né nella Chiesa di Dio e neppure nel cielo, ma si rimane nel buio e si va all’inferno.

Per concludere; noi riteniamo che è impossibile avere comunione con i Cattolici romani perché noi siamo luce nel Signore mentre loro sono tenebre e non v’è comunione tra la luce e le tenebre. Come fanno dunque alcuni credenti a pensare di potere avere comu­nione con le tenebre? Noi abbiamo parlato con molti Cattolici romani fino adesso, ma con nessuno di essi abbiamo sentito comu­nione. Il fatto dunque che alcuni ci stiano bene assieme a loro è segno che essi o prima camminavano nella luce e poi si sono corrotti perché le tenebre gli hanno accecato gli occhi o altri­menti sono nelle tenebre e non hanno mai visto la luce nella loro vita. Quantunque siamo contro l’ecumenismo, pure siamo per la verità e cerchiamo il bene dei Cattolici romani; il nostro desiderio infatti, nello scrivere contro questo falso ecumenismo, è che i Cattolici romani vengano salvati e vengano alla conoscenza della verità. Diletti, ho voluto esporvi brevemente queste cose per mettervi in guardia da coloro che cercano di sedurvi con le loro dolci parole ecumeniche; affinché perseveriate nella fede, e riteniate ferma­mente fino alla fine quello che avete udito dal principio per ottenere in quel giorno dal Signore la corona di giustizia.

 


[1] Oscar Culmann, L’unità attraverso la diversità, Brescia 1987, pag. 52. Oscar Culmann ha ricevuto il premio internazionale Paolo VI 1993 per l’ecumenismo.

[2] Oscar Culmann, op. cit., pag. 54-55

[3] Ibid., pag. 56-57

[4] Ibid., pag. 58

[5] Ibid., pag. 62

[6] 1 Cor. 5:11

[7] Culmann, op. cit., pag. 64

[8] Ibid., pag. 65

[9] Ibid., pag. 77

[10] Ibid., pag. 77

[11] Col. 2:2

[12] Giov. 10:1