L’unità della Chiesa secondo la Scrittura

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Vediamo ora alcune Scritture che ci mostrano cosa intende Dio per unità. Ma prima di fare ciò, vi ricordo che l’unità di cui parlò Gesù ed anche gli apostoli si riferisce ad una unità nell’ambito della fratellanza, e non di una unità che i credenti devono procacciare con coloro che ancora non sono nati di nuovo. Dico questo per farvi comprendere che è impossibile procacciare unità con i Cattolici romani o parlare di unità con loro perché loro ancora si devono ravvedere e credere nel Vangelo come invece abbiamo già fatto noi. Il fatto é però che se fossero i Buddisti o gli Induisti a chiamarsi Cristiani e a cercare di unirsi a noi o di farci unire a loro, subito molti risponderebbero che non si può dialogare con loro in alcun modo fino a che non si saranno convertiti dagli idoli all’Iddio viven­te, ma siccome che questa cosiddetta unità e questo cosiddetto dialogo fraterno con noi li cercano i Cattolici romani che si dicono Cristiani perché parlano anche loro di Gesù, dicono di credere in Gesù, nella sua divinità, nella sua morte e nella sua risurrezione, (ma nei fatti rinnegano il Vangelo perché sono dati all’idolatria e schiavi del peccato nella stessa maniera di tanti altri pagani), allora pare che molti fra noi abbiano perso il discernimento perché hanno cominciato a chiamare fratelli gli idolatri e i peccatori. Ora, fino a quando sono i Cattolici romani a chiamarci fratelli separati è comprensibile perché sono ciechi e pensano di essere la unica e vera famiglia di Dio illudendosi, ma quando sono alcuni di fra noi che cominciano a chiamarli fratelli allora la cosa é molto preoccupante perché è segno che alcuni non sanno neppure cosa si intende con il termine fratello. Gesù un giorno disse: “Mia madre e miei fratelli son quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”;[1] quindi non si possono chiamare fratelli di Gesù persone che non si sono ravvedute ancora dai loro peccati, che non hanno creduto nel Vangelo e rifiutano di osservare i comandamenti di Cristo. E dato che non sono ancora fratelli di Gesù Cristo, non sono neppure nostri fratelli perché non facenti parte della famiglia di Dio. Ma ditemi? Come facciamo a chiamare fratelli i Cattolici romani quando essi nei fatti antepongono la loro tradizione alla Parola di Dio, calpestando la Parola di Dio in ogni maniera? Come facciamo a chiamare fratelli persone che dicono di credere ma nello stesso tempo dicono di non avere la vita eterna? Non ha forse detto Gesù: “Chi crede ha vita eterna”?[2] Allora come mai essi affermano di non possedere la vita eterna come invece l’af­fermiamo noi per la grazia di Dio? La ragione è perché essi non hanno ancora creduto nel Vangelo! Hanno sentito parlare del Vangelo, alcuni di loro lo insegnano pure, ma sta di fatto che ancora non ci hanno creduto. Come mai siamo accusati da loro di essere dei presuntuosi perché diciamo di avere la vita eterna e che il Signore ci ha salvati e che quando moriremo andremo a vivere con Gesù Cristo nel paradiso di Dio? La ragione é sempre la stessa: essi ancora non hanno né gustato e né visto la bontà di Dio come invece l’abbiamo vista e gustata noi per la grazia di Dio. (Sia ben chiaro però anche questo: non si possono chiamare fratelli neppure tutti quegli Evangelici che frequentano il locale di culto ma non sono ancora nati di nuovo).

Basterebbe questo discorso sin qui fatto per giungere alla con­clusione che è totalmente sbagliato chiamare fratelli quelli che ancora sono schiavi del peccato e che non se ne parla neppure di procacciare l’unità con loro che sono nell’errore, ma voglio proseguire in questo esame scritturale sull’unità tra i credenti di cui parla la Parola affinché nessuno vi tragga in errore. Citerò a riguardo alcuni passi che sono sovente citati dai teologi papisti quando parlano di unità tra i Cristiani.

–  Gesù nella notte in cui fu tradito disse al Padre: “Io non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; che come tu, o Padre, sei in me, ed io sono in te, anch’essi siano in noi; affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro, e tu in me; acciocché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu m’hai mandato, e che li ami come hai amato me”.[3]

Innanzi tutto Gesù pregò per dei futuri credenti, ed in partico­lare per coloro che avrebbero creduto in lui per mezzo della parola predicata dai suoi apostoli; quindi questa unità che lui chiese al Padre la chiese per dei figliuoli di Dio. Egli non pregò affinché i credenti e gli increduli fossero uniti cioè affinché andassero d’accordo perché questo è impossibile che avvenga dato che non c’é comunione alcuna tra la luce e le tene­bre. Questo è quello che ancora alcuni tra di noi non hanno capito, e cioè che coloro che hanno veramente creduto non possono andare d’accordo con quelli che non hanno ancora creduto, e perciò ogni tentativo di mettersi d’accordo è tempo sprecato. Spiego questo concetto in questa maniera: Gesù non cercò di mettersi d’accordo con gli scribi e i Farisei attorno ai precetti della legge che essi avevano annullato con la loro tradizione, per non apparire uno che non voleva l’unità dei Giudei, ma li riprese chiamandoli ciechi, stolti, razza di vipere, ipocriti perché questo essi meritavano. Essi avevano annullato la Parola di Dio e Gesù non avrebbe potuto compiacere agli scribi ed ai Farisei nel mostrarsi d’accordo con i loro comandamenti per mezzo dei quali avevano annullato la Parola di Dio. Non cercò minimamente di mostrarsi tollerante verso di loro ma li riprese severamente. Gesù non compiacque neppure ai Sadducei che non credevano nella risurrezione dei morti, infatti li ammonì dicendo loro che essi erravano perché non conoscevano le Scritture e né la potenza di Dio e gli turò così la bocca. Nella stessa maniera noi suoi discepoli non possiamo metterci a barattare la verità con l’unità che ci offrono queste guide cieche della chiesa romana; ma con forza dobbiamo riprenderli come fece Gesù verso i Farisei e i Sadducei esortandoli a ravve­dersi e a credere nel Vangelo. Ho dimostrato innanzi come la chiesa romana abbia annullato in moltissimi punti la Parola di Dio e come essa rifiuta di credere in tutto il consiglio di Dio, e come le loro guide insegnano ai loro seguaci molte cose storte e malvagie: come si può quindi pensare di collaborare o di metter­si a discutere con loro che partono col presupposto di avere ragione e che la loro chiesa é quella fondata da Cristo, quella che possiede la verità, la retta interpretazione delle parole di Gesù e degli apostoli? Non è forse il caso di ammonirli come fece Gesù in verso i Farisei e i Sadducei? Certo, questo dobbiamo fare.

E’ chiaro, leggendo il decreto del concilio Vaticano, che noi credenti siamo da loro considerati come i seguaci di coloro che hanno deciso di uscire dal loro mezzo, ma i fatti sono altri. Noi siamo seguaci di Cristo Gesù perché in lui abbiamo creduto, lui seguiamo e lui amiamo; il nostro capo o fondatore non é Calvino, né Lutero, e né nessun altro all’infuori di Cristo Gesù. Venendo considerati come delle persone che si sono separate da loro e facendoci apparire agli occhi dell’opinione pubblica come persone in un certo senso ribelli all’ordine di Cristo perché rifiutiamo di sottostare al presunto successore di Pietro, é inevitabile che siamo fatti passare come quelli che ancora devono capire che la unica e vera Chiesa é quella cattolica romana e che fuori di essa non c’é speranza di essere salvati! (A proposito, sappiate che essi stanno pregando per noi affinché torniamo alla chiesa madre!) Ma d’altronde questo è il trattamento che attende tutti coloro che decidono di ubbidire al Vangelo, ma noi ci rallegriamo quando sentiamo dire ai Cattolici che siamo dei settari che hanno perdu­to il senno e che non capiamo nulla perché questo è un vituperio che subiamo a motivo di Cristo. Ci sentiamo chiamare ‘i fratelli separati’, come se fossimo membri della stessa famiglia ma viviamo per conto nostro. Ma noi non siamo i loro fratelli separati e non sentiamo affatto il bisogno di riconciliarci con loro. La coscienza di tutti coloro che si sono separati da loro non li riprende per nulla, ma gli attesta per lo Spirito Santo che hanno fatto bene a separarsi da loro. Loro si devono prima riconciliare con Dio; altro che ecumenismo! Qui a loro si deve ancora parlare di ravvedimento dalle opere morte, gli si deve dire di convertir­si dagli idoli muti all’Iddio vivente e vero!

Adesso, leggendo le suddette parole che Gesù rivolse in preghiera al Padre per coloro che avrebbero creduto in lui per mezzo della parola degli apostoli, non possiamo non riconoscere che noi siamo tra coloro che hanno creduto in Cristo Gesù per mezzo della parola degli apostoli, perché anche se non abbiamo conosciuto personalmente gli apostoli del Signore pure è stato mediante le parole scritte anche da Matteo, da Giovanni e da Pietro che noi abbiamo creduto nel Signore. Dopo avere detto ciò domandiamoci: Fu esaudita la preghiera di Gesù? Certo che fu esaudita perché in effetti noi credenti for­miamo un corpo unico, siamo membri di una sola famiglia, e fac­ciamo parte di una sola casa. Il fatto che tra di noi esistano diverse denominazioni che portino nomi diversi ed abbiano delle convinzioni diverse su alcune cose relative al regno di Dio (che bisogna dire non annullano la giustificazione per fede) non significa che i fratelli facenti parte di una denominazione cessano a motivo di questo di essere membri del corpo di Cristo o membri della fami­glia di Dio. Affatto, e questo perché noi continuiamo ad avere in comune la stessa speranza, lo stesso battesimo, lo stesso Spiri­to, la stessa fede, lo stesso Dio e lo stesso Signore. Nella realtà c’é una sola Chiesa sulla terra, che è la Chiesa di Dio, di cui fanno parte tutti coloro che sono nati di nuovo mediante l’azione dello Spirito Santo e della Parola di Dio. Certo, riconosciamo che in Cristo siamo uno secondo che é scritto ai Galati: “Siete tutti figliuoli di Dio, per la fede in Cristo Gesù. Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’é qui né Giudeo né Greco; non c’é né schiavo né libero; non c’é né maschio né femmina; poiché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”,[4] ma riconosciamo anche che tra di noi persistono delle divergenze dottrinali per cui non possiamo dire che siamo perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo parlare e sentire. I motivi per cui esistono queste divergenze che alcune volte sono marginali, altre volte più sostanziose, sono di svariato genere. Non mi metterò ad esaminarli in quest’occasione; sta di fatto che queste diverse convinzioni dottrinali che hanno gli altri non sono tali da farceli disconoscere come fratelli. Sarà bene ricordare che anche la Chiesa di Corinto era una Chiesa di Dio al tempo degli apostoli, però come é noto nel suo seno vi erano delle divisioni difatti vi erano coloro che dicevano: “Io sono di Paolo”, ed altri: “Io sono di Apollo”, ed altri ancora: “Io di Cefa”. Ma che fece l’apostolo quando scrisse loro? Smise forse di chiamarli fratelli, o non riconobbe più in loro dei fratelli? Affatto; tanto é vero che si indirizza a loro ancora come a dei fratelli chiamandoli appunto fratelli. A conferma di ciò ecco le seguenti espressioni di Paolo: “Ora, fratelli, io v’esorto, per il nome del nostro Signor Gesù Cristo, ad aver tutti un medesimo parlare, e a non aver divisioni fra voi, ma a stare perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo sentire. Perché, fratelli miei, m’é stato riferito intorno a voi da quei di casa Cloe, che vi son fra voi delle contese”;[5] “Ed io, fratelli, non ho potuto parlarvi come a spirituali, ma ho dovuto parlarvi come a carnali, come a bambini in Cristo”;[6] “Io vi scrivo queste cose non per farvi vergogna, ma per ammonirvi come miei cari figliuoli”.[7] Fu proprio ai Corinzi nel cui mezzo vi erano delle divisioni che Paolo disse: “Or voi siete il corpo di Cristo, e membra d’esso, ciascuno per parte sua”;[8] quindi non perché vi erano quelle diver­genze tra quei credenti essi non erano più figliuoli di Dio. Ma essi avevano creduto; essi erano nati di nuovo! Ma nel caso della chiesa romana ci troviamo davanti non a uomini che hanno come fondamento Cristo Gesù ma il papato, la tradizione che annulla la Parola di Dio, il culto a Maria, agli angeli e ai loro santi, quindi non si possono definire fratelli. Come si possono definire membri della Chiesa di Dio persone che dicono che il paradiso ce lo si deve guadagnare facendo del proprio meglio? O che dopo morti si deve andare in purgatorio a espiare la pena dei nostri peccati che il sangue di Cristo non ha potuto cancellare?

–  Gesù disse: “Ho anche delle altre pecore, che non son di quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolte­ranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore”.[9]

Anche queste parole sono prese dalla curia romana quando parla di ecumenismo; ma il significato che danno ad esse è veramente arbitrario infatti secondo loro il solo gregge è ‘la chiesa cattolica romana’, ed il solo pastore è il capo dello Stato del Vaticano. Si sbagliano grandemente dandogli questa interpretazione; sì sono delle pecore pure loro, ma sono perdute infatti essi seguono la loro propria via ed hanno bisogno di tornare al Sommo Pastore che è Cristo Gesù. Ma quello che costoro dimenticano o fanno finta di ignorare é che Gesù ha detto delle sue altre pecore che avrebbe raccolto di fra i Gentili: “Ed esse ascolteranno la mia voce”,[10] quindi una pecora del Signore si riconosce dal fatto che essa ascolta la voce di Cristo Gesù. Non ha forse detto Gesù più avanti: “Le mie pecore ascoltano la mia voce”?[11] Non mi pare proprio che i Cattolici ascoltino la voce del Signore Gesù; essi ascoltano la voce del loro magistero, del loro capo, dei loro sacerdoti ma non ascoltano quella di Gesù perché non la conoscono. Mi sbaglio forse? No, perché i fatti parlano molto più chiaro di quanto faccia il decreto del concilio Vaticano. Ora, non é difficile ascoltare membri (anche influenti) della chiesa romana farci questo discorso: ‘Ma che cosa sono queste divisioni che ci sono fra noi? Non siamo forse tutti Cristiani? Perché dunque essere divisi se abbiamo uno stesso Padre?’ Quello che essi nella sostanza ci propongono é di metterci con loro e di mettere da parte certe nostre convinzioni. Ma come rispondiamo noi a queste loro proposte lusinghevoli? Noi rispondiamo che non acconsentiremo affatto a mettere in un can­tuccio o a soffocare la verità per amore di unità; ben inteso, la loro unità. No, noi non ci metteremo con tutti coloro che pure dicendosi Cristiani sono idolatri perché Dio ce lo ha ordinato per mezzo dell’apostolo Paolo con queste parole: “V’ho scritto di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi fratello, sia un… idolatra..”,[12] e: “Non vi mettete con gl’infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tene­bre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?”.[13] L’ecumenismo proclamato dalla chiesa romana non é un giogo per i santi; come tanti credenti che si sono uniti in matrimonio con degli infedeli, dopo non molto tempo, se non subito, hanno abban­donato la comune adunanza e si sono gettati dietro alle spalle i comandamenti di Dio perché trascinati dalle parole dolci e lusin­ghiere del loro coniuge incredulo, così tanti credenti essendosi uniti in un matrimonio spirituale con gli infedeli che hanno la parvenza di fedeli, si sono corrotti e pian piano sono tornati a voltolarsi nel fango delle eresie cattoliche romane. Hanno com­messo adulterio davanti a Dio, perciò sono gente adultera; parla­no ed agiscono come gli adulteri, infatti per loro bisogna cerca­re di stare assieme ai Cattolici romani a tutti i costi, anche a costo di mettere da parte una parte del consiglio di Dio. No, noi non siamo disposti a scendere a nessun compromesso né con loro e né con altri. Si ravvedano prima dalle loro opere morte, credano nel Vangelo e facciano frutti degni del ravvedimento. Il papa, i vescovi, i cardinali, i monsignori, i preti e le suore e tutti i loro consoci si ravvedano e dimostrino con i fatti di essere diventati dei Cristiani: di parole ne sentiamo molte, ma di frutti degni del ravvedimento da parte di questi che parlano tanto di ecumenismo e di unità dei Cristiani non ne vediamo. Vogliono veramente unirsi a noi o che noi ci uniamo a loro? Ebbene, si convertano dagli idoli all’Iddio vivente credendo nel Vangelo della grazia, (il che significa riconoscere che la salvezza si ottiene per sola fede in virtù dei meriti di Cristo senza nessuna opera meritoria); e poi distruggano tutti i loro idoli raffiguranti Maria, Giuseppe, Pietro e tutti gli altri, tutte le loro immagini cosiddette sante, li riducano in frantumi e vadano a buttarle all’immondezzaio; smettano di adorare e pregare Maria, di adorare la croce, di venerare le reliquie, di fare processioni, pellegrinaggi e di compiere qualsiasi pratica che si oppone al Vangelo; insomma smettano di osservare la loro tradizione, e poi potremo metterci assieme per pregare, per adorare Iddio, per servire Iddio. Ma essi non vogliono fare questo, vogliono tenersi i cadaveri dei loro idoli, e rimanere attaccati alla loro tradizione, perciò non si può in nessuna maniera chiamarli fratelli e collaborare con loro. Lo Spirito che Dio ha fatto abitare in noi ci brama fino alla gelosia fratelli, sappiatelo questo, perciò non vi lasciate trarre in inganno da coloro che in finti sembianti vengono a voi a parlarvi di ecumenismo ma non vogliono sentire parlare di tutto il consiglio di Dio. Sì, parlano di unità, e fanno sfoggio pure di versetti della Scrittura che parlano di unità; ma noi crediamo nell’unità della Chiesa, ma in quella fondata sulla verità, e non in quella fondata su un miscuglio fatto di verità e di eresie che proclama la chiesa romana, perché quella non è unità ma confusione. Diletti, rimanete attaccati alla fedele Parola di Dio, rimanete uniti al Signore per camminare uniti a lui fino alla fine; nessuno vi tragga in errore con i suoi dolci discorsi. Ricordatevi che nella Chiesa si sono sempre insinuati dei ministri di Satana travestiti da ministri di Cristo al fine di portare eresie di perdizione e confusione; “anche Satana si traveste da angelo di luce”,[14] dice Paolo. Il serpente antico sedusse Eva con la sua astuzia infatti le disse che non sarebbero morti se avessero mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male; esso non le disse esplicitamente: ‘Mangia il frutto dell’albero della cono­scenza del bene e del male per disubbidire a Dio ed allontanarti da lui’, ma: “No, non morrete affatto”. E le seguenti parole di Paolo VI: ‘Noi apriamo le braccia a tutti coloro che si glorifi­cano del nome di Cristo, li chiamiamo col dolce nome di fratelli; sappiano che troveranno in noi comprensione e benevolenza, che troveranno in Roma la casa paterna che valorizza ed esalta con nuovo splendore i tesori della loro storia, del loro patrimonio culturale, della loro eredità spirituale’,[15] tendono nella sostanza proprio a farci fare la stessa cosa che il serpente antico con le sue dolci parole indusse Eva a fare, cioè farci disubbidire a Dio mettendoci con gli infedeli e farci così morire spiritualmente.

 


[1] Luca 8:21

[2] Giov. 6:48

[3] Giov. 17:20-23

[4] Gal. 3:26-28

[5] 1 Cor. 1:10,11

[6] 1 Cor. 3:1

[7] 1 Cor. 4:14

[8] 1 Cor. 12:27

[9] Giov. 10:16

[10] Giov. 10:16

[11] Giov. 10:27

[12] 1 Cor. 5:11

[13] 2 Cor. 6:14-16

[14] 2 Cor. 11:14

[15] Citato da Leonard Emile G. in Storia del protestantesimo, Milano 1971, vol. 3, pag. 367