L’enciclica Ut Unum Sint di Giovanni Paolo II

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Adesso voglio commentare l’enciclica di Giovanni Paolo II intitolata Ut unum sint (Che siano tutti uno) datata 25 Maggio 1995 e che ha come tema l’impegno ecumenico della chiesa cattolica, i frutti del dialogo tra la chiesa cattolica romana e le altre chiese ed anche la maniera in cui si può raggiungere l’unità visibile tra la chiesa cattolica e le altre chiese. Il fine che mi propongo con questo esame, fratelli, è quello di farvi capire che cosa intende per ecumeni­smo e per unità delle chiese la chiesa cattolica romana, che questa unità che essi stanno procacciando apparentemente con le Chiese evangeliche è una trappola, e come parlare con loro signi­fica parlare con persone che hanno orecchi ma non odono e perciò è inutile cercare di dialogare con loro. Prima di cominciare questo esame, voglio fare questa premessa; nell’enciclica di Giovanni Paolo II ci sono tanti riferimenti al decreto sull’ecumenismo del concilio Vaticano II (di cui ho citato alcune parti innanzi); inoltre di volta in volta sarò costretto a ripe­tere, quantunque in maniera diversa, concetti già spiegati innanzi. Avverto il lettore che non prenderò tutta l’enciclica ma solo una parte di essa, che pur essendo consistente, ritengo sia necessario trascrivere e confutarla pubblicamente al fine di palesare a tutti l’astuzia di questo uomo.

–  ‘Assieme a tutti i discepoli di Cristo, la chiesa cattolica fonda sul disegno di Dio il suo impegno ecumenico di radunare tutti nell’unità. Infatti la chiesa non è una realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecume­nica, perché inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere il mistero di comunione che la costi­tuisce: raccogliere tutti e tutto in Cristo; a essere per tutti ‘sacramento inseparabile di unità’. Già nell’Antico Testamento, riferendosi a quella che era allora la situazione del popolo di Dio, il profeta Ezechiele, ricorrendo al semplice simbolo di due legni prima distinti, poi accostati l’uno all’altro, esprimeva la volontà divina di ‘radunare da ogni parte’ i membri del suo popolo lacera­to: ‘Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Le genti sapranno che io sono il Signore che santifico Israele (cf. 37,16-28). Il Vangelo giovanneo, da parte sua, e di fronte alla situa­zione del popolo di Dio a quel tempo, vede nella morte di Gesù la ragione dell’unità dei figli di Dio: ‘Doveva morire per la nazio­ne e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi’ (11,51-52). Infatti, spiegherà la Lettera agli Efesini, ‘abbattendo il muro di separazione, (…) per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia’, di ciò che era diviso egli ha fatto una unità (cf. 2,14-16). L’unità di tutta l’umanità lacerata è volontà di Dio. Per questo motivo egli ha inviato il suo Figlio, perché, morendo e risorgendo per noi, ci donasse il suo Spirito d’amore. Alla vigilia del sacrifi­cio della croce, Gesù stesso chiede al Padre per i suoi discepo­li, e per tutti i credenti in lui, che siano una cosa sola, una comunione vivente. Da ciò deriva non soltanto il dovere, ma anche la responsabilità che incombe davanti a Dio, di fronte al suo disegno, su quelli e quelle che per mezzo del battesimo diventano il corpo di Cristo, corpo nel quale debbono realizzarsi in pie­nezza la riconciliazione e la comunione. Come è mai possibile restare divisi, se con il battesimo noi siamo stati ‘immersi’ nella morte del Signore, vale a dire nell’atto stesso in cui, per mezzo del Figlio, Dio ha abbattuto i muri della divisione? La divisione contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ed è di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo a ogni creatura’.[1]

Giovanni Paolo II, da come parla, sembra che abbia il cuore affranto nel constatare che le chiese cristiane sono divise tra loro; naturalmente tra le chiese cristiane c’è pure la chiesa cattolica romana, e non potrebbe essere altrimenti, perché essa si reputa la Madre delle chiese. Egli afferma che Dio tramite Ezechiele fece conoscere la sua volontà che era quella di radunare il suo popolo da ogni parte, e tramite Giovanni di radunare i figliuoli di Dio dispersi tramite la morte del suo Figliuolo; e che Cristo morendo ha abbattuto il muro della divisione per fare una unità. Poi passa a dire che Dio vuole radunare tutta l’umanità lacerata da queste divisioni, e che Gesù pregò per l’unità dei suoi disce­poli e dei credenti. Da qui il dovere, secondo lui, che hanno tutti coloro che mediante il battesimo diventano membri del corpo di Cristo, di cercare la riconciliazione all’interno dei creden­ti. E poi dice che la divisione è di scandalo al mondo e danneg­gia la causa di Cristo. Lui dunque include la chiesa cattolica tra le chiese cristiane; noi invece non la includiamo perché essa con la sua tradizione ha annullato la parola di Cristo mettendosela sotto i piedi. Lo abbiamo visto questo quando abbiamo confutato le sue dottrine; quindi è superfluo che io mi dilunghi più di tanto su questo aspetto della questione. Si dicono figliuoli di Dio perché hanno ricevuto il battesimo per infusione da bambini; ma noi sappiamo che non si diventa figli di Dio in quella maniera, ma ravvedendosi e credendo nel nome del Figlio di Dio. Essi pensano di essere entrati a fare parte del corpo di Cristo mediante quel rito battesimale; il che non è vero. Inoltre, loro assieme a noi formano, secondo lui, il corpo di Cristo, seppellito nella morte di Cristo; perciò è contradditto­rio che ci siano nel nostro mezzo delle divisioni quando Gesù è morto per riunire in uno i figliuoli di Dio. La divisione è di scandalo, lui dice. Ma a questo punto bisogna fare questa precisazione: i nostri fra­telli prima di noi, non hanno dato affatto motivo di scandalo uscendo dalla chiesa cattolica romana; anzi ne sono usciti per volere di Dio. Ma non sono usciti dal corpo di Cristo, o separati da esso; ma si sono ritirati da idolatri, da superstiziosi, da persone che hanno in abominio la santa Parola di Dio. In altre parole essi sono stati riscattati da una assemblea pseudocri­stiana, quale è la chiesa cattolica romana; al pari di quei nostri fratelli che prima erano tra i cosiddetti Testimoni di Geova, o fra i Mormoni. Ma per essere ancora più chiari, noi riteniamo che tra i nostri fratelli che sono usciti dalla chiesa cattolica romana e quelli che sono usciti dal Buddismo o dall’In­duismo, o dallo Scintoismo, l’unica differenza è che essi si sono ritirati da persone che si dicono Cristiani (cosa che non dicono di essere i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti), perché nella realtà sono idolatri come i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti perché vanno anch’essi dietro agli idoli muti. Con questo noi vogliamo dire che la divisione che si è venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e tutti coloro che hanno conosciuto la verità e ne sono usciti, non è affatto qualcosa di contraddittorio, ma qualcosa di inevitabile, di giusto, che rien­tra nella volontà di Dio. Anche quando al tempo degli apostoli si convertivano dei Giudei avveniva una divisione tra i Giudei che ritenevano che si veniva giustificati per le opere della legge e quelli invece che dicevano che si viene giustificati per la fede soltanto, senza le opere della legge. Abbiamo un esempio di ciò, in quello che avvenne ad Efeso: “Ma siccome alcuni s’indurivano e rifiutavano di credere dicendo male della nuova Via dinanzi alla moltitudine, egli ritiratosi da loro, separò i discepoli, discor­rendo ogni giorno nella scuola di Tiranno”;[2] ed anche in quello che avvenne ad Antiochia di Pisidia: “E dopo che la raunanza si fu sciolta, molti de’ Giudei e de’ proseliti pii seguiron Paolo e Barnaba”.[3] Ecco la divisione inevitabile! Ma tutto ciò è normale, perché i credenti in ogni età sono chiamati a separarsi dagli increduli secondo che è scritto: “Uscite di mezzo a loro e sepa­ratevene, dice il Signore…”.[4] Ma qual’è lo scandalo di cui quei Giudei credenti si resero colpevoli separandosi da quei Giudei duri di cuore, che contraddicevano la parola di verità? E così, qual’è lo scandalo di cui si sono resi colpevoli quelli che avendo creduto tra i Cattolici si sono separati da loro? Nessuno, perciò al bando la definizione di scandalo data alla divisione che si è venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e tutte quelle chiese che si attengono al Vangelo della grazia; perché questa non è un’opera della carne, ma un opera potente compiuta dal nostro Dio. Noi possiamo dire di essa: “Ciò è stato fatto dal Signo­re, ed è cosa maravigliosa agli occhi nostri”.[5] Nel decreto sull’ecumenismo è scritto: ‘Quelli poi che ora nasco­no e sono istruiti nella fede in Cristo in tali comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore’.[6] Questo vuole dire che quelli che si separarono anticamente dalla chiesa cattolica romana a motivo della loro fede, possono essere accusa­ti del peccato di separazione. No, non è affatto così, perché Lutero e molti altri quando si separarono dalla chiesa cattolica non commisero alcun peccato di separazione; in questo, dobbiamo dire, essi non operarono uno scandalo. Lo scandalo semmai lo operava la chiesa cattolica romana con a capo i suoi ministri che si abbandonavano alla dissolutezza, che invece che pascere il gregge pascevano se stessi, vendendo indulgenze e appropriandosi dei beni del popolo in ogni maniera. Per quanto riguarda poi questo fraterno rispetto e amore con cui la chiesa cattolica dice di abbracciarci, noi non lo vediamo; anzi vediamo il contrario. Vediamo sia nei preti, che nelle loro pecore una particolare avversione verso noi figliuoli di Dio. Lusinghe, falsità, ipocrisie; ecco che cosa sono tali frasi. Non è la divisione che si è venuta a creare tra Cattolici e Evangelici ciò che scandalizza le persone, ma sono piuttosto il lusso, l’arroganza, l’amore per il potere e l’amore per il denaro che ci sono nella chiesa cattolica romana; cominciando dal suo capo carismatico. Ho voluto così mettere le cose in chiaro, prima di proseguire l’esame di questo discorso; affinché nessuno pensi che noi pro­viamo o dobbiamo provare qualche senso di colpa per la nostra avversione al papato, alla tradizione cattolica romana. Ma quale senso di colpa? Noi anzi proviamo una grande gioia nel difendere il Vangelo confutando le eresie della chiesa cattolica romana; abbiamo la grazia di potere combattere per l’Evangelo come l’han­no avuta prima di noi molti altri; e questo faremo fino a che avremo un’alito di vita.

–  ‘…La chiesa cattolica accoglie con speranza l’impegno ecume­nico come un imperativo della coscienza cristiana illuminata dalla fede e guidata dalla carità. Anche qui si può applicare la parola di san Paolo ai primi cristiani di Roma: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo’, così la nostra ‘speranza non delude’ (Rm. 5,5). Questa è la speranza dell’unità dei cristiani, che nell’unità trinitaria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo trova la sua fonte divina’.[7]

La chiesa cattolica, da come parla Giovanni Paolo II, desidera ardentemente l’unità visibile di tutte le chiese; questo è il suo disegno ed il suo papa si è fatto portavoce e promotore di questo ecumenismo; ma essa non vedrà giammai realizzarsi questo disegno di unità visibile che sta con gran vigore perseguendo; la sua speranza in questa unità sarà frustrata perché il suo è un astuto disegno che tende a fare confluire i figliuoli di Dio nella chiesa cattolica romana sotto il loro papa, e Dio farà sì che quelli che hanno conosciuto la verità non rimangano ingannati dalle lusinghe papali. Egli “sventa i disegni degli astuti sicché le loro mani non giungono ad eseguirli”,[8] dice la Parola, per questo siamo fiduciosi che l’astuto disegno della curia romana andrà in fallimento. Rimarranno grandemente delusi, ne siamo sicuri; Dio ha sempre avuto in ogni tempo dei servi fedeli che si sono rifiutati di accondiscendere alla menzogna e all’idolatria. Al tempo di Elia, benché il popolo avesse abbandonato il patto di Dio e molti di coloro che parlavano da parte di Dio erano stati messi a morte dal popolo ribelle, pure Dio si era conservato un residuo di settemila uomini che non aveva piegato il loro ginoc­chio davanti a Baal e non lo aveva baciato. E così nel popolo di Dio benché alcuni apostateranno dalla fede e si lasceranno sedurre dalle lusinghe papali pure rimarranno sempre coloro che rifiuteranno fino alla fine di piegare il loro ginocchio davanti al papa e di baciargli il piede o la mano. Alcuni diranno: ‘Ma perché parli così? Il papa ci vuole bene e si sta impegnando grandemente per mettere assieme tutti i Cristiani!’ Io dico: Voi non sapete quello che dite; fra poco potrete da voi stessi constatare che costui, che voi dite che ci vuole bene, benché parli con voce graziosa ha sette abominazioni in cuore suo ed un grande odio verso la verità che però riesce a camuffare molto bene. Lui dice che l’amore di Dio è stato sparso nei loro cuori median­te lo Spirito Santo; ma la Scrittura dice che: “Questo è l’amor di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti”,[9] e noi quest’osser­vanza di comandamenti da parte loro non la vediamo. Essi hanno lasciato i comandamenti di Dio per amore della loro tradizione, e poi prendono le parole di Paolo per sostenere che nei loro cuori c’è l’amore di Dio. Ma quale amore di Dio hanno? Quello finto certamente, perché se avessero quello vero osserverebbero la Parola di Dio e noi avremmo comunione con loro. Nessuno v’inganni fratelli, Giovanni dice: “Chi dice: Io l’ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo, e la verità non è in lui”.[10] Quello che cerca di fare Giovanni Paolo II non è di unire, ma di sedurre per via di lusinghe coloro che non fanno parte della chiesa cattolica romana affinché ne entrino a fare parte, o almeno si alleino con essa per servire assieme ad essa gli idoli muti per i quali va in delirio. Lo vedremo in appresso qual’è il disegno e il desiderio di Giovanni Paolo II; altro che unità, altro che disegno di Dio; altro che verità, altro che amore di Dio!

–  ‘…Passando dai principi, dall’imperativo della coscienza cri­stiana, alla realizzazione della via ecumenica verso l’unità, il Concilio Vaticano II mette soprattutto in rilievo la necessità della conversione del cuore. L’annuncio messianico ‘il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino’ e l’appello conseguente ‘convertitevi e credete al Vangelo’ (Mc 1,15) con cui Gesù inaugura la sua missione, indicano l’elemento essenziale che deve caratterizzare ogni nuovo inizio; la fondamentale esigenza dell’evangelizzazione in ogni tappa del cammino salvifico della chiesa. Ciò riguarda, in modo particolare, il processo al quale il concilio Vaticano II ha dato avvio, inscrivendo nel rinnova­mento il compito ecumenico di unire i cristiani tra loro divisi. Ecumenismo vero non c’è senza interiore conversione. Il concilio chiama sia alla conversione personale sia a quella comunitaria. L’aspirazione di ogni comunità cristiana all’unità va di pari passo con la sua fedeltà al Vangelo. Quando si tratta di persone che vivono la loro vocazione cristiana, esso parla di conversione interiore, di un rinnovamento della mente. Ciascuno deve dunque convertirsi più radicalmente al Vangelo e, senza mai perdere di vista il disegno di Dio, deve mutare il suo sguardo. Con l’ecume­nismo la contemplazione delle ‘meraviglie di Dio’ (mirabilia Dei) si è arricchita di nuovi spazi nei quali il Dio trinitario susci­ta l’azione di grazie: la percezione che lo Spirito agisce nelle altre comunità cristiane, la scoperta di esempi di santità, l’esperienze delle ricchezze illimitate della comunione dei santi, il contatto con aspetti insospettabili dell’impegno cri­stiano (…..) Così la vita intera dei cristiani è contrassegnata dalla preoccupazione ecumenica ed essi sono chiamati a farsi come plasmare da essa (…) Per quanto riguarda la chiesa cattolica, a più riprese, come ad esempio in occasione dell’anniversario del battesimo della Rus, o del ricordo, dopo undici secoli, dell’opera di evangelizzazione dei santi Cirillo e Metodio, ho richiamato tali esigenze e prospettive. Più recentemente, il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo, pub­blicato con la mia approvazione dal Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, le ha applicate al campo pastorale. Per quanto riguarda gli altri cristiani, i principali documenti della Commissione ‘Fede e costituzione’ e le dichiarazio­ni di numerosi dialoghi bilaterali hanno già fornito alle comuni­tà cristiane utili strumenti per discernere ciò che è necessario al movimento ecumenico e alla conversione che esso deve suscita­re. Tali studi sono importanti sotto una duplice angolatura: essi mostrano i notevoli progressi già raggiunti e infondono speranza perché costituiscono una base sicura per la ricerca che va prose­guita e approfondita…’.[11]

Adesso, Giovanni Paolo II passa a parlare delle cose che occorro­no per raggiungere il vero ecumenismo; comincia a parlare della conversione interiore e del rinnovamento della mente perché, secondo lui, senza di essi non si può raggiungere la perfetta unità tra le chiese. Ma in cosa consistono nella pratica questa conversione interiore e rinnovamento della mente? Consistono, per i Cattolici, nel met­tersi a pensare che bisogna cercare strenuamente l’unità visibile con tutte le chiese; e perciò devono darsi da fare per cercare il dialogo con gli altri Cristiani, come ci chiamano loro. Naturalmente questo dialogo essi lo devono cercare, come vedremo anche dopo, rimanendo attaccati alla loro Tradizione; quindi all’idolatria, alla menzogna e alla superstizione. Quindi in effetti, i Cattolici non vogliono un vero ecumenismo ma un falso ecumenismo; perché loro partono dal presupposto di essere nella verità e che si devono convertire più radicalmente all’Evangelo, il che significa che essi pensano di essersi già convertiti al Vangelo ma questa conversione deve essere più radicale. Noi, dal canto nostro, diciamo che essi ancora non si sono per nulla convertiti al Vangelo, e di questo ne abbiamo le seguenti prove inconfutabili. Pregano e adorano Maria, pregano e adorano i santi (quelli veri e quelli falsi) e gli angeli, si prostrano davanti a statue e immagini; partecipano alla messa che per loro è la ripetizione del sacrificio di Cristo, credono in ogni specie di superstizio­ne; non credono nel Figlio di Dio perché dicono di non essere certi di avere la vita eterna e di essere stati salvati dal Signore. In effetti, loro per avere comunione con noi devono ravvedersi dai loro peccati, credere nel Vangelo e abbandonare la loro tradizione, ed ogni sorta di idolatria; ma questo per i Cattolici, è chiaro, non rientra affatto nelle cose necessarie al raggiungimento di questo ecumenismo, anzi per loro, di queste cose non si deve neppure parlare se si vogliono avere dialoghi fruttosi con loro. Quindi; che dialogo ci può essere con i sordi? Naturalmente questa conversione interiore e questo rinnovamento della mente deve essere reciproco, secondo Giovanni Paolo II, il che significa che noi, secondo lui, dovremmo convertirci alla causa dell’ecumenismo, ma a quell’ecumenismo come lo intendono loro. Ma questa non sarebbe una conversione più radicale al Vangelo per noi, ma un vero e proprio traviamento; in altre parole noi siamo convinti, che se cominciassimo a vedere le cose come le vedono i Cattolici ci svieremmo e danneggeremmo noi stessi. Perché questo? Perché da come parlano i Cattolici romani, noi se vogliamo l’ecumenismo non dobbiamo polemizzare con loro; detto in altre parole, non dobbiamo riprovare le loro eresie di perdizione, la loro idolatria e tante altre cose storte, perché questo non si addice a persone che cercano di stare assieme. Ma allora questo significa che noi dovremmo smettere di combattere il buon combattimento che la Scrittura ci dice di combattere! allora noi non dovremmo più difendere il Vangelo, ma accondiscen­dere alle loro eresie per amore di unità visibile. Ma allora ci dovremmo mettere a tavola con loro e dirgli: ‘Rispettiamoci reciprocamente, noi rispettiamo le vostre dottrine e voi rispet­tate le nostre!’ Ma io domando a voi: ‘Ma Gesù quando si trovò a tavola con i Farisei che fece? Disse forse: ‘Sentite, cerchiamo di metterci d’accordo sulla legge, voi dite questo ma io dico quest’altro su questi comandamenti; però abbiamo in comune Mosè, la religione giudaica, quindi non diamo motivo di scandalo ai Gentili; stiamo assieme ma non polemizziamo; io non giudico voi, ma voi neppure dovere giudicare me’? Affatto, ma li rimproverò per la loro ipocrisia, e perché essi avevano annullato la Parola di Dio con la loro tradizione. Ecco che cosa devono fare i disce­poli di Cristo che amano la verità; ammonire coloro che pur dicendosi Cristiani hanno annullato con la loro tradizione i comandamenti di Dio. Altro che non polemizzare; altro che non essere anticattolici! Noi siamo anticattolici; perché sappiamo che le dottrine della chiesa cattolica romana fino adesso hanno menato nel fuoco dell’inferno moltitudini di persone. Esse sono là nei tormenti, e noi dovremmo cercare di riconoscere le dottri­ne cattoliche che li hanno condotti là? Non può essere; ci perse­guitino pure, ci guardino pure male; noi continueremo a distrug­gere i vani ragionamenti della curia romana. Ma su questo fatto del dialogo torneremo più avanti, perché c’è altro da dire.

–  ‘…Riprendendo un’idea che lo stesso papa Giovanni XXIII aveva espresso in apertura del concilio, il decreto sull’ecumenismo menziona il modo di esporre la dottrina tra gli elementi della continua riforma. Non si tratta in questo contesto di modificare il deposito della fede, di cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole essenziali, di adattare la verità ai gusti di un’epoca, di cancellare certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più compresi oggi. L’unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella comune adesione all’integrità del contenuto della fede rivelata. In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è verità. Nel corpo di Cristo, il quale è ‘via, verità e vita’ (Gv 14,6), chi potrebbe ritenere legittima una riconciliazione attuata a prezzo della verità? (…) Uno ‘stare insieme’ che tradisse la verità sarebbe dunque in opposizione con la natura di Dio che offre la sua comunione e con l’esigenza di verità che alberga nel più profondo di ogni cuore umano…’.[12]

In questo brano Giovanni Paolo II dice in sostanza che da parte loro non si deve modificare il deposito della fede, i dogmi dei papi, quali quello dell’immacolata concezione, dell’infallibilità papale, e così via, perché l’unità dei Cristiani si può realizzare solo con l’adesione all’in­tegrità della fede rivelata, in altre parole aderendo a tutte le loro tradizioni (ricordatevi che essi reputano la tradizione come verità rivelata da Dio al pari della Scrittura). Quindi, ancora una volta, essi reputano la loro tradizione verità; e dicono in sostanza che l’unità deve essere fondata su questa verità. Ma noi credenti abbiamo edificato la nostra vita sulla verità e non abbiano nessuna intenzione di cambiare il fondamento vero con uno falso. Se la tengono la loro ‘verità’, si pascano delle loro menzogne; noi di certo non ci metteremo a barattare la verità che abbiamo conosciuto con le loro falsità. Ma come possono pensare di eliminare l’abisso che ci separa da loro senza punto ravvedersi e senza abbandonare la loro tradizio­ne? Sembrerà incredibile, ma questo è quello che stanno cercando di fare. Ci sono due modi di comportarsi nei confronti dei Cattolici. Il primo è quello di abbandonare la verità che abbiamo conosciuto e aderire alle loro menzogne; il secondo è quello di predicare loro il ravvedimento dalle opere morte e la remissione dei peccati mediante la fede nel nome di Gesù, e pregare Dio che conceda loro di ravvedersi, in questo caso i ravveduti smet­terebbero di essere membri della chiesa romana per unirsi a noi. Noi siamo per il secondo che è quello che fa infuriare il papato; d’altronde noi sappiamo in chi abbiamo creduto, e che questa nella quale siamo è la via che mena alla vita, mentre quella che battono loro è la via che mena alla perdizione. E non paia ad alcuno che seguire questo comportamento non è segno di amore verso i Cattolici romani; perché le cose stanno proprio al contrario. Solamente dicendo ai Cattolici romani di ravvedersi e di credere nel Signore e fare frutti degni di ravvedimento, si mostra vero amore verso di loro. Lusingandoli e cercando di venire a compro­messo con loro, invece, è segno di non volere la loro salvezza ma solo di volere la loro amicizia. L’apostolo ha detto: “Siccome siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare l’Evangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori”;[13] sia questo il sentimento di tutti coloro che sono stati approvati da Dio e chiamati alla predicazione del Vangelo. Certo, i Cattolici non gradiscono che noi parliamo contro le loro dottrine e pensano che noi li odiamo; ma questo è l’inevitabile reazione di chi giace ancora nell’erro­re contro chi gli mostra la via della salvezza senza lusingarlo.

–  ‘…Così credeva nell’unità della chiesa papa Giovanni XXIII e così egli guardava all’unità di tutti i cristiani. Riferendosi agli altri cristiani, alla grande famiglia cristiana, egli costa­tava: E’ molto più forte quanto ci unisce di quanto ci divide’.[14]

Vorrei soffermarmi brevemente su quest’ultime parole; ma io dico: ‘Ma come fanno a dire tali cose quando fra noi e loro non c’è niente che ci unisce? Noi domandiamo come l’apostolo Paolo: “Perché qual comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di Dio e gl’idoli?”[15] Ma vogliamo pure rispondere a queste domande dicendo che non c’è nessuna comunanza tra la giustizia e l’iniquità, nessuna comunio­ne tra la luce e le tenebre, nessuna armonia fra Cristo e Beliar, e niente di comune tra il fedele e l’infedele, e nessun accordo tra il tempio di Dio e gli idoli. Quindi, fratelli, non vi la­sciate trascinare pure voi a dire che con i Cattolici è più forte quello che ci unisce che quello che ci divide; perché questo è falso. Tra noi e loro non c’è nulla in comune,[16] tra noi e loro non c’è accordo, e neppure comunione, come non ce n’è con i Buddisti, gli Induisti e i Mussulmani; anche se apparentemente parrebbe il contrario. Non guardate all’apparenza; non giudicate dall’appa­renza.

–  ‘…Quando i fratelli che non sono in perfetta comunione tra loro si riuniscono insieme per pregare, il Concilio Vaticano II defi­nisce la loro preghiera anima dell’intero movimento ecumenico. Essa è un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’uni­tà, ‘una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i catto­lici sono ancora uniti con i fratelli separati’. Anche quando non si prega in senso formale per l’unità dei cristiani, ma per altri motivi, come, ad esempio, per la pace, la preghiera diventa di per sé espressione e conferma dell’unità. La preghiera comune dei cristiani invita Cristo stesso a visitare la comunità di coloro che lo implorano: Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt. 18,20). Quando si prega insieme tra cristiani, il traguardo dell’unità appare più vicino (…) Sulla via ecumenica verso l’unità, il primato spetta senz’altro alla pre­ghiera comune, all’unione orante di coloro che si stringono insieme attorno a Cristo stesso. Se i cristiani, nonostante le loro divisioni, sapranno sempre di più unirsi in preghiera comune attorno a Cristo, crescerà la loro consapevolezza di quanto sia limitato ciò che li divide a paragone di ciò che li unisce. Se si incontreranno sempre più spesso e più assiduamente davanti a Cristo nella preghiera, essi potranno trarre coraggio per affron­tare tutta la dolorosa e umana realtà delle divisioni, e si ritroveranno insieme in quella comunità della chiesa che Cristo forma incessantemente nello Spirito Santo, malgrado tutte le debolezze e gli umani limiti (…) La preghiera ‘ecumenica’ è a servizio della missione cristiana e della sua credibilità. Per questo essa deve essere particolarmente presente nella vita della chiesa e in ogni attività che abbia lo scopo di favorire l’unità dei cristiani (…) E’ motivo di gioia il constatare come i tanti incontri ecumenici comportino quasi sempre la preghiera e anzi culminino con essa (…) In questi anni, tanti degni rappresen­tanti di altre chiese e comunità ecclesiali mi hanno fatto visita a Roma e con loro ho potuto pregare, in circostanze pubbliche e private’.[17]

Ora, Giovanni Paolo II mette molta enfasi sulla preghiera per l’unità dei Cristiani; secondo lui questa preghiera ecumenica è molto importante per raggiungere l’unità. Il Direttorio per l’ecumenismo, organo cattolico, costituito per dirigere i cattolici in questa via dell’ecumenismo incoraggia i cattolici a partecipare a delle riunioni di preghiera con i membri delle Chiese evangeliche. Naturalmente, a tale riguardo, esso dà loro delle chiare direttive come per esempio queste: A) ‘Tale preghiera dovrebbe essere preparata di comune accordo, con l’apporto dei rappresentanti di chiese, comunità ecclesiali o altri gruppi. E’ insieme che converrebbe precisare il ruolo degli uni e degli altri e scegliere i temi, le letture bibliche, gli inni e le preghiere da utilizzare’; B) ‘Sebbene la propria chiesa sia il luogo in cui una comunità ha l’abitudine di celebrare normalmente la propria liturgia, le celebrazioni comuni, di cui si è ora parlato, possono avere luogo nella chiesa dell’una o dell’altra delle comunità interessate, con il consenso di tutti i partecipanti. Qualunque sia il luogo di cui ci si serve, occor­re che sia a tutti gradito, che possa essere convenientemente sistema­to e che favorisca la devozione’; C) E’ necessario che si presti sempre seria attenzione tanto a ciò che è stato detto sul riconoscimento delle reali differenze di dottrina che esistono, quanto all’insegnamento e alla disciplina della chiesa cattolica sulla condivisione sacramentale’; D) Dato che la celebrazione dell’eucarestia nel giorno del Signore è il fondamento e il centro di tutto l’anno liturgico, i cattolici, fatto salvo il diritto delle chiese orientali, hanno l’obbligo di partecipare alla messa la domenica e nei giorni di precetto. Per questo motivo si scon­siglia di organizzare servizi ecumenici la domenica e si ricorda che, anche quando dei cattolici partecipano a servizi ecumenici e a servizi di altre chiese e comunità ecclesiali, nei giorni suddetti rimane l’obbligo di partecipare alla messa’.[18]

Qual’è la nostra convinzione a riguardo di questa preghiera ecumenica con i Cattolici che il loro papa tanto incoraggia? Questa; che noi non possiamo metterci a pregare con i Cattolici romani affinché Dio ci unisca a loro; perché preghiamo per loro affinché siano salvati e diventino così dei Cristiani. E’ vera­mente assurdo mettersi a pregare con degli increduli affinché Dio unisca noi con loro quando bisogna invece pregare per la loro salvezza. Paolo era Giudeo di nascita, ma non se ne andava a pregare con i Giudei disubbidienti che contrastavano alle cose che lui diceva, ma pregava per la loro salvezza infatti disse ai Romani: “Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che siano salvati”.[19] Per questo anche noi non ci pensiamo a riunirci con il papa, i vescovi, i preti, le suore e gli altri Cattolici romani per pregare con loro per la nostra unità; perché sappiamo che essi sono perduti e preghiamo Dio affinché li salvi. E dato che siamo in tema di preghiera, ricordiamo la famosa giornata mondiale di preghiera organizzata da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986. In quel giorno, lui dice, che ‘i cristiani delle varie chiese e comunità ecclesiali hanno invocato con una sola voce il Signore della storia per la pace nel mondo. In quel giorno, in modo distinto ma parallelo, hanno pregato per la pace anche gli ebrei e i rappresentanti delle religioni non cristiane, in una sintonia di sentimenti che hanno fatto vibrare le corde più profonde dello spirito umano’.[20] In quel giorno si riunirono i capi di 62 religioni per pregare; i Pellerossa, i Buddisti, gli Induisti, i Mussulmani e tanti altri con in mezzo Giovanni Paolo II si misero a pregare. Che confusione! Altro che vibrazione delle corde più profonde dello spirito umano; qui abbiamo assistito ad una manifestazione di ipocrisia. In quel giorno tutte quelle personalità riunite a pregare ci hanno ricordato le parole di Gesù: “E quando pregate, non siate come gl’ipocriti; poiché essi amano di fare orazione stando in piè nelle sinagoghe e ai canti delle piazze per esser veduti dagli uomini. Io vi dico in verità che cotesto è il premio che ne hanno”.[21] E questa sarebbe la preghiera ecumenica che lui ritiene efficace per l’unità dei Cristiani e per la pace nel mondo? Ma per quanto riguarda in specifico la preghiera dei Cattolici per l’unità bisogna dire pure che essi s’appoggiano sulla mediazione di Maria quando pregano per l’unità infatti si legge nella rivi­sta Alleluja: ‘Maria prega per l’unità delle chiese, conducendoci a suo figlio per pronunciare insieme il nome di Gesù. Ella ci invita a celebrare ecumenicamente la Pentecoste in una comunione fraterna….’.[22]

Quindi concludendo, il fatto che essi si mettono a pregare con i Mussulmani, con i Buddisti, con gli Induisti, e con tanti altri pagani, e il fatto che essi si appoggiano sulla mediazione di Maria confermano chiaramente che essi sono sotto la potestà delle tenebre, e che è impensabile mettersi a pregare con loro. Giovanni Paolo II dice di essere contento che tante riunioni ecumeniche terminano con la preghiera comune; noi dal canto nostro siamo rattristati nel constatare non soltanto che taluni dei nostri, illusi dalla chiesa cattolica romana, si sono messi a dialogare con i rappresentanti cattolici per raggiungere non sappiamo quale accordo con costoro che non hanno nessuna inten­zione di rinunciare alle loro eresie, ma anche che si mettono pure a pregare con loro.

–  ‘…Se la preghiera è l’anima del rinnovamento ecumenico e dell’aspirazione all’unità, su di essa si fonda e da essa trae sostentamento tutto ciò che il concilio definisce ‘dialogo (…) il dialogo non è soltanto uno scambio di idee. In qualche modo esso è sempre uno ‘scambio di doni’. Per questo motivo, anche il decreto conciliare sull’ecumenismo pone in primo piano tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue rela­zioni con essi. Questo documento affronta la questione dal punto di vista della chiesa cattolica e si riferisce al criterio che essa deve applicare nei confronti degli altri cristiani. Vi è però in tutto questo un’esigenza di reciprocità. Attenersi a tale criterio è impegno di ciascuna delle parti che vogliono fare dialogo ed è condizione previa per avviarlo. Occorre passare da una posizione di antagonismo e di conflitto a un livello nel quale l’uno e l’altro si riconoscono reciprocamente partner. Quando si inizia a dialogare, ciascuna delle parti deve presup­porre una volontà di riconciliazione nel suo interlocutore, di unità nella verità. Per realizzare tutto questo, le manifestazio­ni del reciproco contrapporsi debbono sparire. Soltanto così il dialogo aiuterà a superare la divisione e potrà avvicinare all’unità (….) Il dialogo ecumenico ha un importanza essenziale. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina e della vita di en­trambe le comunioni, e inoltre quelle comunioni conseguono una più ampia collaborazione in qualsiasi dovere richiesto da ogni coscienza cristiana per il bene comune e, nel modo come è permes­so, si radunino per pregare assieme’.[23]

Eccoci al dialogo a cui ho accennato prima, e che il Vaticano considera molto importante tenere con noi. Innanzi tutto bisogna dire che il Vaticano ha deciso, per rendere fruttuosi i suoi dialoghi con alcune chiese cristiane evangeli­che, di eliminare dai suoi discorsi tutte quelle parole e giudizi e comportamenti che rendono più difficile il suo dialogo con esse; infatti è da notare che quando parla ufficialmente dei Protestanti non li definisce né sette e neppure eretici e apostati; ma li chiama ‘fratelli separati’, ‘gli altri cristiani’, ‘comunità ecclesiali’, e ‘le altre chiese’ che sono tutti termini che fanno apparire la chiesa cattolica romana gioiosa per la nostra esistenza, e fanno credere che essa ci riconosce come Cristiani anche se non facciamo parte di essa. Certo, a differen­za di molti papi del passato, Giovanni Paolo II è uno di quelli che usa belle parole verso noi. Però, quantunque la chiesa romana usi questi termini verso noi essa afferma che le stesse chiese e comunità separate, hanno delle carenze perché, come dice il decreto sull’ecumenismo, ‘solo per mezzo della cattolica chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza’. E qui cade di nuovo in contraddizione! Ma che cosa vuole dire con queste parole? Che noi non possediamo tutta la pienezza dei mezzi di salvezza, perché questa la possiede solo lei! Ma allora siamo perduti? Affatto, perché noi abbiamo conosciuto Cristo Gesù, il Salvatore del mondo. Egli dimora in noi e della sua pienezza noi abbiamo ricevuto e grazia sopra grazia. In lui noi abbiamo tutto pienamente; perché “Cristo è ogni cosa e in tutti”.[24] Certo, noi non possediamo i sette sacramenti che ha la chiesa cattolica e che essa definisce i mezzi della salvezza, ma vogliamo ricorda­re che la salvezza si ottiene per mezzo di una persona, Cristo Gesù, che è lo strumento della salvezza di Dio. E’ la fede in lui che salva, non la pratica dei sacramenti cattolici. Ma veniamo a questo dialogo. Giovanni Paolo II fa chiaramente capire che il dialogo con ‘le altre chiese’, per essere fruttuo­so, esige che anche ‘gli altri cristiani’ eliminino parole e giudizi che possono urtare gli animi dei Cattolici e rendere difficile il dialogo. Che significa questo? Significa che noi se vogliamo metterci a dialogare con loro dobbiamo metterci a chia­marli fratelli, Chiesa di Dio; non dobbiamo dirgli che la dottri­na del purgatorio è un’eresia, che il culto a Maria è idolatria, che il papa non è né il capo della Chiesa e neppure il successore di Pietro; che la salvezza è impossibile ottenerla per mezzo dei loro sacramenti e tante altre cose. Insomma ci dovremmo mettere a discutere delle cose relative al regno di Dio alla loro maniera, dicendogli che hanno ragione pure loro e che noi riconosciamo che anche in loro c’è la verità, e perché? Per non urtarli, e per non porre ostacoli al dialogo!! Sia ben chiaro fratelli; con i Cattolici non si può e non si deve mai passare da una posizione di antagonismo ad un livello nel quale si accettano come fratelli o si riconoscono i loro sacra­menti o altre loro eresie. Chi si mette a farlo si corrompe; chi lo fa diventa sale insipido che non serve più a nulla. Badate dunque a voi stessi. Non vi lasciate trarre in inganno da questi loro sofismi. La verità è una; e non si trova nei riti e nelle dottrine della chiesa cattolica; quindi c’è poco da dialogare. Bisogna esortarli a ravvedersi e a credere nel Vangelo! Noi non siamo affatto disposti ad abbassare la guardia e a smettere di contrapporci all’arroganza e alle menzogne della chiesa cattolica romana. Paolo disse a Timoteo: “Ti ripeto l’esortazione che ti feci quando andavo in Macedonia, di rimanere ad Efeso per ordinare a certuni che non insegnino dottrina diversa né si occupino di favole e di genealogie senza fine, le quali producono questioni, anziché promuovere la dispensazione di Dio, che è in fede”;[25] ed a Tito disse che il vescovo deve essere “attaccato alla fedel Parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace d’esortare nella sana dottrina e di convincere i contraddittori. Poiché vi son molti ribelli, cianciatori e seduttori di menti… ai quali biso­gna turar la bocca..”;[26] quindi ogni ministro di Dio è chiamato a convincere i contraddittori, e a turare la bocca a coloro che insegnano cose perverse per amore di disonesto guadagno. Non mi sembra che Paolo abbia detto a Timoteo o a Tito di mettersi a dialogare attorno ad un tavolo con i ribelli per cercare un accordo con loro, e per conoscere meglio le loro dottrine per essere arricchito spiritualmente! Quando il proconsole Sergio Paolo, chiamati a sé Barnaba e Saulo, chiese di udire la Parola di Dio, è detto che Elima, un falso profeta Giudeo, cercava di stornare il proconsole dalla fede. Ma che fece Paolo? Gli disse fraternamente: ‘Ascolta caro fratello Elima, cerchiamo di dialogare, e così capirai che noi stiamo dicendo il vero? Affatto, ma gli disse: “O pieno d’ogni frode e d’ogni furberia, figliuol del diavolo, nemico d’ogni giustizia, non cesserai tu di pervertir le diritte vie del Signore? Ed ora, ecco, la mano del Signore è sopra te, e sarai cieco, senza vedere il sole, per un certo tempo. E in quell’istante, caligine e tenebre caddero su lui; e andando qua e là cercava chi lo menasse per la mano”.[27] Quando Stefano parlò davanti al Sinedrio, disse loro: “Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d’orecchi, voi contrastate sempre allo Spirito Santo; come fecero i padri vostri, così fate anche voi. Qual dei profeti non perseguitarono i padri vostri? E uccisero quelli che preannunziavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete stati i traditori e gli uccisori; voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non l’avete osservata”.[28] Ecco come si espressero degli uomini pieni di Spirito Santo verso coloro che contrastavano lo Spirito Santo. Elima pervertiva le diritte vie del Signore e cercava di stornare il proconsole dalla fede; e il Sinedrio contrastava lo Spirito Santo, tutte cose che fa pure la curia romana; perché anch’essa cerca di stornare le persone dalla fede e contrasta lo Spirito Santo e perverte le diritte vie del Signore; e noi che faremo? Lasceremo che essi dicano tutto quello che vogliono, senza levare la nostra voce di protesta contro di loro? Così, non sia! Non ci tacceremo; non smetteremo di contrapporci a costoro; ma con la grazia di Dio vogliamo turare la loro bocca affinché le persone comprendano di essere state ingannate da essi.

Badate a voi stessi, o ministri del Vangelo perché la chiesa cattoli­ca romana cerca con le sue dolci parole in tutte le maniere di renderci malleabili; per dirigere le cose nella direzione che essa vuole. Sappiate che voi siete nella verità e loro sono nell’errore; voi siete nella luce e loro nelle tenebre; voi siete salvati e loro perduti; voi potete arricchire loro ma loro posso­no solo derubarvi la vostra ricchezza! Portate il messaggio dell’Evangelo ai Cattolici; ma con ogni franchezza; senza celare loro nulla; non lusingateli altrimenti Dio chiederà conto del loro sangue alla vostra mano. Sono loro che devono riconoscere che noi siamo nella verità; sono loro che devono tornare a noi e non noi a loro. Sono loro che devono riconoscere i nostri ordina­menti e non noi i loro sacramenti! Noi lo diciamo chiaramente: noi conosciamo già a fondo le dottri­ne cattoliche, e non abbiamo bisogno di dialogare con loro per acquistare una conoscenza più vera di esse, e meno che meno per acquistare una più giusta stima di esse. Ma io domando a coloro che sono in favore di questi dialoghi ecumenici: ‘Ma quale più giusta stima pensate si può acquistare delle eresie della chiesa cattolica romana che hanno menato nel soggiorno dei morti decine e decine di milioni di persone di tutto il mondo fino a questo presente giorno? No, noi non possiamo acquistare nessuna stima delle eresie della chiesa cattolica romana; possiamo e dobbiamo solo confutarle e riprovarle privatamente e pubblicamente. Non ci sono alternative!

–  ‘…Il dialogo è anche strumento naturale per mettere a con­fronto i diversi punti di vista e soprattutto esaminare quelle divergenze che sono di ostacolo alla piena comunione dei cristia­ni tra di loro. Il decreto sull’ecumenismo si sofferma, in primo luogo, a descrivere le disposizioni morali con le quali vanno affrontate le conversazioni dottrinali: Nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli alla dottrina della chiesa, nell’investigare con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e umiltà… ‘.[29]

Continuiamo a parlare di questo dialogo che la chiesa cattolica romana dopo il concilio Vaticano II ha instaurato con molte Chiese evangeliche, tra cui anche diverse chiese pentecostali (il dialogo con i Pentecostali è iniziato ufficialmente nel 1972 e prosegue tuttora). Come potete vedere a distanza di trenta anni dal concilio Vaticano II (che ha segnato l’inizio dello sforzo ecumenico cattolico) il capo della chiesa cattolica romana si esprime a riguardo di questo dialogo dicendo che i teologi romani devono rimanere fermi nella dottrina cattolica romana in questo dialogo con i ‘fratelli separati’. Questo significa che non devono cedere su nessun punto, ma portare avanti le loro dottrine senza vacillare; e sono passati ben trent’anni dalla fine del concilio Vaticano II! Ma allora è inevitabile domandarsi; ‘Ma se parlano in questa maniera perché cercano in tutte le maniere il dialogo con le Chiese evangeliche? Le conoscono bene quali siano le abissali divergenze dottrinali che ci separano da loro; quindi, secondo noi, è falsa la loro affermazione secondo la quale essi cercano il dialogo con noi per conoscere meglio quello che noi insegniamo e per acquista­re una più giusta stima della dottrina che professiamo. Giovanni Paolo II ha definito anche il dialogo con i Cristiani evangelici uno scambio di doni; ma quali sono questi doni che durante questi ultimi tre decenni hanno preso dagli Evangelici? Nessuno; difatti nel Catechismo della chiesa cattolica del 1993, a cura di Rino Fisichella, che è presentato ai Cattolici da lui stesso ci sono le stesse dottrine che ci sono sul Nuovo manuale del catechista di Giuseppe Perardi del 1939. I fatti parlano chiaro; hanno tenuto tanti e tanti dialoghi e sono rimasti fermi su tutti i loro punti dottrinali! Non è questo un segno sufficiente per capire che questo loro dialogo che vogliono avere con gli Evangelici ha come fine quello di strappare loro delle concessioni e di offrirgli la loro amicizia e ‘fraternità’ a condizione che essi facciano un qualche compromesso? Facciamo un esempio per fare comprendere ciò; il Vaticano vuole il reciproco riconoscimento dei battesimi difatti lo stesso Giovanni Paolo II ha detto: ‘Il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo auspica un reciproco e ufficiale riconoscimento dei battesimi. Ciò che va ben al di là di un atto di cortesia ecumenica e costituisce una basilare affermazione ecclesiologi­ca’.[30] Che significa tutto ciò? Significa che se noi riconosciamo il loro battesimo essi riconosceranno ufficialmente anche il nostro; ma per riconoscere il loro battesimo per infusione dovremmo non solo dare un altro significato al battesimo perché dovremmo dire che esso cancella i peccati, ma dovremmo pure affermare che esso può essere ministrato agli infanti e per infusione perché è valido lo stesso. Quindi è da escludersi nella maniera più assoluta che noi ci mettiamo a barattare la verità sul battesimo in cambio della ‘fraternità’ cattolica. Ma non tutti sono disposti a disconoscere il battesimo per infusione della chiesa cattolica romana, perché sanno che il dialogo ecumenico in questo caso si interromperebbe o subirebbe un grave colpo. Tra costoro c’è Cecil M. Robeck Jr. che è un membro di spicco delle Assemblee di Dio americane che da anni dialoga a livello ufficiale con la chiesa cattolica romana. In un suo scritto (redatto assieme a Jerry L. Sandidge che ora è morto ma che al tempo era membro anche lui delle Assemblee di Dio americane) afferma quanto segue: ‘Noi crediamo che i paralleli che esistono fra la pratica Pentecostale della dedicazione degli infanti e la pratica Cattolica Romana del battesimo degli infanti possiedono una grande promessa per l’apprezzamento e la comprensione reciproci (hold great promise for mutual understanding and appreciation). Noi suggeriamo quindi che il battesimo dei credenti (sia esso dei bambini di età appropriata che degli adulti) continui ad essere affermato nella teologia e nella pratica Pentecostale e che il battesimo degli infanti compiuto in un’altra famiglia confessionale Cristiana può essere visto come un alternativa accettabile ed equivalente basata su considerazioni storiche e teologiche. Così, se una persona che si unisce a una chiesa Pentecostale era stata battezzata da infante o da bambino e se quel battesimo è stato vivificato e reso pieno di significato attraverso un susseguente e incontro spirituale con Cristo, i Pentecostali non hanno bisogno di insistere sul battesimo in acqua da adulti’.[31] E allora che faranno? Lo vedremo presto; perché la chiesa cattolica romana sta facendo forza affinché le Chiese evangeliche con cui dialoga riconoscano il suo battesimo e la sua dottrina sul battesimo. Ma comunque non importa se alcune Chiese evangeliche riconosceranno il battesimo cattolico; noi continueremo a ribadire che il battesimo cattolico romano è nullo. Ma il fatto è che se la chiesa cattolica romana strapperà a certe Chiese evangeliche il riconoscimento del suo battesimo, allora sarà incoraggiata a proseguire su questa linea, e cercherà subito di strappare un altro riconoscimento ancora più importante per lei che è quello della sua messa. Voi sapete che la messa, o eucaristia, secondo la dottrina cattolica è la ripetizione del sacrificio di Cristo; quindi se qualche Chiesa evange­lica riconoscerà la sua messa vuole dire che riconoscerà in essa la ripetizione del sacrificio di Cristo, il che significa dire ‘amen’ ad una bestemmia. Non vi illudete voi che siete per l’ecumenismo con la chiesa cattolica romana; perché il fine che si propone il Vaticano è quello di portare gli Evangelici a riconoscere la sua messa e a parteciparvi. Lo ha detto chiaramente lo stesso Giovanni Paolo II quando ha detto: ‘E’ come se noi dovessimo sempre ritornare a radunarci nel cenacolo del Giovedì santo, sebbene la nostra presenza insieme, in tale luogo, attenda ancora il suo perfetto compimento, fino a quando, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione ecclesiale, tutti i cristiani si riuniranno nell’unica celebrazione dell’eucaristia’.[32] Quindi non vi lasciate trarre in inganno dalle loro dolci parole; perché questa loro cosiddetta fraternità che essi sbandierano e vi offrono ha un prezzo: la verità. Che farete dunque? Venderete la verità in cambio della loro amicizia, o direte: ‘No, noi non possiamo spostare i limiti posti dagli apostoli’? Io vi dico: Non vendete la verità; difendetela strenuamente anche dinanzi ai Cattolici: disconosce­te tutte le loro eresie; turategli la bocca e ritiratevi da questo dialogo che avete intrapreso con loro inutilmente.

–  ‘Quanto detto sopra a proposito del dialogo ecumenico dalla conclusione del concilio in poi induce a rendere grazie allo Spirito di verità promesso da Cristo Signore agli apostoli e alla chiesa (cf. Gv 14,26). E’ la prima volta nella storia che l’azione in favore dell’unità dei cristiani ha assunto propor­zioni così grandi e si è estesa a un ambito tanto vasto. Ciò è già un immenso dono che Dio ha concesso e che merita tutta la nostra gratitudine (..) Uno sguardo d’insieme sugli ultimi trent’anni fa meglio comprendere molti dei frutti di questa comune conver­sione al Vangelo di cui lo Spirito di Dio ha fatto strumento il movimento ecumenico. Avviene ad esempio che – nello stesso spiri­to del discorso della montagna – i cristiani appartenenti a una confessione non considerino più gli altri cristiani come nemici o stranieri, ma vedano in essi dei fratelli e delle sorelle. D’al­tro canto, persino all’espressione fratelli separati, l’uso tende a sostituire oggi vocaboli più attenti a evocare la profondità della comunione – legata al carattere battesimale – che lo Spiri­to alimenta malgrado le rotture storiche e canoniche. Si parla degli ‘altri cristiani’, degli ‘altri battezzati’, dei ‘cristiani delle altre comunità’. Il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo designa le comunità alle quali appartengono quei cristiani come ‘chiese e comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la chiesa cattolica’ (…) In una parola, i cristiani si sono convertiti a una carità fraterna che abbraccia tutti i discepoli di Cristo’.[33]

In questa parte del suo discorso, Giovanni Paolo II mostra la sua gioia per i progressi che si sono fatti in questo dialogo ecume­nico con molte Chiese evangeliche incominciato trent’anni fa circa. Egli ha ragione nel dire che ‘è la prima volta nella storia che l’azione in favore dell’unità dei cristiani ha assunto proporzio­ni così grandi e si è estesa a un ambito tanto vasto’, perché in effetti non ci sono mai state così tante chiese cristiane evange­liche di tutte le denominazioni, comprese anche delle denomina­zioni pentecostali, che hanno intrattenuto questo dialogo ecume­nico con i Cattolici romani, come ci sono oggi. All’inizio erano poche, ma adesso sono veramente tante. Noi siamo grandemente rattristati invece nel vedere ciò, ma anche preoccupati per molti nostri fratelli i cui pastori li trascinano in questa fossa dell’ecumenismo con i Cattolici romani. Ma questo segno non è altro che uno degli albori della apostasia che deve esserci prima della venuta del Signore; devono avvenire queste cose; perciò non ce ne meravigliamo. Paolo ha detto che “un pò di lievito fa lievitare tutta la pasta”;[34] per questo non c’è da meravigliarsi se questo cancro dell’ecumenismo si è diffuso così tanto nel corpo di Cristo. Ora, noi consideriamo un dato molto preoccupante che i Cattolici, a livello ufficiale, si siano messi a chiamare molti Cristiani evangelici ‘fratelli separati’; e non più eretici, o apostati; perché questo sta a dimostrare come molti di coloro che si rifanno nei punti cardini della loro dottrina alla Riforma, hanno smesso di protestare contro la chiesa cattolica romana, hanno smesso di combattere per l’Evangelo come fecero alcuni secoli fa i riformatori. Ma perché siamo giunti a questa conclu­sione? Perché al tempo della Riforma, cioè circa quattrocento anni fa, in Europa e nel mondo i papi non chiamavano ‘fratelli separati’ Calvino, Lutero e molti altri, ma li chiamavano con ogni sorta di appellativo spregevole! Basta andare a rispolverare alcuni dei libri dei teologi cattolici di quel tempo, o anche leggere di­scorsi dei papi d’allora per rendersene conto. Come mai allora questo cambiamento di espressioni da parte cattolica, quando le sue dottrine di demoni sono rimaste nella sostanza le stesse, anzi ve ne sono aggiunte molte altre e noi ci atteniamo ancora in diversi punti alle dottrine proclamate dai riformatori? E’ sem­plice; perché molti di quelli che essa chiama Protestanti, non protestano più contro di essa, come facevano i loro predecessori! Ma il motivo è anche un altro; la chiesa cattolica romana col passare del tempo si è resa conto che molte persone uscivano da essa per unirsi a noi, e che con la forza non riuscivano a farli tornare nel suo seno; quindi ha cambiato tattica. Oggi usa le lusinghe, i riconoscimenti e tante altre astuzie ad essi collega­ti per fare tornare in essa quelli che l’hanno lasciata. Non è qualche cosa da sottovalutare questo cambiamento di atteggiamento formale da parte della chiesa cattolica, perché con esso, in molti casi, è riuscita ad ammorbidire e talvolta a fare scomparire la protesta di molti Cristiani evangelici. Questo lo si può constatare anche dal fatto che oggi molti, proprio perché la chiesa cattolica romana apparentemente si umilia e dice di riconosce in noi dei Cristiani, non vogliono più polemizzare con essa, ossia non vogliono che si confutino con vigore e con ogni franchezza le sue dottrine, come si faceva una volta; perché questo potrebbe raffreddare il dialogo che hanno instaurato con i ribelli. Dove sono oggi i libri dove vengono messe a nudo le eresie della chiesa romana e vengono annullate mediante la Scrit­tura? Dove sono oggi i predicatori che denunciano dal pulpito con ogni fran­chezza le dottrine di questa organizzazione come facevano secoli addietro i riformatori? Si possono veramente contare; perché si fanno sempre più rari col tempo. Ecco una delle cose che ha prodotto questo dialogo ecumenico!

Ma a questo punto, bisogna dire anche che è molto preoccupante e rattristante constatare che molti di quelli che si dicono Cristiani evangelici si sono messi a chiamare i Cattolici, ‘cristia­ni’, ‘fratelli’; perché? Perché allora viene di domandarsi: Ma allora non c’è più bisogno di predicare il ravvedimento e la fede ai Cattolici, se essi sono tutti dei nostri fratelli? Sono già salvati; quindi che bisogno c’è di scongiurarli a salvarsi? Ma qui il fatto è che bisogna predicare il ravvedimento e la fede a quei cosiddetti Cristiani evangelici che o non sono mai nati di nuovo o che hanno perduto il discernimento. A voi che portate il nome di Cristiani evangelici ma che non siete affatto dei Cristiani, io vi dico; Ravvedetevi e credete al Vangelo per ottenere la remissione dei vostri peccati e scampare all’ira a venire’; e a voi fratelli che invece siete stati ingannati dalle lusinghe papali diciamo invece: Ravvedetevi e tornate al Signore dal quale vi siete allontanati per cercare il favore dei Cattolici romani.

–  ‘…Accade sempre più spesso che i responsabili delle comunità cristiane prendano insieme posizione, in nome di Cristo, su problemi importanti che toccano la vocazione umana, la libertà, la giustizia, la pace, il futuro del mondo. Così facendo essi ‘comunicano’ in uno degli elementi costitutivi della missione cristiana; ricordare alla società, in un modo che sappia essere realista, la volontà di Dio, mettendo in guardia le autorità e i cittadini perché non seguano la china che condurrebbe a calpe­stare i diritti umani (….) Numerosi cristiani di tutte le comuni­tà, a motivo della loro fede, partecipano insieme a progetti coraggiosi che si propongono di cambiare il mondo nel senso di fare trionfare il rispetto dei diritti e dei bisogni di tutti, specie dei poveri, degli umiliati e degli indifesi. Nella lettera enciclica Sollicitum rei socialis ho constatato con gioia questa collaborazione, sottolineando che la chiesa cattolica non può sottrarvisi (…) Oggi constato con soddisfazione che la già vasta rete di collaborazione ecumenica si estende sempre più. Anche per influsso del Consiglio ecumenico delle chiese si compie un grande lavoro in questo campo’.[35]

Cambiare il mondo per fare trionfare la giustizia! questo è dunque il progetto della chiesa cattolica romana, e in questo suo progetto ha trascinato e sta trascinando pure molte Chiese evangeliche. Cominciamo col dire che è un inganno pensare che si può cambiare questo mondo e far trionfare la giustizia in esso; Gesù quando venne in questo mondo non cambiò il mondo, nel senso che ai suoi giorni continuarono ad esserci i poveri, i perseguitati a cagione di giustizia, e quelli che subivano ogni sorta di soprusi, e di conseguenza continuarono ad esserci coloro che procacciavano il male del loro prossimo. Anche ai giorni degli apostoli, il mondo continuò ad essere lo stesso; difatti continuarono ad esserci le ingiustizie sociali. Ma sia Gesù che gli apostoli non si impegna­rono nella lotta sociale per fare trionfare la giustizia sociale. Loro predicarono l’Evangelo e molti si ravvidero e credettero in esso, fecero del bene agli uomini; ma non si misero in testa che potevano cambiare il mondo e fare trionfare il rispetto dei diritti di tutti. Loro stessi erano poveri e furono perseguitati a motivo di giustizia; subirono ogni sorta di ingiustizie, furono nel bisogno, abbandonati e derisi dai loro nemici; eppure sop­portarono tutto ciò con pazienza sapendo di essere stati chiamati a questo. Ed anche noi non ci illudiamo; se vogliamo seguire le orme di Cristo e quelle degli apostoli, anche i nostri diritti saranno calpestati dagli uomini; anche noi subiremo ingiustizie di ogni genere dagli uomini che non conoscono Dio perché Gesù ha detto: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”,[36] e Paolo ha detto che “tutti quelli che voglion vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati”.[37] La Chiesa di Dio che vuole condursi in modo degno del Vangelo sarà perseguitata; non può essere altrimenti. Queste sono le ragioni per cui noi crediamo che, in qualsiasi caso, non ci si deve mettere in testa il pensiero che se ci mettiamo tutti assieme, potremo levare la nostra voce in favore della giustizia in maniera più forte e trasformare questo mondo di tenebre. Ma questo è proprio quello che la chiesa romana vuole fare pensare agli altri. State attenti perché questo modo di parlare della chiesa romana ha come fine quello di distrarvi dal buon combattimento e coinvolgervi nella politica. Sì, nella politica a cui essa da molti secoli si dà; non dimenticate che la chiesa romana è politica. Noi credenti non abbiamo nessuna intenzione di darci alla politi­ca o di fare politica per cercare di fare trionfare il diritto in questo mondo. Noi, la politica la lasciamo fare a quelli che Dio a preposti a farla, e per loro preghiamo affinché Dio li guidi e li aiuti.

Giovanni Paolo II è a capo di un impero temporale; quindi parla e si comporta da uomo potente della terra; per questo non parla e non vive come Gesù Cristo o come l’apostolo Pietro di cui si dice il successore. Ed essendo capo di uno Stato anche lui cerca di salvaguardare gli interessi del suo Stato, e di estendere in una maniera o nell’altra il suo potere nel mondo; esattamente quello che hanno fatto i suoi predecessori durante i secoli passati. Quindi è comprensibile che lui parli di lotta sociale e di ini­ziative che hanno come fine quello di persuadere le autorità di uno Stato a fare o non fare qualche cosa. Ha il potere di farlo e lo fa. Ma il fatto è che lui sta cercando di coinvolgere in questa lotta politica, perché tale è, anche noi che dalla politi­ca ce ne dobbiamo stare fuori e lontano per non corromperci. Ma badate che il fine che egli si propone non è quello di fare trionfare il rispetto dei diritti; ma il rispetto verso di lui e verso la chiesa cattolica romana. E’ manifesto questo, chi ha gli occhi aperti lo vede bene tutto ciò. Quello che invece noi vogliamo fare è annunciare il ravvedimento e la parola della fede alla chiesa cattolica romana e denunciare le sue eresie, le sue ipocrisie, le sue falsità, che tengono milioni di persone lontano dalla giustizia di Dio che è in Cristo Gesù. Questa è la lotta che noi perseguiamo. Certo, sappiamo che non tutta la chiesa cattolica romana si convertirà al Signore; comunque vogliamo fare di tutto affinché molti suoi carcerati vengano alla conoscenza della verità e siano così liberati dal giogo di questa religione organizzata. Quindi, per concludere; il papa dei Cattolici è contento che molte Chiese evangeliche si impegnano, come fa lui ed assieme a lui, a livello politico per fare trionfare il rispetto dei dirit­ti; o meglio per estendere il loro potere temporale sulla terra dimenticando che il regno di cui Cristo, il capo della Chiesa, è a capo non è di questo mondo. Noi perciò siamo rattristati nel constatare che anche delle Chiese evangeliche vogliono costituire il loro papato sulla terra, e riproviamo questo loro comportamen­to fatto di compromessi, di interessi personali, di menzogne e di ipocrisie. La Chiesa di Dio deve predicare il Vangelo agli uomini e pregare per la loro salvezza; perché solo se gli uomini accettano il Vangelo potranno mettersi a procacciare la giustizia e il bene altrui.

–  ‘I progressi della conversione ecumenica sono significativi anche in un altro settore, quello relativo alla Parola di Dio. Penso prima di tutto a un evento così importante per svariati gruppi linguistici come le traduzioni ecumeniche della Bibbia (….) Tali traduzioni, opera di specialisti, offrono general­mente una base sicura alla preghiera e all’attività pastorale di tutti i discepoli di Cristo. Chi ricorda quanto abbiano influito sulle divisioni, specie in Occidente, i dibattiti attorno alla Scrittura, può comprendere quale notevole passo in avanti rappre­sentino tali traduzioni comuni’.[38]

Eccoci ora ad un altro argomento importante, che è quello delle traduzioni della Bibbia fatte tra Cattolici e Protestanti. Giovanni Paolo II parla di progressi, di passo in avanti e si mostra soddisfatto per queste traduzioni; ma noi dal canto nostro non possiamo parlare affatto di progressi perché constatiamo che queste traduzioni ecumeniche portano l’impronta del cattolicesimo romano, innanzi tutto perché contengono i libri apocrifi che non sono ispirati, poi perché la Parola di Dio risulta adulterata in molti punti, e poi perché contengono note esplicative ambigue in taluni casi, e confermanti le dottrine cattoliche in altri. Insomma sono delle Bibbie di compromesso inaffidabili. Ma d’altronde che cosa ci si poteva aspettare da una traduzione fatta tra i traduttori Cattolici che sono specializzati sia nell’adulterare la Parola di Dio e sia nel mettere le note espli­cative del magistero romano, e persone di Chiese evangeliche che per portare avanti questo dialogo ecumenico sono disposti a fare compromessi a scapito della Parola di Dio e della sana dottrina? Per farvi comprendere perché Giovanni Paolo II si mostri soddi­sfatto per le traduzioni ecumeniche sottopongo ora alla vostra attenzione alcuni passi (con o senza le note esplicative di alcuni di essi) di alcune di queste traduzioni.

T.O.B (Torino 1976).

A) ‘Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù’.[39] La nota dice che ‘il testo non permette di affermare che Maria abbia avuto in seguito rapporti con Giuseppe’. E ci credo che il testo non lo permette; è stato adulterato! Il testo originale dice: “E non la conobbe finch’ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù”;[40] da questo testo si apprende che Giuseppe dopo che Maria partorì Gesù la conobbe, cioè ebbe delle relazioni carnali con lei. Il che poi è conferma­to dal fatto che egli ebbe dei figli e delle figlie da Maria.

B) ‘Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli’.[41] La nota dice: ‘Nella Bibbia, come ancora oggi in Oriente, la parola fratelli può indicare i figli della stessa madre, ma anche i parenti prossimi (Cf Gn 13,8; 14,16; 29,15; Lv 10,4; I Cr 23,22). Qui, il discorso nella nota è giusto perché in effetti talvolta nella Bibbia il termine fratelli indica anche dei parenti prossi­mi come cugini nipoti ecc., ma è evidente che una tale nota non s’addice affatto in riferimento ai fratelli di Gesù; perché? Perché noi siamo sicuri che i fratelli di Gesù di cui Matteo parla in questo passo sono i figli di sua madre e non suoi cugini o nipoti; e non ci mettiamo a pensare neppure per un attimo che questi fratelli potessero essere dei suoi parenti prossimi. Una tale nota posta in questo passo fa comprendere ancora una volta quanto lo spirito ecumenico possa influire negativamente non solo nella traduzione ma anche nel commento alle note. In questa nota, nessuno si sbilancia; nessuno prende posizione, si lascia al lettore di pensare che i fratelli di Gesù potevano essere i figli di sua madre ma anche che potevano essere i suoi parenti prossi­mi. Ecco una forma di compromesso ecumenico che tende a soffocare la verità che Maria non è rimasta vergine perché Giuseppe, dopo che nacque Gesù, ebbe da lei dei figli.

C) ‘Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua miseri­cordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo’.[42] La nota in riferimento al lavacro di rige­nerazione dice: ‘Allusione al battesimo’. Perché? Per accontenta­re i Cattolici che affermano che il battesimo degli infanti rigenera. Ma le parole di Paolo a Tito non fanno allusione al battesimo, ma alla rigenerazione compiuta in noi dall’acqua della Parola di Dio.

D) ‘Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso così dalla nostra parola come dalla nostra lette­ra’.[43] La nota dice: ‘Si può pensare alla prima lettera canonica. Ma Paolo, per mezzo di Timoteo, ha avuto altre occasioni di comu­nicare con i tessalonicesi. Le tradizioni sono le verità riguar­danti la fede e la vita cristiana, che Paolo ha ricevuto dalla Chiesa primitiva e che insegna, a sua volta, alle comunità da lui fondate’. Perché questa nota dice questo? Per sostenere la tradizione cattolica che, secondo la curia romana, è l’insegnamento degli apostoli trasmesso a voce ma non scritto. Nella nota c’è una menzogna perché Paolo non ricevette verità riguardanti la fede e la vita cristiana dalla Chiesa primitiva perché lui l’Evangelo non lo ricevette e non lo imparò da nessun uomo ma lo ricevette per rivelazione di Gesù Cristo. Basta ricordare, per confermare ciò, che a riguardo della cena del Signore l’apostolo non ha detto di averla trasmessa come l’aveva ricevuta dagli apostoli ma come l’aveva ricevuta dal Signore stesso!

E) ‘Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronun­ziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli…’.[44] La nota dice: ‘Matteo presuppone, senza dirlo esplicitamente come Lc (22,19) o Paolo (I Cor 11,24), che i discepoli devono fare questo in memoria di Gesù. Su iniziativa di Gesù non si tratta soltanto di ricordarsi di questo fatto o di ripetere la Cena, ma di attua­lizzare il gesto sacrificale compiuto da Gesù sulla croce e di anticipare il banchetto escatologico’. Ecco spuntare pure la messa cattolica (la cosiddetta ripetizione del sacrificio di Cristo) sotto le parole ‘attualizzare il gesto sacrificale compiuto da Gesù sulla croce’!

Questi qui sopra citati sono solo alcune delle note fuorvianti che compaiono in questa traduzione ecumenica fatta da ‘speciali­sti’!

Parola del Signore (Roma 1976).

A) E Gesù le disse (a sua madre): ‘Donna, perché me lo dici? L’ora mia non è ancora giunta’.[45] Perché non mettere “che v’è fra me e te?”?[46] E’ chiaro il motivo, per non fare apparire così severa la riprensione di Gesù nei confronti di sua madre. E quindi per innalzare in una certa maniera Maria.

B) ‘Gesù le dice (alla donna samaritana): ‘Dio è spirito. Chi lo adora deve lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio’.[47] Perché non mettere “bisogna che l’adorino in ispirito e verità”[48]? E’ evidente; perché la vera traduzione rende meglio l’idea che Dio non deve essere affatto adorato con l’ausilio di statue e di immagini, ma solo in ispirito perché Egli è spirito.

Parola del Signore (Torino 1986).[49]

A) ‘Perciò nessuno può spiegare con le sue sole forze le profezie che ci sono nella Bibbia’.[50] Perché non mettere: “..poiché non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia”[51]? Perché in questo caso il lettore avrebbe capito che la Scrittura non procede da vedute particolari perché gli uomini che la scrissero non scrissero di loro volontà perché furono sospinti dallo Spirito Santo. Mentre nel testo ‘ecumenico’ c’è ampio posto per metterci la guida ‘infallibile’ nella comprensione della Scrittura del magistero papista.

B) L’angelo entrò in casa e le disse: – Ti saluto, Maria! Il Signore è con te: egli ti ha colmata di grazia’.[52] Come mai i traduttori non hanno messo “o favorita dalla grazia”[53] o “tu cui grazia è stata fatta”?[54] Perché così i Cattolici possono sempre spiegare la immacolata concezione di Maria e il fatto che ella durante la sua vita non commise mai peccato.

C) ‘Fate attenzione; nessuno vi inganni con ragionamenti falsi e maliziosi. Sono frutto di una mentalità umana…’.[55] Come mai i traduttori hanno fatto sparire la filosofia e la tradizione degli uomini secondo che è scritto: “Guardate che non vi sia alcuno che faccia di voi sua preda con la filosofia e con vanità ingannatrice secondo la tradizione degli uomini…”?[56] E’ chiaro il perché: per non fare apparire dannose la filosofia e la tradizione umana presenti ampiamente nella chiesa cattolica romana.

D) ‘Se qualcuno di voi è malato, chiami i responsabili della comunità’.[57] Come mai i traduttori hanno fatto sparire “gli anziani della chiesa” secondo che è scritto: “C’è qualcuno fra voi infermo? Chiami gli anziani della chiesa”[58] ed hanno messo i responsabili della comunità? Perché così i Cattolici possono dire che i responsabili della comunità di cui parla Giacomo sono i preti (che però ministrano l’estrema unzione) e i Protestanti possono dire che si tratta del pastore o degli anziani. Ma la parola greca presbyteros va tradotta con anziani e non con responsabili della comunità; anche se gli anziani sono i responsabili della comunità.

E) ‘Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete diventati cristiani?’[59] Come mai i traduttori non hanno messo “quando credeste”? E’ semplice; perché per i Cattolici si diventa Cristiani e perciò si riceve lo Spirito Santo quando da infanti si riceve il battesimo, mentre per gli Evangelici si diventa Cristiani quando si crede da adulti e perciò si riceve lo Spirito Santo (qui mi riferisco ad una misura di Spirito Santo e non alla pienezza che si riceve dopo avere creduto) da adulti. E così la traduzione accontenta ambedue le parti, ma soprattutto i Cattolici perché in questa maniera gli Evangelici non possono dire che si riceve lo Spirito Santo solo da adulti quando si crede, mentre i Cattolici possono dire che il neonato riceve lo Spirito Santo senza credere!!!

F) ‘Per questo io ti dico che tu sei Pietro e su di te, come su una pietra, io costruirò la mia Chiesa’.[60] Perché i traduttori hanno messo ‘su di te’ e non “su questa pietra”? Superfluo dirlo, perché secondo i Cattolici la Chiesa di Cristo ha come pietra fondamentale Pietro!!! Anche se la nota esplicativa cita pure questa traduzione e fa presente che le chiese non sono concordi nella spiegazione del testo, bisogna dire che quel ‘su di te’ odora fortemente di cattolicesimo. E’ un compromesso, non c’è dubbio.

G) ‘Fratelli, vi ho parlato di me e di Apollo per darvi un esempio. Imparate a non andare oltre certi limiti’.[61] Il testo rivisto da Luzzi afferma invece: “Or, fratelli, queste cose le ho per amor vostro applicate a me stesso e ad Apollo, onde per nostro mezzo impariate a praticare il ‘non oltre quel che è scritto”.[62] Come mai quindi non hanno messo ‘il non oltre quel che è scritto’ ma ‘oltre certi limiti’? Perché così i Cattolici possono mettere i limiti che vogliono loro e noi non possiamo più dirgli che non si deve praticare oltre quello che sta scritto (e quindi che non si deve osservare la loro tradizione che non è parte della Scrittura).

–  ‘…Il fine ultimo del movimento ecumenico è il ristabilimento della piena unità visibile di tutti i battezzati. In vista di questa mèta, tutti i risultati raggiunti sinora non sono che una tappa, anche se promettente e positiva (..) Da tale unità fondamentale, ma parziale, si deve ora passare all’unità visibile necessaria e sufficiente, che si iscriva nella realtà concreta, affinché le chiese realiz­zino veramente il segno di quella piena comunione nella chiesa, una, santa, cattolica e apostolica che si esprimerà nella conce­lebrazione eucaristica. Questo cammino verso l’unità visibile necessaria e sufficiente, nella comunione dell’unica chiesa voluta da Cristo, esige ancora un lavoro paziente e coraggioso..’.[63]

Eccoci adesso all’ultima parte del discorso di Giovanni Paolo II. Come potete vedere in queste parole il papa dei Cattolici parla del fine che si propone il movimento ecumenico che consiste nel ristabilimento visibile di tutti i battezzati, cioè, secondo lui, di quelli che sono stati battezzati da adulti dopo essersi ravve­duti e di quelli che sono stati battezzati da bambini senza essere mai nati di nuovo. E questo ristabilimento dell’unità si concretizzerà, secondo lui, nella celebrazione della messa; ossia nella celebrazione della cosiddetta ripetizione del sacrificio di Cristo! Il papa dei Cattolici riconosce che ancora ci sono molte diver­genze dottrinali che separano i Cattolici dalle chiese cristiane evangeliche, ma nonostante ciò si mostra ottimista visti i pro­gressi che si sono compiuti sulla via dell’ecumenismo e incorag­gia i suoi seguaci e quelli che lui chiama ‘gli altri cristiani’ a proseguire per questa via. Che dire? Diremo per l’ennesima volta che noi credenti non dob­biamo in nessuna maniera metterci a dialogare con persone che con dolci e lusinghiere parole, con il pretesto di volere l’unità di tutte le chiese, non vogliono fare altro che portare tutti sotto il dominio del papato a celebrare quell’atto abominevole che è la messa! Attenti fratelli, perché questo papa dei Cattolici è una volpe! Qualcuno dirà: ‘Ma che dici fratello?’ Dico che questa unità visibile di tutte le chiese è un disegno malefico che il papato ha ben preparato nelle sue camere segrete per fare sviare i credenti dalla verità. Non vi lasciate ingannare da questi lupi camuffati da pecore!

–  ‘…Tra tutte le chiese e comunità ecclesiali, la chiesa catto­lica è consapevole di aver conservato il ministero del successore dell’apostolo Pietro, il vescovo di Roma, che Dio ha costituito quale perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità, e che lo Spirito sostiene perché di questo essenziale bene renda partecipi tutti gli altri. Secondo la bella espressione di papa Gregorio Magno, il mio ministero è quello di servus servorum Dei. Tale definizione salvaguarda nel modo migliore dal rischio di separare la potestà (e in particolare il primato) dal ministero, ciò che sarebbe in contraddizione con il significato di potestà secondo il Vangelo: ‘Io sto in mezzo a voi come colui che serve’ (Lc 22,27), dice il Signore nostro Gesù Cristo, capo della chie­sa. (…) La missione del vescovo di Roma nel gruppo di tutti i pastori consiste nel vegliare (episkopein) come una sentinella, in modo che, grazie ai pastori, si oda in tutte le chiese parti­colari la vera voce di Cristo-Pastore. Così, in ciascuna delle chiese particolari loro affidate si realizza l’una, sancta, catholica et apostolica ecclesia. Tutte le chiese sono in comu­nione piena e visibile, perché tutti i pastori sono in comunione con Pietro, e così nell’unità di Cristo. Con il potere e l’auto­rità senza i quali tale funzione sarebbe illusoria, il vescovo di Roma deve assicurare la comunione di tutte le chiese. A questo titolo, egli è il primo tra i servitori dell’unità. Tale primato si esercita a svariati livelli, che riguardano la vigilanza sulla trasmissione della Parola, sulla celebrazione sacramentale e liturgica, sulla missione, sulla disciplina e sulla vita cristia­na. Spetta al successore di Pietro di ricordare le esigenze del bene comune della chiesa, se qualcuno fosse tentato di dimenti­carlo in funzione dei propri interessi. Egli ha il dovere di avvertire, mettere in guardia, dichiarare a volte inconciliabile con l’unità di fede questa o quella opinione che si diffonde. Quando le circostanze lo esigono, egli parla a nome di tutti i pastori in comunione con lui. Egli può anche – in condizioni ben precise, chiarite dal concilio Vaticano I – dichiarare ex cathe­dra che una dottrina appartiene al deposito della fede. Testimo­niando così della verità, egli serve l’unità.[64] (…) Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particola­re, soprattutto nel costatare l’aspirazione ecumenica della maggiore parte delle comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova (….) La chiesa cattoli­ca, sia nella sua praxis sia nei testi ufficiali, sostiene che la comunione delle chiese particolari con la chiesa di Roma, e dei loro vescovi con il vescovo di Roma, è un requisito essenziale – nel disegno di Dio – della comunione piena e visibile. Bisogna, infatti, che la piena comunione, di cui l’eucaristia è la suprema manifestazione sacramentale, abbia la sua espressione visibile in un ministero nel quale tutti i vesco­vi si riconoscano uniti in Cristo e tutti i fedeli trovino la conferma della propria fede. La prima parte degli Atti degli apostoli presenta Pietro come colui che parla a nome del gruppo apostolico e serve l’unità della comunità – e ciò nel rispetto dell’autorità di Giacomo, capo della chiesa di Gerusalemme. Questa funzione di Pietro deve restare nella chiesa affinché, sotto il suo solo capo, che è Cristo Gesù, essa sia visibilmente nel mondo la comunione di tutti i suoi discepoli.[65] (…) Io, Giovanni Paolo, umile servus servorum Dei, mi permetto di fare mie le parole dell’apostolo Paolo, il cui martirio, unito a quello dell’apostolo Pietro, ha conferito a questa sede di Roma lo splendore della sua testimonianza, e dico a voi, fedeli della chiesa cattolica, e a voi, fratelli e sorelle delle altre chiese e comunità ecclesiali, ‘tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi… La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2 Cor 13,11.13)’.[66]

Per concludere il suo lungo discorso il papa dei Cattolici non poteva essere più chiaro sul ruolo che lui pensa di avere in questo ristabilimento dell’unità tra le chiese e quale è il suo proposito. Abbiamo capito; lui, in sostanza, dice che non ci può essere unità senza di lui perché lui è il fondamento visibile di questa unità a cui Cristo ha affidato il compito di sorvegliare pecore e pastori; e poi fa chiaramente capire che lui vuole riunire tutti sotto di lui, affinché tutti ascoltino la vera voce di Cristo che parla in lui naturalmente! Ecco perché noi dichiariamo l’ecumenismo papale nient’altro che una macchinazione del diavolo per fare tornare nel seno della chiesa cattolica quelli che per la grazia di Dio ne sono usciti! Che non ci venite a dire dunque che siamo spietati, senza amore fraterno e settari nel non volere accettare di dialogare con la curia romana e in generale con i Cattolici al fine di procacciare la loro unità; perché questo non è vero. La verità è che noi amiamo la verità e vogliamo che essa non venga messa sotto i piedi per amore di questa cosiddetta unità; ma coloro che cercano a tutti i costi di mettersi d’accordo con la curia romana, quando è impossibile farlo senza soffocare la verità, non amano la verità e non cercano neppure la gloria che viene da Dio ma cerca­no la gloria che viene dagli uomini. Non ci importa come siamo catalogati a motivo di questa nostra presa di posizione; sappiamo però di non avere nessun rimorso e che la nostra coscienza non ci riprende. Chi ha orecchi da udire oda.

 


[1] Il Regno, N° 752, Anno 1995, pag. 395

[2] Atti 19:9

[3] Atti 13:43

[4] 2 Cor. 6:17

[5] Matt. 21:42

[6] Concilio Vaticano II, Sess. V, cap. 7

[7] Il Regno, N° 752, pag. 395

[8] Giob. 5:12

[9] 1 Giov. 5:3

[10] 1 Giov. 2:4

[11] Il Regno, N° 752, pag. 396-397

[12] Ibid., pag. 397

[13] 1 Tess. 2:4

[14] Il Regno, N° 752, pag. 398

[15] 2 Cor. 6:14-16

[16] Forse qualcuno dirà che in comune con i Cattolici abbiamo il Vangelo, ma non è così perché essi non predicano lo stesso Vangelo che annunciò Cristo Gesù prima e poi gli apostoli, ma un altro Vangelo che non può salvare nessuno. E credo questo di averlo ampiamente dimostrato.

[17] Il Regno, N° 752, pag. 398, 399

[18] Il Regno, N° 718, anno 1994, pag. 24

[19] Rom. 10:1

[20] Il Regno, N° 752, pag. 410

[21] Matt. 6:5

[22] Alleluja, N° 6, anno 1979, pag. 12

[23] Il Regno, N° 752, pag. 399,400

[24] Col. 3:11

[25] 1 Tim. 1:3,4

[26] Tito 1:9-11

[27] Atti 13:10,11

[28] Atti 7:51-53

[29] Il Regno, N° 752, pag. 401

[30] Ibid., pag. 403

[31] Cecil M. Robeck, Jr., and Jerry L. Sandidge, ‘The ecclesiology of Koinonia and baptism: a pentecostal perspective’, (L’ecclesiologia della koinonia e del battesimo: una prospettiva pentecostale) in Journal of Ecumenical Studies (Giornale di studi ecumenici), 27:3. Summer 1990, pag. 531. Il Robeck e tutti coloro che la pensano come lui ingannano loro stessi e dimostrano di non conoscere (o di fare finta di non conoscere) la dottrina cattolica sul battesimo, ed anche di non tenere per nulla in considerazione l’insegnamento della Parola di Dio sul battesimo.

[32] Il Regno, N° 752, pag. 398

[33] Ibid., pag. 402

[34] 1 Cor. 5:6

[35] Il Regno, N° 752, pag. 403.

[36] Giov. 15:20

[37] 2 Tim. 3:12

[38] Il Regno, N° 752, pag. 403

[39] Matt. 1:24,25

[40] Matt. 1:25

[41] Matt. 12:46

[42] Tito 3:4,5

[43] 2 Tess. 2:15

[44] Matt. 26:26

[45] Giov. 2:4,5

[46] Giov. 2:4

[47] Giov. 4:24

[48] Giov. 4:24

[49] COLLABORATORI. NUOVO TESTAMENTO.
Traduttori:
a – cattolici: Carlo Buzzetti, Carlo Ghidelli
b – evangelici: Bruno Corsani, Bruno Costabel
Revisori:
a – cattolici: Giovanni Canfora, Mario Galizzi, Carlo Maria Martini, Renzo Petraglio
b – evangelici: Otto Rauch, Alberto Soggin
Consulenti stabili:
a – cattolici: Sofia Cavalletti, Settimio Cipriani, Paolo De Benedetti, Franco Festorazzi, Enrico Galbiati, Massimo Giustetti, Michele Pellegrino, Maria Vingiani
b – evangelici: Piero Bensi, Luciano Deodato, Edoardo Labanchi, Fausto Salvoni, Luigi Santini, Francesco Toppi.

[50] 2 Piet. 1:21

[51] 2 Piet. 1:21

[52] Luca 1:28

[53] Luca 1:28

[54] Luca 1:28 (Diod.)

[55] Col. 2:8

[56] Col. 2:8

[57] Giac. 5:14

[58] Giac. 5:14

[59] Atti 19:2

[60] Matt. 16:18

[61] 1 Cor. 4:6

[62] 1 Cor. 4:6

[63] Il Regno, N° 752, pag. 410

[64] Ibid., pag. 412, 413

[65] Ibid., pag. 414

[66] Ibid., pag. 415