Perché noi non dobbiamo osservare più il sabato

Gli Avventisti del Settimo Giorno – Indice  >  L’imposizione del sabato e della decima, e il divieto di mangiare alcuni cibi e di bere alcune bevande  >  L’imposizione del sabato  >  Perché noi non dobbiamo osservare più il sabato

Dopo avere citato tutte queste Scritture concernenti il sabato é inevitabile che qualcuno domandi: ‘Ma allora perché noi credenti non dobbiamo osservare il sabato come dice la legge di Mosè?’ Perché il giorno del sabato era una figura e l’ombra del riposo di Dio che sarebbe stato fatto conoscere nella pienezza dei tempi per mezzo del Figlio di Dio. Paolo lo ha detto in questi termini ai Colossesi: “Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a novilunî o a sabati, che sono l’om­bra di cose che doveano avvenire”.[1] A proposito di queste parole di Paolo notate che esse seguono queste altre parole: “Avendo cancellato l’atto accusatore scritto in precetti, il quale ci era contrario; e quell’atto ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce…”.[2] Quel “dunque” perciò significa che dato che Cristo sulla croce ha abrogato la legge fatta di comandamenti che ci era contraria e che possedeva le ombre (novilunî, feste, sabati, pratiche relative ai cibi) e non la realtà dei beni, noi adesso non ci dobbiamo mettere di nuovo a osservare i novilunî, i sabati, le pratiche relative a vivande perché noi siamo morti con Cristo agli elementi del mondo per vivere in novità di vita e non in vecchiezza di lettera. Nel caso contrario, cioè se noi ci mettes­simo a osservare quelle ombre, gli altri ci giudicherebbero a giusta ragione persone che vogliono ricostruire ciò che Cristo ha distrutto mediante la sua morte, e che vogliono raggiungere la perfezione tramite quei precetti la cui osservanza non può giustificare coloro che li osservano. E questo lo dobbiamo evitare. Ho detto prima che il sabato era figura del riposo di Dio per il suo popolo. Vediamo di dire qualcosa di più su questo punto. La legge di Mosè ha “un’ombra dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose”,[3] perciò il sabato non era il vero riposo di Dio per il suo popolo ma solo una figura di esso. La Scrittura conferma ciò quando dice: “Resta dunque un riposo di sabato per il popolo di Dio; poiché chi entra nel riposo di Lui si riposa anch’egli dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue”.[4] Quindi chi sulla terra si astiene da qualsiasi lavoro nel settimo giorno si riposa per un breve lasso di tempo, perché dopo deve ricominciare a lavorare ed ha bisogno di riposarsi di nuovo il sabato succes­sivo; mentre chi entra nel riposo di sabato di Dio (quello vero) si riposa dalle fatiche del suo amore per l’eternità. “Noi che abbiam creduto entriamo in quel riposo… Studiamoci dunque d’en­trare in quel riposo, onde nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza”,[5] dice la Scrittura, facendo chiaramente inten­dere che, innanzi tutto entrano nel riposo di Dio coloro che credono e poi che ancora noi che siamo sulla terra non siamo entrati in questo riposo e ci dobbiamo studiare di entrarci e di non seguire lo stesso esempio di disubbidienza degli Israeliti nel deserto, i quali “non v’entrarono a motivo della loro disub­bidienza”[6] (secondo che è scritto che Dio giurò nella sua ira: “Non entreranno nel mio riposo”).[7] Diletti, rimane “una promessa d’entrare nel suo riposo”,[8] nel riposo di sabato, per tutti noi che abbiamo creduto, quindi continuiamo a credere nella Parola di Dio che é stata piantata in noi fino alla fine per entrare in quel beato riposo di Dio. Ma quando si entra nel riposo di Dio? Si entra nel riposo di Dio quando si muore nel Signore; questo lo attesta Giovanni nel libro della Rivelazione in questi termini: “E udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono”.[9] In verità possiamo dire che i credenti quando muoiono si riposano! Si riposano però coscientemente; cioè sperimentano realmente il riposo dalle loro fatiche. Dico questo perché non bisogna pensare che quando un credente muore entra in uno stato di incoscienza, in uno stato di non esistenza, perché egli continua a vivere con l’anima in cielo.[10]

 


[1] Col. 2:16-17

[2] Col. 2:14

[3] Ebr. 10:1

[4] Ebr. 4:9-10. Samuele Bacchiocchi commentando queste parole afferma che il loro significato è che ‘è rimasto’ un riposo di sabato per il popolo di Dio (cfr. Samuele Bacchiocchi, Riposo divino per l’inquietudine umana, Impruneta, Firenze 1983, pag. 150), per cui il giorno di sabato va ancora osservato. Ma ciò non può essere vero perché se si legge tutto il contesto in cui queste parole sono messe si noterà chiaramente che lo scrittore agli Ebrei sta parlando non del riposo del settimo giorno della settimana ma del riposo che si sperimenta quando si muore in Cristo.

[5] Ebr. 4:3,11

[6] Ebr. 4:6

[7] Ebr. 4:3

[8] Ebr. 4:1

[9] Ap. 14:13

[10] Quantunque gli Avventisti neghino che un credente quando muore va in cielo, e rifiutano di credere che il sabato non debba più essere osservato con la venuta di Cristo, occorre dire che essi non negano che il sabato simboleggi il futuro e finale riposo che attende il popolo di Dio. Ma continuano a giudicarci negativamente a proposito della nostra posizione nei confronti del sabato. Ecco cosa dice per esempio Samuele Bacchiocchi: ‘Ritenere il Sabato un simbolo del riposo finale e futuro che attende il popolo di Dio, mentre si nega la base di tale simbolo, cioè il riposo sabbatico presente, è una chiara contraddizione in termini. Come può il Sabato alimentare nel credente la speranza del futuro riposo quando la sua celebrazione che è un pregustare e anticipare il futuro riposo è rigettata?’ (Samuele Bacchiocchi, Riposo divino per l’inquietudine umana, pag. 151). Ma se è così allora noi domandiamo loro: non è forse vero che anche la Pasqua rappresenta qualcosa di importante per il cristiano infatti rappresenta Cristo che è stato immolato per aspergerci con il suo sangue e liberarci dall’ira a venire? Come mai dunque non osservate la Pasqua giudaica come prescrive la legge? Come potete dire che la Pasqua è un simbolo di qualcosa che è avvenuto e di cui ci dobbiamo ricordare, cioè la morte espiatoria di Cristo, e poi negare la base ti tale simbolo? Se dunque la nostra è una contraddizione in termini, lo è anche la vostra quando parlate della Pasqua.