Beati coloro che s’adoperano alla pace perché essi saran chiamati figliuoli di Dio; beati i perseguitati per cagion di giustizia perché di loro è il regno dei cieli

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Nella mia confutazione che mi accingo a fare parlerò innanzi tutto della posizione che deve avere il cristiano nei confronti del servizio militare e della chiamata alle armi in caso di guerra, e poi dell’uso della forza diretto e indiretto da parte del cristiano contro la violenza o i soprusi fatti contro lui o terzi.

Il servizio militare in tempo di pace e la chiamata alla guerra.

Noi cristiani non siamo contro l’esistenza dell’esercito nello Stato; perché? Perché l’esercito serve a frenare le ambizioni di qualche nazione circonvicina, cioè impedisce che la nazione subisca una invasione da parte di stranieri. Per fare degli esempi; è evidente che dopo la seconda guerra mondiale se la Russia e i suoi alleati non avessero visto sul suolo europeo, compreso il suolo italiano, i soldati americani di certo avrebbero invaso l’Occidente assoggettandoselo. Ma proprio per la presenza delle truppe americane in Europa, gli Stati che facevano parte del patto di Varsavia non si permisero di invadere l’Europa. I rischi di una sconfitta per opera dell’esercito americano che possedeva pure la bomba atomica, li fece rimanere oltre la cortina. Anche l’esercito dello Stato d’Israele, che è uno dei più potenti sulla terra anche perché possiede armi atomiche, contribuisce a scoraggiare un eventuale attacco da parte degli Arabi. Non che gli Arabi non sarebbero capaci di sfidare lo Stato d’Israele, dichiarandogli guerra anche se questo ha la bomba atomica; ma solo che la forza di questo esercito (e non solo la sua esistenza) è tale da sconsigliargli un eventuale attacco. Certamente se lo Stato d’Israele decidesse di privarsi dell’esercito gli Arabi ne approfitterebbero subito per togliere di mezzo Israele una volta per tutte. (Riteniamo comunque che anche in questo caso la nazione d’Israele non potrebbe essere cancellata da sotto il cielo perché Dio è il suo scudo). Per quanto riguarda l’Italia, se non ci fosse l’esercito in questa nazione o non ci fossero degli eserciti che sarebbero pronti a intervenire nel caso l’Italia venisse invasa o attaccata da una nazione che non fa parte della NATO, allora credo che l’Italia sarebbe terra di conquista da parte di molti eserciti stranieri come lo fu nell’antichità quando non esisteva la nazione Italia ma solo un agglomerato di stati e staterelli sparsi su tutta la penisola; in altre parole l’Italia se la spartirebbero le nazioni. Con questo non si vuol dire che in quel tempo le cose non andarono in quella maniera per decreto di Dio, ma solo che ora essendo le circostanze diverse la situazione in Italia e in Europa è diversa da quei tempi e certe cose non sono realizzabili per svariati motivi, naturalmente perché Dio sta guidando il corso di questa nazione in questa maniera. Anzi Dio guida il corso delle nazioni di tutti i continenti in questa maniera; Lui controlla il mondo intero.

Ma l’esercito di una nazione non serve solo a difendere la propria nazione ma anche per andare a punire altre nazioni. Di esempi biblici comprovanti ciò ce ne sono parecchi. Uno di questi è quello dell’esercito dei Caldei usato da Dio per punire il regno di Giuda a motivo della sua malvagità. Ecco quello che si legge nel libro di Geremia: “Dal tredicesimo anno di Giosia, figliuolo di Amon, re di Giuda, fino ad oggi, son già ventitré anni che la parola dell’Eterno m’è stata rivolta, e che io v’ho parlato del continuo, fin dal mattino, ma voi non avete dato ascolto. L’Eterno vi ha pure mandato tutti i suoi servitori, i profeti; ve li ha mandati del continuo fin dal mattino, ma voi non avete ubbidito, né avete porto l’orecchio per ascoltare. Essi hanno detto: ‘Convertasi ciascun di voi dalla sua cattiva via e dalla malvagità delle sue azioni, e voi abiterete di secolo in secolo sul suolo che l’Eterno ha dato a voi e ai vostri padri; e non andate dietro ad altri dèi per servirli e per prostrarvi dinanzi a loro; non mi provocate con l’opera delle vostre mani, e io non vi farò male alcuno’. Ma voi non mi avete dato ascolto, dice l’Eterno, per provocarmi, a vostro danno, con l’opera delle vostre mani. Perciò, così dice l’Eterno degli eserciti: Giacché non avete dato ascolto alle mie parole, ecco, io manderò a prendere tutte le nazioni del settentrione, dice l’Eterno, e manderò a chiamare Nebucadnetsar re di Babilonia, mio servitore, e le farò venire contro questo paese e contro i suoi abitanti, e contro tutte le nazioni che gli stanno d’intorno, e li voterò allo sterminio e li abbandonerò alla desolazione, alla derisione, a una solitudine perpetua. E farò cessare fra loro i gridi di gioia e i gridi d’esultanza, il canto dello sposo e il canto della sposa, il rumore della macina, e la luce della lampada. E tutto questo paese sarà ridotto in una solitudine e in una desolazione, e queste nazioni serviranno il re di Babilonia per settant’anni”.[1] Notate come Dio chiamò il re Nebucadnetsar “mio servitore” e come Egli disse che lo avrebbe fatto venire contro il paese di Giuda perché questo non aveva voluto dare ascolto a Dio. Ma non solo contro il regno di Giuda ma anche contro i regni circonvicini. Dunque è innegabile che fu Dio a chiamare il terribile esercito dei Caldei contro il paese di Giuda e i regni attorno ad esso per distruggerli. Nessuno s’inganni dicendo o pensando che con la venuta di Cristo, Dio ha smesso di agire in questa maniera con i regni della terra, perché ciò non è affatto vero. Citerò infatti adesso due esempi tratti dal Nuovo Testamento; uno concerne un fatto già avvenuto e l’altro un fatto che deve ancora avvenire. Il fatto avvenuto è quello della distruzione di Gerusalemme e dell’uccisione di molti suoi abitanti per mano dell’esercito romano (tutte cose avvenute nell’anno 70); distruzione predetta da Gesù in questi termini: “Quando vedrete Gerusalemme circondata d’eserciti, sappiate allora che la sua desolazione è vicina. Allora quelli che sono in Giudea, fuggano a’ monti; e quelli che sono nella città, se ne partano; e quelli che sono per la campagna, non entrino in lei. Perché quelli son giorni di vendetta, affinché tutte le cose che sono scritte, siano adempite. Guai alle donne che saranno incinte, e a quelle che allatteranno in que’ giorni! Perché vi sarà gran distretta nel paese ed ira su questo popolo. E cadranno sotto il taglio della spada, e saran menati in cattività fra tutte le genti; e Gerusalemme sarà calpestata dai Gentili, finché i tempi de’ Gentili siano compiuti”,[2] ed ancora: “Oh se tu pure avessi conosciuto in questo giorno quel ch’è per la tua pace! Ma ora è nascosto agli occhi tuoi. Poiché verranno su te de’ giorni nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, e ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; e atterreranno te e i tuoi figliuoli dentro di te, e non lasceranno in te pietra sopra pietra, perché tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata”.[3] Il fatto che invece deve ancora adempiersi è scritto nell’Apocalisse in questi termini: “E le dieci corna che hai vedute sono dieci re, che non hanno ancora ricevuto regno; ma riceveranno potestà, come re, assieme alla bestia, per un’ora. Costoro hanno uno stesso pensiero e daranno la loro potenza e la loro autorità alla bestia. Costoro guerreggeranno contro l’Agnello, e l’Agnello li vincerà, perché egli è il Signor dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e fedeli. Poi mi disse: Le acque che hai vedute e sulle quali siede la meretrice, son popoli e moltitudini e nazioni e lingue. E le dieci corna che hai vedute e la bestia odieranno la meretrice e la renderanno desolata e nuda, e mangeranno le sue carni e la consumeranno col fuoco. Poiché Iddio ha messo in cuor loro di eseguire il suo disegno e di avere un medesimo pensiero e di dare il loro regno alla bestia finché le parole di Dio siano adempite. E la donna che hai veduta è la gran città che impera sui re della terra”.[4] Vorrei farvi notare che Dio metterà in cuore a dieci re di avere un medesimo pensiero e di dare la loro potenza alla bestia, ed assieme odieranno la grande città che impera sui re di tutta la terra e la distruggeranno col fuoco. Dunque fino alla fine dei tempi Dio userà degli eserciti armati per punire i ribelli, gli arroganti.

Mi preme inoltre dire che quando Dio fa venire un esercito contro una città o una nazione per infliggergli i castighi da lui decretati nella sua giustizia, Egli poi punisce la verga della sua ira per tutto il male che ha fatto. In relazione agli esempi appena citati vi ricordo che Dio disse tramite Geremia contro l’esercito dei Caldei le seguenti cose: “Forbite le saette, imbracciate gli scudi! L’Eterno ha eccitato lo spirito dei re dei Medi, perché il suo disegno contro Babilonia è di distruggerla; poiché questa è la vendetta dell’Eterno, la vendetta del suo tempio”[5] ed ancora: “O Babilonia, tu sei stata per me un martello, uno strumento di guerra; con te ho schiacciato le nazioni, con te ho distrutto i regni; con te ho schiacciato cavalli e cavalieri, con te ho schiacciato i carri e chi vi stava sopra; con te ho schiacciato uomini e donne, con te ho schiacciato vecchi e bambini, con te ho schiacciato giovani e fanciulle; con te ho schiacciato i pastori e i lor greggi, con te ho schiacciato i lavoratori e i lor buoi aggiogati; con te ho schiacciato governatori e magistrati. Ma, sotto gli occhi vostri, io renderò a Babilonia e a tutti gli abitanti della Caldea tutto il male che han fatto a Sion, dice l’Eterno”.[6] E questo avvenne nel 536 a.C. quando l’esercito persiano sconfisse i Caldei, e Babilonia fu distrutta. Per quanto riguarda il potente impero romano che aveva distrutto Gerusalemme, la città del grande Re, esso fu punito da Dio tramite gli eserciti barbari provenienti dal nord Europa. La storia ci dice che la penisola italiana fu invasa a più riprese da orde di barbari che seminarono distruzione e morte dovunque giunsero. Persino Roma a più riprese fu saccheggiata duramente dai barbari. Come hai fatto così ti sarà fatto, dice Dio; e questo si adempì pure nei confronti dell’impero romano. Per quanto riguarda poi le dieci corna che sono dieci re, e la bestia, che assieme eseguiranno il giudizio di Dio contro la grande città, essi saranno puniti da Cristo al suo ritorno infatti la Scrittura ci dice: “E vidi la bestia e i re della terra e i loro eserciti radunati per muover guerra a colui che cavalcava il cavallo e all’esercito suo. E la bestia fu presa, e con lei fu preso il falso profeta che avea fatto i miracoli davanti a lei, coi quali aveva sedotto quelli che aveano preso il marchio della bestia e quelli che adoravano la sua immagine. Ambedue furon gettati vivi nello stagno ardente di fuoco e di zolfo. E il rimanente fu ucciso con la spada che usciva dalla bocca di colui che cavalcava il cavallo; e tutti gli uccelli si satollarono delle loro carni”.[7] Questo modo di agire di Dio mostra come Egli sia giusto e qualunque forma di male compiuta dall’uomo non rimarrà impunita, neppure il male che un esercito compie contro una nazione o contro una città per decreto di Dio.

Veniamo adesso alla posizione del cristiano nei confronti del servizio militare e dell’esercito. A che cosa serve il servizio militare? Il servizio militare serve a preparare i cittadini di uno Stato ad affrontare un eventuale guerra che potrebbe scoppiare tra la nazione di cui fanno parte ed un’altra nazione, ma anche a difendere la popolazione nel caso qualcuno insorgesse dall’interno per sovvertire la nazione. In Italia il servizio militare è sì obbligatorio per un certo tempo, ma esiste pure la possibilità di compiere il servizio civile al suo posto. Esistono Stati però dove il servizio militare è obbligatorio ma non esiste il servizio civile al suo posto, per cui chi rifiuta di fare il servizio di leva viene punito. In altri Stati ancora, siccome che l’esercito è fatto di soli professionisti (in Italia i professionisti ossia i militari di carriera sono affiancati dai militari di leva), il servizio militare non è richiesto a tutti perché è volontario.

Ma vediamo ora di spiegare in che cosa consiste il servizio militare e come si svolge in questa nazione; questo lo faccio sia per i giovani che ancora non lo hanno fatto al fine di fargli capire a che cosa si va incontro nel farlo da credente, e sia per coloro che non lo hanno fatto per obiezione di coscienza al fine di fargli capire che essi hanno fatto bene a scegliere il servizio civile al posto di quello militare. Ecco per sommi capi come si svolge il periodo di leva in questa nazione. Ne parlerò in base alla mia esperienza personale, dato che a suo tempo (quando ero già un figliuolo di Dio) l’ho fatto (anche se a malincuore e sperimentando i suoi frutti amari). Dopo avere fatto il CAR in una delle caserme CAR sparse sul territorio nazionale (il CAR è un centro addestramento reclute e nel gergo militare fare il CAR significa ricevere l’addestramento di recluta che generalmente dura circa 4 settimane), la recluta diventa soldato col giuramento che è una cerimonia militare in cui dopo alcune esibizioni militari la recluta giura fedeltà allo Stato. Dopo il giuramento il soldato viene mandato in una delle tante caserme operative sul territorio nazionale (caserme che appartengono ai diversi corpi armati dell’esercito, cioè agli alpini, alla fanteria, ai granatieri, ai bersaglieri, ecc., per cui gli alpini andranno in caserme per gli alpini, i fanti andranno in caserme della fanteria, e così via). Si chiamano caserme operative perché è in queste caserme che si fa il ‘reale’ servizio militare. Alla caserma del CAR si impara a salutare militarmente, a presentarsi ai superiori, a sparare, a lanciare le bombe a mano, a fare la guardia, ed altre cose; mentre nelle caserme operative dove si viene mandati si impara e si adempie il ruolo che l’autorità statale ha deciso di far fare al soldato. In altre parole se uno è autista, prima farà il corso per prendere la patente militare e poi guiderà i camion militari, le jeep, ecc.; se uno è servente al pezzo prima dovrà fare un corso anche lui e dopo il relativo corso si dovrà occupare della manutenzione degli obici assieme ad altri serventi al pezzo (questo compito è molto duro); se uno è centralinista sarà impiegato in un centralino di qualche caserma; se uno è artificiere, prima andrà a fare il corso di artificiere e poi farà l’artificiere nella caserma assegnatagli; i ruoli sono tanti e svariati. Le caserme operative fanno anche i campi che sono delle esercitazioni militari che durano alcuni giorni fatte lontano dalla caserma.

Naturalmente non tutti coloro che arrivano alla caserma CAR verranno assegnati ad altre caserme, e questo perché anche in questa caserma c’è bisogno di nuovi soldati dato che c’è sempre qualche scaglione che si congeda e vengono a crearsi delle necessità nei vari settori della caserma. In altre parole una parte di coloro che arrivano alla caserma CAR vi rimarranno per tutto il corso del servizio militare anche dopo il giuramento; chi come caporale istruttore, chi come cuoco, chi come elettricista, chi come furiere (chi sta in ufficio), chi come magazziniere, chi come autista, chi come artificiere, ecc. Il numero è molto piccolo confronto a coloro che invece partono alla fine del mese, e coloro che ne fanno parte si considerano ‘fortunati’ perché non devono cambiare ambiente, e poi perché il servizio di leva in un centro CAR è meno faticoso che in una caserma operativa. Io fui tra coloro per esempio che rimasero nella caserma CAR (quella di Orvieto del terzo battaglione dei granatieri) dopo l’addestramento e il giuramento. Vi rimasi non per raccomandazione umana (come nel caso di alcuni che pur essendo stati assegnati ad altre caserme fecero di tutto per rimanere in quella caserma) ma perché il Ministero mi aveva assegnato il ruolo di caporale istruttore da adempiere proprio in quella caserma. Caserma che aveva la rinomanza di essere un ‘hotel’ tanto vi si stava bene.

Come ho detto, io dovetti fare il caporale istruttore; ma in che cosa consiste questo compito? Consiste nell’addestrare le reclute che arrivano alla caserma CAR (insegnargli a marciare, a salutare, a sparare, a conoscere le armi per pulirle e smontarle, ecc.,); naturalmente non tutte dato che sono centinaia e centinaia (nella caserma di Orvieto le ondate mensili di reclute si aggiravano sul migliaio), ma solo quelle della propria camerata o squadra. La camerata è una grande camera in cui c’è un certo numero di reclute (la squadra), sorvegliate da due caporali di cui uno è sempre più anziano dell’altro quanto a servizio da caporale. I caporali (o il caporale; questo se l’anziano caporale è in attesa di ricevere il giovane assistente) dormono nello stesso camerone con le reclute, per cui si trovano notte e giorno con le loro reclute. Avviene così che tra le reclute e i propri caporali si stabilisce un legame di amicizia. La camerata è parte della compagnia della caserma; la compagnia è un piano o una ‘divisione’ della caserma. Per esempio nella mia caserma c’erano quattro compagnie, comandate da altrettanti capitani. Ognuna di queste compagnie era suddivisa in una decina circa di camerate o squadre di reclute a capo delle quali c’erano due caporali o solo un caporale per il motivo detto poco fa. Ora, io per diventare caporale istruttore dovetti fare un corso di due mesi circa nella medesima caserma CAR. Dopo di che venni ‘promosso’ al grado di caporale istruttore e fui aggregato ad un caporale anziano nella direzione di una specifica squadra della prima compagnia. Come caporale istruttore io dovevo in massima parte insegnare alle reclute a marciare, prima senza e poi con il fucile (e questo lo facevo con un notevole dispendio di voce), e poi ad assumere rettamente le posizioni di riposo e di attenti, prima senza e poi con il fucile in mano, durante lo schieramento. Questo in vista soprattutto del giuramento che avveniva dopo circa quattro settimane; evento questo a cui assistevano migliaia di persone (i parenti e amici delle reclute) e che avveniva nel piazzale della caserma tranne quando era solenne perché in questo caso aveva luogo allo stadio (per esempio il giuramento del mio scaglione fu solenne ed ebbe luogo allo stadio di Orvieto) alla presenza di alte autorità militari. Oltre a questo però dovevo pure insegnare alle reclute a sparare, e così quando poi la compagnia veniva portata al poligono (il luogo dove si compivano le sparatorie di esercitazione) io dovevo andare con tutti gli altri miei colleghi caporali e mettermi al fianco della recluta per assisterlo e controllarlo mentre sparava con il fucile contro le sagome. Un’altra cosa che come caporale istruttore dovevo fare era quella di montare come capoposto durante la guardia che durava ventiquattrore. La guardia in una caserma è obbligatoria per tutti i soldati (anche per quelli che lavorano in ufficio, in cucina, in magazzino, ecc.). Era il servizio più faticoso anche perché si dormiva ben poco durante la notte anche da capoposto e per altri motivi. Io come caporale montavo assieme ad un altro caporale semplice, ed assieme a noi c’era un caporale maggiore (un grado in più) che aveva delle mansioni diverse dalle nostre. Sopra il caporale maggiore c’era il tenente e sopra il tenente il capitano della guardia. Il compito di noi caporali semplici era quello di portare ogni due ore il cambio ad ogni guardia appostata al suo posto. Nella nostra caserma c’erano una decina circa di postazioni occupate da delle guardie, e ogni due ore io e il mio collega caporale ci alternavamo per fare il giro della caserma a portare le nuove guardie al loro posto. Durante la notte per alcune ore rimanevo solo a comandare le guardie per circa quattro ore, il tempo in cui il mio collega caporale dormiva (il tenente e il capitano dormivano regolarmente, il primo in caserma e il secondo solitamente andava a casa). Questi erano i miei compiti principali da adempiere come caporale istruttore (tralascio di parlare degli altri compiti perché ci vorrebbe troppo tempo a spiegarli).

Ora, è evidente che stando così le cose io ho dovuto stare notte e giorno a contatto con gente del mondo, ma non in un ambiente di civili ma di militari il che è molto diverso da un normale ambiente di lavoro. Come ho già detto io ho adempiuto il servizio militare da credente, ma l’ho fatto a malincuore; devo dire che non ero felice di fare il servizio militare, anche se pensavo che adempiendolo avrei adempiuto il mio dovere di cittadino italiano. L’unica cosa che mi faceva felice era il fatto che potevo evangelizzare tante persone. Sia quando ero recluta che quando poi divenni caporale istruttore annunciai l’Evangelo a tanti giovani. Evangelizzai la maggior parte dei giovani da caporale perché nella mia posizione mi trovavo in contatto quotidianamente con le mie reclute ma anche con tante altre di altre squadre che mi dovevano portare rispetto a motivo del mio grado. Ho annunciato l’Evangelo di giorno e di notte, in camerata e ai bagni; in caserma e fuori; di buon cuore e per forza. Sì, questo mi ha riempito di gioia, tante volte si radunavano attorno a me tante reclute per sentirmi parlare del Vangelo! Alcune volte facevo persino mettere sull’attenti le mie reclute per poi annunciargli l’Evangelo mentre si trovavano immobili! Nessuno pensi però che anche da caporale le mie reclute non mi abbiano deriso e oltraggiato a motivo della mia fede in Cristo. Io agli occhi loro ero strano sotto tutti i punti di vista; nessun altro caporale annunciava l’Evangelo in caserma. Ma a me non importava nulla; anzi ero felice di essere oltraggiato a motivo di Cristo. Comunque c’erano coloro che mi rispettavano e che gradivano spesso sentirmi parlare dell’amore di Cristo. Io la sera quando quasi tutti si precipitavano ad uscire fuori dalla caserma, mi mettevo sulla mia branda a leggere la Bibbia o ad ascoltare delle audio cassette di musica cristiana. Molte volte mi vedevano leggere la Bibbia quando uscivano e mi rivedevano a leggere la Bibbia quando rientravano. Non uscivo con i miei colleghi caporali perché non gradivo la loro compagnia; mi oltraggiavano per la mia fede, bestemmiavano e usavano un parlare oltremodo volgare e non volevo stare con loro. Bastava già il tempo che passavo in caserma con loro; la sera o la domenica che avevo del tempo libero dovevo cercare nuove forze per cui era indispensabile che io mi appartassi per leggere le Scritture e pregare. Non avevo tempo da spendere inutilmente con loro. I miei colleghi caporali mi hanno deriso e schernito in ogni maniera; ero un continuo oggetto di scherno per alcuni. Ma ripeto io ero felice di essere reputato degno di scherno da parte loro a motivo di Cristo. Quante volte ho pensato in quei giorni agli oltraggi che i Giudei lanciarono contro Gesù, o a quello che subirono gli apostoli!

Ma Dio fu con me; Egli mi rese fermo e mi fortificò affinché guerreggiassi la buona guerra senza paura di niente e di nessuno. In una particolare circostanza Dio mi riempì di coraggio per rispondere al mio capitano che non voleva che io annunciassi l’Evangelo nella sua compagnia. Era successo infatti che immediatamente dopo avere preso i gradi di caporale ero stato assegnato alla prima compagnia. Ma siccome che al capitano di questa compagnia era stato riferito che io predicavo l’Evangelo, il capitano, il giorno che io e altri miei due colleghi caporali appena promossi ci presentammo nel suo ufficio, dopo avere congedato i miei due colleghi volle parlarmi da solo. Egli mi intimò chiaramente che io non dovevo parlare del Vangelo nella sua compagnia, perché ciò non era da lui gradito. Al che io gli risposi che quello che lui mi diceva di fare (cioè di non annunciare l’Evangelo) era stato intimato anche agli apostoli, e che io gli rispondevo come risposero gli apostoli e cioè che dovevo ubbidire a Dio anziché agli uomini. Per cui gli dissi, che io gli avrei disubbidito per ubbidire a Dio. Quando sentì quelle parole non insistette e mi lasciò andare. La mia gioia fu grande perché Dio mi aveva dato la risposta giusta al momento giusto. E mantenni la parola.

Ho raccontato queste opposizioni ricevute per farvi capire come quando si evangelizza anche durante il servizio militare, non importa se si ha un grado, l’opposizione la si incontra lo stesso. Non può esser altrimenti; perché tutto il mondo giace nel maligno. Naturalmente non è l’opposizione che si riceve durante il servizio militare che deve scoraggiare il credente dal farlo; perché l’opposizione a motivo del Vangelo si riceve dovunque in questo mondo, non importa in che posto di lavoro ci troviamo o in che paese ci troviamo.

Vediamo dunque i motivi che devono spingere il giovane credente a rifiutare di fare il servizio di leva e ad andare in guerra in caso di chiamata alle armi.

Il servizio militare è una scuola di guerra; si impara a maneggiare le armi, ad usarle anche se solo contro sagome. E le armi di questo mondo non si addicono in mano a chi fa professione di fede in Cristo. Le armi infatti quando usate contro delle persone feriscono, uccidono, portano distruzione e lutto e noi non siamo chiamati a fare del male al nostro prossimo, neppure a chi si permettesse di invadere o attaccare la nostra nazione. E qui mi preme fare un discorso sul cosiddetto patriottismo nazionale sbandierato da tanti cristiani. Il patriota è chi con le armi in pugno si oppone al nemico invasore; egli rischia la vita per respingere un invasione o un attacco nemico.

Possiamo noi rischiare la nostra vita uccidendo e ferendo uomini di un’altra nazione per amore della nostra nazione, cioè per difendere i suoi confini e la sua popolazione? Non mi pare proprio; difatti Paolo dice che “l’amore non fa male alcuno al prossimo”.[8] Non importa se questo prossimo è un nostro amico o un nostro nemico, l’amore di Cristo che è in noi ci spinge a fargli solo del bene e mai del male.

Il nostro combattimento non è contro sangue e carne ma contro i principati, le potestà, i dominatori di questo mondo di tenebre e le forze spirituali della malvagità che si trovano nei luoghi celesti. E contro questi nostri nemici si devono usare delle armi spirituali.[9]

Sì, dunque all’uso delle armi ma a quelle che ci ha fornito Dio per combattere la buona guerra, ma non a quello delle armi fornite dallo Stato per combattere altri esseri umani.

Dunque il servizio militare dato che prepara ad offendere fisicamente le persone è da rigettare. Ora, io ho già detto di aver fatto il servizio militare e di avere usato le armi. E’ vero che a quel tempo io pensavo e dicevo che non ci fosse nulla di male nel compiere quel servizio armato, che le armi che si era chiamati a maneggiare non le usavamo per uccidere o ferire nessuno (e questo lo dicevo anche a taluni che mi facevano notare la contraddizione tra il mio messaggio d’amore che portavo loro e il servizio militare che svolgevo), rimane il fatto però che dentro di me quando si trattava di usare le armi avvertivo un turbamento. Questo è il motivo per cui odiavo insegnare a sparare o andare al poligono con le reclute. Perché il solo pensiero di mettermi a sparare creava in me un non piccolo disagio spirituale. A quel tempo io ribattevo ai Testimoni di Geova che incontravo che il servizio militare lo si fa in ubbidienza alle autorità come dice Paolo, per cui le armi si usano in quel periodo in ubbidienza alle autorità di questa nazione, per cui non c’era contraddizione in questo mio modo di agire. Ricordo che una volta nella mia compagnia, mentre mi preparavo a montare di guardia e avevo il fucile sulla mia branda, stavo evangelizzando due Testimoni di Geova che erano venuti in caserma alla chiamata ma si rifiutavano di indossare l’uniforme e quindi di fare il servizio militare. E ad un certo punto presi il mio fucile e glielo mostrai per fargli capire che non c’era nulla di male nell’imbracciarlo. Come dire insomma; ma perché avete così paura di prendere in mano un fucile? Dico tutto questo per farvi capire come io ragionavo in quel tempo, quantunque fossi un credente. Ma perché ragionavo in quella maniera? Perché nell’ambiente in cui ero cresciuto non si parlava di obiezione di coscienza al servizio militare; il servizio militare era visto come un qualcosa da fare per amore della patria, e in ubbidienza delle autorità. Ed ancora oggi questo è quello che viene insegnato o fatto capire nella maggior parte delle Chiese evangeliche. Giovane come ero dunque assimilai questo modo di considerare il servizio militare. D’altronde un neo convertito segue i consigli o gli esempi di coloro che sono più anziani di lui nella fede perché li ritiene maturi avendo nelle vie del Signore molta più esperienza di lui. Ma come ho potuto riscontrare personalmente nella mia vita “non quelli di lunga età son sapienti, né i vecchi sono quelli che comprendono il giusto”;[10] e questo non solo a riguardo del servizio militare. Non dico questo per giustificare in qualche modo il mio comportamento sbagliato, ma solo per far capire quanto influiscono su un giovane le convinzioni del proprio pastore o quelle dei propri genitori, anche nel caso esse siano contrarie all’insegnamento di Cristo. Certo è vero che non si può imporre con la forza ad un credente di non fare il servizio militare, ma si può e si deve ammaestrarlo in ogni sapienza avvertendolo dei pericoli che ci sono nel farlo e dei motivi per cui non si addice di farlo ad un figlio di Dio. Ma oggi questo ammaestramento e questo avvertimento non esiste nella maggior parte dei casi; chi rivolge un simile ammaestramento o un tale avvertimento ai giovani viene considerato una sorta di eretico, una sorta di fanatico che vive fuori dal mondo.

Devo dire che gli Avventisti almeno hanno il pregio che parlano del servizio militare in maniera tale da non incoraggiare i giovani a farlo (almeno in un servizio combattente), e difatti molti giovani Avventisti scelgono il Servizio Civile, ma in seno alle Chiese Evangeliche nella stragrande maggioranza dei casi non viene neppure fatto questo. Come se scoraggiare i giovani dal fare il servizio militare fosse un peccato. Magari i giovani vengono incoraggiati ad andare al mare a prendersi l’abbronzatura, a mettersi mezzi nudi, a guardare la televisione, ad avere rapporti carnali prematrimoniali, o a dire bugie in certi casi, ma non vengono affatto incoraggiati a scegliere il Servizio Civile al posto di quello militare. E di contraddizioni simili ce ne sono un’enormità. Che volete? Oggi, l’obiezione di coscienza radicale è fortemente scoraggiata perché i figliuoli di Dio devono essere dei cittadini leali, dei patrioti! Sì e poi proprio questi cittadini leali ed esemplari sono sleali e di cattivo esempio rispetto al Vangelo; sono dei tiepidi.

Ho incontrato dei credenti che sono pronti a impugnare le armi per difendere la propria nazione, ma che non sono pronti a difendere il Vangelo dagli attacchi dei cianciatori e degli impostori che scorrazzano in mezzo alle chiese. Sono pronti a levarsi contro gli abitanti di un’altra nazione e a dare la propria vita per un ideale umano, ma non sono affatto disposti a levarsi in favore della verità a costo di essere derisi o di morire per essa. Che contraddizione! Essi non hanno vergogna di impugnare le armi carnali contro i nemici di un’altra nazione terrena, ma hanno vergogna a combattere per l’Evangelo contro i tanti suoi nemici per turargli la bocca a costo della vita. Ecco a quale vergognoso spettacolo si assiste in mezzo al popolo di Dio oggi.

Sappiano però tutti i contenziosi che, come disse Gesù, coloro che prendono la spada periscono pure per la spada[11] (si ricordino a questo proposito come il riformatore Zwingli trovò la morte proprio durante una battaglia contro i suoi nemici, i cattolici romani); ma coloro che prenderanno la spada dello Spirito per distruggere i vani ragionamenti e le altezze che si elevano contro la conoscenza di Dio saranno onorati da Dio e non subiranno nessuna sconfitta e quand’anche fossero messi a morte per avere difeso il Vangelo troveranno la loro vita.

Fino ad ora ho parlato dell’entrare nell’esercito come militare di leva in tempo di pace, ma nel caso della chiamata alle armi in tempo di guerra come ci si deve comportare? Ritengo che la risposta sia implicita nel discorso appena fatto; il credente si deve rifiutare di andare in guerra ad uccidere altri suoi consimili. E qui vorrei fare una precisazione; non importa se si tratterà di partire per andare a uccidere i soldati di un’altra nazione che ha attaccato la nostra nazione o si tratterà di partire per andare in guerra contro la popolazione di una nazione che non ha affatto attaccato la nostra (come per esempio nel caso di Hitler che mandò l’esercito tedesco contro nazioni che non avevano minimamente aggredito la nazione tedesca; o come nel caso di Mussolini che mandò l’esercito italiano a colonizzare parte dell’Africa senza che quelle popolazioni avessero aggredito la nazione Italia), il credente deve rifiutare di entrare nell’esercito per andare ad ammazzare dei suoi consimili. Nell’esercito egli non ci deve entrare neppure da non combattente per non rendersi partecipi dei suoi crimini. Infatti è male anche collaborare con coloro che hanno le armi in mano per ammazzare le persone e portare distruzione. Quale punizione lo aspetta? Solitamente la fucilazione e quindi la perdita della vita.

Voglio a tale proposito trascrivere alcuni passi di alcune lettere scritte tra il 1942 e il 1943 da un giovane credente di nome Antonio, alla sua giovane fidanzata e a sua mamma, prima di essere fucilato dai nazisti per essersi rifiutato di partecipare alla guerra. Alla sua fidanzata, Antonio scriveva: ‘Mio caro tesoro… Vorrei darti notizie migliori e il mio cuore desidera dirti parole affettuose… Ma noi dobbiamo mettere il nostro futuro nelle mani di Dio e accettare quanto lui disporrà… Quando riceverai queste righe, non sarò più tra i viventi… Sì, per me non esisteva nessun’altra via… Se non si avvererà la nostra speranza di essere uniti qui abbiamo però la più magnifica certezza di rivederci presso il Signore e di non essere separati mai più… Voglio ringraziare il Signore con tutto il cuore per la sua grande bontà, per la sua grazia e misericordia; come mi ha aiutato col suo amore fin qui, sono certo che mi darà la forza necessaria per l’ultimo grave passo… Avremmo potuto sposarci … Ma sarebbe stata una felicità amara, non donata da Dio, senza la vera benedizione e la pace del Signore … Una felicità senza valore … Perciò dobbiamo attendere finché il Signore ci unirà per sempre … Addio, mio tesoro, rimani consolata e allegra. Ti bacia con profondo affetto il tuo Antonio’.[12] In una lettera scritta alla madre il giorno stesso che sarebbe stato fucilato scrisse: ‘Mia cara e amatissima madre, ti prego di non disperarti quando riceverai questi miei ultimi saluti di addio. Sii forte e confortata … I tuoi sforzi circa la domanda di grazia saranno inutili, perché anche se avessero successo, sarebbe troppo tardi, essendo oggi il mio ultimo giorno … Ah, cara mamma! Quanto volentieri avrei voluto risparmiarti questo tremendo e profondo dolore, ma non posso agire diversamente: devo rimanere fedele alla mia coscienza…’, ed alla fidanzata: ‘Mia tanto amata Ester, mio caro tesoro, quanto volentieri avrei voluto rivedere ancora una volta il tuo caro viso … Nella Bibbia, tra le ultime pagine, si trova la tua immagine e quella della mia cara mamma. Ho voluto così avervi sempre accanto a me … Caro tesoro, so che sarai colpita duramente … Oh, quanto volentieri avrei vissuto ancora … Ma per me non esisteva altra via, perché è impossibile, secondo la mia convinzione di fede, rendermi partecipe alla guerra … Spero di non avere vissuto invano. Il tuo Antonio che ti ama profondamente sino alla fine. Addio, mio tesoro, arrivederci’.[13]

Queste commoventi parole fanno capire chiaramente come alcuni credenti sono disposti a perdere la propria vita pur di non partecipare alla guerra.

Anche nella recente guerra svoltasi nell’ex Iugoslavia abbiamo sentito che ci sono stati dei giovani credenti che per essersi rifiutati di andare in guerra sono stati fucilati.

Che sia questo il nostro sentimento, fratelli. Che Dio ci dia la forza nel caso fossimo chiamati alla guerra, di rifiutare di arruolarci anche a costo della vita.

L’uso della forza diretta e indiretta contro i propri nemici.

Le autorità che esistono sono ordinate da Dio, e tra queste autorità ci sono pure coloro che svolgono le loro funzioni anche armate nella polizia, nei carabinieri, nella guardia di finanza, ecc. Non solo i magistrati dunque sono ministri di Dio, ma anche i membri di questi corpi armati. Perché l’esistenza di tutte queste autorità è necessaria in una nazione? Per mantenere l’ordine, per evitare che regni l’anarchia, per evitare che ognuno faccia quello che gli pare e piace a danno dei più deboli. Dunque, questi corpi armati, come pure i magistrati sono di spavento alle opere malvagie. I malfattori al solo pensiero di doversi imbattere in un poliziotto, o in un carabiniere sono presi dalla paura; al solo sentire la sirena della loro macchina, anche se in quel momento essi non stanno compiendo qualche delitto, sono presi dalla paura. Dopo avere commesso il delitto sono presi dalla paura di essere arrestati, processati e gettati giustamente in prigione ad espiare le loro colpe. Non c’è che dire, le armi in mano ai poliziotti o ai carabinieri, mettono paura al malfattore perché egli sa che l’autorità ha il diritto e il dovere di usarle contro di lui nel caso il loro uso sia necessario e se lui malfattore rimane ucciso l’autorità avrà le mani ‘pulite’ mentre lui passerà per colui che aveva torto perché si è opposto all’autorità con le armi in pugno. Nel caso invece per le sue mani rimanesse ucciso un poliziotto o un carabiniere il malfattore si renderebbe colpevole di resistenza armata allo Stato e di attentato allo Stato.

Certo, qui non stiamo dicendo che le autorità siano irreprensibili, che tutto funzioni al meglio nel loro mezzo, perché sappiamo che non è così. Di casi in cui vengono scoperti poliziotti o carabinieri amici di malfattori, o in cui vengono scoperti dei giudici corrotti che a pagamento hanno assolto i malfattori o di magistrati che per denaro insabbiano delle inchieste ce ne sono: però occorre dire che tutti questi scandali non annullano minimamente la necessità delle autorità in una nazione. E’ vero che le autorità usano la violenza (bastonate, pistolettate, ecc.) talvolta per far rispettare la legge (in altre parole rendono male per male), ma d’altronde come potrebbe il malvagio imparare a rispettare la legge se non venisse percosso fisicamente, o come potrebbe arrendersi se non avesse la paura di rimanere ferito o ucciso per mezzo delle pistole? E’ vero che i malvagi quando vengono giudicati colpevoli vengono puniti con la prigione (o con pene pecuniarie in certi casi); ma anche questo è necessario innanzi tutto per infondere nel condannato il rispetto della legge dello Stato (colla speranza che una volta espiata o mentre espia la pena detentiva decida di smettere di fare il male) e poi per servire d’esempio a coloro che vorrebbero seguire o già seguono le orme dei malfattori, affinché sappiano a cosa vanno incontro nel caso si mettessero a compiere quei delitti o a cosa andranno incontro se verranno arrestati. Ora, siccome che in una nazione di gente che cerca il male altrui in svariate maniere non ne mancano, e siccome che in ogni nazione esistono dei cristiani, è evidente che dal servizio armato che compiono le autorità il cristiano ne riceve benefici anche se lui non li chiama in suo soccorso. Facciamo alcuni esempi. Se un credente si trova circondato da alcuni ladri, e all’improvviso costoro vedono avvicinarsi una pattuglia della polizia, essi presi dalla paura lasceranno di molestare il credente. Se il credente cammina di notte per una strada dove sono presenti dei poliziotti o dei carabinieri, di certo si sentirà protetto dalla loro presenza e se in quella strada è presente un ladro questi si sentirà impedito di aggredirlo. A proposito di questo esempio non è a caso che in diverse circostanze Dio per impedire a dei malfattori di aggredire dei suoi figliuoli o delle sue figliuole che si trovavano in posti isolati da soli, per cui esposti al pericolo, ha mandato degli angeli che sono apparsi ai malfattori vestiti da uomini armati. Le armi dunque mettono paura ai malfattori; al giusto no, ma al malvagio sì. Per fare ora un esempio biblico di come le autorità armate possano essere di aiuto persino a dei credenti salvandoli da dei seri pericoli, citerò quello che accadde a Paolo a Gerusalemme. Era accaduto che Paolo al ritorno dal suo terzo viaggio missionario era stato pregato da Giacomo e da altri fratelli di compiere alcuni riti giudaici per dimostrare alle migliaia di Giudei che avevano creduto in Cristo che lui si comportava da osservatore della legge. Luca dice che: “Allora Paolo, il giorno seguente, prese seco quegli uomini, e dopo essersi con loro purificato, entrò nel tempio, annunziando di voler compiere i giorni della purificazione, fino alla presentazione dell’offerta per ciascun di loro. Or come i sette giorni eran presso che compiuti, i Giudei dell’Asia, vedutolo nel tempio, sollevarono tutta la moltitudine, e gli misero le mani addosso, gridando: Uomini Israeliti, venite al soccorso; questo è l’uomo che va predicando a tutti e da per tutto contro il popolo, contro la legge, e contro questo luogo; e oltre a ciò, ha menato anche de’ Greci nel tempio, e ha profanato questo santo luogo. Infatti, aveano veduto prima Trofimo d’Efeso in città con Paolo, e pensavano ch’egli l’avesse menato nel tempio. Tutta la città fu commossa, e si fece un concorso di popolo; e preso Paolo, lo trassero fuori del tempio; e subito le porte furon serrate. Or com’essi cercavano d’ucciderlo, arrivò su al tribuno della coorte la voce che tutta Gerusalemme era sossopra. Ed egli immediatamente prese con sé de’ soldati e de’ centurioni, e corse giù ai Giudei, i quali, veduto il tribuno e i soldati, cessarono di batter Paolo. Allora il tribuno, accostatosi, lo prese, e comandò che fosse legato con due catene; poi domandò chi egli fosse, e che cosa avesse fatto. E nella folla gli uni gridavano una cosa, e gli altri un’altra; onde, non potendo saper nulla di certo a cagion del tumulto, comandò ch’egli fosse menato nella fortezza. Quando Paolo arrivò alla gradinata dovette, per la violenza della folla, esser portato dai soldati, perché il popolo in gran folla lo seguiva, gridando: Toglilo di mezzo!”.[14] Notate che quei Giudei stavano per uccidere Paolo, ma alla vista del tribuno, dei centurioni e dei soldati smisero di percuoterlo e dunque l’apostolo evitò di essere ucciso in quell’occasione. Non che Paolo avrebbe perduto alcunché dalla sua morte, perché per lui la morte era guadagno; ma certo la sua vita non ebbe termine in quell’occasione. Dio si usò di persone armate per liberare il suo servo Paolo dalle mani di quegli omicidi.

Abbiamo visto dunque come sia la polizia, i carabinieri, ecc., siano necessari in una nazione, necessari per vivere una vita tranquilla e quieta. Questo è un dato di fatto; disconoscere quanto appena detto significherebbe chiudersi gli occhi davanti alla realtà e turarsi gli orecchi per non sentire la Parola di Dio. Per amore della verità dobbiamo quindi dire che Dio si usa delle forze dell’ordine come la polizia e i carabinieri, per mantenere una tranquillità relativa in una nazione spaventando i malfattori ed evitando che questi abbiano a regnare incontrastati in questa nostra società. In effetti se con la polizia e i carabinieri, la guardia di finanza, ecc., i malvagi sono frenati ma non impediti del tutto di agire malvagiamente contro il prossimo, che succederebbe se non ci fossero? Non potremmo neppure uscire per strada senza rischiare di essere percossi o derubati ad ogni angolo di strada. In altre parole saremmo tutti in balia dei predoni e degli assassini, dei sodomiti ecc. Le cose sarebbero molto peggio di quanto siano adesso. Grazie a Dio dunque per queste autorità che esistono in questa nazione perché per mezzo di esse noi possiamo godere una vita tranquilla e quieta e godiamo una certa protezione per mezzo di esse. Non bisogna però pensare che le autorità armate stabilite da Dio servano solo a salvare da morte qualcuno dei servi di Dio, perché ci sono casi in cui esse servono per mettere a morte dei servi di Dio, sempre per volere di Dio naturalmente. L’esempio biblico che attesta ciò in maniera inequivocabile è quello della morte di Gesù che noi sappiamo fu necessaria affinché noi fossimo salvati dai nostri peccati perché lui doveva morire per i nostri peccati. Ora, chi uccise il Signore Gesù? La Scrittura dice che furono i Giudei, però essi non furono gli esecutori materiali bensì coloro che decretarono la sua morte e lo dettero in mano ai Gentili affinché lo crocifiggessero. Gli esecutori materiali furono i Gentili. Pilato, governatore della Giudea, quando vide che non riusciva a persuadere le turbe che Gesù era innocente, “sentenziò che fosse fatto quello che domandavano. E liberò colui che era stato messo in prigione per sedizione ed omicidio, e che essi aveano richiesto; ma abbandonò Gesù alla loro volontà”.[15] I soldati romani poi condottolo al luogo del supplizio lo crocifissero, e mentre lui era appeso alla croce un soldato gli forò con una lancia il costato. Nella storia della chiesa di Dio ce ne sono molti di esempi di autorità armate mosse da Dio contro il suo popolo per perseguitarlo anche a morte (al fine di purificarlo, perché Dio ama il suo popolo). Niente di cui meravigliarsi sapendo che i Giudei e i Gentili si adunarono contro l’Unto di Dio per il determinato consiglio di Dio per fare tutte le cose da lui decretate innanzi.[16] Naturalmente anche nel caso delle persecuzioni a morte subite dai discepoli di Cristo per decreto divino, da esse ne è scaturito del bene. Perché Dio ha sempre convertito il male ordito contro i suoi servi in bene. In altre parole quand’anche le autorità con le loro armi colpirebbero ingiustamente il popolo di Dio infliggendogli delle dure sofferenze e finanche la morte a taluni, Dio convertirà tutte quelle ingiustizie in bene. L’esempio dei nostri antichi fratelli di Gerusalemme e della Giudea, e poi quello dei nostri fratelli perseguitati a morte dagli imperatori romani, ed ancora quello dei nostri fratelli perseguitati e messi a morte dal tribunale dell’inquisizione alcuni secoli fa in Europa, ed infine quello di tutti quei nostri fratelli che in tempi recenti hanno dovuto patire carcere, percosse, e finanche la morte in alcune nazioni di questo mondo, ce lo dimostrano chiaramente. La chiesa sotto i colpi della persecuzione si è sempre fortificata e stretta intorno a Cristo, ed ha moltiplicato.

Dopo avere fatto questa doverosa premessa passiamo a parlare di quale deve essere la nostra reazione nei confronti dei nostri nemici quando siamo da essi calunniati, perseguitati e malmenati. Noi discepoli di Cristo abbiamo molti nemici, siamo circondati da nemici. Viviamo infatti in un mondo fortemente ostile al Vangelo e a coloro che lo proclamano e lo mettono in pratica; questa ostilità è dovuta al fatto che il mondo intero giace nel maligno che è padre della menzogna e omicida. Questo essere malvagio odia sia la verità che noi che l’abbiamo conosciuta. (E non solo coloro che hanno conosciuto la verità, cioè noi; ma anche coloro che giacciono nelle tenebre, sotto la sua potestà, cioè i suoi figliuoli). Questo odio del mondo verso noi che si manifesta nella persecuzione fu predetto da Gesù in svariate maniere. Egli disse infatti che se hanno perseguitato lui perseguiteranno anche noi, che saremmo stati odiati da tutte le genti a cagione del suo nome, che saremmo stati gettati in tribolazione e ci avrebbero uccisi. Egli ha detto che i nemici di un suo discepolo saranno quelli stessi di casa sua, perché lui non è venuto a mettere pace sulla terra ma divisione e spada. Anzi ha detto che questa inimicizia in alcuni casi sarebbe sfociata nella morte dei suoi discepoli. Ascoltate quello che ebbe a dire il Signore Gesù: “E il fratello darà il fratello alla morte, e il padre il figliuolo; e i figliuoli si leveranno contro i genitori e li faranno morire”.[17] Quando dunque veniamo odiati e perseguitati dalla gente di questo mondo non ci dobbiamo meravigliare, quasi che ci avvenisse qualcosa di strano. Non ci avviene proprio niente di strano ma solamente quello che il Signore disse ci sarebbe accaduto a motivo del suo nome. Coloro che invece si meravigliano a motivo delle persecuzioni e delle tribolazioni che patiscono a motivo della Parola finiscono con lo scandalizzarsi e tirarsi indietro a loro perdizione. Dunque, quando la gente del mondo ci oltraggia mentendo contro di noi, quando ci deride a motivo del Vangelo o ci percuote o ci fa torti di ogni genere, o ci caccia via da un paese o da una nazione perché ritenuti persone non gradite, una sorta di spazzatura vivente, o quando ci mette in prigione come se avessimo fatto l’opera dei malfattori a motivo del Vangelo, o quando alcuni di noi vengono messi a morte a motivo del Vangelo, noi non dobbiamo né meravigliarci e né scandalizzarci, perché Gesù lo ha detto quello che ci sarebbe avvenuto a motivo del suo nome. E qui vorrei che notaste che tutto il male che ci piomba o ci potrebbe piombare addosso da un momento all’altro è il frutto dell’odio che gli uomini nutrono verso il nome di Gesù. E’ a cagione del nome di Cristo che è invocato su di noi, che noi invochiamo e che noi amiamo, che veniamo odiati. Gesù lo ha detto chiaramente: “Sarete odiati da tutti a cagion del mio nome”.[18] Eppure il nome di Gesù è un nome buono, non solo ha un significato eccellente infatti significa ‘Yahweh salva’ ma ha anche un effetto glorioso nella vita di coloro che credono in esso infatti per mezzo della fede in questo nome si ottiene la remissione dei peccati, la vita eterna. Eppure questo nome glorioso che è al di sopra di ogni altro nome, questo nome che è il solo nome dato agli uomini per il quale noi abbiamo ad essere salvati, è odiato dagli uomini che sono sotto la potestà del diavolo. E per uomini sotto la potestà del diavolo non occorre solo intendere i maghi, gli omicidi, gli adulteri, gli ubriachi, ma anche tutti coloro che appaiono o si definiscono cristiani ma nella realtà sono ancora morti nei loro falli e nelle loro trasgressioni. Per cui tra costoro ci sono anche molti sedicenti cristiani. Basta considerare quello che fece il famigerato tribunale dell’Inquisizione istituito dalla chiesa cattolica romana, che si definisce la sola ed unica vera chiesa, contro tanti nostri fratelli, per capire come l’odio talvolta proviene anche da uomini che hanno fama di essere cristiani. “Chi non ama rimane nella morte”,[19] dice Giovanni. Dunque nessuno si lasci ingannare dall’apparenza perché chi odia è dal diavolo come lo era Caino che uccise il suo fratello.

Ora, come ho già detto, questo odio del mondo si manifesta in svariate maniere verso di noi. E’ un odio ingiusto, senza ragione, perché noi non cerchiamo il male delle persone; se cercassimo il loro male allora sarebbe comprensibile questo odio, ma dato che cerchiamo solo il loro bene questo odio non ha ragion d’essere se non per il fatto che questa gente chiama male il bene che noi vogliamo per loro, e bene il male che essi fanno a loro stessi (divertimenti, piaceri, ecc.). In altre parole, se noi fossimo gente che ammazza le persone per sacrificarle a Dio, se noi compissimo riti che sono contrari al buon costume, se noi ci approfittassimo della gente per sedurla e estorcergli del denaro, se praticassimo l’usura, se facessimo queste cose, dico, allora l’odio della gente sarebbe comprensibile ma allora in questo caso noi soffriremmo facendo il male e non il bene, per cui non ne avremmo nessuna grazia e nessun vanto. Dice Pietro infatti: “Che vanto c’è se, peccando ed essendo malmenati, voi sopportate pazientemente?”.[20] Ma dato che l’odio che gli uomini hanno verso di noi dipende dal fatto che le loro menti sono accecate dal diavolo che riesce a fargli vedere in noi della gente molto pericolosa e dannosa alla società, il loro odio è ingiusto per cui anche le persecuzioni che noi subiamo sono ingiuste. Furono forse giuste le persecuzioni che subì Gesù Cristo? No, perché lui fece solo del bene e disse solo la verità alle persone. Eppure lo accusarono di bestemmia, di essere un mangiatore e un ubriacone un amico dei pubblicani e dei peccatori, di dire alla gente di non pagare i tributi a Cesare e di avere il diavolo in corpo! Se hanno detto tutte queste cose false contro il Giusto, il Padron di casa, non diranno altrettanto cose false contro i giusti che sono i membri di casa sua? E non solo Gesù fu accusato ingiustamente ma fu anche arrestato e condannato a morte ingiustamente. I capi sacerdoti lo mandarono ad arrestare mentre si trovava nel Getsemani, gli mandarono contro una turba con bastoni e spade come se dovessero andare ad arrestare un ladrone nascosto in una spelonca. Poi lo menarono davanti al Sinedrio che sentenziò contro di lui la pena di morte perché lui disse di essere il Figlio di Dio. Per loro Gesù aveva bestemmiato e la legge di Mosè prevedeva la morte per i bestemmiatori. Ma siccome che non volevano ucciderlo con le loro mani lo diedero in mano al Governatore romano il quale per far piacere al popolo sentenziò che Gesù fosse crocifisso. Ma prima di essere crocifisso Gesù fu schernito, percosso, sputato, e flagellato. Ma gli scherni proseguirono anche dopo che fu crocifisso infatti mentre Gesù si trovava appeso al legno molti lo ingiuriarono e si fecero beffe di lui. Ora, queste sono le ingiurie, le persecuzioni e le violenze che subì Gesù; ma come reagì Gesù ad esse? Usò la sua forza forse per far valere dei suoi diritti? O forse ricorse alla forza dello Stato di allora per difendersi? Da quello che ci dice la Parola di Dio egli non ricorse a nessun tipo di forza contro i suoi nemici per salvare la propria vita. Nel Getsemani quando Pietro vide quello che era successo, cioè che Gesù era stato preso, sfoderò la spada per percuotere il servo del sommo sacerdote e gli spiccò l’orecchio destro. Ma Gesù lo rimproverò infatti gli disse di rimettere la spada al suo posto perché quelli che prendono la spada periscono per la spada. E poi gli fece intender che se lui avesse cercato di essere liberato dall’avvenuto arresto, facendosi mandare dal Padre in quell’istante più di dodici legioni di angeli, le Scritture che dicevano che le cose dovevano andare così non si sarebbero potute adempiere. Era giunta l’ora dei suoi nemici e la potestà delle tenebre. Gesù dunque diede l’esempio di cosa significa non contrastare il malvagio. Lo aveva predicato, ma in quel giardino diede un eloquente esempio pratico. Alcuni dicono che le parole che Gesù disse a Pietro non intendono stabilire una norma valida per ogni situazione perché noi non siamo chiamati ad essere Cristo e a viverne il suo ruolo. Per cui il cristiano, che è membro dello Stato, che non ha la stessa missione espiatoria del Cristo, non può essere biasimato se in casi estremi usa la forza per impedire la violenza su se stesso o sugli altri. Ma questo discorso è un abile sofisma escogitato per annullare il puro pacifismo predicato e praticato da Gesù sulla terra. Sì è vero che il ruolo di Cristo è unico e noi non siamo chiamati ad offrire noi stessi per i peccati altrui; su questo siamo d’accordo. Ma di certo non è vero che l’esempio di Gesù non vale per ogni cristiano in ogni tempo e luogo. Pietro dice infatti che Cristo ha patito per noi lasciandoci un esempio onde seguiamo le sue orme e spiega in che cosa consiste questo esempio dicendo che lui “oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; che, soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di Colui che giudica giustamente”.[21] Certo, queste parole Pietro le rivolse ai cristiani che erano a quel tempo schiavi. Difatti poco prima di dire: “Poiché anche Cristo ha patito per voi, lasciandovi un esempio, onde seguiate le sue orme…”,[22] egli dice: “Domestici, siate con ogni timore soggetti ai vostri padroni; non solo ai buoni e moderati, ma anche a quelli che son difficili. Poiché questo è accettevole: se alcuno, per motivo di coscienza davanti a Dio, sopporta afflizioni, patendo ingiustamente. Infatti, che vanto c’è se, peccando ed essendo malmenati, voi sopportate pazientemente? Ma se facendo il bene, eppur patendo, voi sopportate pazientemente, questa è cosa grata a Dio. Perché a questo siete stati chiamati…”.[23] Ma che significa questo? Che queste norme comportamentali non sono applicabili a chi patisce a motivo del Vangelo da parte dei suoi concittadini o da parte di autorità difficili? Affatto; tanto è vero che lo stesso esempio lasciato da Cristo sul comportamento da tenere quando si ricevono delle persecuzioni non è un esempio di qualcuno che era un servo sottoposto ad un padrone difficile. E’ l’esempio di un ‘leale cittadino’ di uno Stato di allora che fu perseguitato dai suoi concittadini e dalle autorità di allora. Dunque le parole di Pietro, anche se in quel contesto epistolare sono rivolte a degli schiavi, sono rivolte a tutti i cristiani in ogni luogo, non importa in che ruolo sociale si trovano. L’esempio di Gesù dunque ci insegna che a violenza non dobbiamo rispondere con violenza, a torti non dobbiamo rispondere con torti, a male non dobbiamo rispondere con male.

Forse qualcuno dirà che ciò è impossibile in questa società moderna. Noi non siamo di questo avviso perché se fosse così la Scrittura ci direbbe di fare qualche cosa di impossibile. Con questo però non vogliamo dire che ciò sia facile perché tenere questo atteggiamento non fa parte della nostra natura umana dato che per natura noi siamo portati a reagire malamente quando subiamo dei torti; ma con la grazia di Dio che è con noi possiamo farcela.

E con il nostro discorso non vogliamo dire neppure che noi non siamo assetati di giustizia; come potremmo non essere assetati di giustizia quando Cristo ha dichiarato beati gli affamati e assetati di giustizia perché saranno saziati? Noi ci rimettiamo nelle mani di Colui che giudica giustamente, la nostra causa sta davanti a lui; e lui ci farà giustizia nei tempi e nei modi da lui stabiliti. Chi fa torto riceverà la retribuzione del torto che avrà fatto, dice Paolo; questo è qualcosa che noi dobbiamo sempre tenere presente quando riceviamo dei torti di qualsiasi genere sia da parte di altri credenti che nel loro orgoglio non si pentono e persistono nel farci del male, e sia nel caso di non credenti che non conoscono Dio. Il nostro Dio è l’Iddio delle retribuzioni e non manca di rendere a ciascuno ciò che è dovuto; noi sopportiamo pazientemente i torti e le violenze, lasciando a Lui di farci giustizia e la farà.

Voglio raccontare ora un fatto accadutomi mentre svolgevo proprio il militare per confermarvi quanto vi ho appena detto. Una notte d’estate (era il periodo in cui il capitano della mia compagnia aveva preso dei giorni liberi per cui non era in caserma), a mia insaputa, alcuni miei colleghi caporali decisero di farmi un dispetto; a loro non piacevo affatto a motivo della mia fede. Mentre dormivo mi fu lanciato un secchio d’acqua addosso. Mi svegliai all’improvviso tutto bagnato, in mezzo ad un materasso tutto bagnato. Quando mi svegliai riuscii a sentire solo i passi di almeno due uomini che correvano per non farsi vedere. Non avevo dunque visto chi era stato a farmi quel cattivo scherzo, che vi assicuro in piena notte è una delle cose più spiacevoli che possano accadere ad una persona. Mi alzai dal letto piuttosto arrabbiato, in mezzo al silenzio della notte; non mi misi a gridare, ma in silenzio andai ad asciugarmi e a cambiarmi e poi andai a ricoricarmi in un’altra branda che era vuota. Prima di andare a letto però chiesi a Dio di mostrarmi chi era stato a lanciarmi il secchio. Mi fu mostrato in quella notte in sogno uno dei miei colleghi caporali, a cui avevo già parlato del Vangelo, il quale con uno spazzolone asciugava l’acqua nei pressi della mia branda. Quando mi svegliai la mattina sapevo con certezza chi era stato. Ma non è che io mi vendicai in qualche maniera; non volli neppure fare le mie rimostranze al sostituto del capitano o ad un altro superiore in grado di punire il colpevole. Sì perché questi atti sotto il militare sono punibili. Rimisi ogni cosa nelle mani di Dio. Dopo qualche giorno, dopo che ero uscito dalla mensa, incontrai proprio questo collega che avevo visto in sogno zoppicare tanto, faceva veramente fatica a camminare; pareva uno zoppo. Mi avvicinai a lui e gli chiesi cosa gli fosse accaduto. Mi rispose che mentre si trovava in bagno (mentre giocava con altri caporali con l’acqua) era caduto rovinosamente battendo il ginocchio e rimanendo contuso. Gli misi la mano sulla spalla e gli dissi: ‘Ringrazia Dio che non ti sei rotto la testa’! Quando fui in disparte da solo riflettendo sull’accaduto riconobbi che Dio mi aveva fatto giustizia. A Lui sia la gloria in eterno. Amen.

Dunque fratelli non ricorriamo alla forza nostra o di qualcun altro per difenderci o farci giustizia, lasciamo che sia Dio a farci giustizia. Ricordatevi che chi scava una fossa vi cadrà dentro, e che la pietra torna addosso a chi la rotola.

Abbiate piena fiducia nella giustizia divina; ci sono alcuni che hanno piena fiducia nella giustizia umana e noi sappiamo che i magistrati sono persone fallibili, non dovremmo noi avere molto più fiducia nella giustizia del giudice di tutta la terra a cui nulla sfugge di quello che viene fatto o detto sotto il sole?

 


[1] Ger. 25:3-11

[2] Luca 21:20-24

[3] Luca 19:42-44

[4] Ap. 17:12-18

[5] Ger. 51:11

[6] Ger. 51:20-24

[7] Ap. 19:19-21

[8] Rom. 13:10

[9] Cfr. Ef. 6:10-20

[10] Giob. 32:9

[11] Cfr. Matt. 26:52

[12] Citato da Rolando Rizzo, op. cit., pag. 11-12

[13] Citato da Ibid., pag. 12

[14] Atti 21:26-36

[15] Luca 23:24-25

[16] Cfr. Atti 4:27-28

[17] Mar. 13:12

[18] Luca 21:17

[19] 1 Giov. 3:14

[20] 1 Piet. 2:20

[21] 1 Piet. 2:23

[22] 1 Piet. 2:21

[23] 1 Piet. 2:18-21