La dea Minerva dipinta da Paolo Paschetto nel Palazzo dell’Istruzione è un simbolo massonico

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Paolo Paschetto in questo suo dipinto presente nella camera del ministro al Palazzo dell’Istruzione, ha collocato in mano a questa donna una statua della dea Minerva, come viene detto in ‘Il Palazzo dell’Istruzione: Storia, arte, identità culturale’: ‘Nelle sei lunette ad arco ribassato dell’anticamera del Ministro, le giovani donne sedute o stanti mostrano nudità efebiche o sono avvolte in sovrabbondanti panneggi, solo allusivamente classici, mentre circondate da attributi s’aprono in gesti enfatici quanto innaturali. Tra queste L’arte (ARS), opposta a La letteratura (LITTERAE), raffigurata in trono mentre sorregge una statuetta di Minerva e avvolge il braccio sinistro a un ramo d’ulivo. Nuda dalla cintola in su, il capo reclinato e un piede sopra un capitello corinzio, appare quasi dimessa nella sua timida postura e poco trionfante nonostante occupi uno scranno regale. Starebbe piuttosto a simboleggiare «un’arte seria, educatrice», compassata, come la intendeva lo stesso Paschetto, per nulla «frivola, immorale» (Annali dell’istruzione, 1-3/2005, pag. 114). Ora, la statua di Minerva è la stessa che i templi massonici prevedono in corrispondenza dello scranno del Maestro Venerabile, in quanto rappresenta la sapienza: è dunque una statua cara alla Massoneria.

Ecco il disegno di Paschetto (a sinistra – ho oscurato il seno scoperto della donna) e la statua in marmo di Minerva nella Corinthian Hall della Grande Loggia del Massachusetts (a destra).

 

minerva

 

In merito a quello che rappresenta la dea Minerva per la massoneria, ecco quello che afferma lo scrittore massone Pietro Gori (1865-1911), in questo suo articolo dal titolo ‘Minerva all’Oriente’:

‘Ora, tra i simboli che decorano la Loggia massonica, quello di Minerva, situato all’Oriente nelle Obbedienze latine, merita a nostro modo di vedere un’attenzione particolare, in rapporto a quanto abbiamo appena detto. A prima vista, sembrerebbe più appropriato parlare in proposito di una figura allegorica ma, come cercheremo di mostrare, la portata del suo significato va oltre la semplice allegoria. Intanto, tale figura è posta in corrispondenza con la Saggezza, attributo del Maestro Venerabile, mentre Forza e Bellezza, attributi rispettivi del 1° e 2° Sorvegliante – connessi quindi alla Colonna dei Compagni e a quella degli Apprendisti – sono raffigurate in genere da Ercole e Venere. Questa constatazione ci porta a sottolineare una cosa che dovrebbe apparire in fondo ovvia, ossia: se Minerva è posta a rappresentare la Saggezza, dovrà esserci, tra i suoi caratteri, un legame preciso e necessario con ciò che essa simboleggia. Intendiamo dire che, come ogni simbolo, dovrà esserci un rapporto rigoroso tra quest’ultimo e ciò che viene simboleggiato, in conformità alle leggi generali del simbolismo.

Del resto, è possibile rilevare interessanti corrispondenze con dati tratti da altre forme tradizionali, che possono tornarci assai utili al fine di approfondire il significato e la portata della figura simbolica di Minerva. Considerando alcuni «aspetti divini» nell’ambito della tradizione indù, René Guénon segnala che «Lakshmî è la Shakti [o “potenza”] di Vishnu; Saraswatî o Vâch è quella di Brahmâ; Pârvatî, quella di Shiva. Pârvatî è anche chiamata Durgâ, vale a dire “difficile da avvicinare”. È notevole che una corrispondenza con queste tre Shakti si ritrovi perfino nelle tradizioni occidentali: così, nel simbolismo massonico, i “tre pilastri principali del Tempio” sono “Saggezza, Forza, Bellezza”; qui, la Saggezza è Saraswatî, la Forza è Pârvatî e la Bellezza è Lakshmî». Poco prima, commentando lo stato di pânditya, ossia del «sapere», corrispondente a Saraswatî, osserva che esso è un «[…] attributo che si riferisce a una funzione di insegnamento: chi possiede la Conoscenza è qualificato per comunicarla agli altri o, più esattamente, per risvegliare in essi delle possibilità corrispondenti, poiché la Conoscenza, in se stessa, è rigorosamente personale e incomunicabile. Il Pandita ha dunque più specificamente il carattere di Guru o “Maestro spirituale” […]».

Si noterà come tali parole si attaglino alla perfezione a Minerva qual è considerata in Massoneria, in rapporto, come dicevamo, con la Saggezza e con la funzione del Maestro Venerabile, il quale «istruisce i Fratelli con il lume della propria Scienza Muratoria ». Del resto, se il nesso fra i «tre pilastri del Tempio» e le tre principali funzioni di Loggia permette di stabilire una stretta relazione tra essi e i tre gradi simbolici, la Sapienza dovrà allora essere una caratteristica peculiare della «Camera di Mezzo». Quest’ultima rappresenta lo «stato» in cui è «situato» il Maestro Massone, il quale, avendo acquisito la «pienezza dei diritti massonici», ha tra l’altro la facoltà di «collocarsi» indifferentemente nell’una o nell’altra «Colonna». A quest’ultimo riguardo è opportuno rilevare che, nella Massoneria latina, sul tronetto del Maestro Venerabile è presente una colonnina dorica, detta «della Saggezza» (mentre sui tronetti dei Sorveglianti sono presenti quelle «della Forza» e «della Bellezza», ornate secondo altri «ordini» architettonici). Data la sua posizione «centrale» in rapporto alle altre due, essa richiama il simbolismo del caduceo ermetico, nel quale «[…] la bacchetta centrale corrisponde a sushumnâ e i due serpenti a idâ e pingalâ; queste ultime due sono talvolta anche rappresentate, sulla canna brâhmanica, dalla traccia di due linee elicoidali che si arrotolano in senso inverso l’una dall’altra, in guisa tale da intersecarsi all’altezza di ciascuno dei nodi che raffigurano i diversi centri. Nelle corrispondenze cosmiche idâ è riferita alla Luna, pingalâ al Sole, e sushumnâ al principio igneo; è interessante notare la relazione che ciò presenta con le “Tre Grandi Luci” del simbolismo massonico ». Il brano che abbiamo riportato mette in luce come l’aspetto «centrale», legato alla «Saggezza», implichi una condizione di equilibrio tra le due correnti «sottili» riferite in Massoneria rispettivamente al Sole e alla Luna, condizione simboleggiata dalla «Stella Fiammeggiante», la quale rappresenta «l’uomo rigenerato».

D’altra parte è noto che, secondo il mito, Atena, assimilata dai latini a Minerva, nasce armata di tutto punto dalla testa di Zeus. Platone, nel Cratilo, attribuisce a Socrate la definizione di «theu noesis» a proposito di Atena, che significa «pensiero divino», e dice che Omero ha raffigurato in lei il «nous» (mente) e la «dianoia» (intelligenza). Aggiunge ancora la formula «a theonoa», poiché «theonoe» vuol dire «intelligenza divina», significato del tutto coerente al racconto mitico. Osserviamo per inciso come, in tale ottica, Atena/Minerva presenti diverse analogie con l’«amorosa madonna Intelligenza» di Dino Compagni e dei «Fedeli d’Amore».

Tra i suoi attributi vi è quello guerriero, ma con caratteristiche tali da differenziarlo da Marte, che rappresenta piuttosto la guerra come distruzione e furia «cieca», mentre nel caso di Minerva esso si riferisce alla guerra intesa come ristabilimento dell’ «ordine». Essa combatte quando è necessario e in funzione equilibratrice, e in una o due occasioni atterra lo stesso Marte. È a fianco degli eroi e li «ispira », sia nelle guerre sia nelle loro «peregrinazioni»: Ulisse, Diomede, Eracle, Giasone, Perseo, Bellerofonte. Bruno accosta tale lato guerriero al fatto che «[…] nient’altro che una milizia essendo la vita dell’uomo sopra la terra, questa [Minerva] è colei che rovescia l’improbità degli scellerati, ne reprime l’audacia e ne disperde i disegni. […] E poiché più di ogni altra cosa nella condotta delle guerre è necessaria la sapienza, madre d’ogni solerzia, si facciano esse contro nemici visibili o contro invisibili, perciò ella è il nume dei belligeranti». Va da sé che, parlando di guerra e degli attributi militari di Minerva, è chiaro che abbiamo in vista in primo luogo il combattimento interiore contro i «vizi» e le «passioni» che l’iniziato è tenuto a ingaggiare senza tregua, mirando a unificare e integrare le «potenze» dapprima disperse della propria individualità. Al tempo stesso, però, e diremmo necessariamente, tale combattimento non può che estendersi all’insieme dell’«ambiente» nel quale si colloca tale individualità talché, in ultima analisi, si tratta in realtà di una sola e unica «guerra», la quale corrisponde del resto all’opera «costruttiva» che il Massone è chiamato a compiere in se stesso e quindi, simultaneamente, sul «cantiere del mondo».

Minerva, d’altro canto, è anche considerata la protettrice delle Arti, ciò che la pone in diretto rapporto con l’«arte della costruzione» e, più in generale, con le Arti Liberali, di cui la Massoneria ha sempre conservato il ricordo. E non sarà sfuggito, da quanto abbiamo detto sinora, come Minerva riassuma in sé funzioni sacerdotali, regali o guerriere ma anche, giustappunto, «artigianali», corrispondenti a quelle proprie delle tre caste «due volte nate», ossia Brâhmana, Kshatriya e Vaishya. È notevole del resto che un altro suo epiteto sia «Tritogenia», generalmente interpretato come indicante che essa era nata sulle rive del fiumeTritone; tuttavia R. Graves, nel suo libro I miti greci, precisa che «Atena fu in origine la triplice dea […]»; in molte raffigurazioni essa appare con un elmo a tre cimieri. Si potrebbe accostare tale triplice funzione a quella dell’Ermete trismegistos o «tre volte grandissimo», rappresentato al contempo come «re» e «pontefice».

Ora, considerando le cose sotto una prospettiva un po’ differente, la radice etimologica di Minerva la pone in relazione sia con la «mente» sia con l’uomo in quanto specie, caratterizzato per l’appunto dal «mentale», cui corrisponde la facoltà razionale: «[…] non è […] senza motivo che una medesima radice man o men è servita a formare in varie lingue numerose parole che designano da una parte la luna (greco mênê, inglese moon, tedesco Mond), e dall’altra la facoltà razionale o la “mente” (sanscrito manas, latino mens, inglese mind), e quindi anche l’uomo considerato in special modo nella sua natura razionale mediante la quale si definisce specificamente (sanscrito mânava, inglese man, tedesco Mann e Mensch). La ragione, infatti, che è solo una facoltà di conoscenza mediata, è la modalità propriamente umana dell’intelligenza; [d’altro canto] l’intuizione intellettuale può essere definita sopra-umana perché è una partecipazione diretta all’intelligenza universale, che, risiedendo nel cuore, cioè proprio al centro dell’essere dove è il suo punto di contatto con il Divino, penetra quest’essere dall’interno e lo illumina con il suo irradiamento».

Le ultime frasi che abbiamo citato riguardano aspetti estremamente importanti dell’iniziazione: da un lato quello connesso alla ragione, intesa come vertice delle facoltà individuali umane; dall’altro quello concernente l’intuizione intellettuale, intesa come facoltà sopra-umana situata al centro dell’essere, la sola in grado d’«illuminare» dall’interno non solo la stessa individualità, ma l’intero essere in tutti i suoi gradi e le sue modalità. È chiaro come il rapporto tra queste due «facoltà» – in particolare quello di «subordinazione» della prima rispetto alla seconda – rivesta grande rilevanza ai fini iniziatici, e consenta di comprendere l’attenzione che, nella via massonica, è attribuita al corretto sviluppo e all’integrazione di tutti gli aspetti individuali, in particolare della ragione, e ciò in virtù del fatto che tale facoltà solo se «ben diretta» è in grado di «riflettere» nell’ambito umano i princìpi universali. La natura della funzione di Minerva può essere allora considerata, da questo punto di vista, come «intelligenza universale» in quanto riflessa e «situata», se possiamo esprimerci in tal modo, nell’essere umano. […]’ (La Lettera G n° 8, pp. 51-63)