Svizzera: aiuto chiese evangeliche a Gaza

L’ente di aiuto umanitario delle chiese evangeliche in Svizzera (ACES) ha stanziato 100’000 franchi per aiutare le vittime del conflitto attualmente in corso nella Striscia di Gaza. Aces collabora nella regione con l’organizzazione partner Physicians for Human Rights (PHR) che mette a disposizione materiale medico e sanitario nella Striscia di Gaza.
Mentre i combattimenti vanno avanti, gli ospedali di Gaza sono strapieni, mancano medicinali, personale e cibo. Al momento è possibile effettuare solo interventi urgenti. Aces e Phr, presenti a Gaza City, trasportano e distribuiscono medicine e materiale sanitario in città. Nelle prossime settimane è previsto il rifornimento di ospedali o centri di pronto soccorso nell’intera Striscia. Phr si impegna anche per aggirare gli ostacoli legali che impediscono un’efficace intervento a favore delle vittime del conflitto. Aces sostiene l’impegno di Phr allo scopo di affermare il rispetto dei diritti umani.

Il sito di Aces
http://www.heks.ch/

Fonte: Voce Evangelica/Rna

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Gaza: I cristiani non osano uscire di casa

Una bambina palestinese, che ha lasciato casa con la sua famiglia, guarda fuori da una finestra in una scuola gestita dall'ONU a Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza. REUTERS/Mohammed Salem (GAZA)
Una bambina palestinese, che ha lasciato casa con la sua famiglia, guarda fuori da una finestra in una scuola gestita dall'ONU a Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza. REUTERS/Mohammed Salem (GAZA)

“La gente ha paura e non esce di casa” spiega un responsabile cristiano sul posto.

Lo scorso week-end una bomba è esplosa di fronte all’unica Chiesa Battista della città. Nessun cristiano è rimasto ferito e l’edificio è stato danneggiato leggermente.

Coloro che avevano lasciato la Striscia di Gaza per le feste non possono più tornare a casa loro e diverse famiglie sono ora separate.

Un cristiano di Gaza ci chiede di pregare in particolare per i bambini: “Si svegliano di notte urlando. Il rumore delle bombe è terribile e non si sa mai dove cadranno.”

Via | PortesOuvertes.fr

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Dopo l’uccisione di Rami, continua la pressione sui cristiani di Gaza

Pauline Ayyad vedova del cristiano palestinese Rami, la mattina del 4 febbraio ha dato alla luce una bimba, Sama (nome che in arabo vuol dire “cielo”, la dove è ora Rami). La neonata sta bene e alla nascita pesava 1,8 Kg.
Pauline si accingeva ad affrontare l’evento in condizione di grande incertezza. Considerate le serie difficoltà di approvvigionamento dei beni di ogni tipo ed il taglio della fornitura di corrente elettrica in cui Gaza si è trovata per diverse settimane, è stato un miracolo che Sama sia potuta stare in incubatrice per 48 ore.
Pauline, infatti, aveva fatto richiesta alle autorità israeliane di poter uscire da Gaza per poter partorire nella West-Bank, ma il permesso non gli è stato concesso.

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[Video] Reportage sui cristiani di Gaza

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Via | Blogdei

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Anna Maffei intervista Hanna Massad

Massad è il pastore dell’unica chiesa evangelica della striscia di Gaza

ROMA, 28 febbraio 2008 – Hanna Massad è il pastore dell’unica chiesa battista, che è anche l’unica chiesa evangelica di tutta la striscia di Gaza. Arriva stanchissimo per partecipare il 16 febbraio all’incontro fra la delegazione della Federazione Battista Europea e i pastori del Consiglio delle chiese evangeliche di Terra Santa (della West Bank, Gaza e Gerusalemme Est). E’ reduce da un estenuante viaggio dagli Stati Uniti dove è stato invitato a partecipare alla Convention di Atlanta, il “New Baptist Covenant” di qualche settimana fa. Come si sa i palestinesi (ad eccezione degli arabi israeliani) non possono passare dall’aeroporto di Tel Aviv, ma per andare nei territori devono passare per la Giordania e una volta varcata la frontiera sottoporsi a lunghe estenuanti ispezioni ai posti di blocco disseminati dappertutto nei territori. Faccio qualche domanda al pastore Massad sulla sua chiesa e sulla situazione che sta vivendo oggi a 4 mesi dall’omicidio di Rami Ayyad avvenuto nell’ottobre scorso per mano di un gruppo di estremisti islamici che ancora non sono stati assicurati alla giustizia. Il pastore Massad appare persona mite, il tono della sua voce è stanco e dolente.

Quando è stata fondata la chiesa battista a Gaza?

L’ha fondata nel 1954 un missionario della Southern Baptist Convention. Io sono pastore di quella chiesa dal 1987 con un’interruzione dovuta ai miei studi negli Stati Uniti dove ho preso laurea e dottorato. Ho il passaporto americano, volendo potevo rimanere lì, ma ho deciso di tornare. La chiesa nel 1999, quando sono tornato, aveva una quindicina di membri, ma da allora è cresciuta fino a un centinaio di membri.

Qual è attualmente la situazione della comunità?

Per molti anni ci siamo dovuti abituare a vivere fra due fuochi. Da una parte l’esercito israeliano, dall’altro gli estremisti musulmani. Gli ultimi 5-6 anni sono stati i più duri. Per noi la situazione è molto difficile perché come evangelici siamo spesso messi in relazione con l’occidente e veniamo accusati di tutto quello che succede. Mia moglie Suhad è giordana ed è la direttrice della Società Biblica a Gaza. La sede della Società biblica è stata bombardata due volte, prima nel febbraio del 2006, poi nell’aprile 2007, fino a che il 6 ottobre scorso hanno rapito e tenuto in ostaggio per 10 ore Rami Ayyad che lavorava in libreria, prima di ucciderlo con due proiettili alla nuca. Rami ha lasciato la giovane moglie incinta con due figli di 1 e 3 anni che il 4 febbraio scorso ha partorito una bambina. L’ha chiamata Smah che significa cielo.

Lei è stato invitato recentemente personalmente da Jimmy Carter e ha parlato alla Convention Battista ad Atlanta, che messaggio ha portato?

La realtà è che ci sentiamo isolati e attaccati non solo da israeliani e musulmani ma lasciati soli anche dagli altri cristiani di Gaza. Quando siamo stati colpiti così duramente con la morte di Rami Ayyad non abbiamo avuto dalle altre chiese cristiane di Gaza alcuna solidarietà, anzi siamo stati accusati di non essere stati cauti. Ci confondono con gli evangelici zionisti che sono presenti in Israele e hanno grande risalto attraverso i telepredicatori americani che diffondono una ideologia di appoggio incondizionato alla politica di Israele nei Territori che noi non condividiamo affatto. Qualche nostro pastore nei territori occupati è stato perfino attaccato con violenza da cristiani ortodossi. Per noi è molto importante uscire da questo isolamento, avere l’appoggio dei cristiani internazionali. Questo è stato il mio appello.

E ora che conta di fare?

Per ora rimango qui a Betlehem per un po’. Ci sono con me anche altre 7-8 famiglie di leaders della chiesa e lavoratori nella Società Biblica che sono dovute fuggire da Gaza. Non so quando riusciremo a tornare. Aspettiamo che la situazione migliori. In chiesa continuano a riunirsi la domenica ma sono rimasti in pochi. Hanno paura. La libreria è chiusa. E qualche giorno fa’ hanno bombardato al sede dell’Ymca che certo non può essere accusata di proselitismo. Il fatto è che ormai basta avere “cristiano” nel nome per essere considerato nemico.

Fonte: Ucebi

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