Capitolo 5 – L’anima, l’Ades, la Geenna. Conclusione

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In questo capitolo abbiamo visto come i Testimoni di Geova negano l’esistenza di un anima immortale all’interno del corpo umano perché per loro l’anima è l’essere umano; e come essi negano l’esistenza dell’Ades e della Geenna.

Il cristiano per loro dunque quando muore non va in cielo (a meno che sia uno degli ‘unti’ perché a questi è accordata subito la risurrezione!) ma si estingue, aspettando nella non esistenza la sua ricreazione (perché non si può parlare di una sua futura risurrezione non avendo egli un anima immortale) che gli permetterà secondo la loro escatologia[1] di tornare a vivere di nuovo sulla terra durante il millennio per essere addestrato e provato.

L’empio pure entra nella non esistenza in attesa della sua ricreazione durante il millennio; ma non tutti gli empi saranno ricreati perché alcuni di essi (per esempio quelli che hanno peccato contro lo Spirito Santo) rimarranno nella non esistenza per sempre non avendo la possibilità di rivivere sulla terra durante il millennio per potersi meritare la vita eterna. Quelli poi che non si saranno meritati la vita eterna durante il millennio saranno fatti tornare nella non esistenza; quindi ci sarà una categoria di peccatori che per ben due volte piomberanno nella non esistenza!

Dicendo queste cose essi vanno ancora una volta in maniera sfacciata contro l’insegnamento delle sacre Scritture. Ma poi, noi diciamo, se un credente con la morte finisce di esistere che gli sarà valso avere creduto nel Signore ed avere perseverato nella fede e nel buon operare fino alla morte? In altre parole, se lui entra nella non esistenza tra la morte e la risurrezione, che beneficio avrà dall’aver fatto la volontà di Dio? Nessuno. E per quanto riguarda il peccatore, noi diciamo, se anche lui entra nella non esistenza tra la morte e la risurrezione perché mai dovrebbe ravvedersi e credere nel Vangelo? E perché mai noi dovremmo scongiurare i peccatori a riconciliarsi con Dio se dopo morti anche per loro finisce tutto? Ma c’è di più; perché mai darsi tanto da fare per evangelizzarli se quando saranno risuscitati avranno ancora la possibilità di essere salvati? E poi ancora; come potrebbe essere incoraggiato il credente a perseverare nella fede e nel buon operare se sapesse che alla fine di questa vita terrena lo aspetta la non esistenza al pari dell’empio? Ed alla risurrezione lo aspetta niente di meno che un periodo di prova (il giorno del giudizio, secondo i Testimoni di Geova, in cui lui verrà giudicato in base al suo operato durante il millennio al pari dell’empio che era morto tempo prima nei suoi peccati e di cui non dovrà per nulla rispondere a Dio)?! In realtà, il credente non sarebbe minimamente incoraggiato a conservare la fede fino alla fine, e l’empio invece non sarebbe per niente scoraggiato a compiere il male per convertirsi al Signore. Tanto, direbbe, alla risurrezione avrò ancora una opportunità!! E male che gli vada, tornerà di nuovo nella non esistenza, non portando per l’eternità la pena della sua ribellione! Come potete vedere l’escatologia dei Testimoni di Geova è deprimente, ingiusta. Ma d’altronde che cosa ci si può aspettare di buono e di giusto da delle dottrine che voltano le spalle alla verità?

Come è invece incoraggiante per il credente e scoraggiante per l’empio l’insegnamento della Scrittura. Al credente la Scrittura dice che se persevererà nella fede fino alla fine, quando morirà il Signore lo riceverà in gloria lassù nel cielo, e qui egli aspetterà coscientemente, riposandosi da tutte le sue fatiche compiute sulla terra per amore del Signore, la risurrezione. Allora egli otterrà un corpo glorioso e immortale e riceverà la retribuzione delle cose fatte quand’era nel corpo. All’empio la Scrittura dice invece che se non la lascia la sua via malvagia e non si converte al Signore, alla morte, discenderà con la sua anima nel fuoco dell’Ades dove piangerà e striderà i denti del continuo in attesa della risurrezione di giudicio quando otterrà un corpo immortale e sarà giudicato e condannato al tormento eterno nello stagno ardente di fuoco e di zolfo. Nessuna possibilità esisterà per lui dopo morto, di potersi convertire al Signore.

O empi non indurite il vostro cuore, non fate la faccia tosta, convertitevi dalle vostre vie malvage e credete in Gesù Cristo, fatelo subito per non ritrovarvi nell’inferno quando morirete e nello stagno ardente di fuoco per l’eternità. Sappiate che l’ira di Dio è sopra di voi, è un’ira ardente che può essere rimossa solamente mediante la fede in Cristo, non c’è altra maniera. Quand’anche vi sforzaste di riconciliarvi con Dio per mezzo delle opere buone, sappiate che esse nulla vi gioveranno perché questa ira rimarrà su di voi, perché è solo in Cristo che essa è rimossa.

A voi fratelli dico invece: perseverate nella fede, afferrate la vita eterna alla quale siete stati chiamati affinché quando morirete possiate andare ad abitare con il Signore nel regno dei cieli. Non portate minimamente invidia all’empio perché quando morirà scenderà nelle fiamme dell’inferno; badate a voi stessi perché l’invidia vi porterebbe ad abbandonare la retta via e ad incamminarvi sulla via della perdizione ed andreste a raggiungere gli empi all’inferno e non più i santi in cielo quando morirete.

 


[1] L’escatologia (dal greco escatos ‘ultimo’ e logos ‘dottrina’ o ‘discorso’ o ‘parola’) è l’insieme delle dottrine che concernono le cose finali. Il termine viene dunque usato in riferimento a quello che succede all’uomo dopo morto; ma anche in riferimento alla risurrezione dei giusti e degli ingiusti, al regno millenario sulla terra, al giudizio degli empi, al destino di questi cieli e questa terra, e a qualsiasi altro evento finale.