Il mondo delle leggende

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Nello studiare la Massoneria mi sono reso conto che si tratta di un mondo dove ci sono frequentemente riferimenti a leggende. Ho già accennato alla leggenda massonica sulla morte e risurrezione di Hiram, su cui peraltro si basa molto la Massoneria simbolica (che è quella a cui appartengono la stragrande maggioranza dei Massoni a livello mondiale), ma qui voglio proporvi altre leggende tra le tantissime che si possono trovare nei libri di autori massoni.

Albert Mackey afferma nel suo Lessico della Massoneria alla voce ‘Alfabeto degli angeli’: ‘I giudei raccontano d’un alfabeto mistico e celestiale che, essi affermano, fu trasmesso dagli angeli ai patriarchi. Kircher ne fornisce una versione nella sua opera Oedipus Egyptiacus, tomo ii. p. 105. A quest’alfabeto si fa più volte riferimento nel rituale del rito Scozzese’, e alla voce ‘Enoc’ afferma: ‘Di Enoc, padre di Matusalemme, è interessante la seguente leggenda. Quando l’accresciuta cattiveria dell’uomo costrinse Dio a minacciare la distruzione universale del mondo. Enoc temé che la conoscenza delle arti e delle scienze perisse assieme con la razza umana. Per scongiurare questa catastrofe e preservare i principi delle scienze per la posterità di coloro che Dio avesse voluto salvare, egli eresse due grandi colonne sulla cima della montagna più alta, una di bronzo, atta a resistere alle acque, e l’altra di marmo, per resistere al fuoco, poiché egli non sapeva se la distruzione sarebbe avvenuta a causa di un diluvio universale o per mezzo di un’immensa conflagrazione. Sulla colonna di marmo egli scolpì le istruzioni per raggiungere il tempio sotterraneo da lui stesso costruito su ispirazione dell’Altissimo, mentre su quella di bronzo riportò i principi delle arti liberali, con speciale riferimento alla massoneria. Nel susseguente diluvio, naturalmente, la colonna di marmo venne spazzata via, ma a causa del permesso divino la colonna di bronzo resistette alle acque, dimodochè gli antichi insegnamenti sulle arti e sulla massoneria sono potute giungere fino a noi. Questa leggenda viene narrata nella loggia di perfezione (rito Scozzese) e forma parte del grado dell’Antico Arco di Salomone, o dei Cavalieri del Nono Arco’, e alla voce ‘Misteri Egizi’ dice sui misteri di Osiride: ‘Osiride era il sole ed Iside la luna. Tifone era il simbolo dell’inverno che distrugge i poteri fecondi e fertilizzanti del sole, privandolo così della vita’.

Albert Pike, in merito alla discesa delle anime dal cielo per andarsi ad unire ai corpi in quanto lui sosteneva la preesistenza delle anime, dice: ‘Secondo Pitagora, dalla Via Lattea aveva origine la strada che conduceva al regno di Plutone e, finchè le anime non lasciavano la Galassia, riteneva che non avessero iniziato la discesa verso i corpi terrestri. Finchè non arrivavano al segno del Cancro, esse non l’avevano ancora lasciata ed erano ancora nella sfera divina. Quando entravano nel Leone, cominciavano il tirocinio per la loro futura condizione, e quando si trovavano nell’Acquario, il segno opposto al Leone, esse venivano rapite alla vita umana. L’anima, scendendo dai confini celesti, dove si uniscono lo Zodiaco e le Galassie, perde la sua forma sferica, forma di tutte le nature divine, ed è allungata come un cono, così come un punto è allungato in linea. Poi si sdoppia, ossia l’unità è scissa e origina disarmonie e contrasti. Solo allora essa comincia a rendersi conto del disordine che regna nella materia a cui si unisce, quasi intossicata da correnti di materia pesante, della cui inebriazione è chiaro simbolo la coppa di Bacco’ (Albert Pike, Morals and Dogma, Edizione Italiana, Vol. 3, pag. 107 – 25° Gran Commendatore del Tempio).

Ancora Albert Pike, questa volta in merito a dove va l’anima dopo la morte, afferma: ‘Gli antichi ritenevano che l’anima umana, per tornare alla sua origine nell’Infinito, dovesse salire, come era discesa, attraverso le sette sfere. La Scala con la quale si compiva l’ascesa ha, secondo Marsilio Ficino, nel suo commentario alle Enneadi di Plotino, sette ordini o gradini; ugualmente nei Misteri di Mitra, portati a Roma sotto gli Imperatori, la scala, con i suoi sette scalini, era un simbolo che si riferiva all’ascesa attraverso le sfere dei sette pianeti’ (Albert Pike, Morals and Dogma, Edizione Italiana, Vol. 1, pag. 33). Anche questa favola, viene presa da Pike per sostenere un concetto antibiblico, che è quello di una graduale purificazione o perfezione a cui andrà incontro l’anima dell’uomo una volta morto.

E sempre Pike racconta la leggenda di Osiris (o Osiride) e Isis (o Iside) in questi termini: ‘Osiris, considerato un antico Re dell’Egitto, era il Sole; Isis, sua moglie, la Luna; la loro storia narra, in stile poetico e per immagini, il viaggio del grande Astro del Cielo attraverso i dodici segni dello zodiaco. In assenza di Osiris, Tifone, suo fratello, pieno di invidia e cattiveria, progettò di strappargli il trono, ma i suoi progetti furono annullati da Isis. Allora egli decise di uccidere Osiris. E ciò fece persuadendolo ad entrare in un sarcofago che poi gettò nel Nilo. Dopo lunghe ricerche Isis trovò la salma e la nascose nel cuore di una foresta: ma Tifone la ritrovò e la tagliò in quattordici pezzi. Isis, dopo affannose ricerche, rinvenì solo tredici di questi pezzi, meno uno divorato da pesci. Isis sostituì il pezzo mancante con uno di legno e seppellì il corpo a Philae dove, in onore di Osiris, fu eretto un tempio di insuperata magnificenza. Isis, aiutata dal figlio Orus (o Horus o Har-oeri), combattè contro Tifone e lo sconfisse; regnò gloriosamente e alla sua morte fu riunita, nella stessa tomba, ad Osiris’ (Albert Pike, Morals and Dogma, Edizione Italiana, Vol. 3, pag. 91 – 24° Principe del Tabernacolo), ed ancora: ‘Osiride venne ucciso da Tifone, suo rivale, che aveva cospirato contro di lui insieme a Cassiopea Regina d’Etiopia, dalla quale Plutarco diceva – vennero designati i venti. I paranteli dello Scorpione (il segno occupato dal Sole, quando Osiride venne ucciso) erano i Serpenti, che fornirono gli attributi dei Geni del Male e di Tifone. Osiride discendeva negli inferi, nel mondo delle tenebre. Lì prendeva il nome di Serapide e ne assumeva la natura. Entrava quindi in congiunzione con Serpentario, identico a Esculapio, del quale assumeva le forme durante il suo passaggio attraverso i segni inferiori, dove prendeva i nomi di Plutone e Ade. Iside quindi piangeva per la morte di Osiride. La Natura si doleva per l’incombente perdita delle sue glorie d’Estate, per l’avvento del regno delle tenebre, per il ritiro delle acque rese fertili dal Toro durante la Primavera, per l’accorciarsi dei giorni e per lo sconvolgimento della Terra. Allora il Toro, in diretta opposizione al Sole, entrava in quel cono oscuro che, proiettato dalla terra, eclissava la Luna e, al sopraggiungere della notte, sorgeva e discendeva sempre al di sopra del nostro orizzonte come se fosse coperto da un velo. Il corpo di Osiride, racchiuso in una cassa, veniva gettato nel Nilo. Pan e Satiro furono i primi a scoprire, vicino Chemmis, il suo corpo e ad annunciare la sua morte con grida, diffondendo ovunque dolore e sconforto. Il Toro, assieme alla Luna piena, entrava quindi nel cono delle tenebre, lasciando sotto di sè il Fiume sacro, il Nilo. Iside quindi si mise alla ricerca del corpo. Dapprima incontrò alcuni bambini che, avendolo visto, le diedero informazioni in cambio del dono della divinazione. Com’è noto, la seconda Luna piena cadeva nei Gemelli (Gemini), che presiedevano agli oracoli di Didimo; uno di essi era Apollo, Dio della divinazione. Iside, esaminando una corona di foglie di meliloto, che Osiride aveva lasciato dietro di sè, comprese che questi per errore si era accoppiato con sua sorella Nefti. Ne era nato un bambino che Iside cercò, trovò, educò e legò a sè con il nome di Anubi. La terza luna piena cadeva nel Cancro, domicilio della Luna. I paranteli di quel segno erano: la corona di Proserpina, fatta di foglie di meliloto; Procione e l’Orsa maggiore una stella della quale era detta Stella di Iside. Iside si diresse a Biblo e si sedette vicino ad una fonte, ove venne poi trovata dalle donne della Corte del Re. Fu indotta a visitare la Corte e divenne la nutrice del figlio del Re. La quarta Luna piena cadeva nel Leone, domicilio del Sole (Adone), Re di Biblo. I paranteli di questo segno erano: le fluenti acque dell’Acquario e Cefo, Re d’Etiopia. Dietro di esso sorgevano: Cassiopea, Regina d’Etiopia, Andromeda, sua figlia, e Perseo, marito di sua figlia – tutti paranteli in parte di questo segno ed in parte della Vergine. Di notte, Iside allattava il bambino. Essa bruciò tutte le parti mortali del suo corpo e, assumendo le sembianze di una rondine, volò verso la grande colonna del palazzo, fatta con l’albero di tamarisco che conteneva il corpo di Osiride. La quinta Luna piena cadeva nella Vergine, vera immagine di Iside. Quest’immagine raffigurava una donna mentre allattava un infante, figlio di Iside, nato poco prima del Solstizio d’Inverno. Questo segno aveva come suoi paranteli: l’albero della Nave Celestiale, il pesce con coda di rondine ed una parte di Perseo. Ritrovata la sacra urna, Iside, assieme al figlio maggiore del Re, si diresse con un vascello da Biblo a Boutos, e durante il suo viaggio prosciugò un fiume. Una volta arrivata a Boutos, ella nascose l’urna nella foresta. Alla luce della Luna, mentre era a caccia di un cinghiale, Tifone la scoprì e, riconosciuto il corpo del suo rivale, lo tagliò in quattordici pezzi – il numero dei giorni intercorrenti tra la luna piena e quella nuova, in ciascun giorno dei quali la Luna perdeva parte di quella luce che all’inizio faceva apparire intero il suo disco. La sesta Luna piena cadeva nella Bilancia. Orione, che tramontava al mattino, era uno dei paranteli della Bilancia con l’Orsa Maggiore, ed il Dragone del Polo Nord, e il venerato Pitone, dal quale furono derivati gli attributi di Tifone. Tutti questi circondavano la Luna piena della Bilancia, il segno che precedeva la Luna nuova della primavera che doveva riprodursi nel Toro per congiungersi ancora una volta con il Sole. Iside raccolse gli sparsi frammenti del corpo di Osiride, li seppellì e consacrò solennemente il fallo, durante le feste dell’Equinozio di primavera, allorquando si celebrava l’incontro tra Osiride e la Luna. Ecco quindi che Osiride ritornò dalle tenebre per aiutare Horo, suo figlio, ed Iside, sua moglie, contro le forze di Tifone’ (Ibid., pag. 126-128 – 25° Gran Commendatore del Tempio).

Questa leggenda – come del resto ogni altra leggenda che viene raccontata nella Massoneria – si deve tenere presente, ha un significato per Pike, infatti lui dice che ‘in tutte le storie ispirate alle gesta degli Dei e degli Eroi si possono ritrovare evidenti riferimenti ai fenomeni della natura e ai corpi celesti. Questi, a loro volta, erano simboli di ben più alte e profonde verità’ (Ibid., pag. 90). Peraltro questa leggenda di Osiride e Iside per Pike era alla base della leggenda di Hiram, che come abbiamo visto ha una importanza fondamentale nella Massoneria simbolica, in relazione al grado di Maestro Massone.

Come potete capire da voi stessi, nella Massoneria si fa largo uso di leggende, di storie delle mitologie antiche, cosa questa che è espressamente vietata dalla Scrittura che a più riprese ci mette in guardia da queste cose che sono chiamate favole profane e da vecchie.

Paolo dice a Timoteo infatti: “Ti ripeto l’esortazione che ti feci quando andavo in Macedonia, di rimanere ad Efeso per ordinare a certuni che non insegnino dottrina diversa né si occupino di favole e di genealogie senza fine, le quali producono questioni, anziché promuovere la dispensazione di Dio, che è in fede” (1 Timoteo 1:3-4), ed anche: “Ma schiva le favole profane e da vecchie; esèrcitati invece alla pietà” (1 Timoteo 4:7), ed ancora: “Io te ne scongiuro nel cospetto di Dio e di Cristo Gesù che ha da giudicare i vivi e i morti, e per la sua apparizione e per il suo regno: Predica la Parola, insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, sgrida, esorta con grande pazienza e sempre istruendo. Perché verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d’udire si accumuleranno dottori secondo le loro proprie voglie e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole” (2 Timoteo 4:1-4).

La Massoneria dunque, ancora una volta, si dimostra quale essa è veramente: diabolica, perchè ha abbracciato le favole che non fanno altro che rodere come la cancrena e tenere le anime lontane da Dio.

I massoni perciò accettano le favole, che non sono storie vere e su cui si basano traendo da esse conclusioni e insegnamenti di vario tipo, ma rigettano la verità che è in Cristo Gesù verso la quale provano una forte avversione.