La collaborazione con la rivista Bilychnis, avente uno spirito ‘massonico’

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Come abbiamo detto nella breve biografia di Paolo Paschetto, egli collaborò con la rivista ”Bilychnis’, che era un periodico di studi religiosi edito dalla scuola teologica battista di Roma. Questo periodico aveva tra i suoi scopi dichiarati quello di promuovere il modernismo e l’ecumenismo in seno alla Chiesa (e difatti aveva un carattere interconfessionale). Si proponeva di diffondere un ‘Cristianesimo sociale’ in cui fare politica veniva presentato come un comandamento per i Cristiani.

Uno dei redattori di questa rivista ebbe a scrivere in merito agli obbiettivi di questa rivista: ‘Bilychnis è nata per volontà di alcuni cultori di scienze religiose; risponde a finalità proprie ed indipendenti; è redatta con i più ampi criteri di libertà, di tolleranza e di rispetto; è fondata, infine, sul principio fecondo della cooperazione di elementi diversi. Bilychnis vuol essere uno strumento indipendente ed efficace di coltura religiosa in Italia, per destare e rendere più vigile l’interesse del gran pubblico sulle gravi questioni della nostra vita religiosa e morale, interesse che il clericalismo ha cercato sempre di soffocare per non perdere il suo dominio e il suo diritto di ‘privativa’ sui problemi etici e religiosi. Bilychnis [….] crede che in Italia c’è un problema religioso vivo ed aperto, la cui soluzione è legata intimamente ai problemi più vitali della nazione; crede anche che la libertà sia la condizione sine qua non per discutere tali problemi e che la libera, onesta discussione ne sia il metodo migliore. Quanto ai limiti del suo campo di lavoro, B. è convinta che la coltura religiosa non debba chiudersi unicamente in ricerche storiche e critiche, perchè il presente, con le sue rapide trasformazioni, con i problemi formidabili che ad ogni momento pone nel vasto dominio della vita morale e religiosa, è per uno studioso altrettanto interessante e ricco di insegnamenti quanto il più remoto passato [….]. L’erudizione e l’archeologia hanno già da un pezzo i loro organi di diffusione; Bilychnis vuol essere soprattutto una rivista costruttrice ed ‘attuale’ ‘ (A. Vaccari, La Civiltà Cattolica denunzia ….!, in «Bilychnis», a. III, fasc. V, maggio 1914, pp. 345-352, p. 347).

Ora, fu Paschetto a disegnare il logo della rivista, che è il seguente:

 

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Qual’è il significato di questa antica lucerna a doppia fiammella? Lodovico Paschetto, fratello di Paolo Paschetto, nell’introduzione al numero 1 (gennaio – febbraio 1912) spiegò che ‘la modesta antica lucerna a doppia fiammella simboleggia ciò che vuol essere la rivista: alimento di scienza e fede’.

Lo storico valdese Giorgio Spini dice: ‘L’ultima a nascere, fra le riviste evangeliche italiane del primo Novecento, fu Bilychnis, uscita a Roma nel 1912 ad opera della Scuola Teologica battista con Lodovico Paschetto redattore e Dexter G. Whittinghill redattore per l’estero. In compenso, fu la più importante e quella che ebbe maggiore incidenza sulla cultura italiana. La sua nascita aveva avuto la strada aperta dall’esperienza di una rivista laica come Coenobium, pubblicato a Lugano nel 1906-19 da Enrico Bignami, di cui si è già detto in precedenza. Fra Coenobium e i successivi periodici di matrice battista, Bilychnis e Conscientia, vi fu una continuità così forte che si è potuto parlare di una sola rivista in tre stadi successivi. In realtà Coenobium era una rivista aperta anche ai credenti di varie fedi religiose, inclusa la cristiana, ma saldamente in mano a laici che credenti cristiani non erano davvero; Bilychnis, invece, era una rivista aperta anche a liberi pensatori, oltre che a cristiani di convinzioni diverse da quella evangelica o ad ebrei, ma saldamente in mano a protestanti di stampo «evangelico», anche se di spirito liberale e poco curanti di formule dogmatiche. Però è innegabile che la religiosità adogmatica e il socialismo non materialistico di cui Coenobium era permeato avessero una forte parentela col protestantesimo liberale e col Social Gospel di cui era nutrita Bilychnis. Inoltre Paschetto e Whittinghill accettarono in pieno l’idea «cenobitica» di una rivista che fosse una sorta di libera convivenza di spiriti muoventi da posizioni diverse, anziché l’organo di un’unica corrente religiosa. Il che non vuole dire che la loro fosse una posizione asettica sul piano ideologico: il titolo stesso Bilycnis era una squilla di battaglia in un anno non troppo lontano ancora da quel 1907 della Pascendi. Il simbolo di una lucerna cristiana a due becchi stava ad indicare la volontà della rivista di unire fede cristiana a scienza moderna, cioè proprio il binomio per cui i modernisti erano stati condannati. Era lo stesso per qualificare Bilychnis come l’organo di una alleanza tra evangelici e modernisti, sia pure aperta alla collaborazione di uomini di studio e di pensiero di altre posizioni e correnti. In un certo senso si potrebbe dire che Bilychnis ebbe così largo ascolto da parte dell’Italia colta proprio perchè rispondeva alla necessità storica di dare una risposta all’esplosione della crisi modernista che non fosse quella meramente negativa di Croce e Gentile ….’ (Giorgio Spini, Italia Liberale e protestanti, pag. 331-332).

Stando dunque così le cose, e cioè che ‘il simbolo di una lucerna cristiana a due becchi stava ad indicare la volontà della rivista di unire fede cristiana a scienza moderna, cioè proprio il binomio per cui i modernisti erano stati condannati’, vediamo cosa dichiarò Ernesto Nathan (1845-1921), Ebreo di origine inglese primo sindaco di Roma, che fu Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia (lo fu dal 1896 al 1903 e dal 1917 al 1919), in un suo famoso discorso pronunciato a Torino nel 1898, intitolato al «Compito massonico»: ‘E però siamo associazione educatrice. Perono le religioni, vive immortale la religione, quel sentimento che, nella lenta evoluzione delle razze, ispira gli uomini a muoversi innanzi e risalire le vette inesplorate della civiltà, alla ricerca delle leggi che li governa. Base e fondamento d’ogni fede, non isterilità, permane nel cuore umano la conoscenza, la sete dell’idea e, che, attraverso la scoperta della scienza e le manifestazioni della natura, lo martella e persegue. Là gli eroi nostri del risorgimento attinsero la forza per subire persecuzioni e martiri, e il martirio più d’ogni altro doloroso, l’opera persistente, sconosciuta, calunniata: là il gran coro greco del popolo ignoto trasse ispirazione e lena per morire, senza speranza di riconoscenza o di guiderdone, in cento attentati, in cento, in cento campi di battaglia; là pensatori e poeti trovarono le forti ispirazioni che scossero le coscienze e sollevarono le sante ire e i santi odii. Risvegliare nelle anime assopite quelle sante ispirazioni, informandole alle esigenze odierne di riscatto morale; temprare le coscienze col sentimento del dovere civile all’amore fraterno, alla fraterna difesa contro la ingiustizia; piantare profonde le radici della idealità che, fondendo la fede con la scienza, sollevi in alto l’essere, ecco l’apostolato educatore dell’Italia civile; e per essa, nel desiderio del bene che ci punge, dove altri non comprendano e si incarnino il compito sublime della Massoneria …. un’associazione universale, che non riconosce limiti al progresso, nè ceppi alla pacifica manifestazione del pensiero, mancipia di uomini e gruppi i quali asservono progresso e pensiero a parziali, immediati, determinati fini’ (sul discorso pubblicato in «Garibaldi», numero unico edito dalla massoneria savonese, Savona, 4 Luglio 1907, cfr. L. Fucini, La massoneria nel Ponente ligure, Edizioni Atene, Arma di Taggia 2003).

Dunque, l’obbiettivo della massoneria era unire fede e scienza, e la scienza doveva servire come base per la formazione della nazione, e dunque in questo compito si dovevano impegnare tutti. Per i massoni dell’epoca questa era una missione, e si impegnarono fortemente con lo scopo di costruire la nazione ognuno attraverso le proprie qualità e attività. Perchè come disse il massone Albert Pike: ‘Il vero Massone è colui che opera strenuamente per aiutare l’Ordine a realizzare i suoi grandi scopi’ (Albert Pike, Morals and Dogma, Edizione italiana, Vol. 1, pag. 58 – 2° Compagno d’Arte). Ed anche Bilychnis, visto che si proponeva anch’essa ‘di unire fede cristiana a scienza moderna’, prese parte a questa missione massonica. E difatti vi collaborarono anche dei massoni, come il pastore valdese Ugo Janni (1865-1938) che era stato ‘iniziato massone nella loggia «Mazzini» di Sanremo’ (Augusto Comba, Valdesi e Massoneria, pag. 95); l’esoterista Julius Evola (1898-1974), che lo storico Aldo Mola definisce grande iniziato (Aldo A. Mola, Storia della Massoneria Italiana, pag. 591), e lo storico delle religioni Raffaele Pettazzoni (1883-1959), anche questo definito da Aldo Mola ‘un grande iniziato’ (Ibid., pag. 833). La collaborazione di Janni e di Pettazzoni è confermata da Demofonti Laura in La riforma nell’Italia del primo Novecento. Gruppi e riviste di ispirazione evangelica (Storia e Letteratura, 2003, pag. 114-115, pag. 98-99), mentre quella di Evola da Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Julius_Evola) e dal sito di Edizioni di AR (http://www.edizionidiar.it/evola-julius/saggi-di-bilychnis.html).

A proposito di Julius Evola, è interessante notare che la casa editrice Edizioni di Ar, che non è affatto cristiana, nel pubblicare in un volume dei saggi di Julius Evola (seconda edizione 1987), sulla copertina ci ha messo la stessa immagine della lucerna a due becchi, presentandolo in questa maniera: ‘Questa nuova edizione de I saggi di Bilychnis comprende tutti gli scritti pubblicati da Julius Evola su una rivista di studi religiosi. L’opera espone, e ribadisce, i tratti caratteristici dell’itinerario dell’autore, le sue prese di posizione culturali come le sue inclinazioni e vocazioni speculative: dalla filosofia alla politica, dalla magia alle dottrine sapienziali occidentali e orientali, dall’alchimia all’ermetismo’.

 

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A proposito di Ugo Janni, invece, è significativo quello che dice Luca Fucini nel suo scritto ‘Alla ricerca del bene dell’umanità. Scienza, politica e religione nell’impegno civile dei massoni italiani tra ‘800 e ‘900’: ‘Questo impegno venne preso sul serio dai massoni dell’epoca i quali profusero le proprie energie nell’azione concreta di voler costruire la nazione ognuno attraverso le proprie qualità e attività. Esempi paradigmatici di ciò furono tre operosi «fratelli» della loggia «Giuseppe Mazzini» n. 98, costituita all’Oriente di Sanremo nel 1900, veri e propri campioni nella scienza, nella politica e anche nella religione, che spaziarono col proprio vulcanico ingegno, riconosciuti non solo in Italia ma anche a livello internazionale’: Il celebre botanico Mario Calvino, padre dello scrittore Italo, il deputato Orazio Raimondo, il pastore valdese Ugo Janni, furono i protagonisti di una costante azione sociale e civile che ebbe come unica finalità la ricerca del «Bene dell’Umanità» (Marco Novarino, L’Italia delle minoranze, pag. 96). Ugo Janni viene elogiato perchè, dato che fu un pioniere dell’ecumenismo (come lo ha definito il suo ‘fratello’ massone Augusto Comba), ricercò anche lui nel suo campo il ‘bene e il progresso dell’umanità’!

Alla luce di tutto ciò, quindi non ci sorprendiamo di trovare Paolo Paschetto tra i collaboratori a questa rivista, visto che anche lui aveva questo spirito massonico che spingeva ad aprirsi al modernismo e all’ecumenismo. Paolo Paschetto infatti faceva parte di quella che lo storico Giorgio Spini chiama ‘la nuova elite evangelica italiana’ tutta permeata dello spirito del protestantesimo liberale e quindi in cerca di ‘liberazione’. Ascoltate cosa dice Giorgio Spini: ‘Attraverso la collaborazione a Fede e Vita, o alle attività della Federazione Studenti per la Cultura Religiosa, emerse un complesso di giovani che, insieme a qualche più anziano di loro – Giovanni Luzzi (1854-1948), Ugo Janni (1865-1930) e l’americano Walter Lowrie (1869-1959) – costituì in certo modo lo stato maggiore intellettuale del protestantesimo italiano del primo Novecento: Mario Falchi (1870-1945), Teodoro Longo (1879-1930), Lodovico Paschetto (1879-1967), Giovanni E. Meille (1882-1958), Salvatore Mastrogiovanni (1883-1964), Cesare Gay (1892-1970). Diversi di questi nomi li abbiamo già incontrati, trattando di Lumen de Lumine e de L’Avanguardia, insieme con quelli di pastori metodisti episcopali come Alfredo Taglialatela (1872-1949), Luigi Lala (1872-1919), Vincenzo Cassiodoro Nitti (1871-1957), oppure di pastori valdesi di idee socialiste, come Adolfo Chauvie (1877-1908) e Giuseppe Banchetti (1866-1926), o almeno preoccupati di problemi sociali, come Enrico Meynier (1878-1947). Tutti li ritroveremo sugli altri periodici già ricordati, come Riforma Laica e Bilychnis, o sugli organi denominazionali L’Evangelista e La Luce. Insieme a loro ritroveremo inoltre il pittore Paolo Paschetto (1885-1963), i cui fregi ed incisioni adornano Lumen de Lumine, L’Avanguardia, Fede e Vita e in misura ancora maggiore Bilychnis. Di stirpe valdese, ma battista e fratello di Ludovico, pastore battista, Paolo Paschetto è colui che, col suo Liberty cristiano-simbolista, ha dato il tono – nella veste editoriale – un pò a tutta la pubblicistica evangelica del primo Novecento. Le incisioni di Paolo Paschetto, piene di voli di ali angeliche verso l’Alto e di simbologie, ora paleocristiane ed ora estetizzanti, suonavano liberazione dal retaggio, ormai greve ed uggioso, di una ortodossia letteralistica, per cui gli evangelici italiani avevano tenuto sbarrata la loro porta a qualsiasi lume d’arte visiva, durante tanti anni. Forse non è casuale che questa nuova élite protestante non venisse più dalle aule di Palazzo Salviati, ma da quelle di facoltà universitarie laiche; chi da Legge, come Mastrogiovanni e Meille, avvocati di un certo nome, l’uno a Roma e l’altro a Milano, o come Cesare Gay, chi da Scienze Matematiche e Naturali come Falchi e chi da Lettere come Teodoro Longo: anche se questi nel 1919 prese la licenza teologica a Palazzo Salviati e in seguito vi insegnò egli stesso. La nuova élite evangelica italiana era tutta permeata, in un modo o nell’altro, dello spirito del protestantesimo liberale e quindi in cerca di liberazione, chi aprendosi ai risultati della critica filologica e storica, sulle orme di Harnack e di Paul Sabatier, chi alle prospettive di riforma della società, sulla scorta del Social Gospel anglo-americano e del Christianisme Social francese ed elvetico. Il n. 1 di Fede e Vita si apriva con un articolo di Giovanni Luzzi: Perchè non sono ateo? in polemica con l’ormai obsoleto materialismo positivistico e proseguiva esaltando l’erezione a Ginevra del monumento espiatorio a Serveto e riportando un articolo in merito di Luigi Luzzatti sulla Nuova Antologia del 16 Ottobre 1908. Nell’annata successiva, un numero di Fede e Vita appariva listato a lutto per la fucilazione dell’anarchico Francisco Ferrer in Spagna. Anche in altri numeri continuava intanto il dibattito sul darwinismo e sul rapporto tra scienza e spirito religioso, e questo e quello avevano un suono di liberazione, rispetto al greve conservatorismo vittoriano per un verso e al non meno greve dogmatismo, per un altro, che i positivisti avevano fatto pesare sulla cultura dell’ultimo trentennio dell’Ottocento. Liberazione era pure, per un protestantesimo italiano da tanto tempo immobilizzato sulla breccia di Porta Pia e sui furori della Questione Romana, aprirsi a rapporti con interlocutori cattolici, sulla scorta sia della visione di Giovanni Luzzi di un recupero dell’originaria cristianità, anteriore alle scissioni del secolo XVI, attraverso un approccio modernamente scientifico alla Scrittura, sia del «pancristianesimo» di Ugo Janni’ (Giorgio Spini, Italia Liberale e Protestanti, pag. 322-323).

Ora, di questa nuova élite protestante citata da Spini facevano parte i massoni Ugo Janni, Enrico Meynier, Vincenzo C. Nitti, Alfredo Taglialatela, e Cesare Gay, che ci stavano proprio a loro agio in questa nuova élite perchè gli ideali massonici coincidevano con quelli del protestantesimo liberale che si era schierato apertamente contro il letteralismo biblico. Una coincidenza significativa. D’altronde da uno come Giorgio Spini, che ha svolto una ‘ultradecennale attività a sostegno dell’importanza storica della Libera Muratoria’, questo parlare c’era da aspettarselo. Se dunque Paolo Paschetto faceva parte anche lui di questa nuova élite protestante, certamente anche lui era fatto della stessa pasta lievitata degli altri.

Peraltro voglio che teniate presente che quella che Spini chiama la ‘visione di Giovanni Luzzi di un recupero dell’originaria cristianità’ includeva le seguenti eresie:

1) Non v’è resurrezione dei morti,

2) Un letterale regno millenario di Cristo sulla terra non ci sarà;

3) Gesù Cristo nacque come tutti gli altri uomini;

4) L’uomo discende da esseri inferiori;

5) La nostra esistenza non cominciò quando venimmo al mondo (la preesistenza delle anime);

6) Il terzo capitolo della Genesi è un racconto allegorico;

7) Alla fine Dio salverà tutti nel suo amore (universalismo);

8) La preghiera per i defunti.

Queste cose infatti facevano parte della cosiddetta visione di Giovanni Luzzi, così come la presenta nel suo libro La religione cristiana secondo la sua fonte originaria.

In merito al ‘pancristianesimo’ di Ugo Janni, non era altro che l’ecumenismo cioè l’unione di tutti i Cristiani, di cui Janni era un paladino. In merito a Janni, però, bisogna anche dire che lui insegnava anche la reincarnazione. Praticamente Janni insegnava che un Cristiano dopo morto si andava a reincarnare per continuare a vivere sulla terra e portare a termine il processo della santificazione cioè quel processo che ha come fine quello di raggiungere la perfezione, iniziato con la nuova nascita, per cui la reincarnazione è utile a questo fine perchè fornisce al cristiano molto più tempo di quanto gliene conceda solo un’esistenza sulla terra per svilupparsi fino a raggiungere la perfezione (cfr. Ugo Janni, Ultra: Problemi relativi alla finalità del creato ed alla nostra vita dopo la morte, Modena, 1935, pag. 318-334)!!

Ecco questi due campioni del protestantesimo liberale quali eresie insegnavano!