Altri esempi di uso dell’illegalità e della violenza anticomunista impiegata dal bandito Giuliano che il ‘reverendo’ Gigliotti approvava

La Massoneria smascherata – Indice > L’ombra della massoneria sulle Assemblee di Dio in Italia (ADI) > Massoni e amici della Massoneria nei rapporti tra ADI e Governo Italiano > Frank Bruno Gigliotti, Charles Fama, Patrick J. Zaccara, e Francis J. Panetta, del Comitato per la Libertà Religiosa in Italia > Frank Gigliotti: un potente massone e agente segreto americano >  Frank Gigliotti, il bandito Salvatore Giuliano e la strage di Portella della Ginestra in Sicilia  >  Altri esempi di uso dell’illegalità e della violenza anticomunista impiegata dal bandito Giuliano che il ‘reverendo’ Gigliotti approvava

La strage di Portella della Ginestra non fu che una delle azioni criminali anticomuniste perpetrate – dietro istigazione dei servizi segreti americani – dalla banda di Salvatore Giuliano in quel periodo storico, precedente all’incontro di Gigliotti con Saragat in America avvenuto nel luglio 1947, perchè di azioni criminali ce ne furono altre nel mese di giugno 1947, come mostrano Angelo La Bella & Rosa Mecarolo nel loro libro Portella della Ginestra: la strage che ha cambiato la storia d’Italia:

‘Fu così che, nella notte di domenica 22 e lunedì 23 giugno, si scatenò l’attacco proditorio che doveva dare l’impressione che tutta la Sicilia stesse insorgendo contro il comunismo. Iniziarono da Partinico, Comune sotto controllo del capomafia Santo Fleres. Erano le ore 22: in piazza, affollata di gente, si esibiva la banda musicale. Poco distante in via del Corso n. 313, la sede del PCI e della CGIL, era ancora aperta; un gruppo di sette militanti sostava sulla porta a conversare; due erano seduti; ad un tratto, dal vicolo del Grillo, quasi dirimpetto alla sezione, sbucarono quattro attentatori con le armi spianate; qualcuno del gruppo intuì subito il pericolo e gridò; i sette partinicesi tentarono di mettersi in salvo; crepitarono i mitra, venne lanciato all’interno della sezione un fiasco pieno di benzina ed alcune bombe a mano. L’attacco terroristico durò una manciata di secondi; gli assassini si ritirarono in gran fretta sempre per la via del Grillo che, allora, si perdeva «alla periferia dell’abitato fino a raggiungere il quartiere Madonna confinante con la campagna». La musica della vicina piazza cessò di colpo; si udì un grido: Ca sunnu! alludendo evidentemente alla banda monteleprina. La folla terrorizzata, urlando richiami, si disperse rapidamente. Sul posto accorsero i carabinieri i quali, domato l’incendio, videro sul pavimento, in una pozza di sangue, il corpo esanime di Giuseppe Casarrubea, colpito da proiettili di mitra e da schegge di bomba a mano al torace ed al capo. Vincenzo Lo Jacono, sanguinante, uscì dalla sezione e corse per via dei Mille a chiedere aiuto; fu di nuovo colpito da una raffica di mitra all’addome. Morì otto giorni dopo, straziato da indicibili sofferenze. Altri tre, Leonardo Addamo, Salvatore Patti e Giuseppe Salvia rimasero feriti. [….]. Sul terreno i CC rinvennero 41 bossoli di mitra calibro 9 (lo stesso tipo di arma usata da Ferreri Fra’ diavolo a Portella) otto pallottole di piombo ed alcune copie di un farneticante volantino firmato da Giuliano ma scritto da altri.

La stessa notte, un’ora più tardi, un’altra squadra composta da Giuseppe Di Lorenzo (catturato il 16 luglio) da Antonino Terranova Cacaova, Frank Mannino, Giuseppe Passatempo, Rosario Candela, attaccò la sez. del PCI di Carini, sita in via Rosolino Pilo n. 15 vicino alla caserma dei CC. I malfattori lanciarono contro la porta chiusa due bottigliette molotov, una bomba a mano e spararono sventagliate di mitra. Non ci furono danni alle persone; solo un principio d’incendio prontamente spento dai CC e da alcuni volenterosi richiamati dai colpi. Il De Lorenzo raccontò inoltre che, poco prima dell’attentato, Terranova Cacaova si era incontrato alla periferia del paese con due individui e s’era intrattenuto con loro a parlottare; allora egli chiese a Rosario Candela chi fossero quei due: «amici di Carini», rispose l’interpellato, «che ci aiutano ad agire contro le sedi del PCI». Evidentemente si trattava di mafiosi locali che fungevano da basisti; infatti senza il loro consenso e supporto ogni azione terrorista sarebbe stata impossibile; anche per Giuliano! Verso le 23.30 della stessa notte, un’altra squadra di banditi monteleprini, due dei quali travestiti da CC, si recò a Borgetto, dove regnava incontrastata la cosca mafiosa di Domenico Albano ed attaccò la sede comune del PCI e della CGIL sita in Via Roma n. 1. I malviventi si limitarono ad indirizzare contro lo stabile alcune raffiche di mitra e spargere al suolo il messaggio di Giuliano. Più o meno alla stessa ora i banditi portarono il loro attacco alla sede del PCI e della CGIL e della cooperativa agricola ‘Gennaro Migliore’ alloggiate al primo piano di una palazzina in via Trapani, a San Giuseppe Jato, paese ove dominava il capomafia Giuseppe Troia. Qui rimase ferita una donna, Benedetta Rizzo, dichiarata guaribile in 15 giorni. I banditi lanciarono una bomba a mano contro la sede delle tre organizzazioni, e indirizzarono sventagliate di mitra, provocando la rottura dei vetri alle finestre delle case circostanti e danni alle insegne. Il gruppo degli attentatori, si accertò in tempi successivi, era stato comandato da Pasquale Sciortino ed aveva raggiunto il posto con il camion guidato da Gaspare Pisciotta; con lo stesso mezzo poi tutti si erano dileguati, senza incontrare ostacolo alcuno lungo il percorso. Alle due della notte del 23, l’attacco venne portato alla sede della sez. del PCI di Monreale, la cittadina sotto il tallone dei potenti Miceli; qui i banditi cosparsero di benzina la porta di accesso e appiccarono il fuoco, spento poi da alcuni volontari che avevano avvistato le fiamme. I danni provocati furono di modesta entità. Sarà Remo Corrao a dire in seguito che gli autori furono Castrense Madonia e Francesco Badalamenti, ambedue soci di un’impresa di trasporti. A Cinisi, dominio dei boss Masi Impastato, i banditi si limitarono a collocare una rudimentale bomba collegata ad un bidone pieno di benzina davanti alla sede comune del PCI e del PSI. Venne provocato lo scardinamento della porta e la rottura dei vetri. I periti balistici accertarono che si era trattato di tritolo da cava chiuso in un barattolo di latta avvolto in una copia del giornale L’Uomo Qualunque e fatto esplodere con una miccia corta. Questi attentati, firmati esplicitamente da Giuliano con il lancio dei farneticanti manifestini lasciati sui luoghi dell’attacco, anche se compilati dai suoi istigatori (ne avevano trovati uguali nella sede del Fronte Antibolscevico di Palermo), avevano il preciso scopo di dimostrare che il bandito monteleprino era stato l’unico responsabile della strage di Portella della Ginestra …’ (pag. 94-97).

Ecco dunque che tipo di persona era il ‘pastore evangelico’ massone Frank Gigliotti, che ebbe rapporti fraterni e stretti con pastori delle Assemblee di Dio in Italia e che qui in Italia fu accolto nelle comunità come un amico fraterno delle ADI e come una sorta di ‘uomo della provvidenza’: un uomo che condivideva e incitava l’uso della violenza contro il prossimo, e quindi un uomo malvagio. Proviamo solo ribrezzo e orrore dinnanzi a tutto ciò, e uno sdegno fortissimo.