Capitolo III – Le liste di Panorama e di O.P.: loro valore probatorio

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Abbiamo così inquadrato il problema del segreto massonico e delle difficoltà che incontra chiunque voglia individuare, anche sul piano della pura indagine storica, quali eventi rechino il sigillo della Massoneria e quali siano stati gli uomini di cui quella istituzione si è servita, al di là dei nomi dei pochi dignitari che debbono esporsi pubblicamente per poter sostenere di fronte al pubblico che la Massoneria non è una Società Segreta e di quelli dei rari adepti che preferiscono manifestare pubblicamente la propria affiliazione. A questo punto possiamo finalmente passare a discutere la questione della attendibilità che va attribuita alla lista di Osservatore Politico del 12 settembre 1978 e a quella ad essa precedente, apparsa su Panorama del 10 agosto 1976. Esse ci risultano essere le principali liste di prelati assertamente aderenti alla Massoneria che siano state pubblicate da quando, nel 1717, è stata fondata quella istituzione [12]. Giova notare che i nomi che figurano nei due elenchi sono pressoché gli stessi: la differenza è che O.P. omette due nominativi riportati da Panorama, e ne aggiunge altri otto che in quest’ultima rivista non figurano. Quale valore possiamo attribuire a detti elenchi? Anzitutto va detto che sarebbe gravemente erroneo liquidarli come senz’altro inattendibili, come sbrigativamente fece il giornalista di Panorama con riferimento a quello da lui stesso pubblicato. Egli, infatti, specificò che quei nominativi «circola(va)no da qualche mese» in Vaticano. È ragionevole, dunque, arguirne che in ambiente così qualificato essi trovavano, quanto meno, qualche credito. Tanto ne trovavano che [13] alcuni Cardinali «chie(sero) con insistenza che si fa(cesse) chiarezza» e che Paolo VI (1897-1978), tramite l’allora Vescovo, poi Cardinale, Monsignor Benelli, fin dal 1975, affidò in via discreta e confidenziale le indagini nientemeno che al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Generale Enrico Mino, con particolare riguardo alla persona del Vescovo Annibale Bugnini (1912-1982), autore della discussa e rivoluzionaria riforma liturgica. Riferisce il giornalista di 30 Giorni che, sulla base degli elementi da lui acquisiti, quell’alto ufficiale espresse il convincimento che l’elenco fosse vero [14].

Nuovi e più approfonditi accertamenti sulla lista di Panorama vennero richiesti al medesimo generale verso la metà del 1977 dall’autorevole Cardinale Arcivescovo di Genova Giuseppe Siri (1906-1989), evidentemente insoddisfatto perché vedeva rimanere ai loro posti di comando nella Chiesa persone in forte odore di Massoneria. Ma il generale Mino il 31 ottobre di quell’anno precipitò col suo elicottero, in Calabria sul monte Covello, trovando la morte in circostanze che 30 Giorni dell’11 novembre 1992, indica come altamente sospette [15] «portando così nella tomba – commenta sempre quella rivista – i risultati della seconda indagine». «Restano poi da spiegare – prosegue il nostro giornalista – delle misteriose telefonate, di cui esistono le intercettazioni, nel corso delle quali (Licio Gelli) Venerabile burattinaio (della Loggia P2) parlava della successione al Generale Mino prima ancora che questo morisse nel tragico incidente aereo». Perché quella lista trovò tanto credito in Vaticano? È evidente che essa dovette essere presentata con qualche sostanziosa parvenza di veridicità. È quindi verosimile la storia, riferita dal giornalista di 30 Giorni, che essa fosse stata compilata sulla base di documenti fotocopiati presso la sede del Grand’Oriente d’Italia da un giovane impiegato – nipote di un frate – che, in presenza dello zio, consegnò il tutto a Mons. Giovanni Benelli (1921-1982), allora Sostituto della Segreteria di Stato, il quale li fece giurare entrambi «che non stavano mentendo su un argomento così grave» [16]. Certo si è che un plico di fotocopie di quei documenti, verosimilmente di seconda generazione, era in possesso del Cardinale Dino Staffa (1906-1977). Anche 30 Giorni, del 6 giugno 1992, ne riproduce tre. Ma ecco che dopo la lista di Panorama sopravviene quella dell’Osservatore Politico di Pecorelli, che aggiunge, come si è visto, altri nominativi. Mino Pecorelli, come risulta dagli atti della commissione di inchiesta parlamentare su quella famigerata Loggia, è membro della P2: le sue parole sono quelle di uno che è addentro alle segrete cose. Nella premessa all’elenco, terribilmente corredato, a differenza di quello di Panorama, di tanto di data e numeri delle tessere di iscrizione, il che gli conferisce un tono di grande attendibilità, egli dice, in sintesi, di essere venuto in possesso della lista il 28 agosto precedente. Invita quindi l’appena eletto Albino Luciani (1912-1978) a un rigoroso controllo e conclude con queste parole: «Pubblicando questa lista di ecclesiastici forse affiliati alla Massoneria riteniamo di offrire un piccolo contributo (alla chiarezza nella Chiesa cattolica). O una pioggia di smentite o, nel silenzio, l’epurazione» [17]. Mancò la «pioggia» e mancò anche l’epurazione. Anche perché di lì a pochi giorni Giovanni Paolo I – «che aveva manifestato l’intenzione di metter mano alla questione dello IOR e di far chiarezza in merito alla lista dei presunti prelati iscritti alla Massoneria», che egli evidentemente non sottovalutava [18] – morì nelle circostanze a tutti note, mentre Mino Pecorelli fu freddato a colpi di pistola pochi mesi dopo, e precisamente il 20 marzo 1979. Perché Pecorelli fu ucciso? A quanto pare non per questa lista, o, almeno, non solo per questa lista. Ma egli era persona, come si è detto, a conoscenza di molti segreti, e non era facile smentirlo. Ragioniamo un po’: Pecorelli pubblica il suo elenco; il Vaticano è già in subbuglio per elementi già in possesso di alcuni autorevoli Cardinali, e voci conturbanti corrono per tutta la penisola.

Quale occasione più opportuna perché tutti gli elencati si collegassero smentendo con grande pubblicità un’accusa tanto più indegna in quanto corredata di dati che, se falsi, non potevano essere che frutto di un’ignobile invenzione, sollecitando essi stessi un’indagine chiarificatrice, a partire dall’analisi grafologica delle sigle in calce ai documenti che supportavano l’accusa? È giocoforza riconoscere che questa mancanza di smentite e questo silenzio, sottolineato anche dal Messaggero, del 29 maggio 1981 (pag. 3) sono estremamente eloquenti di per sé soli e rivestono un valore indiziario di grandissimo rilievo. Ma questo è ancora poco. Anzitutto, infatti, va detto, che prima ancora della loro pubblicazione le future liste di Panorama e di OP avevano trovato una significativa conferma. Abbiamo già visto, infatti, che l’oggetto principale dell’indagine avrebbe dovuto essere Monsignor Bugnini, particolarmente sgradito ai prelati tradizionalisti per avere predisposto quella famosa riforma liturgica che ha sconvolto in maniera inaudita il rito millenario della Santa Messa. Ebbene, nel luglio 1975 quel prelato veniva eliminato dalla Curia romana e nel settembre spedito come Nunzio in Iran, ed è lui stesso, nel suo libro intitolato La riforma liturgica a riconoscere che il suo allontanamento fu dovuto alle prove di appartenenza alla sètta raccolte a suo carico [19]. Naturalmente il Bugnini nel suo libro sostenne trattarsi di una «perfida calunnia». Bisogna però credere che si trattasse di prove assai robuste se Paolo VI, che con lui aveva strettamente collaborato alla riforma liturgica, lavorando al suo fianco per ore e ore [20] e il cui atteggiamento nei confronti della Massoneria era – come meglio vedremo più oltre – altamente favorevole, si decise a un simile passo. Più ancora, però, la lista pecorelliana trovò conferma tre anni dopo, allorché scoppiò clamorosamente il caso della Loggia P2. Infatti, in quella circostanza non solo venne alla luce la strettissima collaborazione con la Massoneria di un personaggio assai importante – il Vescovo Paul Casimir Marcinkus (1922-2006), presidente dello IOR, elencato nella lista, ma si riportò la traumatica certezza che il Vaticano fosse largamente implicato nell’oscura vicenda, a partire dall’incarico di liquidazione dei beni della Santa Sede in Italia conferito al finanziere piduista Michele Sindona (1920-1986) dal Cardinal Sergio Guerri (1905-1992) su consiglio dello stesso Paolo VI [21]. Infatti, come tutti ricordano, intorno a Marcinkus fu fatto robusto quadrato a partire dal sommo vertice della gerarchia vaticana, e quel prelato rimase tranquillo al suo posto ancora per molti anni. E ciò malgrado che, a quanto asserisce Nick Tosches, uno dei più famosi giornalisti degli USA, in un libro intervista che viene a buon diritto considerato «il memoriale postumo di Michele Sindona», Giovanni Paolo II (1920-2005), per pagare i duecentocinquanta milioni di dollari che lo IOR versò per quella vicenda allo Stato italiano, abbia ritenuto di dover ricorrere addirittura all’indizione di un Anno Santo straordinario, quello del 1983 [22]. È superfluo richiamare alla memoria il discredito che quell’affare tenebroso gettò sulla gerarchia ecclesiastica di allora e, attraverso di essa, sull’intera Chiesa. Il bello si è che, sebbene siano ormai decorsi tanti anni dalla sua pubblicazione, la lista del Pecorelli mantiene una sua attualità e continua a gettare luce su nuovi fatti di cronaca giudiziaria. Alludiamo qui, in particolare, al più clamoroso e odioso degli scandali che hanno travolto il governo dei partiti, quello del Ministero della Sanità, definito da Panorama del 14 novembre 1993 una truffa che in vent’anni è costata al contribuente italiano almeno 40.000 miliardi di vecchie lire. Ebbene, in questa vicenda emerge il nome di Mons. Fiorenzo Angelini, che figura nell’elenco di OP come entrato in Loggia fin dal lontano 14 ottobre 1957 [23]. Di questo prelato, nominato Cardinale nel penultimo Concistoro da Giovanni Paolo II, e che fin dal 1985 riveste la carica di presidente del Pontifìcio Consiglio Pastorale degli Operatori Sanitari, creato proprio in quell’anno dal medesimo Giovanni Paolo II, sono venuti alla luce gli stretti contatti col famigerato Duilio Poggiolini, Direttore generale del Servizio Farmaceutico Nazionale. Non vogliamo qui soffermarci sui fatti che hanno valso a quel Monsignore il soprannome di «Sua Sanità», ma solo sottolineare che, guarda caso, il Poggiolini è, come Calvi e Sindona, membro della Loggia P2.

A questo riguardo, infatti, la giornalista Laura Maragnani, su Panorama del 14 novembre 1993, premesso che la militanza massonica del Poggiolini è talmente nota che in ambiente farmaceutico egli viene scherzosamente chiamato «Loggiolini», riferendosi a quel personaggio, così scrive: «Naturalmente è un chiacchierato. Tutti sanno che è protetto dal Cardinale Fiorenzo Angelini. E tutti sanno che è un massone, anzi, un piduista, codice E 18.91, tessera 2247. Altrettanto noto è il fatto che intrattenesse ottimi rapporti con le industrie farmaceutiche guidate da massoni». Non possono non colpire questi stretti rapporti fra un Cardinale e un noto esponente di una sètta che, fino al Concilio Ecumenico Vaticano II, è stata la più anatemizzata in centinaia di documenti pontifici in tutta la bimillenaria storia della Chiesa e che, per bocca di uno dei suoi più alti esponenti, il Gran Maestro del Grand’Oriente di Francia, Jacques Mitterrand, omonimo dell’ex Presidente della Repubblica francese, si autodefinisce ancora oggi «la controchiesa» [24]. Un altro fra i più clamorosi episodi di tangentopoli è quello dei novantadue miliardi in titoli di Stato pagati dalla Montedison ai partiti. Quei titoli sono stati riciclati dallo IOR – che fà così la sua ricomparsa sulla scena dei grandi scandali – con complesse manovre bancarie all’estero riscuotendo però un’esosa provvigione di parecchi miliardi [25]. Tale provvigione, per il suo spropositato ammontare, costituisce prova del fatto che i responsabili del Vaticano erano perfettamente consapevoli della illecita provenienza di quel danaro. Orbene chi ha gestito l’operazione? Per l’Enimont Luigi Bisignani, che è un notorio tesserato della P2 [26], mentre per il Vaticano si parla di Mons. Donato De Bonis (1930-2001), il quale pure – sconcertante coincidenza – figura nell’elenco pecorelliano come iscritto alla Massoneria il 24 giugno 1968 [27]. Era lui «l’uomo chiave dello IOR che ha l’incarico di tenere i rapporti tra la commissione dei cinque Cardinali che gestiscono le finanze vaticane e l’organo laico che presiede l’istituto» [28].

[12] Esistono bensì liste di sacerdoti e prelati massoni assai abbondanti, fornite a un noto sacerdote antimassone dall’ex Gran Maestro della Massoneria G. Gamberini, ma tali liste hanno scarso interesse riferendosi a personaggi quasi tutti del tardo Settecento primi Ottocento, per lo più dimenticati.
[13] Vedi 30 Giorni, dell’11 novembre 1992, pag. 30 e ss.
[14] Ibid., pag. 32. 30 Giorni nella Chiesa e nel mondo è un’autorevole e qualificata rivista cattolica con edizioni, oltreché in italiano, in tedesco, inglese, francese, spagnolo e portoghese e distribuzione in Europa e nelle due Americhe. Ultimamente determinando un nuovo indirizzo, ne è diventato direttore l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti.
[15] Ibid., pagg. 34 e 35.
[16] Vedi anche Il Sabato, del 10 agosto 1991, pag. 21 e ss.
[17] Il grassetto è nostro.
[18] Cfr. 30 Giorni, del 9 settembre 1993, pagg. 44-45.
[19] Cfr. 30 Giorni, dell’11 novembre 1992, pag. 31 in fondo e 32.
[20] Cfr. 30 Giorni, del 6 giugno 1992, pagg. 49 e 51.
[21] Cfr. N. Tosches, Il Mistero Sindona, Sugar Ed., 1986, pag. 138.
[22] Ibid., pag. 282.
[23] Numero di matricola 14/005, nome di Loggia ricavato, more massonico, dalle lettere iniziali del cognome e del nome: ANFI.
[24] Cfr. R. Valnève, Teilhard l’apostata, 1971, pag. 52.
[25] Cfr. Il Corriere della Sera, del 15 gennaio 1994, sotto il titolo «E così Di Pietro si è mangiato un altro alfiere».
[26] Cfr. Il Corriere della Sera, del 10 gennaio 1994, pag. 5, sotto il titolo «Così fu benedetta l’operazione CCT».
[27] Matricola 321/02, nome di Loggia «Dondebo» (DONato DE BOnis).
[28] Cfr. La Stampa, del 10 gennaio 1994, sotto il titolo «Di Pietro indaga sul monsignore dello IOR».